IL MONTE ACCELLICA o ACELLICA
PARCO NATURALE REGIONALE DEI MONTI PICENTINI
(Testo e Foto di Francesco Raffaele)


Dedico questa pagina alla memoria dell'amico Giuseppe Capone (Montella, AV, 24/3/1964 - ivi, 15/5/2022), prezioso ispiratore delle mie ricerche sulla Celica e sui Monti Picentini.
Desidero ricordare qui anche altre due grandi persone, che non ho conosciuto a fondo, ma che hanno amato e dato tanto ai monti dell'Irpinia e ai Picentini: Giancarlo Nebbia e Nicola Raimo.


La dorsale dell'Accellica e le due cime (da ovest verso est)
 
- PREMESSA e INTRODUZIONE: I MONTI PICENTINI
I - L'ACCELLICA DALL'ALTO (Ambiente, Toponomastica e Cartografia)
II - L'ACCELLICA DA PIU' VICINO (Orografia, Flora e Fauna)
III A/B - SULLA CELICA: SENTIERI E ALPINISMO
IV - ADDENDA E APPENDICI
A) Circuiti e Alte Vie dell'Accellica; B) Libri, recensioni, pubblicazioni; C) Altre News
V - LE MIE RISALITE (Appunti a caldo sulle ascensioni)
- NOTE
- Precisazioni toponomastiche, Errata e aggiunte in calce alle Note
- Elenco degli ultimi Aggiornamenti a questa pagina
- FOTO (alcune mie foto dell'Accellica)
- Altre Foto
- INFORMAZIONI VARIE: Bibliografia essenziale, Cartografia, Sentieristica, Links, Come raggiungere, Numeri utili
- TUTTE LE MIE GALLERIE FOTOGRAFICHE DELLE ESCURSIONI (Links)
[NB: in alcune pagine fotografiche ho inserito anche didascalie, note, commenti o descrizioni]
- VIDEO (Links ad alcuni video di escursioni e traversate dell'Accellica)
- MAPPE, CARTE IGM / SAT (1:25000) con indicazione dei sentieri CAI e toponomastica

ACElECA

PREMESSA

Montagna simbolo del gruppo dei Picentini, l'Acellica è certamente il luogo che conosco meglio (dopo casa mia), sia per frequentazione diretta che attraverso la lettura di libri e carte.
«Ma quando lo scrivi un libro sull'Accellica?!» mi sono sentito chiedere spesso, sin da quando questa pagina aveva solo pochi anni ed era frutto di un'esperienza ancora embrionale.
Al di là degli scogli editoriali (sempre sormontabili) e del "quanti lo leggerebbero un libro sull'Acellica?" (cosa, per me, assai secondaria), è ovvio che un libro richiederebbe un impegno condensato e finalizzato a sbrogliare una serie di nodi che, nei capoversi che qui sotto si accavallano, non sono affatto o del tutto sciolti. Certo un bel po' di "lavoro" negli anni l'ho assommato (tutta sana passione ed entusiasmo, necessità di portarsi i monti tra le mura domestiche) e forse un po' mi costerebbe anche dovergli mettere per certi versi un termine, pubblicando un testo che per me sarebbe "definitivo". Più che di ulteriori esplorazioni in loco, sento la necessità e la carenza di ricerche d'Archivio (AS SA, AS AV, biblioteche ecclesiastiche, uffici comunali etc), tutti potenziali e polverosi scrigni di piccole-grandi scoperte, non meno affascinanti di quelle che si fanno tra bui valloni, ripidi pratoni punteggiati da orchidee e nude rocce sosperse su orridi, verdeggianti balzi. Vedremo...
Nel frattempo la speranza è che il grande patrimonio naturalistco che gravita dalla testa ai piedi dell'Acellica (o delle Acelliche), e soprattutto ai piedi, più esposti alle interferenze umane – dei proprietari di terreni o dei frequentatori occasionali (boscaioli, motociclisti, cacciatori, camminatori etc.)– non sia intaccato e banalizzato da interventi dei locali e soprattuto dei comuni, nell'ottica di una fruizione delle montagne e della natura che va sempre più assecondando esigenze scriteriate, incontrollate e deleterie (siano esse legate allo sfruttamento economico o turistico-ludico) [0]!

Questa pagina nasce dall'amore per le Montagne, e dalla mia particolare affezione a questa selvaggia cima campana che frequento dal 2004. Ogni escursione esplorativa aggiunge nuovi tasselli alla mia mappa mentale di questo posto e quindi trasferisco su questa pagina dati e impressioni. Forse un giorno, come scritto sopra, tutto o parte di questo scritto diventerà libro. So, e mi fa piacere, che alcuni escursionisti si sono lasciati affascinare dall'Accellica anche grazie alle mie descrizioni e fotografie. Mi auguro che tutti coloro che vi si recheranno lo faranno nel pieno rispetto della natura e tenendo ben presente che si tratta di un luogo relativamente isolato e – in special modo nella forcella tra le due cime– particolarmente pericoloso, a causa della forte esposizione e del tipo di roccia. Durante l'inverno, per ovvie ragioni, i pericoli aumentano e svariati tratti dei sentieri che conducono alle cime possono presentare forti rischi se affrontati da escursionisti non esperti o sprovvisti di attrezzature (imbragature, casco, moschettoni, cordini, ramponi etc.): possono presentarsi passaggi slavinosi, tratti ghiacciati in forte pendenza, cornici in cresta, ghiaccio o neve sopra i cavi delle ferrate, seracchi nelle zone esposte. Chi si avventura senza le dovute precauzioni rischia di mettere in difficoltà o in pericolo non solo se stesso!
Si tenga ben presente che la "VIA FERRATA" dell'Accellica è stata dismessa (nel corso degli anni 2019-2020)!
Si consiglia di munirsi di carte e bussola (altimetro, GPS) e si sconsiglia vivamente di lasciare i sentieri segnati nonchè di affrontare i tratti che erano "attrezzati" senza le attrezzature alpinistiche adeguate o di percorrere i sentieri che passano sotto pareti e strapiombi durante l'inverno o in condizioni di neve instabile: nelle giornate calde fino ad inizio primavera sono frequenti le scariche di sassi e piccole frane. Si ricorda infine che la copertura telefonica non è completa e che è sempre buona norma lasciare scritta in auto qualche indicazione con data e percorso che s'intende intraprendere (specialmente se si sale in solitaria). Bisogna tener sempre presente che, seppure in ambiente più "amichevole" di massicci come la Majella o il Gran Sasso, anche sui Picentini possono sorgere difficoltà come bruschi cambiamenti meteorologici, nebbia, smarrimento del sentiero o incidenti vari (munirsi di una torcia e del minimo indispensabile per affrontare un'eventuale notte in montagna). In discesa dalle cime/creste sommitali è meglio non abbandonare i sentieri segnalati se non si sa bene dove ci si dirige: è possibile che ci si ritrovi su "balconi" da dove risulta impossibile scendere ulteriormente e difficile risalire. La montagna è sempre un luogo selvaggio: va visitata, rispettata, amata e semmai –coscenziosamente– affrontata; ma mai sfidata! Ed è sempre meglio averne un po' paura che sottovalutarla imprudentemente. Qualora si decida di andare da soli (il che comporta una certa misura di rischio in più, soprattutto in caso di uscite "esplorative") lasciare sempre detto ad amici e/o parenti in che zona (precisamente!) ci si stia recando e gli orari di rientro previsti.

Per gli amanti dell'escursionismo e del "trekking", cioè del camminare su un territorio esplorandone e conoscendone anche gli aspetti naturali e culturali, la Campania (Felix o meno che sia) è una regione dalle svariate e variegate possibilità. L'ho constatato di persona negli anni attraverso alcune centinaia di escursioni (Lerkaminerka.com), tutte documentate sul mio sito www.francescoraffaele.com (vedi anche l'Archivio 2004-2007 per le gallerie fotografiche delle mie escursioni meno recenti).
Tra le diverse possibilità, oltre a Cilento e Costiera Amalfitana (quasi regioni a sé stanti) ed al sottovalutato massiccio del Matese, gli escursionisti troveranno sicure emozioni ed inaspettata soddisfazione esplorando i sentieri del Parco Naturale Regionale dei Monti Picentini, che si sviluppano tra fitti boschi e belle cime (quasi tutte non eccessivamente impervie), con interessanti "punti di accesso" ovvero i comuni del Parco, luoghi ricchi di storia, tradizioni culturali, monumenti, produzioni artigianali, prodotti tipici.
Nel febbraio 2022 è stato pubblicato il Vol. 4 della Guida "Sentiero Italia CAI. Da Senerchia a Isernia" (autori: C. Palumbo, V. Paticchia, F. Raffaele e M. Renna, edito da Idea Montagna) in cui lo scrivente ha curato l'Introduzione (Campania e Matese molisano), 19 tappe e 25 approfondimenti (le pagine 74-115 descrivono il S.I. e altri sentieri e montagne nel gruppo dei Monti Picentini).


INTRODUZIONE
- I MONTI PICENTINI
(aggiornata e ampliata il 29/5/2022, inserendovi stralci dei miei approfondimenti pubblicati sulla Guida "Sentiero Italia CAI, vol. 4 - Da Senerchia a Isernia", AAVV, ed. Idea Montagna, 2022)

I Monti Picentini [1], ovvero la verde Irpinia compresa tra la valle del Sele a Est, il tratto di A3 Contursi - Salerno a sud, il raccordo AS Salerno-Avellino a Ovest (Valle Solofrana) e l'Ofantina a nord, coprono in tutto una superficie di più di 1000 Kmq (ca. 40 x 25 km), ricadente nei territori di 19 comuni della provincia di Avellino e 12 di quella di Salerno. Il Massiccio dei Monti Picentini si divide in 5 sottogruppi, 3 occidentali e 2 orientali, separati dalle valli del Tusciano e del Calore che solcano l'asse N-S da Cassano I.-Montella-Bagnoli Irpino ad Acerno-Olevano sul Tusciano. Il sottogruppo NE, quello del Cervialto [1A], si sviluppa attorno al Piano Laceno, è limitato a E salla valle del Sele e a S dal Piano del Gaudo, che lo separa dal sottogruppo SE, quello del Polveracchio [1B]. A occidente, il sottogruppo dell'Accellica [1C] è praticamente il cuore (o forse più propriamente il "ventre") dell'intero gruppo dei Picentini, separato a W (al Varco del Pistone) dal sottogruppo dei Mt. Mai [1D] che occupa la zona sudoccidentale del Gruppo dei Picentini e a N e NW (alta V. del Sabato) dal sottogruppo del Terminio [1E]. [Per maggiori dettagli sui sottogruppi, v. anche L. Ferranti, 2010, p. 212-267].

Il Parco Regionale dei Monti Picentini (62200 ettari) fu istituito nel 1993 dopo indicibili scontri e discordie [2]. Già nel 1988 era nata l'Oasi del Monte Polveracchio [3] e il 17 Novembre 1997 è stata istituita l'Oasi (WWF) del Monte Accellica (codice IT8040009, inizialmente 600 ettari ovvero 6 Kmq, poi ampliata a 3100 ettari).
Da alcuni anni si parla di promuovere l'area dei Picentini a "Parco Nazionale": al 2022 non c'è ancora nulla di effettivo e l'esempio del Matese induce a dubitare che la proposta possa concretizzarsi e realizzarsi a breve. In ogni caso, dato il periodo critico un po' per tutti i parchi italiani, la mia opinione è che più che di una "promozione" formale a Parco Nazionale, il territorio necessiterebbe di un radicale ripensamento e rielaborazione ex-novo degli apparati gestionali, a partire dagli enti parco: servono più esperti, tecnici e appassionati e meno politici! Ma questa è forse un'utopia...

Dal punto di vista geologico e geomorfologico "il massiccio dei Monti Picentini è suddiviso in due compartimenti strutturali da un lineamento tettonico orientato NW-SE lungo circa 25 km che collega l’alta Valle dell’Irno con quella del fiume Sele. [...] La parte meridionale dei Picentini (Gruppi dei Mai, dell’Accellica e del Polveracchio), strutturalmente più elevata, si presenta dominata dalla parte bassa della successione carbonatica mesozoica (Trias e Giura) che ha natura prevalentemente dolomitica e calcareo-dolomitica. I Picentini settentrionali (Gruppi del Terminio e del Cervialto) sono invece essenzialmente calcarei, perché vi affiora la parte alto-giurassica e cretacica della successione. A questa differenziazione litologica corrispondono anche delle differenze del paesaggio, con i Picentini meridionali molto più dissezionati dall’erosione lineare e più ricchi di formazioni piclastiche, ed i Picentini settentrionali, che hanno risposto soprattutto ai processi areali ed al carsismo, con una fisiografia che riflette ancora in modo leggibile lo stile “scatolare” conferitogli dalla tettonica a blocchi" [C. Vitale, 2005, p. 48]. Come si è individuato già da secoli, sotto il profilo geologico i Picentini hanno, a W della valle dell'Irno e Cavaiola, una prosecuzione importante nel massiccio dei Monti Lattari (Costiera Amalfitana/ Penicola Sorrentina, cui sono piuttosto simili anche sotto certi aspetti naturalistici -peculiarità floristiche- e per alcune vicende storiche - Marcina e i Piceni).

Il gruppo montuoso dei Picentini non presenta elevazioni notevoli: 27 cime* sopra i 1500m (censite da V. Bozza, in "Varco del Paradiso" 2010/1, p. 5): 6 fanno parte del sottogruppo del Cervialto (che è la maggiore elevazione dei Picentini, 1809m), 9 sono sul Polveracchio, 3 dell'Accellica (Cima principale, Nord: 1660m; il Ninno: 1539m; cima Sud/Pettinessa: 1606m), 6 dei Mai e 3 del Terminio [* alle principali si aggiungono le "cime secondarie", da considerar tali solo laddove siano separate (tra di loro o dalla vetta) da una sella di almeno -30m, come da norma UIAA 1994].
Partendo da NO in senso antiorario, meritano sicuramente di essere visitati il Terminio (1806m, forse il più caratteristico dal punto di vista orografico assieme all'Accellica), Pizzo S. Michele (1567m), il Mt. Mai (1607m, con il suo aereo intaglio che lo separa dal Mt. Faiostello), l' Accellica (1660m, con le bellissime creste che convergono nel Varco del Paradiso), il monte Polveracchio (1790m, che ha la dorsale più lunga e imponente), il Cervialto (1809m, presso una grande dolina), mentre il Raiamagra (1667m, che si affaccia sull'altopiano di Piano Laceno e offre notevoli colpi d'occhio, ad es. sulla Savina-Accellica) è la vetta più turistica e "inflazionata", raggiungibile -purtroppo- con seggiovia dal versante est, che è quindi deturpato [3A].

Ma sono molte di più le montagne interessanti e meno note, oltre ai boschi, i corsi d'acqua, le grotte [4] e le verdi piane che rendono quest'area, in gran parte ancora selvaggia, un vero paradiso per l'escursionista. Ogni posto ha un carattere distintivo e regala sensazioni differenti: è quasi come se il silenzio delle vette aiuti a compiere ogni volta un piccolo viaggio spirituale che non è solo di gambe e muscoli, ma anche di energie mentali, volontà, passione, cuore... e ricordi. Seppur lontani dalla maestosità e bellezza delle Alpi e Dolomiti, ma anche del Gran Sasso e della Majella, per restare in Appennino, le montagne dell'Irpina meritano sicuramente un certo rilievo per il loro interesse naturalistico, storico ed escursionistico-alpinistico.

L’oronimo Monti Picentini, così come la capitale Picentia/Picenza, il Fiume Picentino e l’Agro Picentino dei Romani, derivano dall’etnia marchigiana dei Piceni (si veda la Bibliografia generale e la nota 1) ed è in senso etnico che va letto "Picentini” su alcune carte antiche, come quelle del Danti nella Galleria dei Musei Vaticani (fine XVI sec.), quindi localizzati tra (i popoli) “Irpini” e“Lucani”; stessa accezione paiono avere le citazioni umanistiche di (relative a) J. Sannazzaro (cfr. G.B. Crispo, Vita di J. Sannazzaro, in: L'Arcadia, ediz. 1725: "est Picentinos inter pulcherrima montes Vallis...": F. Colangelo, Vita di G. Sannazzaro, 1819).
Già nei documenti medievali la sola parte sud-occidentale del gruppo (Pizzo San Michele-Maj) è detta Serre di Montoro, mentre negli scritti geografici, corografici e “geologici” cinquecenteschi (L. Alberti, S. Breislak) le montagne associate al Fiume Sabato sono designate come Monti Tremoli.
Il naturalista Oronzio Gabriele Costa risulta essere stato il primo studioso a introdurre correntemente il nome “Monti Picentini” (almeno dal 1864, anche nel titolo di un suo articolo; v. anche M. Fondi, 1964), ma ad oggi la più antica menzione dell'oronimo "monti Picentini" l'ho trovata in un articolo del 1859 di P. De Cuppis (sul suo "Atlante geogonico", forse mai pubblicato; cf. Bibliogr.).
Il noto meridionalista (e pioniere dell'escursionismo al sud) Giustino Fortunato (1848-1932) indica questi monti (nelle pubblicazioni del 1878, 1880, 1884) ancora come “Gruppo del Terminio” (chiamando, come d'uso locale, "Montagnone" quello che è oggi il Monte Terminio), mentre per il grande geografo Giovanni Marinelli (1846-1900) sono “il gruppo del Terminio od altopiano Irpino o monti Picentini” (cf. La Terra, vol. IV/1, s.d. ma ca. 1896-1897, p. 234).
Nella cartografia storica del Seicento (Magini, Blaeu) compare “Monte Termino”, ma già prima, nelle accurate mappe aragonesi (seconda metà del quattrocento), a sud-est di Serino è riportato il villaggio di S. M(aria) del Termine (-o?), che fa ovviamente riferimento all’oronimo.
A partire dal ’200 e nei secoli successivi vi è menzione nell’Archivio Segreto vaticano, nell’Archivio di Cava (1302) e in altri documenti del Monastero benedettino (o del relativo abate) del Santissimo Salvatore di Serino de Turmino, o ad Terminuim o di Treminio (sic! Cfr. F. Masucci, 1959; F. Moscati, 2005), i cui ruderi, “le mura di San Benedetto”, sono ancora visibili lungo la SS574 ai piedi del Terminio, in località Cerreto.

“M. Termolo” è riportato sulle carte settecentesche (Rizzi-Zannoni 1769, Cassini 1790) per il sottogruppo intero del Terminio (sul confine dei due Principati), che ha a SW il “M. Agnone” (sottogr. dei Mai), e a E il “M. S. Donato” (posto a N di Acerno, in corrispondenza dell'Acellica e delle Raie di Acerno); sul versante orientale del gruppo, la carta riporta, da S, il M. Nero (Piano di Montenero, a NE di Campagna), quindi un villaggio "Polveracchio" (cf. le Carte aragonesi "del Pontano", di tre secoli più antiche), a S del monte oggi denominato Polveracchio (ma senza nome sulla carta), “M. Calpazzo” (tra Gaudo, cf. Piando del G., e Calabritto), e ancora il ben noto “M. del Paflagone” (a N di Capo Sele) e infine a NE, il “M.te Guleto” (Goleto), a S di Nusco.
L’Atlante di G.A. Rizzi-Zannoni (1808) segna un progresso evidente nella scala (ca. 1:114.000), densità di toponimi, viabilità principale e soprattutto relativa "accuratezza" del rilievo orografico (caratteristiche che saranno ulteriormente migliorate nei successivi decenni, nelle "riedizioni austriache" di questa carta fondamentale). Sono delineate alcune decine di montagne nell'areale dei Monti Picentini (che non hanno una denominazione d'insieme), molte delle quali riporano l'oronimo (M. Terminio, M. Rombaudo, M. Tuoro nel sottogruppo NW; M. Calvanico, Monte delle Balle, M. Marano, Monte della Cerreta, lo Nieggio, La Fajostella nel settore SW, oggi sottogruppo dei Monti Mai- Pizzo S. Michele; M. Accelico, Monte del Salvatore, Pizzo di Rosa, M. Cornazzolo, M. S. Angelo, Montagnone, M. di Migliara, M. Mirabella, M. S. Giovanni nel sottogr. centro-meridionale; M. S. Erasmo, Serra d'Arce, M. S. Salvatore, Costa Calda, M. Calvo, M. Negro, M. del Pruno, M. Cerlomagnano (!), M. Autillo, Montagne di Polveracchio nel settore SE; M.te Cervi alto, M. Calvello, Roja Spina, La Balzata, nel settore NE).
La relativa accuratezza con cui le prime carte realizzate su basi geometriche/trigonometriche illustrano la conformazione del territorio dei Monti Picentini, è indice del lavoro certosino effettuato a dagli addetti del R. Officio topografico napoletano a cavallo tra il XVIII e XIX secolo (non solo sulla base di precedenti carte ma anche con operazioni di campagna, addentrandosi nei luoghi).
Come per altri massicci montuosi del sud (cfr. i Monti dell'Orsomarso in Calabria), fino ad alcuni decenni addietro non esistevano denominazioni generiche atte ad accorpare in un unico nome un gruppo relativamente ampio (ma compatto) di montagne: ciò perché questa esigenza è nata solo con gli studi e le ricerche moderne, soprattutto al fine dello sfruttamento delle risorse boschive e idriche da parte dell'autorità centrale, il Regno di Napoli/ delle Sue Sicilie e poi della Repubblica Italiana. Prima, per far riferimento ad un raggruppamento di monti, li si designava con il nome di una delle cime più rappresentative o con quello dei paesi circostanti (Monti di Serino, di Acerno etc.).

La storia della frequentazione dei Monti Picentini si fonde fino ai secoli recenti con quella del territorio delle università, poi "comuni", cui essi appartengono.
Montagne e valli erano sfruttate per le loro innumerevoli risorse, come vie di passaggio o come nascondiglio sicuro (nei periodi di invasioni e guerre o da parte delle bande di briganti).
Gli abitanti di comuni, villaggi e casali di solito conoscevano solo le montagne del proprio territorio natio o quelle dove si recavano per lavoro o per procurarsi il cibo.
Gli archivi di Stato e quelli comunali traboccano di documenti (atti di notai, atti demaniali, perizie forestali, planimetrie e mappe etc.) da cui si evince la "micro-storia" di molte località, anche montane, che oggi sono desolate (o percorse solo per fini di svago), ma che fino ad alcuni decenni addietro erano oggetto di contenziosi, liti confinarie, usurpazioni, sconfinamenti di animali domestici etc. È certo che già i Romani furnono attratti dalle numerose potenzialità e risorse delle terre in cui si erano insediati gli Irpini e ad altre stirpi locali (Osci) e non (Etruschi).
La tradizione dei collegi di dendrofori romani si protrae nel periodo del Ducato di Amalfi e attraverso il Medioevo, secoli durante i quali il legname del Polveracchio e degli altri vasti bosachi che si estendevano tra l'Irprinia e l'Agro Picentino viene esportato anche in nord Africa.
Nei secoli più recenti, alla frequentazione per motivi economici-sussistenziali da parte dei locali, si aggiunge quella di studiosi che, per conto di vari istituti del Regno borbonico, iniziano ad esplorare i recessi di questi monti per fini scientifici: captazioni di sorgenti, reperimento di legname, minerali e altre materie prime, ricerche geologiche, botaniche e faunistiche, triangolazioni per l'elaborazione di carte topografiche etc. Ne scaturiscono le prime (ancorché rare) descrizioni relativamente dettagliate di aree marginali come le cime dei monti o i valloni più inaccessibili.
Negli ultimi decenni dell'800 l'alpinismo (termine che inizialmente comprende anche quello che oggi chiamiamo escursionismo) va diffondendosi e le bellezze dei Monti Picentini attirano da subito le attenzioni delle sezioni locali del CAI, anche grazie alle pubblicazioni delle affascinanti descrizioni dei due decenni di peregrinazioni pedestri di Giustino Fortunato.
A quel tempo i Monti Picenini erano tra i luoghi dell'ex Regno delle Due Sicilie in cui era più vivo l'eco del Brigantaggio post-unitario. Il fenomeno aveva conosciuto, nei decenni a cavallo dell'Unità d'Italia, la sua fase di maggiore diffusione e violenza: non c'è storia locale che non ne faccia cenno. Ed è naturale che, così com'era stato con i popoli del Piceno (Picentes, Picentini) al tempo dei Romani, o per i civili durante le invasioni, anche nei secoli del brigantaggio le montagne e i boschi costituissero il covo più sicuro per chi volesse sfuggire alle Guardie Nazionali. Alcuni degli eventi e dei fatti che hanno avuto luogo nel territorio montano di Montella, Acerno, Giffoni, Serino, Vulturara, Montecorvino etc., saranno menzionati nella seguente descrizione (e nelle relative note).

I - L'ACCELLICA DALL'ALTO (Ambiente, Toponomastica e Cartografia)

Di certo la cima dell'Accellica non è tra le più frequentate dei Picentini: meglio così! Le altre vette del gruppo montuoso (ad esclusione del Mai) sono relativamente più facili da raggiungere, avendo almeno un sentiero più breve ed agevole che ne consente l'ascesa. Ma l'Acellica no. Lei è solo per una ristretta élite di appassionati o comunque per camminatori allenati. Eppure la quarta cima dei Picentini è alta solo 1660m...
Come vedremo ci sono diverse possibilità per affrontare la risalita, ma nessuna che sia anche lontanamente 'turistica', come suol dirsi in gergo escursionistico, o "tranquilla" come direbbe qualcun'altro. Eppure di tranquillità nel profondo dei boschi e sulla vertiginosa cresta ce n'è tanta, e il silenzio è rotto solo dal continuo scrosciare delle acque dei torrenti che scorrono nelle buie e umide faggete sotto le pendici, dal sibilo del vento che accarezza le rocce sommitali, un soffio che talvolta trasporta lontano gli acuti richiami dei rapaci.

Acellica è un microcosmo tutto da scoprire, con l'infinità di luoghi e creature da sogno che si celano tra i suoi boschi.
Come fosse un'enorme vacca sacra distesa, dai cui capezzoli ("ninni") scende il latte che dà la vita, la montagna è solcata da innumerevoli canaloni da cui sgorgano le acque che confluiscono nel Calore, nel Sabato e nel Picentino, i tre fiumi principali le cui sorgenti sono giusto ai piedi dell'Accellica e le cui acque arrivano in centinaia di migliaia di case.[5]

Il nome della montagna, più anticamente e ancora oggi dialettalmente 'A Céleca, 'A Celica, Celica, Celicone, Acellica (Accellica sulle IGM del '900 per concrezione/agglutinazione, ossia fusione dell'art. determ. femm. con il nome) dovrebbe alludere ad un "Luogo degli Dei", e l'etimologia sarebbe da collegare al lat. caelum (osco kail- ?) "cielo" (o al n.p. lat. Caelius ?), ma con forti dubbi su esiti linguistici e genesi della sua derivazione. Diverse interpretazioni ed etimologie sono state proposte [6], così come per il gobbone cacuminale dell'Accellica Sud, detta Pettienessa. [6A]
La vista del 'Varco del Paradiso' seminascosto tra le nuvole, evoca effettivamente visioni oniriche, luoghi celestiali, magici, incantati o per l'appunto divini: questo toponimo (non indicato sulle carte IGM) relativamente recente (fine '800?) nonchè assai affascinante indica il pauroso baratro che separa i due tronconi principali della montagna, al cui centro svetta il Ninno o Nenne ('poppante' opp. 'capezzolo'), un'appuntita guglia piramidale che dà all'Acellica la sua riconoscibilissima forma, oltre che un'aria imperiosa, quasi minacciosa e, qui al sud, insolitamente 'dolomitica'. [7]
[Una revisione dell'oronimo di questa montagna e un'analisi descrittiva della vasta serie di toponimi da me raccolti grazie alla collaborazioni di amici e informatori, oltre che desunti da bibliografia e cartografia, sarà oggetto di un futuro studio particolareggiato che verrà qui linkato].

Si diceva delle emozioni che questo gigante di pietra può donare: chi ama le montagne sentirà la voce di questa vecchia signora, quasi una enorme janara, capace di stregare con le sue magie ed i mille travestimenti che la fanno apparire come una giovane ammaliante, seducente e all'apparenza "facile".
Ma in realtà conquistarla non è cosa da poco: però a chi sa vedere e ascoltare i segnali che la natura ci manda, la giornata in compagnia di questa meraviglia resta dentro per tutta la vita. E le energie che si consumano, i dubbi e le paure che possono nascere, il sudore che scorre copioso e le eventuali vesciche sotto i piedi, quelle si dimenticano subito, mentre resteranno delle sensazioni d'indescrivibile soddisfazione, di piacere allo stato più puro e atavico, per quest'intima comunione con la Terra Madre, per l'immane entusiasmo che la montagna e gli smisurati boschi che la circondano possono suscitare. Per essere riusciti a restare un pò sulla groppa del gigante selvatico ed averlo in un certo senso 'domato'. Ci sono tanti posti reconditi e selvaggi dove ci si può dimenticare d'ogni cosa e provare felicità... Ma poi si ritorna alla vita di tutti i giorni... Dopo essere stati sull'Accellica, invece, ti porti sempre dietro qualcosa di lei, sia essa terra, energia, ricordi, pensieri, parole, panorami, odori, suoni, foto, a seconda della sensibilità personale e degli interessi di ognuno. E per tutto l'anno pensi a quando la rivedrai, quasi come fosse una fidanzata da cui ci si è dovuti forzatamente separare.Anche le canzoni e poesie che si trovano sul web (cf. CAI di Salerno), le descrizioni di F.P. Ferrara, o di C. Palatucci e ancor prima quelle di Giustino Fortunato [8], testimoniano l'attrazione, il fascino e il rispetto per la più amata cima dei Picentini. L'amico Zio Bacco, capace qualche anno fa di presentare come "tranquilla" un'escursione sull'Accellica, è stato più recentemente sentito proferire ad un'altra persona che "se vai ngoppa' 'a Celeca, te passa tutto...". Io aggiungerei: "Amen".

I A - Cartografia dell'Acellica [11/5/2020]
Prima dei moderni metodi di aerofotogrammetria e delle immagini satellitari, la cartografia era l'unico strumento per la conoscenza "da remoto" del territorio. La cartografia nacque essenzialmente per due ragioni: 1- Delimitazione delle proprietà comunali (Università) e private, la registrazione di entità e tipo di utilizzo, soprattutto ai fini del prelievo fiscale, ma anche di razionalizzazione e ragolamentazione delle colture, degli usi civici etc (quindi motivazione generale di matrice economico-fiscale). 2 - Conoscenza degli aspetti territoriali, morfologia dei suoli, reti viarie, centri abitati, distanze reciproche etc., ai fini del controllo militare del territorio e dei confini (motivazione politica).
I più antichi lavori cartografici rientravano quindi in un campo di conoscenze e tecnologie strategico-militari che non di rado ne rendevano la diffusione limitata prettamente alla corte reale.
Nell'areale del "Regno delle due Sicilie" varie tipologie di registri di controllo di natura "testuale-descrittiva" (relativi a decime e gabelle, prestazioni militari etc.) fanno la loro comparsa in periodo normanno e angioino-aragonese (dal cd Catalogus Baronum alle Rationes decimarum e ai vari "catasti") mentre la cartografia, a causa dei limiti tecnico-logistici, è più lenta nel raggiungere "standard" soddisfacenti, benché essa affondi notoriamente le sue radici almeno in epoca romana (Cf. La Greca, Valerio, 2008; Dilke, in : History of Cartography, vol. 1, 1987, cap. 12-14).
Le cosiddette "Carte Aragonesi" (o del Pontano), copie settecentesche (F. Galiani) di originali in pergamena probab. di fine XV sec.- inizio XVI, danno un'interessantissima e dettagliata panoramica di alcune aree del Regno, tra cui la striscia più meridionale del Principato Ultra e buona parte del Principato Citra, quindi i Monti Picentini vi rientrano a pieno (a nord le carte giungono alla latitudine di Sorbo, Montemarano e Lioni); vari aspetti sono stati già studiati da La Greca e Valerio (2008), dalla Siniscalchi e da altri. L'Accellica, situata nel cuore delle montagne, al confine tra i due Principati (e poi delle province di Avellino e Salerno), benché lambita da un'importante arteria N-S che dava accesso alla Puglia (cf. Cammarano 2003), non è soddisfacentemente ben delineata su queste carte aragonesi che appaiono, all'interno del triangolo Serino - Giffoni - Acerno, imprecise o troppo semplificate nei dettagli e nella disposizione orografica e idrografica (quindi non ne ho incluso alcuno stralcio nelle immagini delle "sintesi cartografiche" qui in basso, ma v. quella del Terminio).
La Carta De Rossi (1715) è visibilmente debitrice dell'atlante del Magini (1620), ma è qui significativa l'aggiunta, sotto un monte a N di Acerno, del toponimo "M.Celito" che sembra echeggiare M. Celica. La Rizzi-Zannoni (Sicilia Prima, 1769) è fondamentalmente una rielaborazione delle suddette pergamene aragonesi, e il M. S. Donato dovrebbe corrispondere alla Costa S. Donato a N di Acerno. Con l'Atlante del Regno di G.A. Rizzi Zannoni (fogli da fine '700, ediz. finale 1808), si fa un notevole passo avanti nella rappresentazione delle principali arterie viarie e l'orografia comincia ad assumere un minimo di corrispondenza con la reale conformazione dei rilievi. Spicca la cresta nord di "Monte Accelico", con direz. W-E, donde si dipartono i rami alti del "Vicentino" (Picentino). Un po' staccata dal "Varco del Paradiso" (riportato più a E) e diretta quasi a SE, la cresta Sud dell'Acellica è denominata "Pizzo di Rosa", mentre dal Varco verso SSW si diparte il "M.te del Salvatore" che accomuna in un crinale esageratamente continuo e prominente, il rilievo tra i Piani di Giffoni, il Mt. Raia/Telegrafo e per l'appunto il M. Salvatore, che domina su Gauro.
La Carta dello Stato Maggiore austriaco 1821-25 (e aggiunte in decenni success.; in almeno 3 diversi esemplari, conservati a Vienna, all'IGM di Firenze e nella collezione Zerbi di Taurianova a Reggio Calabria, pubbl. da I. Principe, 1989; cf. anche V. Valerio, 1993, pp. 251 seg.), seppur nata come aggiornamento dell'Atlante di Rizzi Zannoni (ne ricalca quasi per intero la toponomastica), perfeziona sensibilmente le linee orografiche e idrografiche, come si vede per la particolare forma a squadra dell'Acellica, con il terzo ramo (della Savina), su cui si dipana, delineato con puntini, il confine dei due principati.
Meritano l'inclusione anche un paio di notevoli esemplari cartografici d'archivio, già noti ed inseriti in diverse pubblicazioni, relativi alle frequenti e annose controversie confinarie tra i vari comuni dei Picentini, ma che meriterebbero uno studio particolareggiato, soprattutto l'esemplare (ASAV, sd, ma probab. di metà/fine '700) molto bello, che conserva ancora una certa intensità dei colori e comprende una vista (da Nord) tra il "Montagnone" (Terminio, a des.), il "Celicone, Nenne e Celica" (Acellica N, Ninno e Acellica S) e il "Cirivalto" (Cervialto, a sin.), corredata da una lunga legenda con 78 microtoponimi e indicazioni dei cippi e limiti di confine Acerno - Montella - Giffoni... Gli Archivi sono miniere d'importante materiale documentario, che talvolta ha anche un certo valore artistico!
[Links a una parte di questa carta: 1: (Da foto di FR, riportando alcune delle indicaz. da legenda) - 2: Viaggio in Italia (MIBAC/TCI) ].

Ritornando alla cartografia ufficiale, va segnalata, nella prima metà dell'800, l'inizio della cartografia su più solide basi geodetiche intraprese in seno al Reale Officio Topografico di Napoli dal successore di G.A. Rizzi Zannoni, F. Visconti, ai fini dell'elaborazione di varie carte, tra cui quella dello S.M. Austriaco e soprattutto la Carta delle Province Meridionali del Regno, 1862-1876, in scala 1:50000. L'Acellica occupa una posizione centrale, ed è ben visibile dall' "Agro Picentino", ma era molto vicina ai più esterni, alti e visibili M. Terminio e M. Polveracchio, sulle cui cime i segnali trigonometrici furono posti dai topografi tra il 1839-1842 (ai fini delle triangolazioni, era traguardata anche la facciata della chiesetta S. Michele di Cima sul Monte di Calvanico o Pizzo S. Michele). Fino alla metà dell'800 non risulta alcun segnale sull'Acellica, ma tra gli anni '50 e '60 dell'ottocento ne fu installato uno sulla cima N, inizialm. quotata 1657 (la sud era q. 1582m)!
G. Fortunato si avvalse della Carta dello Stato Maggiore (1870), seguendo probabilm. la traccia lì delineata per raggiungere la Cima sud da Acerno nel 1878. Nel frattempo tutte le competenze e le prerogative dell'Officio topografico napoletano erano passate al Deposito della Guerra subito dopo l'Unità d'Italia e confluiranno successivamente nell' ITM poi IGM, di Firenze.
Nella prima metà del '900 anche le tavolette IGM al 25000, ricalcavano i fogli al 50000 derivati dalla Carta delle Province Merid., seppur ad una scala maggiore (ma con eguale disegno, ad eccez. delle ritocco sulle isoipse); la quota della cima N fu rettificata a 1660m a inizio '900, ma la morfologia dell' "Accellica", dovette attendere le tavolette al 25000 degli anni '50 per essere ulteriormente perfezionata. Nelle IGM 25v (a. 1957) la cima S diviene q. 1606m e compare anche qui il triangolino che indica il segnale trigonometrico (ne fu posto uno anche sul "Timpone", al termine merid. della cresta S, q. 1443m, entrambi probabilmente installati durante o subito dopo la II Guerra Mondiale).
Queste tavolette IGM sono state la base per le prime due vere carte escursionistiche dei sentieri dei Monti Picentini: quella del 1994 (ed. Selca, sc. 1:30000) del CAI di Salerno sulla base dell'individuazione e segnatura dell'Alta Via dei Picentini e di altri sentieri effettuata, dopo il terremoto, dalla Pro Loco di Acerno (D. Vece, 1986); La Carta del 2009, (CAI SA, AV e Parco Reg. Monti Picentini) anch'essa corredata da un libricino con la descrizione dei sentieri, vide aumentare notevolmente il numero di sentieri segnati (quelli dei versanti salernitani vennero rilevati con GPS), fu stampata in 4 carte per i rispettivi settori NW, NE, SE e SW (1:25000) ma la stampa risultò purtroppo "poco leggibile", a causa della riproduzione un po' grossolana dei tratti (un apposito portale del Parco Regionale M. Picentini ne offriva, in sola visualizzazione, una versione più nitida, ma purtroppo, già a pochi mesi dall'inaugurazione, quel portale funzionava di rado e male, e finì poi per sparire del tutto: un po' come spariscono gran parte dei fondi POR incautamente messi a disposizione di chi ambisce per lo più a intascarseli).
Degno di nota anche un bello schizzo di Carlo Landi Vittorj (CAI di Roma), che fu inserito in uno storico articolo sul "Monte Accellica" (in "L'Appennino", 1969/6). Il tratto schematico è quello tipico delle Guide dei Monti d'Italia del CAI-TCI (di cui C. Landi Vittorj aveva curato le prime due edizioni del Gran Sasso e la prima dell'Appennino Centrale) e per la toponomastica si giovò, oltre che di informazioni prese sui luoghi e delle tavolette IGM, di una carta silvo-pastorale al 10000 realizzata dalla forestale di Acerno nel 1964 (che prima o poi andrò a cercare in comune).

M. ACELLICA, Sintesi Cartografica (F.R.). Carte storiche, documenti d'archivio, IGM e cartografia escursionistica


II - L'ACELLICA PIU' DA VICINO
(Orografia, Flora e Fauna)

Orografia e Geomorfologia

L'Accellica, come gran parte dell'Appennino, è composta da rocce carbonatiche sedimentarie (calcari, quindi carbonato di calcio, CaCO3, e dolomie, cioè carbonato doppio di calcio e magnesio), originarie del Triassico e soprattutto del Giurassico. Geomorfologicamente la montagna si presenta con versanti "esterni" (settentrion. della Cresta N e orient. della cresta S) maturi, poco accidentati e quindi, attualmente, ricoperti di fitto bosco, con le falde detritiche che si saldano a N, oltre la Valle dell'Alto Calore, al sottogruppo del Terminio, e ad E con il fondovalle acernese (notevole eccezione la parete presso Za'Chela, ove termina il contrafforte principale della cresta Nord, poco a E della cima); al contrario i versanti "interni" delle due creste, esposti verso i Piani di Giffoni, poggiano su faglie/lembi di fratture, che perciò risultano tettonicamente più instabili e caratterizzati da conformazione orografica ad incisioni, versanti accidentati, dirupi e pareti.
[Per ulteriori approfondimenti rimando all'interessante tesi di dottorato di ricerca in Scienze della Terra di C. Vitale, 2005, in partic. p.150 seg. per quanto concerne l'Accellica].

L'Accellica, come detto nell'introduzione, occupa il nodo centrale -il vero e proprio cuore- del gruppo dei Picentini, avendo gli altri quattro sottogruppi a N e NW (Terminio), a W (Mai), a SE (Polveracchio) e a E e NE (Laceno-Cervialto). Il massiccio ha una forma di stella a tre punte, con il centro individuabile tra l'alpestre forcella del Varco del Paradiso e la Cima Sud (1606m), da dove si diramano tre dorsali: verso NE la cresta secondaria della Savina (che si deprime dopo poco più di 2Km in zona Le Croci di Acerno), verso sud la Cresta Sud che anch'essa, dopo poco più di 2Km e un elevazione meridionale (Timpone, 1444m), scende in direz. del Varco della Noce, e la cresta principale, il braccio E-W, che comprende poco oltre il Varco del Pradiso, quindi verso la sua estremità orientale, le cime principali (1660m, 1658m) e si prolunga verso W per c. 3Km prima di abbassarsi nella zona del Varco della Rena (d. Pistone sulle IGM) e del Favale.

Più nel dettaglio la dorsale principale (N) si sviluppa con andamento O-E dal Varco della Rena, risalendo con modesti torrioni e canaloni rocciosi nella zona rivolta a S (verso le valli dei torrenti Nocelleto - Infrattata) e versanti meno tormantati e più boscosi a N (verso l'Alta Valle del Sabato); da questa prima metà (occid.) della dorsale, si stacca verso sud un troncone (Costa della Melaina) che va a saldarsi dopo una selletta, alla Serra Colleferro, diretta a S (spartiacque tra le Valli di Nocelleto-Infrattata a W e Picentino a E). A circa metà della cresta N, nella zona dei Ninni (i Ninni dell'Accellica IGM, anche se in origine "Ninni" erano probabilmente le gobbe e i torrioni della zona più occid. della cresta nord - inf. pers. G. Capone) un troncone boscoso cala a N verso l'importante Varco denominato Colla Finestra, 1060m (spartiacque tra la valle del Sabato a W e quella del Calore a E, e a N del quale si alzano gli altipiani del gruppo del Terminio).
Proseguendo verso E la dorsale principale raggiunge la boscosa cima nord (1660m) e, dopo la più panoramica Anticima (N)E (1658m), scende per più di 100m in direzione SE al Varco del Paradiso, al centro del quale s'innalza il Ninno (1539m) (vedi sopra e nota 7). L'aereo forcellone che costituisce il Varco del Paradiso si sviluppa quindi in direzione N-S: dalle sue falde, sotto il Ninno, hanno origine il Rajo delle Ferrere (inizialm. Vallone del Ninno, poi anche Vallone Savina) che cala nel versante montellese a NNE, sotto le falde della Savina, immettendosi poi nel ramo princip. dell'Alto Calore (Saucito) all'altezza della Masseria Marinari (Captazioni); dall'altro lato (giffonese) dal Butto della Neve, in direz. princip. SW, si diramano le sorgenti del Picentino, che fluisce sotto le pareti S della dorsale principale in direz. W (Trellicina) per poi prendere l'andamento verso SW (Capo di Fiume). Oltre il Varco del Paradiso si alza, perpendicolarmente alla cresta nord, la dorsale meridionale con generale andamento N-S; anche in questo caso la cima Sud (Raione IGM, 1606m) si trova non lontano dal Varco, sorgendo nella zona settentr., ovvero su di una prominenza della Cresta S detta Pettinessa [6A]. Dopo una leggera deviazione verso SW la cresta (Varco della Pettinessa, q. 1482) torna a puntare a S per poi terminare, oltre il Valico di Acquafredda, con un'ultima, panoramica elevazione meridionale, il tondeggiante Timpone (punto trigonom., 1444 o 1446m) che si abbassa definitivamente e piuttosto precipite tra i boschi poco a N del Varco della Noce (lo spartiacque tra la zona giffonese e quella acernese, oltre il quale si alzano le cime minori dei monti Circhio, Telegrafo e Raia).

Come detto, una dorsale secondaria del gruppo, un po' meno imponente delle altre due, è La Savina [16], che si stacca dalla Pettinessa (a NE della cima Sud) con direzione SW - NE; la Savina comincia virtualmente dalla q.1383m (IGM) Varco Pettinessa-Savina opp. Spaccaturo alto, e dopo varie gobbe e la vera e propria cima a NE (q. 1303m) va a morire nella valle tra Montella e Acerno, poco a W del passo tra le Croci di Acerno e La Rotonda. Dalla Savina si gode uno spettacolare panorama sull'antistante Ninno e il Varco del Paradiso.

La zona (N)Occidentale dell'Accellica è anch'essa, come quella NE, per così dire 'biforcuta', poichè vi si incontrano due dorsali: quella principale W-E con quella da S (Serra colle del Ferro).
Il versante nord della montagna ha una pendenza media minore di quello sud; le sue zone più ripide e incassate sono il Vallone della Neve (dai 1200m in su ma anche in basso ha tratti rocciosi, angusti e di difficile risalita/uscita), gli altri due valloni più occident. senza nome su IGM che scendono dalla cresta N (Vallone dei Briganti, immediatam. a E di Colla Finestra, che si dirama dai Ninni dell'Accellica IGM, e Vallone dei Catozzi, o dei Carbonai, quello tra il primo e il Vallone della Neve) e poi quello all'estremità orient. tra il Ninno e la Savina [Rajo o Vallone de' Ferrere: il troncocello principale del Vallone delle Ferr(i)ere che risale fin sotto al Ninno è detto anche Vallone del Ninno nel tratto più alto; una diramaz. da c. q.1000m verso W e poi verso SW termina sotto l'anticima NE ed è detta Vallone Zachela; entrambi, come la testata del Vallone della Neve, sono risalibili solo con attrezzature alpinistiche cf. anche nota 15B].
Fitti boschi di faggio (con qualche tasso) ricoprono quasi tutte i declivi, eccetto alcuni tratti più rocciosi e verticali delle pareti e dei citati baratri.
Sul fronte meridionale vi sono molte più zone scoscese o vere e proprie pareti (Vallone Vene Rosse, Butto del Laurenziello, Butto della Neve) ma anch'esse verdi per l'erba e gli alberi che, isolati o a macchie, ricoprono anche i burroni più strapiombanti (v. nota 14).
Dirupato è anche il versante occid. della cresta Sud. Un tempo un sentiero lo tagliava dal Valico della Giumenta in direzione del Varco del Paradiso S ma oggi è in parte franato. Esiste però un sentierino più alto che dal Varco della Pettinessa (estremità sud dell'omonima gobba, sito sulla cresta S pochi m a N della q.1482 IGM) si tiene nel bosco tra i 1450-1500m di quota, sottopassando le pareti superiori del versante occid. della cresta S, raggiungendo in mezz'ora di cammino il Varco del Paradiso S / e la base merid. del Ninno (evitando di passare per la cima S e per il primo tratto della via ferrata che discende al Varco del Paradiso).
Da notare, in un ambiente con un esteso areale quasi del tutto selvaggio, che sul versante E, nel tratto più basso del sentiero CAI 105 che conduce al Calancone - Bosco dei Pellegrini, vi sono purtroppo alcune zone disboscate per il taglio certamente un po' sconsiderato della legna!

Da quanto descritto si comprenderà la ragione per la quale talvolta si parla di "Accelliche": le due dorsali principali, ortogonali tra di loro e che s'incontrano in corrispondenza del Varco (Forcella) del Paradiso, sono per molti versi quasi due montagne distinte, non tanto orograficamente ma soprattutto culturalmente e storicamente, proprio per la difficoltà di attraversare l'alpestre varco sia per creste nella direz. N-S che attraverso i valloni da E-W (tra Vall. del Ninno e Butto della Neve): le antiche vie (mulattiere) aggiravano la montagna per la Colla Finestra e forse solo alcuni sentieri di fuga dei Briganti ripercorrevano le tracce degli animali per passi e 'passaturi' in settori della montagna relativamente più impervi (cf. nota 11).
I confini comunali (Giffoni, Montella Acerno), vennero non a caso fatti coincidere con buona parte delle tre dorsali e su quella della Savina - Accellica N - Colla Finestra passa il confine tra la provincia di Avellino e Salerno (vedi anche le liti confinarie settecentesche citate in nota 15B).

La montagna ed il suo ricchissimo bosco accoglie una grandissima quantità di specie vegetali ed animali, talune diventate da tempo molto rare nel nostro paese.

Flora

Il carattere selvaggio della montagna deve aver contribuito alla conservazione di vari lembi di faggeta "vetusta", in diverse particelle forestali dell'Acellica, anche grazie alla relativa oculatezza dei più antichi sfruttamenti borbonici (probab. documentati nei piani di assestamento forestale del periodo fascista, stilati dal Di Tella, che non ho ancora avuto modo di rintracciare; inf. pers. E. Rovelli). Negli anni tra il 1930 e l'immediato postbellico, a causa della mancanza di normative ferree, furono tagliati anche gli esemplari più annosi e maestosi che un tempo erano stati lasciati a riserva. Operò sull'Acellica la famigerata ditta "Palombaro" di Napoli, che nei decenni successivi si sposterà anche nell'area dell'attuale Parco Naz. del Pollino e monti di Orsomarso, radendo lì al suolo decine di migliaia di ettari di boschi. Nei decenni della seconda metà del '900 il Piano Forestale di Montella venne stilato da S. Bosco (1973-1982, pubblic. 1984) e dal Cantiani con i suoi allievi.
Tra la vegetazione, oltre a vastissimi boschi di castagni (purtroppo in questi anni nei Picentini è stata seriamente distruttiva l'azione del Cinipide Galligeno del Castagno, un imenottero alloctono -proviene dalla Cina- anche se i castagneti dell'Accellica non sono stati attaccati con la veemenza di quelli di altre zone) e faggi, troviamo lecci, tassi, tigli, roverelle, ontani, olmi, aceri, carpini, agrifogli, qualche betulla, e ancora spilloni del Cilento, creste di gallo di Wittstein, verbaschi, stelline, ginestre, erbe officinali, festuche di Calabria, orchidee selvatiche (Orchis, Ophris), felci e la rara Aquilegia del Beato Marcellino di Champagnat (v. nota 7).
Altrà rarità è la Pinguicula hirtiflora, piccola pianta insettivora (detta anche "Erba unta alamfitana" o semplicemente "pinguicola") nota in Italia per alcune stazioni in costiera amalfitana (Valle delle Ferriere, Vallone Porto, Marina di Vietri sul Mare e alla Sorgente Acqua Santa, presso il Mt. S. Angelo a Tre Pizzi, dove il Tenore per primo la trovò), in Calabria (Gole del torrente Celadi, presso Rossano, in Sila) e ritrovata anche nei Monti Picentini (Antonio Izzo, inf. pers. 4/2014): nel Vallone Matrunolo (Terminio) e nell'Alta Valle del Sabato (Accellica); ma è certo che sull'Accellica dovrebbe trovarsi anche altrove e forse anche a quote più alte.
[Aggiornam.]: Il 18/5/2014 ho personalmente ritrovato una stazione di questa pianticina carnivora con fiorellini viola-lilla-bianco, nel settore SW dell'Accellica, sopra la testata dell'Infrattata
(+700m di quota); è quindi assai probabile che sia diffusa in diverse altre aree sorgentizie tanto nel versante meridionale quanto in quello settentrionale dell'Accellica.

Fauna
- Anfibi: due specie di tritoni, le salamandre (pezzata/S. salamandra e Salamandrina dagli occhiali, Salamandrina terdigitata), la raganella (Hyla italica), la rana italica e la rana dalmatina, il rospo, il rospo smeraldino e l'ululone dal ventre giallo [9A] .
- Rettili: lucertola campestre e muraiola, ramarro (Lacerta bilineata), orbettino (Anguis fragilis), luscengola (Chalcides chalcides), biacco (Hierophis viridiflavus), cervone (Elaphe quatuorlineata), saettone (Zamenis longissimus) e colubro liscio (Coronella austriaca). Piuttosto rara l'ingiustamente temuta Vipera (Vipera aspis francisciredi, qui un rarissimo esemplare melanico da me catturato, fotografato e rilasciato durante una salita dal versante giffonese verso l'Accellica Sud, 18/9/11).
Purtroppo l'abbondanza di cinghiali (da tempo reintrodotti per scopi venatori) sembra ripercuotersi negativamente sulla diffusione degli ofidi (questi suini, grufolando nel terreno, spazzano via uova e piccoli divornadoli nei nidi; non è un caso che, negli anni recenti, ho notato che in molte zone della Campania i serpenti appaiono con maggior frequenza nelle zone di campagna immediatamente a ridosso dei centri abitati, dove trovano parecchi roditori e minor diffusione di cinghiali, mentre sono relativamente più rari nelle zone impervie, dove i cinghiali sono in costante aumento).
- Uccelli: merlo, tordo sassello, tordo bottaccio, tordela, corvo imperiale (relativam. frequente, Accellica N e Varco d. Paradiso), picchio nero, picchio rosso mezzano, averla piccola, calandro, tottavilla, allodola, starna, colombaccio, poiana (Buteo buteo: osservati, 4/2014, sino a 9-10 esemplari contemporaneamente in volo tra cima N e S), nibbio reale, gheppio, falco pellegrino, lanario, gufo reale e infine l'Aquila reale (Aquila chrysaetos, ancora nidificante sulle pareti di una montagna poco più a nord, sebbene in una sola coppia, a causa dei decenni di bracconaggio)[9].
- Pesci: tra l'ittiofauna di fiumi e laghi dei picentini è degna di nota la presenza di trote fario (Salmo trutta fario) nei fiumi Sabato, Calore e Picentino; purtroppo troppe zone sono attualmente oggetto di pesca di frodo (troppo blanda è la sorvaglianza) e non si contano le segnalazioni di scarichi inquinanti dei tratti di corsi d'acqua prossimali a centri abitati e industriali.
- Mammiferi: cinghiale, maiale cinghialato, lupo, volpe, cani inselvatichiti, tasso, martora, gatto selvatico e 6-7 specie di chirotteri (pipistrelli) [10].
Sono inoltre presenti altri mustelidi, alcuni roditori, insettivori, invertebrati, crostacei d'acqua dolce (Granchio e Gambero di fiume) e numerose specie di insetti: coleotteri, tra cui la rarissima Rosalia alpina (che ho ritrovato in un'altra zona dei Picentini, alla Fiumara del Tannera), lepidotteri (svariate specie di farfalle e falene); infine vari aracnidi e, tra i chilopodi, la velenosa scolopendra.

 

III A - SULLA CELICA: I SENTIERI (vedi le cartine in calce)

Si diceva delle svariate opportunità per chi vuole fare trekking sull'Accellica o nei dintorni.
Tra gli itinerari più belli c'è sicuramente il sentiero CAI 104 (ex n. 4): inizia dal Km 38 della SS164 Montella - Acerno, dopo una discesella a destra (per chi viene da Montella/Varo della Spina) con sbarra e guadando il torrente alla Jonta (ovvero più propriamente Varo d'o Cierro, G. Capone inf. pers.)
: si passa nei boschi di castagno sotto ai Cocuzzi (IGM) e dopo una radura, si lasciano a sin. prima un torr. senza nome (che scende da loc. il Tesoro, IGM) e poi, in loc. Piscicoli, la Savinella che scende dall'omonima prominenza (IGM) situata a N della Savina presso C. Palatucci (Patalucci erroneam. sulle IGM); poco oltre, presso i ruderi (745m), oramai quasi interamente coperti dalla vegetazione, del Pocino Marinari (Masseria Marinari su IGM, un'antica struttura per la lavorazione delle castagne, di proprietà del padre del compianto Bruno Marinari), s'incontra l'edificio dell'acquedotto Alto Calore e si prosegue sulla mulattiera che oltrepassa il torrente che scende dal Vallone della Neve, proseguendo a destra dopo il corso d'acqua e riportandosi in vista del ramo principale del Calore tenendosi sulla riva idr. destra (S) del torrente principale, qui detto Saucito (il sent. è correttamente tracciato sulla nuova Carta dei Sentieri CAI dei Picentini, 2009 mentre la vecchia carta SELCA, 1997, pur descrivendo esattamente l'itinerario nelle note a p. 15, lo tracciava erroneamente su carta in corrispondenza della mulattiera che segue l'altro versante, quello N, ovvero la sinistra idrogr.). Si sale quindi oltrepassando il Vall. dei Catozzi (senza nome su IGM, inf. G. Capone) dopo il quale si scende al corso d'acqua fino ad una radura (proseguendo lungo il torrente si raggiungono le cascatelle dei "Fontanielli") dove si passa il fiume altre 2 volte (seguire i segni bianco-rossi), quindi alla confluenza con i rami del Vall. dei Briganti dopo cui si ragginge la parte alta e secca della testata di Saucito, ovvero il Varco di Colla Finestra (IGM, 1060m) [11]. Da destra (N) arrivano i sentieri dal Terminio per Barrizzulo (e Serra d. Lacerone / Caprio), di fronte, presso un masso nella piccola radura ove è segnato il nome del Valico, si scende a W verso l'Alto Corso del Sabato e Sentiero Italia. Da Colla Finestra bisogna piegare decisamente a sinistra (Sud) verso la montagna (ignorando l'evidente sentiero che poco oltre si dirige a E, sin.). Dopo una breve ascensione si raggiungono alcuni punti panoramici sulla des. (vista sulla Valle del Sabato e il gruppo dei Mt. Mai) e quindi più sopra in 1h la parte W della cresta (a tratti angusta) che va risalita (alcuni passaggi facili su roccia nel tratto iniziale -W- della cresta) e poi percorsa più facilmente verso E (anticima NW, q. 1652 IGM) e poi ESE (a tratti nel bosco, sul lato N) fino alla cima trigonometrica circondata da faggi (1660m, che generalm. si oltrepassa anch'essa leggermente a N tenendosi nel bosco) oltre la quale il filo di cresta prosegue sempre a ESE oltrepassando una selletta per poi per raggiungere la più panoramica e scoperta anticima finale, la NE a q. 1658m (non quotata su IGM; roccia con lo stemma del CAI e l'indicaz. della quota -erroneam. 1660m- dipinta, quindi in cima un tempo vi era un paletto in legno, poi la statua di S. Pietro -2009- sostituita -2010- da una croce metallica)*. Da questo punto la cresta prende più accentuata pendenza inizialmente sempre in dir. ESE; i bolli biancorossi del CAI indicano l'inizio della Traversata verso il Varco del Paradiso che si fa per ferrata tenendo alla sinistra dei pinnacoli rocciosi, scendendo in un pratino in pendenza e deviando ora decisamente in dir. S tenendosi sull'interno/ versante W su vari passaggi assicurati da cavi d'acciaio (vedi nota 18).
(*) [NB: Sulla vecchia carta SELCA dei Picentini, 1997, l'anticima NE (q. 1658), è quotata e posizionata esattamente; è invece erroneamente (?) posizionata la cima principale, quota 1660m slm, posta in luogo della q. 1652 IGM (che in realtà rappresenta l'anticima NW)].[11A]

Il Varco Colla Finestra può anche essere raggiunto da almeno altri due sentieri CAI provenienti (da NO e N) dalla zona dei pianori del Terminio [12]. Inoltre è possibile arrivarci da NE attraverso un paio di belle ma già di per sè lunghe varianti: il Vallone Scorzella (CAI 141) e la traversata del versante N e W del Mt. Serralonga [13]. Da ovest ci si giunge risalendo l'Alta Valle del Sabato da Casa Rocchi sotto Serra Capannulo, Sgaiuola e Varco C. Finestra (meno di 3 Km, disl. quasi 300m, non segnato) o, partendo da loc. Pianella IGM al bivio sopra Casa Masucci, per i sentieri CAI 3D, 11B (111), 11 (S.I.).

L'Accellica dei Piani (cima S, 1606m) si raggiunge dalle Croci di Acerno (CAI 5 - 3 - 3bis - 3 = CAI 105-103) o da Acerno (dove parte anche il S.I.). Nel Bosco dei Pellegrini (dal nome delle famiglie di Acerno che acquistarono questa zona di castagneti nell'800, i Pellegrino), poco più giù della Sorgente Acqua Fredda, si incrociano il sentiero CAI 105, il CAI 103 (quello di Giustino Fortunato, nonché S.I.) e il 6 (106) che sale da E di Gauro al Varco della Noce. Si procede quindi, non senza difficoltà (e in alcuni periodi in un canalone si sale nuotando letteralmente in un mare di felci e qualche rovo), giungendo quindi sul promontorio meridionale dell'Accellica (Timpone) da dove si procede in direz. N fino alle piu' comode groppe della dorsale che conduce alla cima trigonometrica o Sud (Raione IGM, 1606m). Poco oltre verso N si scende al già menzionato Varco del Paradiso.

Anche la zona a S dell'Accellica è costellata di sentieri che ne percorrono i boschi (Piani di Giffoni) provenendo da Ovest, da Casa Rocchi (ex CAI 3c, ora 106, S.I.: Varco del Pistone - Sorgenti del Picentino), da Vassi (frazione di Giffoni VP, CAI 3b = 106A/106, S.I., lungo l'alto corso del fiume Picentino) e diretti verso Trellicina (di valle), alla spettacolare Grotta dello Scalandrone [14] e al remoto Butto della Neve (CAI 106B) [15A]. Le sorgenti del Nocelleto, Infrattata e Picentino sono luoghi ricchissimi di acqua (numerose cascatelle) e quindi di vegetazione: nei tratti più fitti e bui ricordano le foreste tropicali del sud America o del sud-est asiatico.
Tra le direttrici che portano alla cima Nord dai Piani di Giffoni, c'e' anche l'ascesa dell'aspro Vallone Butto del Laurenziello: il sentiero comincia dopo Capo di Fiume, alla Grotta dello Scalandrone (vedi note 14 e 15A) e passa per la grotta e sorgente del Lamione sulla Rasola di Mauriello (o Rasula delle Murelle) fino alla cima. Non l'ho ancora affrontato, non è segnato, è pericoloso e faticoso (da quando si lascia il sentiero CAI 3C sono +1000m di disliv.) e S. Giannattasio ha scritto una nota su quest'ascesa nel libro di vetta CAI dell'Accellica [cf. nota 15A e la descriz. in L. Ferranti, 2010, it. 88e, p. 241].

Altre tre escursioni (le prime due su sentieri non segnati) sicuramente spettacolari sono le risalite (da Nord) del Vallone della Neve (lasciando il sentiero CAI 104 a sin. poco dopo il porcino Marinari; v. nota 15B e Link: Palatucci su Montellanet) e della Savina (vedi sotto) che, come detto, conduce proprio di fronte al Varco del Paradiso.

La Savina [16] è stata attrezzata dal CAI di Salerno (2006-07) con cavi d'acciaio per la risalita dei tratti più difficili in direzione del "Raione" (ringrazio Sandro Giannattasio -incontrato l' 8 luglio presso il Ninno- per l'informazione). Da qui passa anche il "Sentiero del Paradiso", che attraversa in circa 9 ore (CAI 190, EEA) tutta la dorsale principale, il Varco del Paradiso e la parte nord dell'Accellica Sud [vedi sotto e nota 18].
In assenza di segnali non è sempre facile orientarsi, ed i montellesi ben sanno che ogni anno la forestale, i carabinieri ed i volontari del soccorso montano sono costretti ad intervenire per cercare persone disperse in queste zone; e talvolta purtroppo sono capitate disgrazie anche più gravi. [Per ulteriori dettagli, foto, mappa e descrizione di due possibili risalite alla Savina, vedere la nota 16].

Le due dorsali principali dell'Accellica si sviluppano per più di 4 Km in totale. Lungo quella "Sud" vi è un solo breve tratto in cui è necessario l'uso delle mani, mentre per il resto si cammina sul panoramico crinale tra selle e gobbe piuttosto ampie.
La cresta nord presenta un tratto di buona pendenza poco dopo l'uscita dal bosco dei Ninni, e più ad est dei restringimenti del sentiero o punti in cui si rientra a N (sinistra) nel bosco. Bisogna fare attenzione (spec. con neve quando possono diventare indispensabili i ramponi) nel tratto poco dopo l'innesto sulla cresta a Ovest, nelle strettoie precedenti la cima e, dopo la cima, nella discesa verso il Ninno, nei pressi di un pinnacolo verticale. La roccia è assai franosa e blocchi, anche grossi, possono essere instabili e sbriciolarsi sotto i piedi o cedere rovinando in basso appena ci si appiglia.
Dal 2006, in occasione del ventennale dell'inaugurazione della sede del CAI di Salerno, su ognuna delle due cime (e su altre vette picentine: vedi le foto/scansioni delle pagine sul sito del CAI di Salerno) è custodito un "libro di vetta", dove gli escursionisti possono apporre la propria firma, le impressioni, dettagli sul tempo, sul percorso effettuato o altre annotazioni.

Meritano infine una menzione i due grandi sentieri che, in sola andata, attraversano l'intera montagna su cresta [EEA].
Sono sicuramente tra i sentieri più difficili e lunghi fra quelli possibili sui Picentini [17]. Per evitare di perdere troppo tempo con le auto, conviene lasciarne alcune al KM 38 della SS164 (per partire sul CAI 4) e portarne altre - in vista del ritorno- alle Croci di Acerno (meno di 4 Km oltre, in direz. S / Acerno) dove si arriverà scendendo per i sentieri CAI 103 - 105.
[L'altra traversata, il "Sentiero del Paradiso", sempre diff. EEA, parte da Casa Rocchi, percorre tutta la dorsale occidentale, le due cime e scende alle Croci di Acerno attraverso La Savina: vedi nota 18 e nota 16].
Bisogna considerare che l'intera traversata delle Accelliche, anche compiuta da escursionisti esperti, può durare più di 9h, ivi inclusa una breve pausa in cima. Inoltre si deve tenere conto del fatto che, al Varco del Paradiso, si perviene sempre avendo accumulato già un bel pò di affaticamento nell'avvicinamento, quindi non tutti saranno al massimo della lucidità e delle facoltà fisiche; questa serie di passaggi è abbastanza pericolosa per la pendenza dei tratti su erba e la friabilità delle rocce (anche se è considerato appena di "Grado I-II" nella scala delle difficoltà alpinistiche (F+/PD-), è comunque un'arrampicata, ergo non per tutti) [18]. Quindi in mancanza di attrezzature ed esperienza adeguate, si consiglia di spingersi al massimo di fronte al Ninno, ed ammirarlo senza tentarne la traversata: i ninnilli so' sempre capricciosi, è meglio lasciarli dormire... E in fondo ci si può benissimo accontentare di contemplare il bellissimo panorama che si gode dalla montagna, riconoscendo le maggiori cime dei Picentini, gli Alburni, il mare, i monti Lattari, e seguendo con lo sguardo, a perdita d'occhio, la fittissima coltre di boschi che avvolge come un verde mantello la bellissima Irpinia meridionale.



'Ninno' e 'Varco del Paradiso' (S) da Ovest (NB: Ferrata dismessa nel 2019)

Nuovo (Giu. 2020) tratto di sentiero CAI 190 bis


III B - L'ALPINISMO

Teatro di avventurose imprese dei pionieri dell'Alpinismo ed Escursionismo esplorativo della Sezione di Napoli del Club Alpino Italiano e della S.A.M., fondata da Vincenzo Campanile a Napoli, la Celica è da sempre ritenuta una delle montagne più selvagge della Campania e le "gite" organizzate dalle Sezioni CAI (anche quella di Cava d. T. e dalla U.A.M. di Napoli) erano di solito per pochi partecipanti, almeno fino al secondo dopoguerra, quando migliorò decisamente la viabilità locale e la montagna divenne più popolare, quasi un "must" nei programmi escursionistici annuali.
Entrambe le cime non presentano particolari difficoltà tecniche di ascensione, quindi è pacifico che saranno state accessibili fin da quando l'uomo ne ha avuto la curiosità o la necessità (caccia).
Sulla cima N, più alta, fu posto il segnale trigonometrico probab. solo negli anni '50 dell'ottocento, essendo già stati installati segnali sui vicini Terminio e Polveracchio (cf. supra. Cartografia).
Molte esplorazioni botaniche sono state condotte su questa montagna, ma per ora non ho notizie ottocentesche, mentre dalle prime decadi del '900 vi sono relazioni di ricerche effettuate da Carlo Lacaita (sul Bullett. dell'Orto Botanico di Napoli, 1913, informazione per la quale ringrazio G. Adinolfi).

Veniamo alla Storia alpinistica documentata: Giustino Fortunato (1848-1932) salì sulla cima sud (con guida da Acerno) il 20/10/1878 e, con N. Parisio, sulla cima Nord nel 1879 (da Montella). L'ascensione del 1878, ben documentata negli scritti e articoli del Fortunato, è la prima descrizione a noi pervenuta di una salita su una delle cime dell'Accellica.
La prima ascensione nota al Varco del Paradiso fu di Vincenzo Campanile (1847-1905), N. Parisio, A. Capelli e le guide A. Giannone, G. e C. Bilotto (da Giffoni V.P.) per la costa W della Cresta Sud, risalendo il pendio erboso e in parte boscoso a SE della Cima Nord per poi incontrarsi con un gruppo di montellesi sulla cima N, proseguendo per il Terminio, il 23 Giugno 1895.
Il botanico Carlo Lacaita (1853-1933) erborizzò sulla Cresta del "Varco del Paradiso", tra le due cime dell'Acellica, nel giugno 1910 (Orto Botanico di Napoli, 1913; inf. pers. Gaspare Adinolfi).
La prima ascensione sul Ninno fu effettuata da Cesare Capuis (1881-1932), E. Dini, G. Simoni, G. de Luise e A. Grossi, il 27/9/1925 in discesa dalla Cima Nord (salita da Giffoni V.P.) per il pendio risalito da Campanile e comp. nel 1895 e quindi risalendo l'erboso-terroso versante N del Ninno. La Prima Traversata -toccando entrambe le Cime Nord e Sud- (e traversando il Varco del Paradiso a W del Ninno) fu probabilmente di Ambrogio Robecchi (1872-1930), in solitaria da Bagnoli Irpino (!), il 17/8/1928.
Il "Varco del Paradiso", enorme sellone dolomitico posto tra le due cime, è stato attrezzato dal CAI di Salerno nel 2006 con la Via Ferrata "F. Raso", dismessa nell'estate 2019.
Varie escursioni esplorative sono state effettuate da alpinisti napoletani e salernitani (queste ultime relazionate nel periodico del CAI di SA "Il Varco del Paradiso", 1987-oggi).
Ulteriori informazioni (e riferimenti bibliografici) sui pionieri dell'escursionismo e alpinismo sull'Accellica le ho dettagliate in alcune presentazioni (CAI Avellino, CAI Castellammare di Stabia) e saranno oggetto di un articolo (vedi anche L. Ferranti, op. cit., 2011, p. 231-242, ma con varie precisazioni e aggiunte fattibili dopo un approfondito esame di bibliografia alpinistica). Addendum: su C. Càpuis, si veda ora anche il bel volumetto a cura di R. Luise e R. Mezzacasa, Cesare Capuis. L'alpinista del nord che arrampicava a Napoli, Castellammare di Stabia, 2024).

IV - ADDENDA E APPENDICI

A) Circuiti e Alte Vie dell'Accellica
(9 Novembre 2007): E' da un pò di tempo che penso ad un possibile "Circuito dell'Accellica".
Un vero e proprio "periplo" nel mare verde dei boschi che circondano la montagna per c. 18 Km in totale.
Si può partire dalle Croci di Acerno (lasciando però qualche auto 3,5Km più a nord, al Km 38 della SS164), per poi attraversare il Bosco dei Pellegrini, la sorgente Acqua Fredda, svalicare oltre la parte meridionale della dorsale sud (tra quota 1411m, CAI 103-103A o più giù -e più largamente- verso il Varco della Noce) per dirigersi verso i Piani di Giffoni (dove ci si immette sul menzionato Sentiero Italia che va da Acerno a Casa Rocchi, CAI 106), passando per la Grotta dello Scalandrone, Trellicine, e poi, oltre Serra Colle del Ferro, per le sorgenti di Infrattata e Nocelleto sino al Varco della Rena (o della Renella). Da qui, svalicando poco sotto gli 850m, si lascia il sentiero CAI per scendere (N) verso la valle del fiume Sabato e poi piegare decisamente ad Est (NE, ma vedi nota 19) per risalire il tratto iniziale dell'Alta Valle del Sabato fino al Varco Colla Finestra. Ci si immette infine sul sentiero CAI 104 che discende lungo l'Alta Valle del fiume Calore, fino alla Masseria Marinari, Casa Palatucci (Patalucci erroneam. sulle IGM) e la SS 164 al Km 38. [19A]


(14 Agosto 2012): ANELLO DEL PARADISO (Nord)
In base ai dati raccolti nella mia lunga* escursione del 12/8/2012 (vedi sotto, nella sez. "Le Mie Risalite"), il circuito (in senso antiorario) con partenza da Casa Rocchi -> Varco d. Rena -> inizio sent. CAI 190 ("Sentiero del Paradiso") per la Cresta N. - Ninni dell'Accellica - Cresta N - Cima N - Ferrata F. Raso nel Varco del Paradiso - Ninno - Cima Sud - Ferrata Pettenessa - Spaccaturo - Vallone del Ninno - Raio delle Ferrere - Mass. Marinari (CAI 104) - Colla Finestra - Sorgenti del Sabato (S.I.) - Casa Rocchi, su un percorso di c. 15Km, si compie in c.12 ore nette (+ 2/3h di soste principali).[19B]
* NB: il 12/8/12 io ho compiuto la prima assoluta (forse :)) di questo sentiero ritornando nella stessa giornata al punto di partenza (che era 5Km a NW di Casa Rocchi, vedi nota 19B).

(3 Maggio 2014): TRAVERSATA INTEGRALE DI CRESTA DELLE ACCELLICHE (con possibilità di chiuderla ad 'Anello', 11-12 ore c. incluse le soste)
Per questa primavera-estate 2014, oltre alla risalita di due canali sul versante giffonese della cresta Nord (cf. nota 15A), ho in mente la "Traversata integrale di cresta dell'Accellica Nord e Sud".
Intendendo realizzarla quasi certamente in solitaria, e sarebbe proficuo chiudere un anello (senso di marcia antiorario; cf. anche Nota 19C "Anello del Paradiso Sud").
Il modo migliore, che quasi certamente adotterò, è il seguente: bivacco notturno in auto alla Cas. Forestale dei Piani di Giffoni, partenza di notte/primo mattino a piedi verso C. Mele / Codugno, dove (presso la fontana-abbeveratoio) si lascia la stradina che porta a Vassi/Giffoni e si continua a SE per il Varco della Noce opprure (loc. Codugno) si prende presso q. 813m (IGM) la sterrata che sale a ENE in direz. Serra Polare - Acqua Amara e quindi sul Timpone, all'estremità meridionale della cresta sud. Si percorre la Cresta verso N fino alla cima Sud, quindi si attraversa il Varco del Paradiso e si sale alla Cima Nord (c. 6h dalla partenza). Dalla cima si prosegue sulla cresta principale verso Ovest (Ninni) e quindi si scende giù al Varco della Rena (-3h dalla cima N) da dove ci si innesta sul sentiero 106 (SI) che (in altre 2h circa) riporta alla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni (c. 12h totali).

La suddetta TRAVERSATA INTEGRALE (ANELLO) DELLE CRESTE E CIME DELL'ACCELLICA è stata effettuata il 1 Giugno 2014 dallo scrivente insieme ad altri 6 compagni.
Dati: Durata totale 13 ore; lung. 20,5 Km; disliv. +1740m. Per la descrizione dettagliata, carta e fotografie vedi il successivo paragrafo "Le Mie Risalite" e la nota 19D.

B) Libri, recensioni, pubblicazioni

(29 Novembre 2010):

APPENNINO MERIDIONALE (GMI di L. Ferranti)
E' finalmente stato pubblicato (sett. 2010) "Appennino Meridionale. Campania - Basilicata - Calabria", ultimo nato della rinomata serie "Guida dei Monti d'Italia" (Club Alpino Italiano e Touring Club Italiano): il volume era in preparazione già da diversi anni. La collana è ormai storica (pubblicata sin dagli anni '30) e quest'ultima opera, curata da Luigi Ferranti (geologo nonchè scalatore del CAI di Napoli) va ad annoverarsi tra i tomi più interessanti e meglio realizzati degli ultimi tempi (vedi anche "Appennino Centrale" di Carlo Landi Vittorj, nella riedizione dell'89 aggiornata dal figlio Rodolfo). Ecco la mia
recensione del bel libro di L. Ferranti, un'altra "bibbia" per gli escursionisti Italiani, e -finalmente- il vademecum definitivo per le ascensioni ai monti del sud (almeno tra le guide onnicomprensive). Il Capitolo VII, dedicato ai Monti Picentini (pag. 212-267, suddivise tra i 5 sottogruppi; la parte C, pag. 231-242 è dedicata all'Accellica) è stato scritto con la collaborazione di molti "luminari della montagna" come Giancarlo Nebbia, Sandro Giannattasio, Francescopaolo Ferrara e Valerio Bozza.

(2 Ottobre 2015):
MONTE ACCELLICA di Carlo Landi Vittorj [Add. giugno 2018: Link all'articolo in PDF, 2Mb]
Grazie a Cristiano Iurisci (e a Enrico Rovelli) sono entrato in possesso di quest'articolo, pubblicato dal grande "Appenninista" romano, Carlo Landi Vittorj, nella rivista del CAI di Roma "L'Appennino" (1969, 6). Interessante -oltre al rigore tipico dell'approccio del Landi Vittorj- per una serie di toponimi sul versante acernese tratti da una carta forestale di quel comune e anche per la descrizione di un'avventurosa risalita alla cima Nord passando per Vallone Zachela (lì denominato "Vallone del Pistillo"!) e poi per il "passo" sulla parte alta della spalla a E del Vallone d. Neve.

LI NOMI RE LI POSTI. I Nomi dei Luoghi - Ricerca di Toponomastica Montellese, di Massimo Gramaglia (Dragonetti, Montella, AV, 2016), 129 pagine, 21x30, 20euro.
A inizio Giugno 2016, essendo in contatto FB con l'autore, vengo casualmente a sapere di questa sua pubblicazione, che acquisto (assieme alla sua Carta "Rete Sentieristica di Montella, 2018) in occasione dell'escursione di sabato 9 giugno 2018. Il Lavoro che ha svolto l'autore, sia quello convogliato nelle pagine del volume che quello di esplorazione del territorio di Montella, Acellica inclusa, meritano una sezione a parte (vedi sotto). Recensione di F.R. [21/6/2018].

C) Altre News


(Novembre 2014, ANSA):
Ritrovati i resti di un aereo statunitense A-36 della Seconda Guerra Mondiale, precipitato 71 anni fa, il 27/9/1943 sull'Acellica Sud (versante Acernese, probab. tra i boschi in zona Calancone-Timpone) e pilotato da Dewey L. Gossett (nato nel 1920 in South Carolina; i suoi resti verranno poi sottoposti all'analisi del DNA per accertarne l'identità). Il ritrovamento è stato effettuato grazie agli studi e ricerche dell'ass. "Salerno 1943" qui in collaborazione con la Protezione Civile di Acerno (SA). Il pilota si era già reso protagonista di un atterraggio di fortuna (aeroporto militare USA nella Valle del Sele) pochi giorni prima, l'11 settembre, quando seppur colpito nella parte posteriode del velivolo, era riuscito a riportarsi a terra. Il 27 settembre però lo schieramento aereo di supporto alle truppe americane che tallonavano quelle tedesche in ritirata, volò -a causa delle fitte nuvole basse- pericolosamente vicino al versante sudorientale dell'Accellica. Gossett tardò nell'operare la risalita ordinata dal capo pattuglia e solo all'atterraggio si constatò l'assenza del suo velivolo. Alcuni anziani acernesi ancora ricordano questo particolare episodio bellico la cui notizia riecheggiò al tempo della guerra [Foto].

(27 Maggio 2018)
I Montellesi Massimo Gramaglia e Claudio De Simone hanno scalato la parete N della Pettinessa (avvicinamento da Peteniti - Porcino Marinari - Raio delle Ferriere - Vallone Zachela) da un ripido muro di roccette e terra sotto la base del Canale che sta a Sud del Ninno (Varco del Paradiso Sud). Assicurandosi a vicenda con corde agli alberi, hanno raggiunto la parte alta della Pettinessa (dove terminano i cavi della ferrata per la cima Sud) e la Cima Sud. Quel giorno io li ho sentiti (ero sopra di loro per la traversata delle Acelliche con il Cai di Avellino). Nelle occasioni in cui sono stato lì, non ricordo di aver visto passaggi facili (o comunque per me abbordabili) in quella zona; anche l'amico G. Capone, negli anni '80, da questo lato salì per il canale detritico che attacca ancora più a monte/destra (cioè W... nella parte alta del Canale a Sud del Ninno) del punto da dove sono saliti i due montellesi. Complimenti a loro!

(2 Giugno 2018)
Incuriosito da un'evidente traccia nevosa sul versante Est della Pettinessa, visibile in una foto da lui scattata dalle Coste Acernesi a fine inverno, il montellese Massimo Gramaglia si è recato sulla Serra Lunga con gli amici Claudio De Simone, Salvatore De Stefano e Cesare Molinari. Da quota 1300 la traccia sale leggermente verso N entrando nel primo anfiteatro e poi costeggia la base delle pareti del successivo anfiteatro (Fosso Calancarello o Vallone della Pettinessa) fino allo Spaccaturo (alto) tra la q. 1383 della Savina e la parte alta della Pettinessa.
Qualche giorno prima (il 20 Maggio) ero stato sul posto e M.G. mi aveva già mostrato lo scatto con l'evidente traccia, ma in quell'occasione il mio intento era risalire nel Fosso e ho attraversato diverse tracce (da me ritenute tutte di cinghiali) prima di uscire a SW sul Passo della Serra Lunga e poi in Cresta Sud... Ringrazio Massimo per il "feedback" e per avermi fornito la schermata della sua traccia gps che vado a inserire sulla mia cartina dei sentieri e toponimi dell'Acellica. Vedrò di ripercorrere questo tracciolino e cercare un punto da dove si possa anche salire in cima Sud.

(21 settembre 2019)
Danilo Mongiello, trentanovenne di Eboli, è morto precipitando dal versante N del Ninno, finendo nell'alto vallone Zachela (Montella), dove il suo corpo è stato ritrovato nel primo pomeriggio del giorno successivo (domenica 22) da un gruppo di amici e dagli uomini del Soccorso Alpino e Speleologico, a c. 1380m di quota. Da quello che ho appreso da chi lo conosceva, Danilo non era né sprovveduto né imprudente, era salito in compagnia di altri due amici che -avendo già compiuto la traversata del Varco del Paradiso la settimana precedente ed essendo in questa occasione privi d'imbrago- erano rimasti ad aspettarlo sulla cima Sud. Danilo era dotato d'imbrago, ma è precipitato scivolando in un tratto dove probabilmente non si era assicurato, nel corso della salita sul Ninno. Nei pressi del luogo del ritrovamento del corpo di Danilo, trovò la morte nel 1982, scivolando durante un'esplorazione di ricerca botanica, anche Vito Bianucci (v. infra nota 15B). In queste tragiche occasioni, sulle amate montagne cala un cupo velo nero, percepibile anche da chi, come me, non conosceva la vittima. Condoglianze alla famiglia Mongiello e agli amici di Danilo.

(31 Maggio 2020)
Dismessa definitivamente la "Ferrata Raso" nel Varco del Paradiso (lasciati solo alcuni cavi per facilitare evenuali traversate alpinistiche), l'infaticabile S. Giannattasio (CAI SA) ha inaugurato un nuovo tratto di Sentiero, il "190bis" che consente di traversare il Varco del Paradiso e aggirare il Ninno, sul versante W (Giffonese). Ci si cala (ripido, corda fissa) dal Bivacco ValSaVin per una trentina di metri e si piega poi verso N su ampia cengia erbosa tra due fasce di rocce poco a valle dello zoccolo occid. del Ninno, per poi entrare nella parte sommitale del Canalone W del Varco del Paradiso N (canalone che più in basso forma il Butto della Neve) risalendo al Vaco del Paradiso (N), da dove si prosegue verso NW rientrando nel bosco e quindi o dritti a N per ampio canale boscoso verso la cresta o, ancora in traversata a sin./NW su prati, aggirando roccette e spuntando infine sotto la croce di Cima N(E). [Tot.: c. 1h dal Bivacco, senza la salita sul Ninno].
Qualche giorno prima, il 22/5/2020, avevo personalmente effettuato, con M. Mingarelli, la calata (con cordino) dal Bivacco Valsavin per aggirare il Ninno, c. 30m sotto lo sgrottamento dove prima passavano i cavi della "Ferrata Raso". E' la via più logica per traversare dalla Cresta Sud ("Sentiero del Ninno", dal "Varco della Pettinessa", q. 1482) al Varco del Paradiso e Acellica N.
Tutto il sentiero/traccia che sottopassa il versante W della Pettinessa /Acellica S (raccordo sent. CAI 103 - 190, già "Sentiero del Ninno" nei cartelli del CAI al "Varco della Pettinessa"), sarebbe quasi una "via storica", perché corrisponde all'itinerario che obbligatoriamente dovettero seguire, il 23/6/1895, V. Campanile, N. Parisio e A. Capelli (SAM di Napoli), con guide di Giffoni VP, per salire dai Piani di Giffoni al Varco del Paradiso (versante W; prima ascensione nota/riportata al "Varco del Paradiso"; cf. anche L. Ferranti 2010, p. 235) e di lì alla Cima Nord. Il tratto che cala dalla cima N fu poi percorso in discesa in occasione della prima salita sul Ninno (C. Capuis e compagni, 1925; cf. supra, sez. IIIB).

(20 Febbraio 2022)
Viene pubblicato il Vol. 4 della Guida, Sentiero Italia CAI - Da Senerchia a Isernia (Idea Montagna, 2022) [la collana comprende in tutto 12 volumi che coprono l'intero tracciato del S.I.; il vol. 4 è stato il penultimo ad essere pubblicato, con scadenza mensile, grazie soprattutto al lavoro dell'editore Francesco Cappellari e di Denis Perilli e Andrea Greci oltre che a quello degli autori].
Gli autori del Vol. 4 sono: Corrado Palumbo, Vito Paticchia, Francesco Raffaele e Michele Renna.
Lo scrivente (F.R.) ha curato l'Introduzione (Campania e Matese molisano), parte della Bibliografia e la descrizione di 19 tappe (tra cui le 4 dei Monti Picentini, tra Senerchia e Serino) e 25 approfondimenti (tra cui quelli sui Monti Picentini, l'Alta Valle del Sabato, il Monte Polveracchio, il Terminio e l'Acelllica).
In totale ho scritto o illustrato 229 pagine, sulle 511 totali del volume (il più corposo della collana), contribuendo anche con 138 mie foto.


(3 Dicembre 2023)
Il giorno venerdì 1 dicembre 2023, presso la sede della sez. CAI di Castellammare di Stabia, il presid. sezionale Raffaele Luise ha presentato l'Archivio fotografico Ambrogio Robecchi. L'archivio è stato rintracciato e digitalizzato da RL dopo una ricerca tra gli eredi del Robecchi (che fu attivo presidente del CAI di Napoli negli anni '20), arrivando a contattare i nipoti (3 figli di Flora, una delle due figlie di AR, sposata con Mario Caporaletti, anch'egli socio del CAI Napoli; sono ottuagenari e vivono in Puglia) che gli hanno consentito la digitalizzazione. Le foto datano dal 1920 al 1928, sono per lo più scatti dell'Appennino Meridionale (M. Lattari, Vesuvio, Picentini-Laceno-Irpinia, e altri gruppi campani, Parco Naz. d'Abruzzo, Aspromonte, Etna e Alpi; nelle foto proiettate mancano Pollino, Maiella e gli altri gruppi del centro-nord Abruzzo); sono state proiettate ca. 170 foto, l'archivio intero ne conterebbe 300, quasi tutte stampate a medie e piccole dimensioni ma con didascalia nel retro che indica l'autore, il luogo e la data (talvolta qualche altor particolare). Solo una parte delle foto sono scatti del Robecchi, le altre appartengono ad altri soci che glile avevano offerte in vista di una pubblicazione sui Monti della Campania che non vide mai la luce (Robecchi morì di polmonite a 58 anni nel 1930).
L'interesse dell'archivio investe vari settori oltre all'escursionismo (identificaz. torrioni e grotte dei Lattari, aspetti nivologici e vegetazionali, scorci di paesi etc): per quanto riguarda l'Acellica ci sono alcuni scatti di E. Dini (quello del Ninno visto dai versanti a sud della Cima N, da dove passarono diretti al Ninno, fu pubblicato nel Notiziario del CAI NA, ma a qualità assai inferiore rispetto a quella delle riproduzioni digitalizzate); in particolare c'è una calata sullo spigolo N della Pettinessa e una foto con C. Capuis, G. Simoni e A.A. Grossi in Cima al Ninno (manca G. De Luise oltre al Dini che scattò la foto), in occasione della prima ascesa della guglia del Ninno, il 27/9/1925. C'è anche uno scatto di A. Robecchi del 1920 (il più vecchio della serie mostrata) della creta e antcima S dell'Acellica, quiasi del tutto spoglia dai faggi che oggi vi allignano.
Si spera che questo archivio (e le altre foto abilmente e caparbiamente riesumate da R. Luise – come quelle dei fratelli Raithel) possano vedere la luce in una degna pubblicazione a stampa (e semmai, successivamente, essere rese disponibili online sul sito del CAI di Stabia e/o di Napoli, come il CAI di Roma ha fatto con parte degli Archivi fotografici di C. Landi Vittorj e altri soci).

ADD.: Il 29 Ottobre 2024 si è tenuto un convegno a Castellammare di Stabia sul centenario delle prime scalate alpinistiche sui Monti Lattari: è stato presentato un bel volumetto di 100 pagine (ne è stata data in omaggio una copia a tutti i presenti!) su C. Càpuis: R. Luise e R. Mezzacasa, Cesare Capuis. L'alpinista del nord che arrampicava a Napoli, Castellammare di Stabia, 2024.


V - LE MIE RISALITE
: - APPUNTI A CALDO SULLE ASCENSIONI
(Per quelle del 2004-2006 vedi la sezione Links delle Photogalleries) [20]


- Il sentiero seguito domenica 8 Luglio 2007 è forse tra i più agevoli tra quelli che raggiungono il Varco Colla Finestra. Dal grande tornante della SS574 Serino - Terminio (km 16,5) parte il sentiero CAI 11b (vedi Nota 12) che raggiunge il CAI 4 in c. 1h 1/2. Fino alla cima dell'Accellica si impiegano altre 3h circa. Difficoltà EE.

- Domenica 9 Novembre 2008: Croci di Acerno (840m, ore 10:15) - Cima della Savina (1303m, ore 11:45); si riparte per la cresta della Savina alle 12:15. Ho raggiunto la cima Sud dell'Accellica (1606m) alle 13:40. Qui sono restato un'ora, avendo incontrato Sandro Giannattasio ed Enzo Apicella del Cai di Salerno che risalivano il Butto della Neve dai Piani. Alle 14:40 ho cominciato la discesa sempre per la Savina e sono giunto alle Croci di Acerno alle 16:15, non senza difficoltà, perchè, dopo la ferrata e il primo tratto di Savina, ho tagliato a SE verso la sterrata trovandomi a scendere per uno stretto canalone che mi ha costretto a fare qualche pericolosa "acrobazia" (fortunatamente risoltasi senza alcun danno)...

- Martedì 10 Marzo 2009: Caserma Forestale dei Piani di Giffoni (745m) - Cima dell'Accellica Sud (1606m).
Favolosa escursione in solitaria in una magnifica giornata di sole, con tanta neve fresca. Vedi il Reportage completo al link (foto + testo).

- Domenica, 7/6/2009: Caserma dei Piani di Giffoni - Cima dell'Accellica Sud.

- Sabato, 27/2/2010: Traversata delle Accelliche (dai Piani) e prima volta sul "Ninno" (27/2/2010). Poi domenica 28/2/2010: Piani di Giffoni - Cima Sud con i Lerka [+ testo]

- Giovedì, 18/3/2010: Butto della Neve (dai Piani di Giffoni).

- Giovedì, 19/8/2010: Bosco dei Pellegrini, Timpone, Acellica Sud, Varco del Paradiso, il Ninno.

- Giovedì, 10/3/2011: Croci di Acerno - La Savina - *Spaccaturo (selletta sotto q. 1383). [+ testo]

- Sabato, 7/5/11: Piani di Giffoni - Butto della Neve - Tracciolino del Ninno - Ninno - Acellica Sud - Grotta Scalandrone

- Domenica, 3/7/11:Salita dal sentiero CAI 104 -> Cima Nord - Anticima E q. 1658 - Varco del Paradiso - Ninno.
Dopo la salita sul Ninno (mia 4a ascensione) completamente avvolto dalle nuvole, discesa esplorativa alla ricerca di una direttissima verso il Porcino Marinari, passando immediatamente a E del Vallone della Neve e tenendomi lontano dalla testata del Vall. Zachela che sale verso W staccandosi a c. 1000m dalla sinistra idr. del Vallone del Ninno/Savina. Ho trovato un grosso arco naturale di roccia (c. 1500m di quota) raggiunto da una traccia di cinghiali. Calatomi nel canaletto di roccia friabile sotto l'arco (tronco d'albero in cui è andato ad incassarsi un blocco di pietra staccatosi dall'arco) non si riesce a raggiungere lo spallone [quello più in basso, a q. 1201-IGM] da dove la pendenza si attenua). Nè si riesce a calarsi entro il vallone della Neve. Ritorno verso la cima e poi discesa più ad Ovest, a W della testata del Vall. d. Neve (poco più giù numersosi sentieri di cacciatori tagliano la montagna e facile sbocco -ore 21:30- sul sentiero CAI 104, poche decine di metri a W del punto in cui questo oltrepassa il corso d'acqua che scende dal V. d. Neve). Riproverò a cercare una direttissima tra V.d. Neve - Vall. Ferrere/Savina partendo dal basso (dall'Acquedotto x il sent. verso il porcino di q. 849m IGM) oppure tenendomi dentro al Vallone della Neve (che non è escursionisticamente risalibile dalla testata bassa dell'imbuto all'Anticima Nord-est dell'Accellica: vedi nota 15).

- Domenica, 18/9/11: Salita dai Piani di Giffoni, Vena d'a Mola, Bivacco S. Raione, Valico Acquafredda, Valico Giumenta, Cima Sud con l'amica Valeria dC. Salita lenta e tranquilla. Finalmente mi sono imbattuto in una vipera (Vipera aspis francisciredi), esemplare melanico, maschio, di c.55cm (catturata e rilasciata dopo una rapida sessione fotografica in loco).

- Domenica, 8/1/12: Salita invernale con l'amico Riccardo A. Partenza in tarda mattinata dalle Croci di Acerno, gobbe della Savina (pasto sulla penultima gobba), ferrata (cavi utilizzabili) fino alla cima Sud. Spettacolare tramonto e crepuscolo dalla cima Sud. Discesa per la Cresta Sud, Acquafredda, Pellegrini. Arrivo all'auto alle 21:30. Escursione indimenticabile!

- Sabato, 25/2/12: Salita invernale in solitaria, Piani di Giffoni - Cima Sud, con notevole innevamento, anche in cresta.
Un altro di quei giorni che restano per sempre nei ricordi, una giornata davvero stupenda. Qualche difficoltà in un ampio colatoio innevato prima di giungere al Bivacco S. Raione (mi ha costretto a tagliare direttamente verso la cresta in un punto più a Nord del Valico di Acquafredda; al ritorno l'ho traversato, ma assicurandomi agli alberi con cordino doppio) e soprattutto in un paio di punti della cresta "addobbata" da spioventi cornici di neve. Nel punto sotto la cima della Pettinessa ove si passa presso un cavo d'acciaio, la neve ricopriva gli alberi (quindi il cavo non era raggiungibile) ed era pericolosissimo passare: sono perciò dovuto tornare poco più indietro e scendere (sul lato E) per poi risalire l'ultimo tratto nel bosco in forte pendenza e con neve alta fino a guadagnare la cima sud. (Non mi sono spinto oltre la cima per via della scarsa consistenza della neve sul filo di cresta esposto che conduce ai primi cavi d'acciaio in vista del Varco del Paradiso).

- Domenica, 17/6/12: Direttissima al Varco del Paradiso (S) da Nord-Est. Salita con l'amico Camillo F. dal Varo d'o Cierro (inizio sent. CAI 104, ore 10:10) - Porcino Marinari - Captazione idrica Alto Calore. Da dietro al porcino ci siamo portati nel Raio delle Ferrere (= Vallone della Savina), seguendolo prima presso il letto del torrente ("Spaccaturo", sic!), poi, dopo l'altro impianto AC e loc. "Giardinetto", più decisamente e in pendenza su nel bosco, sempre sulla destra idrografica, fino al Vallone del Ninno, dove ci si abbassa presso il fondo della testata dell'impluvio che si diparte giù sotto al Ninno. Ci si alza verso le rocce bianche a sinistra che costituiscono il versante Est della Pettinessa (qui è possibile arrivarci anche dallo "Spaccaturo alto" , la sella tra la Q. 1383 della Savina e la base della Pettinessa ove inizia la via Ferrata che la risale, calandosi a destra per un centinaio di metri) e si segue una traccia di cinghiali che proviene dalla sella e conduce giù alla testata del Vallone del Ninno. Da qui si risale tra gli alberi su forti pendenze, cercando di evitare ove possibile le rocce, che sono estremamente friabili, e ci si porta in vista della selletta sud del Varco del Paradiso ovvero il colletto meridionale dello stesso, immediatamente a sud (sinistra) del Ninno. Dopo un tratto in forte pendenza reso scivoloso dalle foglie e dalla terra estremamente smottabile, si guadagna il cavo (di c. 10m, costituito da una breve corda cui è fissato un cavo d'acciaio e quindi una catena) che consente di superare la paretina finale (su roccia friabile, che quindi rende necessario un notevole sforzo di braccia e che è vivamente consigliato di affrontare con attrezzatura per bloccarsi) e arrampicarsi sul Varco del Paradiso Sud. Volgendosi a sud si è già in vista del Bivacco Valsavin, mentre proseguendo a Nord si aggira (via Ferrata F. Raso) lo zoccolo occidentale del Ninno, e dopo un breve passaggio esposto (cavo d'acciaio) si raggiunge il Varco del Paradiso Nord, da dove con una breve arrampicata verso sud si sale in cima al Ninno (cavo; libro di vetta), mentre continuando per ferrata verso NW, sotto le roccette e nel bosco (bollini biancorossi) si arriva all'anticima E dell'Acellica Nord (1658m, croce d'acciaio con libro di vetta).
Dopo questa faticosa successione di arrampicate, abbiamo brevemente seguito la cresta N verso la cima vera e propria (1660m) nel bosco sul lato N, scendendo quindi direttamente verso NW invece di seguire il sent. CAI 104 che continua su cresta. Contrariamente alla facile discesa del 3 luglio 2011 (mi portai a W della testata del Vallone della Neve, sulla gobba tra questo e il Vallone dei Catozzi) abbiamo traversato più a W, trovandoci in un paio di canaloni non discendibili (forse la parte alta del Vallone dei Catozzi e/o del successivo) neanche con corda (salti troppo alti e impossibilità di fissare la corda doppia).
Abbiamo raggiunto la zona degli impluvi sotto "i Ninni dell'Accellica" (IGM) portandoci finalmente in un canalone (secco in questo periodo) che confluisce nel Vallone dei Briganti, l'ultimo a W prima della Colla Finestra. Almeno un paio di volte abbiamo dovuto usare la corda per calarci sui salti die quelle che a primavera devono essere bellissime cascatelle, discendendo le facili paretine e raggiungendo il fondo del vallone presso una radura con grosso faggio caduto (15-20 min. di salita sotto il Varco Colla Finestra) dove s'incontrano i segni CAI (sent. 104). Ore 21:00. Abbiamo quindi seguito il sentiero della sorgente del Calore, Saucito (toponimo che sulle IGM 1:25.000 è invece erroneamente riportato nella zona a W di Savinella/ Savina; cf. nota 15B) fino all'intersezione con il Vallone della Neve e quindi le captazioni, il vecchio Porcino (Masseria) Marinari, oramai quasi del tutto sepolto dalla vegetazione, quindi al prato (presso Casa Palatucci) e infine al guado (Varo d'o Cierro) presso la sbarra, sulla discesella al Km 38,1 della SS 164 Acerno - Montella (ore 22:35).

- Domenica, 8/7/2012: Classica salita per il sentiero CAI 104, in una caldissima, umida giornata estiva (4 ore).

- Domenica, 22/7/2012: Esplorazione del Porcino Marinari, Porcino Gatta e del Vallone della Neve.
Abbondante neve nell'omonimo vallone, già sin da poco sopra la strettoia (il "canyon") a monte degli edifici della Captazione Alto Calore (c. 900m). Giunto alla testata del Vallone, mi sono arrampicato per c. 150m (fino a Q.1300m circa) sullo spallone tra il ramo principale (quello E, roccioso, che sale in dir. SW) e il ramo della sin. idrografica dell'impluvio (W, che sale verso W), ricalandomi poi giù con cordino data l'ora tarda. Vedi anche nota 15.

- Domenica, 12/8/2012: "Sentiero del Paradiso" (CAI 190), ovvero Alta Via della cresta Nord, Varco del Paradiso, e cime N e S dell'Accellica, ad anello, con ritorno per le pendici Nord (Alta Valle del Calore e del Sabato). Questa è stata un'Escursione (in solitaria) di notevole difficoltà. Ben 25Km, in 16h 20min, con disliv. di c.1500m. CARTA.
L'anello che ho effettuato comprende quasi tutto il Senetiero del Paradiso (Casa Rocchi - Croci di Acerno) ma in quest'escursione ho camminato per il doppio dei kilometri del CAI 190, essendo partito praticamente dalle falde del Terminio!
Ore 7:30, Partenza dalla Fontana dell'Olmo (q. 590, presso l'attacco del sent. E/1, sotto Panicare / Ripe della Falconara) - Vallone Cuponi e Castagneti a N della Civita (= parte del S.C.) - breve tratto del corso del Sabato - ponte sul Sabato (curva d. strada loc. Serralonga) - Casa Rocchi (5Km/1h).
Ore 8:30, Casa Rocchi (inizio del S.I. = CAI 106) - Varco del Favale (E) - Fontana - Varco della Rena (Varo d'a Renella) e attacco del "Sentiero del Paradiso" (CAI 190) - Salita sui Ninni dell'Accellica (lato W della Cresta Nord) - Intersez. CAI 104 - Cresta Nord - Cima dell'Accellica (q. 1658, alle 12:25, 5,5Km/4h). Sosta di 45min. in cima.
Ore 13:10, Discesa per ferrata al Varco del Paradiso - Salita in cima al Ninno (13:45) - discesa e ferrata per il Varco del Paradiso S - Bivacco Valsavin - Salita per ferrata all'Accellica Sud, arrivo in Cima (Raione IGM, ore 14:55, 0,8Km/1h 45).
Ore 15:15: dopo una ventina di min. di sosta riparto per la Ferrata della Pettenessa - fine ferrata e Sella Pettenessa/Savina ("*Spaccaturo") - Discesa dallo Spaccaturo vs N nel Vallone del Ninno - Raio della Ferriera - Mass. Marinari (2,5Km/3h).
Ore 18:30, partenza dall Captazione Alto Calore presso il Porcino Marinari - Sent. CAI 104 - Saucito - Colla Finestra (ore 20:00, 3km/1h 30). Sosta di mezz'ora per la cena, prima di ripartire sempre verso W, giù per le sorgenti del fiume Sabato.
Ore 20:30, Sorgenti del Sabato (S.I., Sgaiuola IGM) - Strada Casa Rocchi/Casa Masucci loc. Serralonga (3Km/1h 50).
Loc. Serralonga - Casa Masucci - Strada loc. Pianella - Mura della Civita - Vallone dell'Olmo (5Km/1h 20), ore 23:50.
--- --- --- TOTALI: c. 25Km in 14h 20 nette, + c. 2h di soste maggiori = 16h 20 --- --- ---
"ANELLO DEL PARADISO (N)": dai dati rilevati, volendo configurare un Anello del Paradiso (Nord), come mi è sorto spontaneo battezzare questo circuito dell'Accellica, risulta (eliminando tempi e chilometri addizionali che io ho percorso nei tratti tra Valle dell'Olmo e Casa Rocchi, ovv. 10Km e 2h 20 tra andata e ritorno) che il circuito, di c. 15Km, si può compiere in 12 ore nette (14 se includiamo 2h di soste) in senso antiorario [Per altri dati e info vedi nota 19B].
In futuro mi riservo di percorrere anche un Anello del Paradiso (Sud) [vedi nota 19C].

- Domenica, 2/9/2012: Escursione con l'amica Valeria, dal Varo d'o Cierro (CAI 104, ore 12:20) - Porcino Marinari - Raio della Ferrera - Giardinetto - La Savina (1303m) - Q. 1385m - *Spaccaturo Alto. Ritorno per le gobbe della Savina fino alla cima e poi in notturna per la Savinella - Sierro Marinari; innesto su sent. CAI 104 presso loc. Piscicoli; arrivo SS164 [22:50].

- Mercoledì, 30/1/2013: Escursione invernale in solitaria sull'Accellica Sud, in condizioni d'innevamento in cresta simili alla mia escursione del 25/2/12 (ma nel bosco la neve compare e diventa consistente a quote più elevate e l'accumulo non raggiunge mai il mezzo metro, mentre l'anno scorso in alcuni punti superava il metro).
Partenza alle 7:25 dal Rifugio-Caserma Forestale dei Piani di Giffoni, arrivo in Cresta (Bivacco S. Raione) alle 9:30 e, dopo altre 2h e 1/2 di Cresta, raggiungo la cima sud alle 12:05 (tot. ascens. 4h e 1/2). Come accadde il 25/2/12, anche stavolta nelle immediate vicinanze della cima sono stato costretto a deviare fuori sentiero (faggeta sul pendio E) per superare il passaggio oltre le ultime cornici di neve a precipizio sulle pareti (N)W della Pettinessa: il tratto provvisto di breve passamano d'acciaio è impraticabile per via di rami e neve che ne ostacolano l'accesso, ed è quindi più sicuro portarsi poco indietro e discendere tra i faggi aggirando lo sperone roccioso a S della gobba sommitale (stavolta in un tratto ho usato il cordino doppio perchè il mezzo metro di neve era poco stabile e avevo le ciaspole ai piedi). Ho tenuto le ciaspole ai piedi da c. 1150m di quota fino in cima A/R (sono invece stati inutili i ramponi).
Poco vento, freddo sopportabile, resto 1h in cima, tra un alternarsi di veloci nuvole e repentine schiarite che mostrano un bel cielo azzurro. Quando stavo per continuare oltre la cima, verso il Varco (intendevo verificare se fosse stato possibile utilizzare i cavi della ferrata spalandovi via l'accumulo di neve con la piccozza) il nuvolone è tornato per restare e, dopo alcuni minuti alle 13:00 ho lasciato la cima. La discesa è durata 3h e 1/2 (ivi inclusa una sosta per frugale colazione al Bivacco S. Raione). Fastidiosissima la discesa con gli scarponi rigidi (quelli da neve e ghiaccio) nel tratto scivoloso e sgmobro di neve al di sopra e lungo la Vena d'a Mola...
Da notare che -come accadde lo scorso inverno e sempre lungo la via del ritorno sulla Vena d'a Mola- ho udito un seracco che precipitava sul versante meridionale della parete nord della montagna: questa volta il boato è stato meno dirompente dei due uditi l'anno scorso ma, non essendo ancora buio, sono riuscito a filmarlo prima che si esaurisse. Dato lo strapiombo, si è trattato di una vera e propria "cascata" di neve e pietre, larga 10-15m e alta più di 200m, sulla verticale poco più a W del Butto della Neve.
E' tutto. A Marzo ho più di una mezza idea di tornare per una notturna con partenza dai Piani verso mezzanotte, in modo da godermi l'alba dalla cima Sud. Poi vorrei salire sulla cugina calabrese dell'Acellica, La Montea (Monti di Orsomarso).
Per adesso -e per sempre- grazie Celeca, bella e ardua più che mai!

- Sabato, 16/3/2013: Venerdì una bella nevicata di marzo sull'Irpinia e sul Vesuvio; è tarda notte quando parto alla volta dei Piani di Giffoni. Infilato il ponticello sul f. Picentino dopo la fraz. Vassi, guido su fino alla valle Cerretelle dove ghiaccio e neve sulla strada (mai trovati qui, prima) mi costringono ad una breve retromarcia; parcheggio in uno spiazzo panoramico al centro del quale biancheggia un bel cesso abbandonato: fa venir voglia di sedercisi sopra ad aspettare che il sole cominci a illuminare il Ninno. Ma è ancora buio e mi faccio un paio d'ore di sonno in auto, coperto da un sacco a pelo a fiorellini che mi ricorda la roulotte negli anni '80 a Pescasseroli e, più recentemente, una tenda sul Matese. Alle 7:30 mi raggiunge Mimmo Ippolito e proseguiamo su ruote più sicure per gli ultimi 10 minuti di strada fino alla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni. Poco dopo le 8:00 ci mettiamo in marcia e la neve è subito "da ciaspole": purtroppo nessuno dei due ha ritenuto di portarsele dietro. Una paretina della Vena d'a Mola mostra strane forme addobbate di ghiaccioli: ne fotografo alcune che sembrano creature degli abissi oceanici. Abbandoniamo una pesante corda che riprenderemo al ritorno (l'idea iniziale era risalire il "Tracciolino del Ninno" ma l'abbondante neve fresca ci fa ripiegare sul classico sentiero 103A per la cresta sud). Più sotto al crinale evitiamo il fosso W dell'Acquafredda (-Falconara) tagliando a N e dopo un'altra buona ora di camminata in cresta -con il forte vento della mattina che si placherà quasi del tutto poco dopo l'arrivo in cima (per mia fortuna, visto che la temperatura è bassina e ho gli scarponi ancora umidi dalla settimana precedente!!). Eccoci quindi sotto la gobba finale ove sorge la tonda cima Sud.
Nonostante l'abbondante strato di neve (30-45cm) trovato praticamente sin da inizio sentiero, la cresta è sensibilmente meno innevata che in occasione delle mie ultime risalite invernali (30/1/13 e 25/2/2012) e infatti questa volta è possibile servirsi del manocorrente d'acciaio fissato su un breve tratto a precipizio sul canale (W) della Pettinessa, guadagnando in breve la vetta (in c. 3h 45 dalla partenza, tempo piuttosto rapido considerando la neve a basse quote e la stolta rinuncia alle ciaspole). Una mezz'ora tra le nubi per tentare di dare un'occhiata al Varco del Paradiso (cavi utilizzabili, non ricoperti di neve) poi comincia a coprirsi ancora di più e decidiamo di ritornare; saremo all'auto in poco più di 2 ore. Un paio di panini mentre il sole asciuga scarpe, calze, pantaloni e quant'altro è stato appeso alle finestre della Caserma/Rifugio Forestale dei Piani, e poi via verso la mia auto e un bel bagno caldo.

Domenica, 5/5/2013: "Direttissima esplorativa" alla cima Nord dell'Accellica per il Vallone della Neve (cf. anche Nota 15).
Partenza (9:45) dalla SS164 al Varo d'o Cierro (CAI 104), arrivo in un'oretta al punto dove il sent. passa sul V. d. Neve.
Facile risalita del tratto basso del Vallone (10:40 - 11:00) fino al ponticello e alle fatiscenti (ma attive) strutture di captazione (cf. anche 22/7/2012 per raggiungere questo punto lasciando il sent. più a E).
Sosta di 20 min. per fotografare una piccola salamandra pezzata presso il grosso faggio e le mura degli edifici AC.
Mi dirigo alla strettoia rocciosa, oltre la quale c'è il solito grande intasamento di tronchi e ramaglie (20 min x attraversam. e fotografie di rito, qualche autoscatto). Bisogna fare attenzione sia a dove si mettono i piedi che nel passaggio sotto gli enormi fusti d'albero caduti dal bosco sovrastante. Qui (c. 1000m) c'è già/ancora neve sotto il fogliame. Dopo una mezz'ora, attorno alla q. 1020-1050m la neve (sempre coperta da foglie) si fa più abbondante mentre diminuisce l'intasamento di tronchi. Mi arrampico a destra (W) su erba e terra, aggrappandomi a fusticelli e alberi, per uscire dal fondo del vallone e, in un'altra mezz'oretta (ore 12:30, F, pendenze fino a 55-60°), raggiungo una fascia di roccette sotto cui passa la solita traccia di cinghiali. La seguo mantenendomi lungo l'isoipsa verso des / N per guadagnare la grossa spalla boscosa che bordeggia il Vallone della Neve sul suo lato occidentale; lentamente si piega a sinistra (dir. W e poi SW) e le pendenze si addolciscono (ma resta fastidioso procedere su fondo bagnato e poi su neve); s'incontrano segmenti di vecchi sentieri di cacciatori e boscaioli. Mantenendosi ora sempre in dir. SW (o SSW) si raggiunge la cresta N dell'Accellica presso (W) la cima N, ovvero a c. 5 min. di cammino dalla panoramica anticima NE con croce metallica (1658m, ore 14:30; 2h dall'uscita dal VdNeve, 3h dal ponticello/Captazione AC, q. 862m, e c.4h dall'inizio del sentiero CAI 104).
Dopo una breve sosta in cima, scendo al varco del Paradiso N e salgo sul Ninno (15:05), per poi ritornare alla croce (15:45).
La discesa, sempre per direttissima, dura un po' più del previsto (quasi 2h e 1/2 fino al sent. 104) perchè, portandomi troppo a W, mi ritrovo nelle diramazioni orientali dell'impluvio alto del Vall. dei Catozzi e sono costretto più volte ad assicurarmi agli alberi con il cordino in doppia (come accadde il 17/6/12); ma questa volta invece di portarmi a W verso Colla Finestra, traverso a E, cercando di avvicinarmi alla spalla a W del Vall. della Neve (percorsa in salita) e che già discesi in notturna il 3/7/11. Come in quest'ultima occasione, arrivato sulla parte più praticabile del bosco, sbuco giù sul sentiero 104 (q. 800m) in corrispondenza di un valloncello minore (ore 18:45) poco a W dal passaggio del sent. sul Vallone della Neve (19:00). Un'altra oretta e sono all'auto sulla SS164 Montella-Acerno.
Anche questa è fatta. Per una "direttissima" più praticabile escursionisticamente, bisogna lasciare il Vallone della Neve sotto la q. 900m (Impianti di Captazione Acquedotto Alto Calore) inerpicandosi sullo spallone W all'altezza dei muretti superiori.

Sabato e Domenica, 18-19/5/2013: < (A questo link una più ampia descrizione e la photogallery)
Lungo giro esplorativo in solitaria al Varco del Paradiso (NE) risalendo il Raio delle Ferrere (tenendomi stavolta sulla sin. idrog., quindi versante NW, opposto a quello della cresta d. La Savina) - Vallone del Ninno. Dopo un lungo tratto nel canalone innevato (30-40°) raggiungo il muro di rocce sotto il Varco del Paradiso [VdP], non risalibili senza attrezzature. Continuando a des. (N), si esce dalla conca principale (faggio morto ma con il tronco ancora in piedi costellato da numerosi funghi a mensola) e, dopo una fascia di roccette che scende da sin./W, si entra in una secondaria e piccola conca il cui breve pendio culmina in alto in un colatoio-camino di 3,5m, sormontato da un alberello da cui pende un vecchio cavo d'acciaio (Cf. Ferranti, 2010, p. 237); da solo e senza attrezzature non riesco a risalire il passaggio roccioso [II+ / III- per gli scarsi appigli, roccia liscia e a tratti marcia; va salito a sin. verso il caminetto, mentre il cavo - su cui è meglio non fare affidamento perchè non si sa da chi è stato installato nè quanti anni fa- pende più sulla des.; in caso di peridta dell'appiglio non è possibile fermarsi perchè il pendio sottostante è c. 50° su fogliame bagnato, quindi si scivolerebbe per c. 15m fino agli alberi]. Archiviata anche l'idea di salire le roccette poco più in basso, con l'aiuto di corda e di un grosso faggio con alcuni rami che passano proprio sulle rocce, decido di salire dal versante della Savina. Costeggio le rocce presso il faggio costellato dalle "lingue di bue" e poi sotto il versante E del Varco scendendo un po' all'altezza del canale nevoso che sale allo spigolo SE della base del Ninno. Dopo sgrottamenti e tracce di cinghiali (zoccolo della Pettinessa) risalita allo "Spaccaturo" Alto (ma stavolta deviando a sin. nel tratto finale, per sbucare quindi sulla cresta della Savina a pochi metri a NE del punto in cui il sentiero della Savina sovrapassa un caratteristico arco roccioso a sin.; sosta sulla q.1383m presso lo Spaccaturo alto.
Quindi Ferrata della Pettinessa - Cima Accellica Sud - Ferrata "Raso" del Varco del Paradiso.
Arrivato al colletto N del VdP scendo ad esplorare dall'alto la zona sotto la quale ero poche ore prima: un cavo d'acciaio traversa verso sin. (N) pochi m sotto il primo pendio erboso. L'ampio scivolo di erba e fogliame termina a E con il muretto di rocce (c. 10m) della conca principale alla base NE del Ninno, e infatti intravedo il faggio con funghi a mensola presso cui ero passato all'andata. Troppo alto (per me) per calarsi in doppia.
Guardando verso l'alto, a destra c'è una strettoia rocciosa (a des./N dell'intaglio del colletto N da cui sono sceso) ma risalendola termina in un colatoio chiuso. E' assai probabile, quasi certo, che per raggiungere l'alberello con colatoio-camino dell'andata, bisogna scendere dal VdN come ho fatto, mantenendosia sin. (N) sotto le roccette che scendono W->E e, all'altezza di un faggio presso la loro base, scavalcare queste roccette per accedere al punto in cui inizia il caminetto che mena giù nella conca secondaria, a N di quella principale sotto il VdP nordorientale.
Il fondo dell'ampio scivolo sotto il Varco N è troppo bagnato, quindi dopo essere ritornato sull'orlo E per verificare l'altezza, decido di non scendere nè arrampicarmi sulle roccette a N per cercare di scendere da dove non ero riuscito a salire all'andata, come avevo pensato di fare. Ci riproverà con terreno più asciutto e meno stanchezza addosso.
Risalgo al VdP (N) e, con il secondo tratto di ferrata, raggiungo la cima Nord dell'Accellica.
Il vento -e la sicurezza per averla già percorsa, l'ultima volta in salita e discesa 2 settimane fa- mi portano sulla direttissima N.
Pochi min. dopo la croce/libro di vetta dell'Anticima NE, prima della vera cima (boscosa), entro a des. nel bosco tenendomi costantemente a una decina di m dal burrone che costituisce la parte alta dell'imbuto del Vallone della Neve.
Scendendo bisognerebbe mantenersi costantemente sullo spallone che chiude a W il Vallone della Neve. Ma è facile, stando nel bosco, perdere il filo della cresta e prendere dorsi secondari, portandosi troppo a W, dove sarà necessaria la corda per discendere alcuni salti in canali minori, diramazioni orientali del Vallone dei Catozzi (che più al centro non è discendibile escursionisticamente, e costringerebbe ad allungarsi fino al Vallone dei Briganti, poco prima di Colla Finestra, e sempre con alcuni tratti da superare con cordino: cf. supra, descriz. del 17/6/12).
Stavolta però compio l'errore inverso, e mi inoltro troppo a E, finendo nella parte medio-alta del Vallone della Neve, ovvero immediatamente ai margini inferiori e orientali dell'imbuto che ne costituisce la parte alta e che termina proprio sotto al rombo di roccia gialla nella verticale dell'anticima NE con la croce metallica. E' tardi e le calate con corda si fanno a tratti, seppur brevi, praticamente verticali. Quando calano le tenebre e non è più possibile decidere la migliore via per calarsi di albero in albero con corda doppia (il fascio di luce della pila si attenua in pochi metri) trovo un bel ripiano protetto, sotto una paretina e un tronco semisradicato, dove bivacco per 8 ore (21:30 - 5:30). La mattina successiva ci vuole un'altra buona mezz'ora per scendere gli ultimi 60-70m fino al fondo dell' "alveo" del Vallone della Neve. Mi trovo a c. 1150m, ovvero poche decine di metri a valle del punto in cui il vallone vero e proprio termina sotto delle rocce, biforcandosi (ne risalii un tratto il 22/7/12).
Sono sulla neve, ma un bastone è sufficiente per evitare scivoloni; più giù l'intasamento di ramaglie e grandi tronchi è notevole, e ci vuole un'altra ora per portarsi oltre la strettoia rocciosa allo slargo dove c'è la captazione. In 20 min discendo oltre il "ponticello" degli impianti e raggiungo il punto in cui il torrente incontra il sent. CAI 104, che in un'altra oretta mi riporta all'auto, a S di Pitinite, sulla SS164, a pochi Km/min. dal Varo della Spina dove, come sempre, non vedo l'ora di farmi una grande bevuta...e sciacquata, dopo una notte passata sotto le stelle e le paurose balze nordorientali della maestosa Accellica.

Mercoledì, 19/6/2013: Piani di Giffoni - Butto della Neve.
L'accumulo sotto al colatoio del Butto è solo 1m (circa) sotto il livello record registrato nel 2005.

Domenica, 14/7/2013: Casa Rocchi - Varco della Rena - Cresta Nord(-Ovest) / CAI 190 fino al Varco del Pruvusiere. Discesa per Colla Finestra e Alta Valle del Sabato SI). Coi Lerka.


Lunedì e Martedì, 12-13/8/2013: Lungo giro in solitaria che inizia, dopo una veloce raccolta di nocciole, dalla Centrale Elettrica di Cucchiaduro (pochi Km a N della fraz. Vassi di Giffoni Valle Piana), risalendo Serra Figliorito per le scale della condotta forzata fino alla centrale sup. e poi per Serra Figliolito lungo il sentiero nel bosco che procede per la costa orient. sui tubi delle captazioni provenienti da Capo di Fiume e che poi qui discende fino ad immettersi sul sent. per la Grotta dello Scalandrone (CAI 106A, 2h 30). Sosta di un paio d'ore tra le cascatelle e lo stillicidio d'acqua dalla paretina coperta di muschio a pochi min. dalla grotta, qualche autoscatto e quindi giro refrigerante all'interno della Grotta dello Scalandrone (cane morto all'ingresso) con la cascata interna ancora fragorosa. Salita sulle rocce sopra la grotta seguendo il tubo della captazione fino a passare per la Sorgente/Captazione del Lamione e attraversando subito dopo il Vallone del Butto della Neve per poi affrontare la direttissima da Sud sulla Rasula delle Murelle (il costolone compreso tra il Butto del Laurenziello a W e il Butto della Neve a E). Quattro chiacchiere con un pastorello, nella parte bassa della Rasula, tra i continui latrati dei suoi cani e i campanacci delle capre. Deliziosi lamponi più in alto e bellissimi panorami una volta fuori dal bosco. Rocce facili (nessun pass. sup. a I+). Si esce presso la boscosa cima N (a pochi minuti dalla panoramica anticima più ad E) in 3h 40 dalla Grotta d. Scalandrone. Sosta di un'oretta alla croce dell'anticima NE, cena e firma del libro di vetta (19:30 - 20:20). Verso il tramonto, quando il rosso disco solare sparisce dietro la cresta N dell'Acellica, mi calo al Varco del Paradiso e quindi sotto al Ninno (seconda lattina di birra che mi capita di fregare in questi anni dal secchio-frigo del Bivacco Valsavin: ma prima o poi le ripagherò portandone qualcuna). Discesa per il "Tracciolino del Ninno" alla luce della torcia e della sottile falce di Luna. Bivacco notturno tra due faggi, le luci di Giffoni sono lì di fronte in lontananza, mentre più vicino a sinistra incombe il roccioso costolone occidentale della Pettinessa (Accellica Sud). Al risveglio un rumoroso branco di cinghiali taglia l'erba correndo giù a rotta di collo su una traccia a pochi metri da me. Breve esplorazione di un tratto praticabile del Canale Pettinessa, fino a un colatoio verticale troppo alto per la mia corda e le mie capacità (è praticamente il gemello del più settentr. Butto della Neve, da cui è diviso dalla spalla boscosa ove passa il Tracciolino, e sta pressocchè alla stessa altezza del colatoio del Butto) arrivo in una zona da dove si può facilmente oltrepassare il canale per raggiungere i boscosi pendii che passano sotto le pareti SW della Pettinessa probabilmente fino al Varco della Pettinessa, dove ci si ricongiunge con il sentiero CAI 103. Ritornato sul Tracciolino, dopo una mezz'oretta sono giù all'attacco di quest'ultimo e poco dopo al nevaio del Butto della Neve, ancora abbondantemente innevato (c. 4m nella parte più alta) sebbene abbia perso all'incirca più del 100% del volume dalla mia ultima visita di metà luglio scorso.
Discesa ai Piani di Giffoni; al bivio grande abbeverata-sciacquata alla fontana-cannola, quindi scendo sulla sterrata a des. (invece che proseguire a sin. sul S.I. per la Cas. Forestale). Alla curva a sin. della sterrata presso il Vall. Falconara, continuo su un sentierino -tra molti bovini- che taglia verso la carrozzabile di Valle Vesa che raggiungo dopo aver passato il Vallone Falconara e un breve tratto in una proprietà privata stracolma di mucche al pascolo. Sono quindi sull'ex sent. CAI 3B, dall'altro versante (E) della valle del f. Picentino rispetto a quello pecorso la mattina precedente. Un'ultima oretta di sterrata mi conduce a Cucchiaduro, presso la centrale dove ho lasciato l'auto il giorno prima.
Davvero una bella camminata, anzi una meravigliosa escursione, anche l'avvicinamento (106A) che non avevo mai percorso prima. Dura (con questo caldo...) la risalita della "Rasula", il costolone più orientale dei tre del versante sud della parete Nord della Celica. Ma si compie in meno di 4 ore, senza passaggi su rocce eccessivamente esposti nè mai tecnici (1000m disliv. dalla Grotta d. Scalandrone, diff. EE+ / F-, e nessun pass. oltre I+ per dove sono salito io; cf. L. Ferranti, "Appennino Meridionale", GMI 2010, p. 241, qui imprecisam. definita come risalita "per il Butto del Laurenziello", che è invece il canalone immediatamente a W della Rasula delle Murelle o Rasula di Mauriello). CARTINA - TRACCIA
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Domenica, 8/9/2013: Bella Traversata di quasi 10 ore, per la prima volta compiuta in gruppo (in questi anni, ad eccezione di un paio di occasioni in cui eravamo in due, tutte le mie escursioni al Varco del Paradiso sono state in solitaria): stavolta eravamo in 8!
Partenza alle 8:50 dalle Croci di Acerno, attacchiamo alle 9:00 la ripida "pettata" per La Savina (tutta fuori sentiero per una distrazione) e alle 10:15 siamo alla prima gobba, in vista del bellissimo scorcio che il Varco del Paradiso offre da qui. Altri 45 min per percorrere la cresta verso SW ed eccoci all'inizio dei cavi, poco sopra la selletta "Spaccaturo alto" che unisce Savina e Pettinessa. La risalita di quest'ultima per facile e spesso panoramica via ferrata ci porta in cima (Accellica Sud) in altri 45 min. (11:45). Stiamo 25 minuti con un gruppo di montellesi (che ri-incontreremo più avanti). Alle 12:10 partiamo verso Nord per il tratto più impegnativo della via Ferrata F. Raso, in 20 min siamo al Bivacco Valsavin-Varco Sud; qui riincontriamo i montellesi della cima Sud che vi sono arrivati dal Varco della Pettinessa (cresta Sud) dove il CAI di Salerno ha recentemente segnalato il "Sentiero del Ninno" che percorre la fascia di bosco c. 100m sotto la cresta sul versante W per raggiungere direttamente il Varco Sud - Bivacco Valsavin evitando la Pettinessa e un tratto più esposto della via Ferrata a nord della cima Sud.
Dopo un'ulteriore mezz'oretta raggiungiamo la cima del Ninno (12:55), vetta che a stento riesce ad ospitarci tutti e otto per una quindicina di minuti; si riscende al Varco Nord per poi salire alla cima Nord che, con i più veloci, raggiungiamo alle 13:45. Sono passate 5 ore dalla partenza alle Croci di Acerno.
Pranziamo con un altro gruppo irpino -e qualche conoscente- che è sulla Nord e dopo un'ora iniziamo il ritorno, che durerà altre 4 ore: una mezz'ora per il Varco Sud/Bivacco dove, dopo breve sosta, decidiamo -invece di scendere per la catena nel Vallone del Ninno e risalire per tracce (come ho già fatto in solitaria) allo Spaccaturo Alto- ci portiamo sul "Sentiero del Ninno" che attraversa il Canele Pettinessa e raggiunge la cresta S (senza passare per la cima ed evitando, tenendosi a W, tutta la gobba della Pettinessa) al "Varco della Pettinessa", pochi metri sopra la q. 1482 IGM (25 minuti per compiere l'intera scorciatoia). Dopo un'altra breve sosta per ricompattarci, alle 16:00 si riparte per l'ultimo tratto delal cresta S, e al Valico di Acquafredda lasciamo la via per il Timpone e scendiamo verso le sorgenti (35 min. per Acquafriddiello, secca, e altri 10 min. per poterci finalmente dissetare alla fonte di Acquaferdda).
Dopo un'altra mezz'oretta di sosta presso l'agognata acqua, si riparte, e lasciato il sent. 103 per il 105 in 1h e 15 min. di sterrata (loc. Bosco dei Pellegrini) raggiungiamo le auto, dopo esattamente 9h e 45min dalla partenza.
Nella precedente solitaria di Agosto avevo 'intravisto' la possibilità di raggiungere la Cresta Sud dal Varco del Paradiso Sud lasciando il "Tracciolino del Ninno" e oltrepassando il Canale Pettinessa (peraltro la cosa mi era già stata suggerita osservando le foto di alcune uscite effettuate dall'attuale presidente del Cai di Salerno, Sandro Giannattasio, con Vincenzo Apicella, questa primavera e estate) fino al "Varco della Pettinessa", a metà circa della cresta sud. E' una zona che comunque va esplorata, perchè più in basso (W) il Canale Pettinessa presenta un bel colatoio di roccia simile a quello del "Butto della Neve", e -sempre in basso- un altro canalino prsenta un salto verticale più a sud. inoltre le pareti che si sottopassano, ovv. la fascia di rocce sui 1500m di quota del vers. W della Pettinessa, sembra più compatta chein altre zone di questa montagna e forse con qualche potenziale alpinistico.
Per il resto è stata sicuramente un'esperienza stranamente nuova effettuare, per la prima volta non da solo, un giro in questo ambiente che ormai conosco così bene, senza il pensiero dei rischi (quasi tutti i compagni di escursione avevano il kit da imbrago che, in questi posti, può salvare la vita se si tiene conto dell'affaticamento dell'escursione e della forte esposizione di molti passaggi, peraltro mai tecnici e sempre assicurati con i cavi d'acciaio della ferrata che è tenuta molto bene, sin dalla sua inaugurazione 7 anni addietro). - CARTINA

Lunedì (in albis... in Caelica), 21/4/2014: Finalmente, dopo ben 7 mesi, ritorno sull'amata Celica; quest'anno il fiacco inverno mi ha tentuto lontano dalla regina e non ho approfittato dei pochi giorni con buon innevamento in cui sarebbe stato possibile fare qualche discreta risalita con la neve, concedendomi però belle escursioni invernali in altre zone - tralaltro anche su quella che potrebbe considerarsi la "cugina calabrese" dell'Accellica, ovvero Montea, altra "regina", lei, dei monti dell'Orsomarso.
Tornando in Campania, in attesa dello scioglimento totale delle lingue di neve residue nei canaloni meridionali della cresta nord, dove intendo fare un paio di risalite "esplorative" (ancorché riportate nel libro GMI del CAI-TCI) ecco che si presenta una buona giornata proprio il "lunedì di Pasquetta" e quindi mi avvio in nottata raggiungendo loc. Pitiniti verso le 2:30. Ma resto più di un'ora in auto per aspettare che passino degli scrosci di pioggia e quindi mi avvio alle 3:45 sul sentiero 104 verso Masseria Marinari, a lume di torcia.
Le camminate nottune hanno sempre un fascino tutto loro, anche se ho già percorso altre volte questo tratto al buio, a ritorno da altre camminate.
L'impeto del corso d'acqua m'avverte che non sarà facile attraversarlo, in mancanza di ponticello e sassi, senza bagnarsi: riesco a saltare lungo, in un punto a sinistra, restando asciutto.
Dopo la radura, da dove intravedo la sagoma del Ninno alla luce di una timida Luna che si affaccia poco sopra altre cime, giungo alla Savinella, ove è forte il rumore della cascata: ne approfitto per uno scatto fotografico, anche se non ho con me la reflex, ma solo la leggera fotocamera bridge.
Dopo un'oretta di camminata sul sentiero è ora di abbandonare la traccia segnata (per Colla Finestra): oltre l'edificio di captazione idrica che è sopra Mass. Marinari, ci sono un paio di vecchi sentierini che salgono a sin./S (uno è pochi metri dopo il punto in cui si sente, a sin. del sentiero, il rumore di una vena d'acqua sotterranea; l'altro un po' più avanti) e preso il primo m'incammino verso Sud. A primavera inoltrata la traccia è più "spinosa", mentre ora non ho problemi, e in alcuni minuti raggiungo direttamente lo spiazzo con uno 'mpruscinaturo, pozza fangosa ove i cinghiali si crogiolano per rinfrescarsi e liberarsi dai parassiti. Si continua a destra su sentierino che in pochi min. scende nel Vallone della Neve, il biancore della cui pietraia, priva del solito manto di foglie secche che la ricopre, balugina anche alla tenue luce delle ore precedenti l'alba. C'è un enorme accumulo di tronchi sul ponticello poco a valle dei fatiscenti edifici della Captazione idrica. Mi arrampico lungo il muro sud, ma più in alto a sinistra non si passa (fascia di roccette: non è proprio il caso di mettersi ad arrampicare al buio) e quindi mi sposto verso destra (N) sormontando il perimetro di mura in corrispondenza di una breccia e portandomi quindi prima a W e poi a S e SW in direzione dello spallone principale (NE) dell'Accellica Nord, che sale verso la cima N. Tenendosi sempre il più possibile su spalla con generale andamento NE -> SW (ogni tanto s'incontrano faggi con vecchie X incise sulla corteccia) senza entrare nel profondo impluvio di destra (W, Vallone 're Catuozzi) nè tantomeno nell'ancora più impervio Vallone della Neve (a E), in poco più di 3 ore dal sentiero 104 si raggiunge la cresta e quindi la cima principale. Dai 1500m c'è neve su questo versante (N) e mi è d'aiuto la piccozza che ho portato, oltre a un bel ramo di faggio raccolto giù.
Pendenze continue quasi da "canalone", spesso oltre i 30° su fogliame e terra, ma meno nella parte sotto la cresta, dove però c'è ancora della neve.
All'uscita in cresta mi accoglie una serenata di versi di Poiane, ce ne sono inizialmente almeno 3-4, poi ne vedrò anche di più nei cieli del Celecone.
Dopo una sosta in cima, scendo al Varco e salgo sul Ninno (40 min. dalla Cima N), altra pausa, una decina (!) di poiane (Buteo buteo) 'rumoreggia' e volteggia tra i cieli, quindi ritorno alla cima N (un'altra oretta, ma solo grazie ai cavi della "Ferrata Raso") dove pranzo.
Avvisto conoscenze di FB sul lontano Timpone, alla fine della cresta Sud: hanno dormito la notte al Bivacco S. Raione, ma decidono di non raggiungere la cima Sud, nè di discendere per il "Tracciolino del Ninno": per fortuna, perchè, dalla cima, il sentiero che passa nel bosco poco più di 100m sotto la paretina W della cresta S (procedendo a N in direzione del Varco del Paradiso - Bivacco VSV) presenta punti con pericolose lingue di neve instabile che rendono necessarie attrezzature come una piccozza per bloccarsi in caso di scivolone (ci sono molti alberi, ma un altro centinaio di metri più in basso il bosco termina con un'alto salto-parete).
Dopo mangiato decido di ridiscendere per la direttissima, quindi lascio la cresta in corrispondenza di un grosso faggio caduto e m'incammino giù sui miei passi nella neve.
In discesa la direttissima rischia di farti finire in uno dei due Valloni che la cingono (meglio tenersi a sin. / W). Seguo sempre il dosso, ma da sotto i 1500m di quota, quando non c'è più neve, mi tengo su una dorsalina più occidentale, infatti di fronte a me non c'è la valle del Calore ma il Mt. Serralonga/Barrizzulo, più in là Serra del Lacerone, con l'evidente sterrata, e ancora più a sin. (W) la spoglia sella di Colla Finestra che non pare molto lonatana. Più giù quindi faccio un lungo traverso a destra (ENE) riportandomi verso il ciglio del Vallone della Neve, mi rimetto sulla via percorsa in salita, da dove a destra si intravede il profilo della dorsale che sta tra Vall. della Neve e Vall. Zachela, con su le file di faggi (tra i quali una notte ho sentito il vento fischiare e sui quali poi vidi l'alba dopo una dormita nel Vallone della Neve) e più oltre le gobbe della Savina; quindi un sentierino mi riporta poco sotto i 1000m, sempre nel bosco, visibilmente più nell'interno del Vall. della Neve ma nel tratto praticabile, seppur ripido, che sovrasta le mura della Captazione Alto Calore e la bianca pietraia più in basso.
Scendo sulla sinistra fotografando l'enorme faggio attorno al quale è stato costruito il perimetro di mura, scavalco e do un'occhiata alla sorgente che sgorga tra rocce e terra: ho quasi finito l'acqua ma resisto alla voglia di berla perchè nel riempirla noto troppe "impurità" (?), quindi qualche scatto sul fondo del Vallone, come detto intasato di enormi tronchi accatastati poco sopra il ponticello (dal quale è possibile ragginungere, seguendo il corso d'acqua con poche difficoltà in meno di mezz'ora, il punto in cui il torrente intercetta il sentiero CAI 104) e respingo anche l'idea di farmi un giro più sopra, alla strettoia da dove inizia il vero e proprio tratto ad ampio canalone del Vallone della Neve: in questo periodo sarà intasatissimo di enormi tronchi ancora non bene assestati dopo il trascinamento o le fragorose cadute dall'alto....
Risalgo a destra e in pochi min. sono di nuovo all'impriscinaturo, che oltrepasso traversando in discesa verso destra (E-NE) raggiungendo il valloncello successivo ove la luce che filtra tra i castagni illumina la bella masseria "Porcino Gatta" dalla quale il sentiero scende a NNW in c. 10 min sulla traccia segnata (sent. n. 104); in un'altra oretta sono al Varo d'o Cierro, la Jonta dove il ramo principale del Calore (da W / Colla Finestra) si congiunge a quelli provenienti da Sud. Stavolta non è necessario, come all'andata, fare improbabili salti per evitare di bagnarsi, e il fango depositatosi sui pesanti scarponi vola via nelle gelide acque picentine. In pochi minuti sono all'auto e quindi alle due benedette cannole del "Varo della Spina" dove dalla roccia fluisce purissima e gelida acqua che è una gioia per la mia gola. Altra sciacquata alle scarpe e a me stesso... e si ritorna: è ancora metà pomeriggio ed eviterò il traffico del rientro della Pasquetta. Non poteva che essere un gradito ritorno (oltre che un ottimo allenamento) questa prima dell'anno 2014 (!) sulla mia carissima Accellica! - CARTINA

Sabato, 10/5/2014: Bella escursione di 10h e mezzo alle pendici meridionali dell'Accellica Nord, al fine di vedere un po' di cascate nel pieno della portata e per "ripassare" alcune zone che ho battuto poco negli ultimi anni. Giornata umida, montagna parzialmente coperta da nubi. Partenza (ore 10:05) da Casa Rocchi con due amici, sul S.I. (CAI 106) per il Favale, Varco della Rena (poco sotto di esso trovato un bell'Ululone dal ventre giallo, Bombina variegata / pachypus), Sella di Serra Colle Ferro (11:20), quindi giù tra le decine di cascate che si incontrano sul sentiero o poco lontano da esso tra la zona a N di Capo di Fiume e Trellicina, sorgenti del Picentino: numerose soste, anche lunghe, per ammirare, fotografare e arrampicarsi sulle cascatelle (trovati un paio di esemplari di Salamandrina dagli Occhiali). Quindi giungiamo alla Grotta dello Scalandrone (14:10; visita di una ventina di min., nel fragore della cascata che alimenta il laghetto interno posto a S). Ripartiamo arrampicandoci sopra l'entrata della grotta, seguendo il sentierino/traccia (tubo nero) che percorsi lo scorso 12/8/2013 in direz. E; quando la traccia, che procede poco sopra gli 800m di quota, si perde sotto una parete, si scende in una conca e poco dopo si raggiunge un valloncello che proviene dal Varco della Pettinessa (a metà della cresta sud, tra Cima S e il Timpone): qui la pista volta decisamente a N (sin.) e sale leggermente (Lamione) per giungere, in mezz'ora dalla Grotta dello Scalandrone, al vallone che scende dal Butto della Neve (14:35).
Si abbandona il sentierino (che volta nuovamente a sin., WSW, per scendere a Trellicina) e si risale a des. il torrente ginugendo in pochi min. a una piccola captazione oltre la quale e proseguendo in direz. NE (verso q. 875 IGM si vede una traccia a sin., al di là del corso d'acqua, che sale verso la Rasula delle Murelle). Poco dopo la q. 875 IGM (trovato bell'esemplare di coleottero Morimus asper con lunghissime antenne) si comincia a risalire la costa erbosa allontanandosi dal corso del rivo e salendo senza via obbligata in direzione NE / ENE per quasi 200m di dislivello per intercettare in c. 35 min. il sent. 106B (poco a S del punto in cui questo, con una decisa svolta a sin., oltrepassa il Canale della Pettinessa). Dopo altri 20 min. siamo (16:20) sotto al Butto della Neve, ove la copertura di fogliame nasconde uno spesso strato di neve di +5m, certamente per lo più residuo dell'inverno 2012/2013, essendo stato il 2013/14 poco nevoso. Mi calo nella fessura del nevaio sotto la parete del Butto, verificando l'altezza del cono nevoso.
Sosta pranzo in un punto più o meno protetto sotto la parete N del colatoio inizialmente assolato, e alle 17:00 ripartiamo lasciando il Butto tra fitte brume (dopo aver fotografato una velenosa scolopendra, rinvenuta sotto la parete), stavolta ci teniamo sul sent. 106B fino al costone che si affaccia su Trallicina, quindi giù per la selletta/croce alla grotta e nuovamente su verso la sella di Serra Colle del Ferro (tagliando fuori sentiero, dalla radura a W del guado del Picentino, tenendoci più a sud), dopo il felceto e il successivo guado, risaliamo decisamente un costone raggiungendo il S.I. (verso le 19:20), quindi oltre Serra Colle Ferro, Varco della Rena, il fontanile, il ponticello del Favale e infine Casa Rocchi (20:30).

Domenica, 18/5/2014: Escursione esplorativa in solitaria, di nuovo con partenza da Casa Rocchi in direz. Costa della Melaina - Serra Colle Ferro. Trovata nuova stazione di Pinguicula hirtiflora (rara "pianta carnivora", ovvero insettivora; cf. supra, Flora) sopra la testata dell'Infrattata. L'intento primario comunque è quello di esplorare due tracce indicate sulla GMI di L. Ferranti (Appennino Meridionale, 2010, p. 240, it. 88c e 88d). Lascio il sent. (SI-106) a W della Costa della Melaina [12:15] e risalgo su costola per tracce di cinghiali, aggirando muretti e costeggiando a E il canale/colatoio disceso dai fratelli Ferranti nel 1989 (loc. cit.). Il colatoio dovrebbe essere la parte alta della vena che scende a q. 756m (IGM) ma, come da relazione di L. Ferranti, va imboccato a c. 1050m. Da più su, sul versante E, mi è sembrato inutile calarmici con la corda. Ho raggiunto un punto (c. 1250m) dove il colatoio termina (o nasce, che dir si voglia), e in corrispondenza di questo, pochi metri a destra (E) termina un altro colatoio/canale, quello che risale da q. 817m IGM. Da qui si prosegue, ancora su alcuni forti pendii erbosi, fin sotto le roccette dove si incontrano i marchi biancorossi del sentiero CAI 190. Siamo pochi metri a W della q. 1398 IGM, e alle spalle (W) c'è il grosso sperone roccioso che si aggira risalendo la cresta occid. in direzione della cima [14:30]. Dopo un'ora di lenta camminata in cresta verso E (incontro un paio di conoscenti che precedono un folto gruppo di escursionisti al ritorno dalla cima), raggiungo il Varco del Pruvusiere, calandomi direttam. dalla q. 1426m IGM, sella che sta tra le elevazioni di q. 1426 e 1454m IGM. Scendo nel canale e, dopo una breve sosta da arancia, mi incammino giù [16:00] tenendomi sulla des. idrograf. e traversando per tracce, appena possibile, dopo uno speroncino panoramico, in direz. SW.
Il costolone che sto discendendo è quello centrale del versante sud della cresta principale dell'Accellica: è cioè la "Costa Trellicina" (come da L. Ferranti, op. cit. 2010, p. 239), sperone che è delimitato a W dal Vallone Vene Rosse e a E dal Vallone Butto del Laurenziello. Quest'ultimo invece limita a W la "Rasula delle Murelle", risalita la scorsa estate, che è delimitata a E dal Vall. del Butto della Neve. Infine, la "Costa della Melaina", che ho risalito in mattinata, si eleva tra il Vall. Vene Rosse a E e il Canale della Melaina a W (canale che scende a SW su q. 756 IGM alla testata dell'Infrattata).
In 40 min., superati vari canalini e valloncelli, raggiungo un canale secco, sbarrato a monte da un alto muro roccioso. Scendendo capisco di essere nel Vallone Vene Rosse, ma questa è la parte intermedia, a c. 950m di quota; in un punto è necessaria la corda per calarmi su un saltino roccioso di c. 4,5m (II). Più giù, con minori difficoltà e facili saltini, si raggiungono [17:10] le sorgenti Acqua Vene Rosse (c. 870m) da dove la traccia si fa più evidente e, dopo aver oltrepassato il ruscello immediatam. a W di Vene Rosse, si raggiunge il sent. 106 (in c. 20min. dalle sorgenti Vene Rosse, scendendo a SSW, ho raggiuntoi il sentiero CAI a NW della q. 738m IGM).
Quindi, salito sulla sella tra Serra Colleferro e Costa della Melaina, altra lunga sessione fotografica a 3 belle orchidee gen. Orchis e Ophris.
Dopo una rinfrescata alla Fontana tra Varco della Rena e del Favale, il bel tratto di castagneti nella Valle del Sabato, raggiungo l'auto a Casa Rocchi [20:25] al termine di una gradevolissima giornata con 2 esplorazioni combinate che avevo rimandato dallo scorso autunno.
Contrariamente alla risalita per la Rasula delle Murelle (12/8/2013) che -specie nel tratto basso- è più 'obbligatoria' come via, quella della Costa d. Melaina e della Costa Trellicine, sembrano aperte a più possibilità, sia nell'accesso basso che, probabilmente, anche negli svalichi in cresta. Più in là risalirò il Canale della Melaina via colatoio e il Vallone Vene Rosse partendo dalla Preta 'e Miezzojuorno e passando sotto i Torrioni Vene Rosse e per i boschi con "grandi faggi e radi aceri" e "numerose iscrizioni di cacciatori" (Ferranti, GMI, p. 241).

Domenica, 1/6/2014: (Probabile prima) TRAVERSATA INTEGRALE DI CRESTE E CIME DELL'ACCELLICA (ad Anello).
Consentitemi con non poco orgoglio di presentare questa lunga traversata di cresta -che meditavo di effettuare già da un po' di tempo- come un probabile "primato escursionistico" per la montagna in questione. Dopo l'Anello del Paradiso (vedi descriz. escurs. del 12/8/2012) effettuato in solitaria nell'estate 2012, non era facile spingersi oltre.
Con un gruppetto di forti amici ci siamo lanciati alla "conquista" di creste e vette dell'Accellica dopo che, appena un mese fa, avevo stilato la bozza e i dettagli di questo bellissimo tratto di Alta Via Picentina (o Irpina, che dir si voglia).
Dall'installazione nel 2006 della Via Ferrata che consente l'attraversamento escursionistico del Varco del Paradiso (EEA), è possibile compiere lunghe e bellissime camminate in traversata o ad anello tra le creste e le due cime dell'Accellica (vedi note 18, 19B, 19C).
Quindi l'unico "traguardo escursionistico" possibile sulle Accelliche restava quello della traversata integrale delle due creste, includendo cioè, oltre alle due Cime e al Varco/Ninno, la risalita dal punto dove l'Accellica Sud nasce, ovvero la zona a N del Varco della Noce, per risalire da qui sul Timpone (q. 1444m) e, dopo aver percorso per intero la Cresta Sud, cima Sud, essersi calati al Varco del Paradiso, saliti e scesi dal Ninno, e risaliti all'anticima Nord/E (croce metallica, q. 1658m) passando presso la vera e propria cima (boscosa, poco più a W, q. 1660m), e discendendo gradualmente la dorsale nord verso occidente fin lì dove essa s'innalza, ovvero al Varco della Rena (per sent. CAI 190).[19D]
Ho deciso di compiere l'anello partendo dal versante sud della dorsale meridionale, poichè è l'unico tratto che comprende tracce fuori sentiero e passa in zone in cui non ero ancora mai stato di persona (ovvero le pendici SW e S del Timpone): per questo motivo era più logico realizzarle di mattina con la luce, paventando un possibile ritorno in notturna.
> Siamo partiti alle 8:10 dalla Caserma forestale dei Piani di Giffoni (presso la quale ho dormito qualche ora in auto, essendoci arrivato nottetempo) incamminandoci verso sud sul tratto di stradina che raggiunge la 'Caserma Forestale'/Rifugio (stradina che parte da Vassi, fraz. di Giffoni Valle Piana) verso Mercatello - Codugno, quindi in direz. E sulla sterrata per Piano di Cerasuolo - Piano Antico lasciandola (la sterrata termina pochi Km oltre sulla SS164, al Km 19,5 tra Montecorvino R. e Acerno) alcune centinaia di metri a N del Varco della Noce, che è la sella dove s'innalza la cresta Sud dell'Accellica.
Alcune tracce ci hanno condotto (unico tratto non segnato dell'intera traversata) in direzione della sorg. Acqua Amara (non toccata, a W di Serra Polare, IGM) tra boschi e radure panoramiche, evitando le pareti che cingono il Timpone a SW e S, per risalirlo da SE. Dopo aver incontrato la sterrata che corre sul versante SW-S-SE e poi il vecchio sentiero CAI n.3 (!) (o una sua diramazione/variante, visto che sulla Carta dei Sentieri del 1994 il sent. CAI 3 andava da Acerno al Timpone passando da Acquafredda, senza arrivare tanto a Sud...) ci imbattiamo in un orbettino (Anguis fragilis) e infine raggiungiamo il punto trigonometrico sul Timpone [11:20, ovv. +3h dalla partenza].
La giornata è bellissima (contro le previsioni un po' fosche) e il verde della macchia, interrotto dal forte giallo delle genziane, contrasta alla perfezione con il blu cobalto del ciel sereno.
Dopo una brevissima sosta per ricompattarci, ripartiamo verso il vicino valico di Acquafredda e la cresta sud, raggiungendo la cima Sud (q. 1606m, Raione, IGM) alle 12:30, ovvero a c. 1h dal Timpone e a 4h 20 min. dalla partenza dal Rifugio dei Piani di Giffoni. Questo tratto è fattibile per tracce/sentieri più diretti, ma a me interessava cominciare ad esplorare la zona.
Dopo una brevissima sosta in cima, ripartiamo per il Varco del Paradiso e qui rallentiamo un po' perché non tutti sono avvezzi ai precipizi che si aprono sotto alcuni dei passaggi della via ferrata e tutti procedono con la necessaria cautela, anche coloro che sono provvisti di kit da imbrago. Dopo un'altra ora siamo sul Ninno (sosta) e quindi in un'ulteriore ora sulla cima Nord [14:35] (ovvero la panoramica anticima NE, q. 1658, con la croce metallica), dove sostiamo 1h per il pranzo.
Ripartiamo dalla cima N [15:30] sulla Cresta Nord, e dopo numerosi passaggi divertenti (mai tecnici) e scenografici (qualche punto un po' esposto, ma mai come nella zona del Varco), giungiamo in altr 3h e 15min al Varco della Rena [18:45] da dove il S.I. (CAI 106) ci riporta, in altre +2h, alla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni [21:09].
TOTALE ANELLO (dati GPS): lunghezza 20,5Km, in 13 ore, 1740m di dislivello. F.Raffaele, M. Mingarelli, M. del Regno, M. di Gennaro, D. Santoli, A. Petrovicheva, M. Lombardi.

Domenica, 22/6/2014: Ricerca di Ululoni (Bombina pachypus) nella Valle del Sabato, con l'amico Riccardo. Trovato un sito con diversi esemplari. Sono arrivato fino a Colla Finestra.
[Il mese success. in data 24/7/2014 ho condotto sul sito il prof. M. Mattoccia (Univ. di Roma "Tor Vergata"), per compiere con un suo studente dei prelievi buccali ai fini dell'analisi del DNA degli esemplari. Ne abbiamo rinvenuti 6, dovendo però anche constatare che nelle polle fangose dove gli anfibi vivono erano presenti tracce del passaggio di Quad !]

Venerdì, 29/8/2014: Nuova Direttissima da Nord alla Cima Nord (NE, q. 1658) sulla spalla a monte della masseria Gatta, ovvero la propagine che separa il Vallone della Neve a Ovest dal Vallone della Savina o Rajo delle Ferriere (più su Vallone Za' Chela) a Est. - Salita esplorativa in solitaria, brevi tratti esposti (F, con 2 passi II+ su erti pendii di erba e roccette).
Si abbandona il sent. CAI 104 dopo Masseria Marinari, in corrispondenza di una traccia che si stacca a sin. (S) nei pressi un agrifoglio. Si risale sul sentierino raggiungendo un valloncello da dove ci si sposta verso des. (W) lasciandosi a sin. (E) il bel castagneto con i resti del Porcino Gatta; si arriva, poco a valle di q. 883 IGM, a un grosso impruscinaturo (ampia polla fangosa) di cinghiali. Qui si lascia il sentierino (che, verso destra, mena in pochi minuti alla Captazione del Vallone della Neve) per una traccia che risale decisamente il pendio tenendosi sulla spalla che qui va elevandosi in direz. SSW. Più in alto si presentano vari punti di affaccio sui due valloni che la costola che si sta risalendo separa: a sin. (E) il boscoso Rajo delle Ferriere, chiuso sull'altro versante a E dalle gobbe della Savina, mentre a destra (W) il selvaggio Vallone della Neve che si intravede solo in parte e che, a questa quota, non sembra presentare vie per possibili discese (escursionistiche). Anche in quelli che sembrano "varchi", ovvero passaggi trasversali che taglierebbero la spalla per superare i valloni in un'ipotetica via Ovest-Est, i pendii alberati sul lato del Vallone della Neve sono a queste quote (da c.1000m in su) a 55-75° di pendenza quando non quasi verticali... Quindi resta arduo accertare che da qui potesse transitare il cosiddetto "passaturo re Carriddro" (che partendo da Colla Finestra passava a mezzacosta il versante N della Celica per aggirare 'sotto' (?) il Varco del Paradiso in direz. della valle acernese; il passaturo porta il soprannome Carrillo del brigante montellese Luigi Fusco, appartenente alla banda di Ciccio Cianci attiva negli anni dell'Unità d'Italia; solo ulteriori ricerche sul campo e in biblioteca potranno chiarire l'effettiva dislocazione di questo tracciolino dei briganti. Cf. anche nota 11).
Si sale ora in prevalente direzione SW; spesso la costola si assottiglia e in quota si lambisce l'orlo sud-occidentale dell'alto Vallone Za' Chela, portandosi poco dopo un po' più a destra (SW) in una zonza sconvolta dalle slavine che precipitano dalle sovrastanti pareti abbattendo parecchi grossi faggi. In alto si intravedono finalmente le pareti che formano la base dello "spigolo" NE della cresta Nord, ovvero le rocce sottostanti la cima panoramica (q. 1658). Portandomi più a sin. (E) mi sono affacciato sull'alta parete che sbarra la testata del Vallone Za Chela [è possibile scendere ma, credo, anche considerando ciò che ho visto durante l'esploraz. del versante "est-erno" del Varco del Paradiso Nord il 18e19/5/2013, che a questa quota non sia agevole sottopassare l'enorme placca verticale che costituisce il termine orientale della cresta N dell'Acellica; probabilmente per entrare da N nel Vallone del Ninno = alto Vall. Savina/R.d. Ferriere è necessario tenersi più in basso della testata del contiguo V. ZaChela -Bianucci, in qualche punto a monte della zona ove questo ramo si divide da quello principale del Raio delle Ferriere. Ma un 'passaturo' praticabile senza dotazioni alpinistiche, ora come un tempo, mi sembra improbabile tra i boschi di questa zona scoscesa e aspra].
Tornando verso W si nota un ampio colatoio roccioso a triangolo sotto cui, tra i faggi, sono disseminate grandi lastre e blocchi calcarei appiattiti sul pendio, rigati da solchi emicircolari "karren", che li attravarsano in senso longitudinale (in direz. monte-valle) a testimoniare la millenaria azione di acqua e ghiaccio. Procedendo ancora sotto la parete verso destra (W) il muro presenta tratti scalabili (visibili dal basso pass. II/III-), tra rocce, terra e radici; il lato da dove sono salito io è all'estremità occident. (destra per chi sale), proprio presso l'affaccio sul Vallone della Neve (oltre, questo punto si vedono le più orientali delle rocce che coronano la testata alta del Vallone della Neve). La pendenza di un paio di tratti (60-65°), l'erba scivolosa e la carenza di rocce con appigli sicuri, ha reso la piccozza indispensabile, specie in considerazione del fatto che questo tratto più facile da risalire (2 pass. II-/II+) è, come detto, esposto su un ripido scivolo che va nel vallone (contro fatali scivolate, in alternativa alla piccozza, è possibile assicurarsi agli onnipresenti faggi con corda doppia ed imbrago).
Superato l'ultimo albero, mi affaccio su una piccola prominenza erbosa aperta ed aerea: a sinistra la testata alta del severo Vallone della Neve, sovrastato da tozze torri di roccia emergenti dal verde imbuto del vallone, per il resto completamente ricoperto dalla faggeta; in basso, seminascosta da alberelli, la spalla tra i due valloni appena percorsa e più lontano la valle del Calore che guida lo sguardo fino ai Folloni, Bagnoli Irpino e il Montagnone; a destra non meno verde dell'altro, il Vallone della Savina con la sua bella linea di cresta, le cui gobbe più alte restano però coperte dallo sperone roccioso sottostante la cima NE dell'Accellica.
NB: Nell'esiguo punto panoramico in cui mi trovo c'è una roccia alta 1m che mi sono ritrovato in una foto scattata il 3/7/2011 quando scesi dalla cima N (zona q. 1660m) per esplorare la testata del Vallone della Neve; 2 minuti dopo aver scattato quella foto giunsi all'arco di roccia (traccia cinghiali) poco sotto il quale però feci dietro front perchè la zona era troppo ripida (non avevo con me nemmeno un cordino). Quindi oggi sono salito pochi metri a E di quella traccia che porta, su serie pendenze, nel canale SE della testata del Vallone della Neve.
Riprendo l'ascensione dopo un po' di riposo e qualche scatto, portandomi in alto (ancora leggermente verso destra - W), su pendio via via meno ripido: è l'estremità SE della testata del Vallone della Neve che, poco sotto la linea di cresta, è qui una rampa boscosa ancora percorribile. Sono ormai in vista della luce che dritta a N preannuncia il vicino crinale; lo raggiungo in pochi minuti sbucando tra i faggi giusto alla base (W) della gobba su cui sorge l'anticima NE q.1658m (croce metallica).
Ho impiegato c. 4h e 1/2 dai Pitiniti: per 45 min. sul sent. 104 (fin poco oltre il Porcino/Masseria Marinari) e c. 4 ore di risalita del dosso boscoso diretto alla cima NE.
Dopo un lunga sosta (2h!) in cima e un breve affaccio a N per riammirare dall'alto i due valloni tra cui sono salito, panini, frutta e rituale descrizione sul libro di vetta, lascio infine la cima a una coppia di corvi imperiali che vi si precipitano per cercare resti di cibo...
Percorro per alcuni minuti la cresta N sorpassando il tratto sotto cui precipita il Vall. della Neve e, presso i resti di un recente focolare all'inizio del bosco, saluto il sentiero di cresta e mi avvio a scendere dritto a des. (=N) sulla spalla che costituisce il limite W del Vallone della Neve. Questa direttissima l'ho già percorsa varie volte, sia a salire che a scendere e anche in notturna. Stavolta mi tengo un po' a des. (E) evitando di entrare nel vallone, ma presto abbandono la traccia solita (che segue il dosso più prominente, che nel tratto alto punta verso NNW a Varrizzulo) ma comunque in poco più di un'ora raggiungo il sentiero in un tratto tra Vallone dei Catuozzi e Vallone della Neve (più vicino al primo) e in un'altra ora sono all'auto sulla SS164 ai Pitiniti.
Soddisfacente questa nuova direttissima semialpinistica. Ma è escursionisticamente proibitiva, spec. in discesa (corda!): un lieve errore condurrà in zone estremamente pericolose!
Invece la direttissima più occidentale, quella a W del Vallone della Neve, potrebbe essere considerata come un nuovo sentiero per la cresta/cima N: ma anche in questo caso se non si sa precisamente da dove passare, si rischia di finire in zone impervie (svariati ripidi canaloni, a W il Vall. dei Catuozzi con vari salti, e a E il Vallone della Neve da cui in quota è meglio stare alla larga!) motivo per cui ho evitato di sistemare "omini di pietra" che spingerebbero eventuali sprovveduti ad avventurarsi su un itinerario in definitiva assai più monotono e faticoso della classica salita (CAI 104), seppure diretto (in discesa in c. 1 ora dalla cima si perviene al tratto del sent. 104 ove rombano le acque del f. Calore).

Martedì, 30/9/2014: Breve giro con l'amica Agnese: Casa Rocchi - V.co della Rena - Cresta Ovest dell'Acellica (tratto iniziale); poi alta Valle del Sabato: trovato 1 solo ululone nel sito!

Domenica, 19/10/2014: Bel giro autunnale con gli amici Massimo M. e Daniela S., per incontrare D. Ippolito, M. Gallo, E. Jannelli e un'altra decina di escursionisti del CAI di Castrovillari sulla cima Sud. Noi tre partiamo dalle Croci di Acerno alle 9:30, in un'ora raggiungiamo la prima gobba panoramica della Savina e in un'altra ora (dopo qualche foto all'arco naturale e al Ninno, dalla gobba panoramica di q. 1383m) l'attacco della prima ferratina. Alle 12:15 siamo sulla cima Sud, impiegando quindi in tutto 2h e 45min dalle Croci di Acerno.
Dopo qualche minuto ci raggiungono puntuali gli amici calabresi del CAI di Castrovillari guidati da Mimmo (ed Eugenio).
Li accompagnamo brevemente su un punto della Pettinessa situato più a NE della cima , da dove è possibile vedere lateralmente un bel panorama sul Varco del Paradiso, quindi torniamo per la crestina sui primi cavi della ferrata F. Raso (ore 13:00). Dopo le dovute soste nel punto più aereo del Varco e al bivacco, raggiungiamo la cima Nord alle 14:15 e pian piano ci raggiungono tutti gli altri. Un'oretta di pausa pranzo prima di cominciare la discesa (15:10), che include la veloce salita sul Ninno (15:40) che pian piano si affolla... Firmiamo il nuovo libro di vetta e quindi scendiamo (16:00) per tornare alla cima sud (16:45). Un altro quarto d'ora di sosta e ci avviamo (17:00) tutti insieme per la cresta sud, che comincia a tingere i nostri volti, il prato e le rocce con i colori del tramonto; ci salutiamo al Valico di Acquafredda (i calabresi vanno verso i Piani di Giffoni) ma non prima di un'ultima sosta per goderci un po' di grappa (17:55). Noi prendiamo verso SSE in sentiero che scende sotto quello che invece va ail Timpone: giunti in 10 min. alla sorgente (secca) Acqua Friddiello, tagliando per il valloncello di Acquafredda, in meno di altri 10 min. siamo alla sorgente Acquafredda (18:20). Riempiamo le borracce anche se la sete non è forte perché, almeno per quanto mi riguarda, il caldo e la poca scorta (1 litro e 1/2) mi hanno portato a bere l'acqua di stillicidio abilmente raccolta nella bacinella del bivacco Valsavin al Varco del Paradiso Sud.
Dopo pochi minuti riprendiamo (18:25) e in 15 min. siamo sulla sterrata (18:40) e infine, dopo una veloce marcia, alle 19:30 raggiungiamo l'auto alle Croci di Acerno.
Stavolta non c'è bisogno di sostare al Varo della Spina, ma la sosta la faremo lo stesso, a Montella, per una pizza ai porcini alla Brasserie.
Abbiamo fatto quasi lo stesso itinerario della camminata di gruppo dell' 8/9/2013 (però lì al ritorno dal Varco tagliammo per il sent. del Ninno-Varco d. Pettinessa) senza passare per la cima Sud). Come in quell'occasione, anche oggi abbiamo impiegato 10 ore (soste incluse) per l'intero "aereo" giro che è lungo c. 14Km x c.1300m di dislivello.

Venerdì, 13/2/2015: [Probabile prima invernale e in solitaria sull'Acellica Sud dalle Croci di Acerno - Savina - Pettinessa; cf. L. Ferranti, GMI 2010, p. 234-236, it. 84c]
Dopo il gelo dei giorni di fine 2014 e le abbondanti nevicate d'inizio Gennaio, ero alla ricerca di una bella via da percorrere in condizioni invernali, quale "prima Acellica del 2015", possibilmente diversa dalla 'solita' (seppur sempre bella) salita invernale dai Piani di Giffoni (anche per evitare di dover mettere catene alle ruote sulla strada per la Cas. Forestale, dove forse di notte avrei trovato tratti gelati). Rimandando alle belle stagioni le esplorazioni di eventuali vie brevi per scendere dalla cresta S verso la sterrata che conduce alle Croci di Acerno (i.e. da un punto tra Cima Sud e Varco della Pettinessa), decido di ripetere la magica e indimenticabile salita dell' 8/1/2012 ovvero per la cresta della Savina.
Stavolta le condizioni invernali sono però più serie (e stimolanti), quindi esco con i ramponi -che quella volta non mi servirono- ed entrambe le piccozze, oltre alle ciaspole.
E bene faccio perché, nelle 12 ore e mezza di escursione, per più di 2 ore i ramponi saranno fondamentali (Pettinessa e cima) e per il resto del tempo terrò le ciaspole ai piedi!
Parto dopo le 4:30 da Napoli, e sono pronto per incamminarmi dalle Croci di Acerno alle 6:30. Passano pochi minuti e, abbandonata la sterrata per attaccare il ripido versante NE della Savina, già urgono le ciaspole: neve abbondante e floscia, tra le peggiori per camminare - anche con le ciaspole che talvolta cedono e mi fanno affondare o scivolare sul sentiero che praticamente non esiste. Ma sono abituato a camminare con le 'racchette' su pendii (senza le bacchette che non uso, preferendo -se serve- un bastone preso in loco) e stavolta ho le due piccozze. Ci vogliono ben 2 ore (il doppio del tempo necessario in altre stagioni) prima che mi si manifesti, dalla cima NE della Savina, la celestiale visione del Varco del Paradiso e Ninno, imbiancati come raramente li ho visti (e domenica scorsa di certo lo erano ancor di più, ma io ero sul Terminio).
Pure la cresta della Savina richiede quasi il doppio del tempo normale, visti anche i numerosi e continui spunti fotografici per gli scorci verso il Varco e i passaggi su abbondante neve (sempre ciaspole ai piedi). L'ultima gobba della Savina (q. 1383) non è sulla via, ma ci devo salire per scattare qualche altra foto: tolgo le ciaspole e mi rendo conto, in quei pochi metri, di quanto sarebbe stato difficile arrivare sin qui, senza questo indispensabile accessorio, nella neve fonda e floscia.
Scendo al vicino 'Spaccaturo Alto' (Varco Savina-Pettinessa) e inizio a risalire la Pettinessa dell'Accellica.
Poco dopo, alle 10:30, sono all'inizio di quella che sarebbe il tratto secondario/minore della "Ferrata F. Raso", in realtà un discreto (nel senso dell'impatto con l'ambiente, che non viene qui deturpato da chili di ferraglie come accade spesso altrove sulle ferrate; cf. nota 18) tratto di via attrezzata che si percorre generalmente in 45-60 min fino alla cima Sud (v. nota 16).
Ovviamente qui metto mano, anzi piede, ai ramponi e fisso le ciaspole allo zaino. Inutile dire che in queste condizioni i cavi d'acciaio non si vedono nemmeno. In tutta la risalita ne vedrò solo 1-2 metri scarsi di un paio di tratti. La risalita a destra, per il muro dove c'è il primo cavo (questo, gentilmente installato dal CAI di SA su mio suggerimento del 2011, cf. 10/3/2011) è troppo esposta - lungo scivolo che finisce sotto il Vall. del Ninno- su ghiaccio duro (a tratti puro) e con roccette affioranti (zona sempre in ombra) quindi perdo tempo (più di mezz'ora!) a decidere se scalare un breve canalino ghiacciato più a sin. o tornarmene a casa... Poi decido di riandare a destra e, gradinando pazientemente il tratto che passa ai piedi di dove inizierebbe il 1° cavo (muro di roccette, 9-10m), facendo attenzione a inforcare le picche al primo eventuale accenno di scivolone, mi porto più oltre e salgo su un muretto di 9m, meno roccioso di quello della via, più protetto (da alberelli) e con neve in parte trasformata quasi ad hoc e in (buona) parte moscia e insidiosa (sarà così fino a sopra).
Sono c. le 11:20, ho già riposto la reflex nello zaino (cosa per me assai rara) e la riprenderò solo alla fine dell'arrampicata quando, un'ora dopo, finiscono le difficoltà... tra cui l'abbattimento di una cornice su una crestina minore che m'impediva di accedere ad un canalino su una costola più a Sud. Almeno in un'altra occasione ho pensato di prendere la corda e calarmi per ritornare giù. Effettivamente, non avendo molta esperienza di vero alpinismo invernale, è un po' azzardato salire in solitaria su questo tratto che in genere non dà problemi -grazie ai cavi- ma che diventa nienteaffatto banale con abbondante innevamento! Ma questo già lo sapevo e non m'illudevo fosse facile come quando tre inverni orsono i cavi erano fuori della neve.
Finalmente raggiungo i pendii più facili nella parte alta della Pettinessa. La giornata è magnifica e mi ricorda altre occasioni simili, sempre sull'Accellica Sud.
Stavolta però sento di aver compiuto una 'piccola impresa' (intendo più che altro a livello personale, semmai escursionistico, non certo alpinistico) e do un forte urlo da lupo.
Tralaltro, a proposito di canidi, all'improvviso mi imbatto in tracce di volpe che escono dal baratro alla mia destra e percorrono tratti ora ghiacciati e mi chiedo come faccia un animale che, seppur leggero, non ha certo i ramponi o gli artigli di un orso... Tra altri scatti al Paradiso sempre più vicino e alla cima Nord, che si staglia sotto un cielo turchese con una sola nuvoletta bianca e, ai miei piedi, gli ultimi faggi ancora imbiancati da pallottole di neve come alberi di natale, impiego un'altra oretta per raggiungere la cima. Vi fa capolino, appena qualche centimetro sopra la nivea gobba, la sommità dell'asta della bandierina, alla base della quale c'è il libro di vetta della Cima Sud: ma non perdo tempo a scavare per disseppellirlo. Sono le 13:15, ben 6 ore e 45 min dalla partenza (contro le 2 e 45 impiegate lo scorso autunno!) praticamente quasi quanto ho impiegato (con Marco d.R. e Polina P.) a salire e scendere sul Monte Amaro (la Majella) per la direttissima, lo scorso marzo... Ma qui sull'Accellica, i tratti più seri, pur non strettamente "tecnici", senza protezione richiedono tempo e attenzione.
Preferisco non trattenermi sulla cima Sud, perché manca un ultimo tratto delicato e pericoloso che preferisco fare subito: l'attraversamento del pass(aggi)o immediatamente a sud della cima dove il manocorrente -installato come cautela, visto che in caso di caduta sul versante W si finirebbe nel bosco 200m più giù- è ovviamente sepolto, come l'ho trovato in altri casi venendo dalla cresta Sud. In realtà il tratto è aggirabile scendendo nel bosco sul versante E per poi risalire in cresta 20m più a S, ma decido di farlo.
Il pericolo sta, oltre che nella paurosa esposizione a Ovest, nel fatto che un faggio che cresce poco sotto il pendio sul versante E, ha i suoi rami proprio lì, e questi intralciano la via e trattengono la neve che qui si unisce e fa tutt'uno con quella dell'orlo della cresta. Infatti mentre passo, arrampicato ai rami, mi cede un tratto dello 'spigolo' sommitale e già mi preparo a buttarmi a sinistra (E) per un volo di alcuni metri (ma -mi chiedo- su un soffice metro di neve o su qualche acuminato masso poco sotto di esso...?). Guardandomi dietro vedo che è spuntata una roccia, quindi vi faccio opposizione e mi spingo più avanti, tenendo stretti i rami (tra i quali le ciaspole fissate allo zaino e le piccozze che ho tra le mani si impigliano che è una bellezza!) per arrivare sul duro. E' andata e, attraversato un altro breve passo su cornicetta pochi metri più avanti, sono finalmente su un dosso oltre il quale so che non ci saranno più difficoltà. Ora si che mi posso godere la giornata, il sole e una piccola rosetta con mortadella oltre ad un'enorme arancia dolce e della gelida acqua!
Che sole: per fortuna non ho dimenticato gli occhiali scuri, altro accessorio fondamentale sulla neve in giornate come questa, anche sotto i 2000m! Passati questi 45 min in estatico silenzio e riposo, riparto sulla cresta Sud. Come dicevo all'inizio, avevo un'idea di cercare un a via per scendere direttamente a E sulla sterrata ai piedi del versante orientale dell'Accellica Sud (Bosco dei Pellegrini - Croci di Acerno), ma meglio farlo in giornate più lunghe e tranquille. La cresta è piena di improntedi mammiferi: volpe di sicuro, forse pure gatto selvatico (?!).
Prima di rimettermi in marcia verso sud qualche altro sguardo al versante meridionale dell'Accellica Nord, che scende precipite per centinaia di metri; poco più a ovest sulla stessa parete, i colatoi del Butto del Laurenziello e nella zona della Costa delle Melaina scaricano ripetutamente roboanti seraccate.
Bellissima, davvero ci voleva questa salita dopo che, lo scorso inverno, ero rimasto a secco di salite bianche sull'Accellica per scarsità di innevamento. Fossi venuto di domenica scorsa l'avrei trovata ancora più bianca, con i rami dei faggi carichi di neve fresca, ma qualla giornata il cielo non era sereno e vi abbiamo compiuto una bella traversata invernale del Terminio (8/2/15). Spero che marzo ci riservi ulteriori nevicate e che semmai gli amici alpinisti Mimmo Ippolito e Cristiano Iurisci vengano a tentare la (prima) traversata invernale del Varco del Paradiso, anch'essa saltata l'anno scorso a causa dell'inverno fiacco.
Mentre lo spettacolo del sole che riflette il suo giallore in mare mi colpisce, impiego un'altra oretta per giungere al valico Acquafredda (s'intravede il Bivacco S. Raione tra i primi faggi a destra), mi porto a sinistra seguendo il "sentiero" (che praticamente anche qui non si vede, se non per le sverniciate biancorosse della segnaletica CAI) e in una mezz'ora, sempre inciaspolato e con le piccozze pronte a bloccare sci(uli)ate non intenzionali, giungo all'Acquafreddillo e in altri 15min all'Acqufredda, quasi completamente sotto la neve (16:30).
La discesa termina mezz'ora dopo, quando giungo sulla sterrata (Bosco dei Pellegrini, dove il sent. 103, diretto ad Acerno, incrocia il 105 V.co della Noce - Croci di Acerno) quasi tutta in falsopiano. Dopo un altro quarto d'ora di sosta (altra bella arancia) e un'ora e mezza di ciaspolata (tolgo le ciaspole solo arrivato presso l'attacco del 190) raggiungo l'auto (18:40).
Dodici ore e un quarto di Celica. Mentre mi poso le ultime cose in auto, un fan (del mio sito di gallerie fotografiche) mi riconosce (!?) e si ferma con l'auto invitandomi a fare due chiacchiere a un bar di Acerno. NB: Questa mia salita potrebbe essere una prima invernale della via (l' 8/1/12 usufruimmo dei cavi), quasi certamente è la prima invernale in solitaria!
Altra magnifica giornata picentina - Grazie Accellica, grazie Madre Natura, grazie Inverno...- che poi si conclude con una bella pizza poco lontano da casa. E' la 5a pizza in 7 sere: questo si che è un record!

Sabato, 21/2/2015: Saltato all'ultimo momento -per altrui impegni lavorativi- il tentativo di traversata invernale programmato per il giorno precedente (avrei accompagnato M. Ippolito e C. Iurisci) programmo con gli amici M. Mingarelli e D. Santoli questa salita in condizioni invernali da Casa Rocchi per la cresta Nord, da ovest. Nell'arco di 8 giorni dall'ultima salita, la neve si è sciolta alle quote più basse (900-1200m) ed è quasi ideale per camminarci, tanto che non serviranno le ciaspole (né i ramponi); sempre indispensabile una piccozza!
Partiamo (sono quasi le 9:00) da C. Rocchi, dopo poco più di un'ora siamo alle prime rocce della cresta ovest, poi comincia a comparire la neve sotto il passaggio nel facile (I) canalino-camino (11:15). Dieci min. dopo siamo sulla punta q. 1303; scendiamo per la traccia che l'aggira a S, passo un po' esposto (I+, corda fissa non utilizzabile per neve; uscita di uno dei due Canali della Melaina) poi si sale su Punta Vene Rosse (q. 1398m IGM), si lambisce la cresta dove arriva (presso q. 1418m) il sentiero 104 da Colla Finestra e alle 12.35 siamo al Varco del Pruvusiere (1454m) che l'anno scorso (vedi 18/5/2014) ho disceso in direz. SW (Costa Trellicine - Vall. Vene Rosse). Dopo una bella "onda di neve" sulla cresta presso la boscosa cima Nord (1660m) eccoci, tra alberi dai rami innevati, galaverna e un fresco venticello, finalmente sulla cima N(E) alla croce (1658m) che è per 2/3 sepolta nel metro e mezzo di neve (ore 13:35, ovvero 4h e 45 dalla part. a Casa Rocchi; con un buon passo si possono impiegare 3h 30 - 4h in altre stagioni, ma nelle condizioni d'innevamento della scorsa settimana ne sarebbero state necessarie probabilmente 5 e mezzo!). Breve sosta sulla gelida cima, immersi nel grigiore delle nubi; anche qui, come la scorsa settimana, il libro di vetta è ben sepolto.
Dieci minuti dopo ritorniamo verso ovest, comincia a nevicare, un'ora dopo (poco oltre il Varco del Pruvusiere) tagliamo sulla testata SW del Vall. dei Briganti lungo un canale bene innevato ("è da scialpinismo!") che scende verso NNE, presso q. 1226 IGM, quindi lo lasciamo per dirigerci verso la dorsale che cala più a W su Colla Finestra, poco a E della quale ci innestiamo sulla sterrata che raggiunge l'importante Valico (1060m) tra le valli del Sabato e Calore (15:20). Iniziamo subito la discesa per il S.I. che ci riporta in un'ora alle auto tra i castagneti presso loc. Casa Rocchi (16:20). Piacevole e rapida scalata invernale sull'Acellica, nonostante l'assenza di sole, il freddo (però non troppo al di sotto dello zero), vento (tollerabile) e nuvola permanente a quote alte (ma il panorama lo conosciamo già...).

Domenica: 7/6/2015: Puntatina dai Piani di Verteglia (La Bussola) verso Valli Cinquanta, Faggio Scritto, Varco delle Bocche, Lo Scavo - Barrizzulo -veloce discesa a Colla Finestra e ritorno a Barrizzulo- e quindi il bel chilometro di cresta del Mt. Serralonga fino alla boscosa anticima NW e poi alla più aperta cima (1207m). Panorami sul versante N dell'Accellica (soprattutto il Vallone dei Briganti o Rajo dei Ninni). Ritorno per la stessa via, sentiero più basso (sotto Serra del Caprio; inizialmente l'intenzione era di scendercene al Troncone - Scorzella e ritornare per la Tufara, giro già fatto alcune volte, ma poi è cominciata la pioggia...). Al rit. digressione alla sorg. Acqua della Pietra, nel Piano di Acquenere (1 gufo).

Domenica, 14/6/2015: Devo festeggiare i "10 Anni di Acellica", tanti infatti ne sono passati dalla prima volta che salii in cima all'Acellica (-Nord, 12 giugno 2005).
Da alcuni mesi avevo individuato "su carta" una possibile traccia Diretta al la Pettinessa da Est (ESE) passando sulla Serra Lunga, la costola -per lo più boscosa- che divide il Vallone del Calancone a S da quello del Calancarello a N (per i toponimi di questi valloni orientali dell'Acellica Sud in territorio acernese, cf. C. Landi Vittorj, 1968/69, 137-145).
Sarebbe forse una comoda via di discesa dalla Pettinessa, che eviti di fare il largo giro su cresta Sud, Valico e Sorg. Acquafredda e quindi Bosco dei Pellegrini e sterrata fino alle Cruci.
Dopo un giro mattutino a Montella, qualche foto (dalla strada) nella zona del Colle del Castello della Rotonda, giungo alle Croci di Acerno e parto; taglio dal prato per il felciosissimo valloncello che scende da Colla dei Carbonari, mi immetto sulla sterrata (sent. CAI 105) dove essa piega a SSW e procedo facendo poi una lunga sosta alla vasca della vecchia sorgente di Pietra con l'Acqua (molti girini / neometamorfosati di Salamandra salamandra). Continuo poi verso Sud, sorpassando la prima baracca (delle due sul lato W di questa stradina) presso q. 955 e dopo il vallone (o ancora più a S, ma comunque ben prima della seconda più meridionale baracca) esco dalla sterrata buttandomi tra felceti e fragoline di bosco.
Questi sono attraversati da numerosi sentieri e tracce, parallele alla sterrata del 105: nel mio taglio verso E (NE?) ne conto una decina! Con la sola bussola non è facile, data la fitta vegetazione di questo periodo, imbroccare esattamente la costola, basta però non immettersi né nel Vallone della Pettinessa né in quello del versante S; più in quota comincia ad aprirsi e si vedono le prime roccette (+ 1h di camminata -non diretta ma a zig-zag- nel fitto bosco). C'è subito un primo punto dove bisogna usare le mani, non so se evitabile più a S, comunque la fascia rocciosa presenta vari passaggi facili (II-) che però -come un altro più sopra- potrebbero dare qualche problema se percorsi in discesa con il buio...
Seguendo la dorsalina della Serra Lunga, che si rifà boscosa, ci sono begli affacci sul Vallone d. Pettinessa/Calancarello a des. (N) (per future esplorazioni devo verificare se ho foto invernali di questo vallone, riprese da E / SE zona S. Leo) e si continua sullo spartiacque fino ad una selletta boscosa dove convergono due rami laterali delle testate dei valloni a N e S.
Seguendo sempre la linea di cresta (spostandosi nel bosco a N o S ove diventa rocciosa) si perviene ad un'altro muretto di facili roccette ed erba (II-) che dà finalmente accesso alla cresta principale dell'Accellica Sud, o meglio ad una sua apofisi che scende a SE (2h e 45 dopo aver lasciato la sterrata). In 15 minuti sono sulla cima Sud (3h, tot. c. 4h dalle Croci).
Mentre firmo il libro di vetta, giungono, ma sulla cima Nord, gli amici Lerka Minerka, con i quali ho condiviso tanti anni di camminate, esplorazioni e montagna. 45 min. di riposo in cima.
Vado ad accertarmi dello stato della ferrata, che si dice in manutenzione: è solo al primo "facile" passaggio a N della cima che è venuto meno il cavo. Traverso velocemente al Varco del Paradiso S, mentre cominciano ad addensarsi le nuvole. Do un'occhiata alla catena che scende verso E, sotto al Ninno: possibile via di ritorno (su questo alto muro sono passato solo una volta, in salita, il 17/6/2012) visto che ancora non so cosa farò (mezza idea di salire alla Nord e raggiungere i Lerka tagliando per la Direttissima).
Passo al Varco del Paradiso N e salgo sul Ninno (30 min. dalla cima S.): numerosa nidiata di ragnetti proprio sul cassetto del Libro di Vetta, ne approfitto per tirare fuori l'obiettivo macro. L'ho appena riposato quando vedo un piccolo scorpione (scorp. ital.) che mi sfugge mentre armeggio per rimettere il macro (sul Ninno bisogna fare attenzione perchè qualsiasi cosa ti cada a terra, finirà sicuramente giù!). Dopo c.30 min., mentre la solitaria cima viene circondata dalle nubi, e spero che non cominci un temporale, visto che dovo scendere tendenomi su cavi d'acciaio, scendo dal Ninno e decido di andare ad esplorare una zona dove non sono mai sceso prima: è l'unico dei "4 angoli" sotto al Ninno che ancora mi manca!!
Transitando sotto al Ninno e sul Varco del Paradiso N ho spesso adocchiato il boscoso valloncello che scende ripido verso quell oche sembra il ciglio di un colatoio/butto (che però non può essere il Butto della Neve, perché la quota è ancora troppo alta). Decido perciò di andare a vedere, anche perché ultimamente mi capita più spesso di venire quassù con altre persone e quindi non sempre è possibile fare digressioni esplorative che portano via tempo e fatica addizionali.
Mi calo in quella che è la selvaggia testata alta del "Butto della Neve" anche se in realtà il Butto è c. 300m più giù e prima, sopra di esso, ce n'è un secondo, come si nota anche dal Ninno e dal Varco del Paradiso N. Dal fondo del vallone mi porto leggerm. a S su una dorsalina minore, perchè a des. (N) c'è un colatoio roccioso di qualche metro; quindi scendo fino al ciglio del Butto "superiore" della Neve. Non è alto come il sottostante e più noto Butto, ma il suo fondo è più ampio e anch'esso presenta alla base un cono di accumulo nevoso tra il fogliame. Essendo posto anche più a N del sottostante e più noto Butto della Neve, non è visibile dalla salita diretta da Sud alla cima Nord (via Rasula delle Murelle).
[Aggiornam. (giu. 2019)]: Riesaminando attentamente le foto scattate dal ciglio del Butto e quelle "frontali" prese dalla Rasula delle Murelle, non sono più tanto convinto di essere sceso solo fino al ciglio di un "Butto superiore": è invece possibile che fossi arrivato proprio in testa al colatoio del Butto della Neve vero e proprio. Dovrò tornarci con l'altimetro.
Impossibile scendere (nonostante credo ci sia una fessura a sin.) sotto il colatoio senza attrezzature, quindi mi dirigo a S, prima con un delicato traverso su erba c. 50° (inizialm. devo tornare perché passo su un tratto infestato da moscerini che entrano dappertutto); senza la piccozza sarebbe assai più pericoloso procedere su queste pendenze ed erba scivolosa.
Traversato il valloncello con un grosso faggio al centro, attacco la crestina di roccette (II) in un punto un po' più a sin. (N) di quello che appare più facile (che è però esposto su un altro ciglio del Butto sup.) con l'aiuto degli alberelli (devo anche calarmi con corda in un punto, per recuperare il tappo dell'obiettivo che mi si è staccato durante la risalita).
Infine, dopo un'ora di perlustrazione in questo angolo selvaggio, evitato anche dai cinghiali, raggiungo un familiare dosso, che è quello dove transita il tratto finale del "Tracciolino del Ninno"; al di là di esso il bosco e ancora più a destra (S) il Canale della Pettinessa.
Mi porto verso quest'ultimo, salendo verso alcuni cavi d'acciaio, installati (sul tratto che scende dal Bivacco ValSaVin) per precauzione: in inverno e a inizio primavera, vari passaggi del cd "Sentiero del Ninno" (Varco d. Paradiso S - Varco d. Pettinessa = q. 1482) sono innevati e periocolosi da attraversare senza un attrezzo bloccante in caso di scivolata.
Arrivato al breve tratto con un accumulo di neve, mi accorgo che ho riperso il tappo (in settimana farò un foro per filo di nylon, visto che già mi sono recentemente perso il tappo Canon sulla Majella, scendendo dalla cima del Mt. Acquaviva) e quindi scendo per neve a riprenderlo (per fortuna lo trovo subito, se no sarei ancora lì) e salgo con la piccozza sulla neve di giugno fin su alla traccia del sentierino. Dopo 45 min dal Tracciolino, e i vari lievi saliscendi della scorciatoia che sottopassa il versante W della Pettinessa, giungo all'omonimo Varco (q. 1482m) e in un'altra mezz'ora al Valico di Acquafredda.
Da qui scendo, e come al solito non riesco proprio a tenermi sul segnavia CAI che piega assai più a S, e vallone vallone giungo alla quota dell'Acquafredda ma sensibilmente più a Nord della sorgente, quindi torno un po' indietro riprendendo il sentiero ed andando a fare rifornimento idrico (c. 30 min. dalla cresta S). Sono le 20, e dopo un'altra ventina di minuti arrivo alla sterrata e in altri 45 min. alle Croci di Acerno. [Ritorno via Acerno - Montecorvino - Salerno, ma è decisamente meglio evitarsi tutte quelle curve andando per Montella e Avellino].

Sabato, 26/12/2015: Quarta e ultima Acellica del 2015 nel giorno di S. Stefano, aspettando ancora la neve che -dopo le nevicate di fine Novembre- tornerà solo a Gennaio 2016.
Salita dal tornante della SS574 del Terminio (piazzola al Km 16,9 presso l'ex deposito ANAS) come già nel lontano 8 luglio 2007 (vedi link sopra), ma stavolta con un'interessante variante all'andata, ovvero: all'incrocio della sterrata (q. 1092 IGM, Serra Capannulo) con la sterrata che scende verso il Sabato, prendiamo quest'ultima e al primo tornante a E (q. 1030 c.) continuiamo veros Est su di una traccia che non si perde mai, un bel passaturiello-sentierino che attraversa loc. Sagaiuola tenendosi c. 100-150m sotto la sterrata per Barrizzulo, e giungendo infine (solo un passaggio in parte un po' impervia/ripida per scendere ad aggirare un costone roccioso) a Colla Finestra. Da qui sent. 104 per la cima che raggiungiamo in c. 3h e 40. Breve discesa dalla cima verso WNW per fotografare il Varco del Paradiso. Per ulteriori dettagli vedere la descrizione nella galleria fotografica. Ciao Celica ci rivediamo nel 2016.

Giovedì, 17/3/2016: "Simposio" a Montella a casa dell'amico Giuseppe Capone che da tempo meditava di realizzare un incontro con il sig. Ferruccio Bosco, montellese, figlio di Cesare e proprietario di vari appezzamenti di castagneti sui versanti nord-orientali dell'Acellica. All'idea iniziale di andare sul territorio per identificare i luoghi e i toponimi, Giuseppe ha poi optato per un incontro domestico, con il supporto delle carte topografiche e soprattutto del rendering delle foto satellitari del software "Google Earth", che in anni recenti ha raggiunto livelli di dettaglio tali da agevolare immensamente l'identificazione dei caratteri territoriali-orografici e delle micro-zone, semplicemente dal monitor del PC.
Il sig. F. Bosco, coadiuvato dal figlio, si è dimostrato una fonte certa e inesauribile di toponimi (data la sua frequentazione dei luoghi sin da quando era ragazzo oltre che poi, negli anni '80, per i lavori della Comunità Montana di assistenza nella realizzazione del Piano di Assestamento Forestale di quel periodo, eseguito dal prof. Mario Cantiani dell'Univ. di Firenze).
Un incontro davvero proficuo, grazie al quale ho realizzato uno dei più importanti aggiornamenti della carta digitale "La Celeca" nella quale sono convogliati anche i risultati di mie recenti ricerche in archivi e biblioteche locali e che verrà pubblicata una volta che il lavoro di revisione toponomastico-iconografica sarà stato completato.

Venerdì, 25/3/2016: Salita improvvisata, vista la bella mattinata di "alta" pressione. In marcia alle 13:05 dalla Cas. Forestale dei Piani, taglio dritto alla propaggine SW della Vena d'a Mola e, dopo una breve deviazione alla Grotta del Timpone (segnalata da S. Giannattasio del CAI di SA) giungo sulla cima Sud in poco meno di 3 ore dalla partenza. Mi avvio verso il Ninno, poiché avevo in mente di traversare e scendere per la Rasula delle Murelle. Ma, più che l'orario, mi frena la pericolosità della neve nelle lingue ancora presenti sul versante N della ferrata: potrei mettere i ramponi e ho la piccozza, ma la neve è oramai papposa e tiene poco; inoltre parti di cavo sono avvolti da neve o galaverna e, una volta liberati, sono troppo scivolosi per essere usati a mano libera o con i guanti che ho, soprattutto considerando che non uso imbraco/kit da ferrata. Quindi meglio un saggio dietro-front dopo qualche ultima foto nella zona più aerea, poco a monte del "passaggio chiave" del tratto attrezzato. A ritorno continuo per il Timpone e scendo per il sentiero che non avevo mai effettuato (spesso percorso e menzionato da S. Giannattasio sul libro di vetta), ovvero quello dei "Fili della Cerzolla" a SSW del Timpone (sfrutta un tratto in cui s'interrompono le pareti del versante W e S del Timpone, scendendo alla loc. "Colle di Arcangelo" (a monte della Caserma Forestale) dove -benché vi giunga all'imbrunire/notte- sono purtroppo vistose le operazioni di sterro in corso con ruspe e pale meccaniche... Probabilmente si sta qui rimettendo in moto la triste procedura dei cosiddetti "lavori di valorizzazione territoriale" che porteranno soldi pubblici nelle tasche di qualche furbo amministratore o politico locale, a spese del territorio che andrebbe invece tutelato mantenendone il più possibile lo stato incontaminato invece di spianare sterrate e infilare nel terreno inutili staccionate! Il comune di Giffoni V. Piana farebbe bene a ripensare le modalità di valorizzazione e promozione del suo incantevole territorio montano.

Sabato, 4/6/2016: Salita dai Piani di Giffoni al Butto della Neve, Tracciolino del Ninno, Varco del Paradiso, Ninno (breve sosta) e Cima Sud (evitiamo di salire anche alla Nord per la fitta nuvolosità e per paura del sopraggiungere dei fumini). Sosta di un'oretta sulla Pettinessa NE per aspettare che le nuvole si diradassero dal Varco del Paradiso: per alcuni attimi si vede la cima Nord ma, inizialmente, la massa di nubi appoggiata alla sua parete meridionale, fa apparire la Celica come se fosse un grande campanile alto e isolato. Poi le nubi cominciano a diradarsi, transitando velocemente nel Varco del Paradiso. Dopo una breve sosta alla Cima Sud, percorriamo la Cresta fino al Timpone, quindi scendiamo per il Varco di Acquafredda e la Veda d'a Mola ritornando alla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni. Anello effettuato con Elio Dattero e Michele di Gennaro, bravi appenninisti (e Dolomitisti) alla loro prima Accellica.

Martedì, 28/6/2016: Partenza dai Piani, sosta alla Grotta dello Scalandrone e discesa a Trellicina per una prima esplorazione del Vallone del Butto del Laurenziello, in solitaria.

Domenica, 4/9/2016: Risalita dalla Rasola/Rasula delle Murelle (come già in solitaria il 12-13 Agosto 2013, ma allora partendo da Cucchiaduro) con quattro compagni di Giffoni VP.
Salita in 3h e 40 min (partenza ore 7:45 da Cas. Forestale dei Piani di Giffoni, arrivo cima Nord/E q. 1658m alle 11:25), breve sosta e poi discesa al Varco del Paradiso dove facciamo pausa pranzo al Bivacco, assieme a S. Giannattasio, E. Apicella e un altro socio CAI SA che fanno della manutenzione al bivacco. Discesa per il Tracciolino del Ninno al Butto della Neve (in 45 min dal Bivacco Valsavin): restano pochi decimetri di neve e qualche sottile accumulo di 1m, quindi la neve non giungerà all'inverno successivo. Ho rivisto il grande tronco ai piedi del Butto che non vedevo dal passaggio del 7 maggio 2011 (quando il Butto era già vuoto nonostante l'inverno 2010-11 non fosse stato male) poiché in genere è coperto dalla neve.
Importante incontro a Giffoni: grazie all'amico Diego de Cristofaro (che mi aveva chiesto già dallo scorso autunno di salire per la Rasula, cosa rimandata per il sopraggiungere delle piogge) ho conosciuto il "massaro" di Giffoni VP Cosimo Arena, grande conoscitore di tutto il settore giffonese dell'Acellica (e di parte di quello confinante con il serinese e l'acernese) che mi ha illuminato su una quindicina di toponimi tra quelli nuovi e altri a me noti ma collocati in maniera più o meno erronea sulla carta. Sicuramente un ulteriore incontro futuro aiuterà ad ulteriori precisazioni dei dati fornitimi e probabilmente anche qualche altro toponimo dell'area pedemontana dell'Acellica (e sicuramente molti altri della zona più a valle, tra Vassi/Mt. Salvatore/Calabrano, il Mt. Telegrafo e i Piani di Giffoni).
Tra le precisazioni più importanti quella del Varco della Giumenta da porre sul versante occid. dell'Acellica Sud (sul sent. tra Vena d'a Mola e il Butto della Neve) e non sulla cresta!
(L') Arvaniello (Revanella), il bosco a N della Vena ra Mola, e un paio di altri microtoponimi sul sent. x il Lamione e il Butto d. Neve (vedi galleria fotogr.). Acqua del Tamburo e Varchi di Catena (tra Melaina/ Colle del Fieno (!) e V. Vene Rosse), fontane di Capannulo e di Mafrone (su S.I.), Butto del Tedesco (Butto d. Pettinessa Nord, e omonimo varco immediatam. a Sud della cima Sud, per la caduta di un aereo tedesco della II Guerra Mondiale). Altri toponimi (da precisare meglio nella collocaz.) nella zona tra Fili della Falconara/ Fili della Cerzolla e Passo del Carpino (sotto al Timpone, che mi conferma fosse noto invece come Raione, erroneam. indicato sulla cima Sud q. 1606 sulle più recenti carte IGM, cf. anche Ferranti, 2010, p. 233).

Sabato, 10/12/2016: Il Vallone della Neve è il più noto - l'unico nominato sulle odierne carte IGM- dei valloni settentrionali (montellesi) della Celica. Fino agli anni '40-50 era assai frequentata la mulattiera che giungeva al suo imbocco (attuale captazione dell'Acquedotto Alto Calore della Sorgente Madonna della Neve, 875m, presso q. 862m IGM), da dove il vallone veniva risalito per fare incetta di neve da vendere in paese o da far pervenire -ovvio, il più rapidamente possibile- a Napoli (per uso terapeutico e alimentare).
In anni recenti ho esplorato diverse volte sia il Vallone della Neve vero e proprio che le due spalle che lo cingono ai lati, due "direttissime" per la cima Nord (semiescursionistica, EE+, quella a ovest, alpinistica, F, quella ad est). In un'occasione, scendendo dalla cima N dopo un lungo giro (vedi escurs. 18-19/5/2013), seppur avessi percorso già varie volte la direttissima occidentale, deviai progressivamente troppo a Est (non uso GPS) e il buio mi colse nella zona occidentale dell'ampio imbuto del Vallone della Neve, dove -dopo un bivacco notturno- effettuai al mattino le ultime "calate" (non si tratta di pareti verticali ma è praticamente impossibile scendere su quel terreno, scivoloso per il fogliame e in forte pendenza, senza una corda) che mi portarono nel fondo del canalone, a circa 100m dal termine del canale vero e proprio.
La risalita del (2°) tratto "a solco" del Vallone della Neve non presenta eccessive difficoltà, ma bisogna mettere in conto i pericoli oggettivi di possibili svalangamenti o cadute di alberi o rocce dagli incombenti pendii laterali, spec. nelle condizioni climato-meteorologiche in cui è più probabile che una di queste eventualità si presenti. Inoltre si deve avere un minimo di disinvoltura nel muoversi su tronchi, legno marcio e sfasciumi e -da una certa quota, in inverno e primavera- sulla neve che colma il fondo del canalone.
Il Vallone della Neve taglia il sent. per Colla Finestra (CAI 104) a una mezz'ora di cammino dall'inizio della mulattiera (loc. Pitinite sulla SS164) ma è più comodo giungerci abbandonando il sent. 104 in loc. Caccavo, prendendo la traccia che sale a N del Porcino Gatta e che, dopo i resti di questa masseria e, poco più su, una vistosa pozza di fango da sempre frequentata dai cinghiali, discende verso i fatiscenti edifici della captazione AC della sorgente Madonna della Neve (ponticello con accatastamento di tronchi). Proseguendo ancora un po' nel greto asciutto, sotto una galleria di alti faggi, e lasciandosi a des. le mura dell'impianto di captazione, si giunge ad una spettacolare forra che dà accesso al Vallone / canalone vero e proprio.
Dopo il breve e quasi infernale "portone" si imbocca la parte inferiore del tratto a "V" (o 2° tratto), canalone densamente ostruito da sfasciumi lignei più o meno marcescenti: alcuni tronchi di grossi faggi fermatisi longitudinalmente aiutano a risalire facili saltini, altri tronchi sono incastrati ortogonalmente e ci si passa sotto. Dopo c. 45-50 min. dal "portone", termina il 2° tratto [quota 1090,5 della CTR 2004-05, 1:5000] e inizia il 3° tratto, in cui il Vallone ha un brusco aumento di pendenza, proseguendo a dritta (SSW) per infide roccette e lisci colatoi e a des. (SW), con una diramazione di un canale secondario (evidenziato anche sulle IGM 1:25.000; il 19/5/2013 scesi tenendomi a W di questo canale).
Stavolta, giunti alla fine del canalone, abbiamo proseguito tenendoci sul "dosso" tra il roccioso canale-colatoio centrale e quello occidentale: si sta costantemente su pendenze superiori ai 45° (ved. le isoipse sulle carte CTR al 5000), contrariamente a quanto sembra evincersi dalle carte IGM, che rappresentano male questa zona ! (isoipse distanziate che danno la falsa idea di pendenze assai più lievi del reale; di converso il versante sud dell'Acellica è reso sulle IGM -e sulle CTR - totalmente e indistintamente roccioso e dirupato, ma lo è solo in parte).
I passaggi non sono obbligati, ma -se non si attraversa nessuno dei due canali ai nostri lati- non ci sono molte scelte e bisogna aiutarsi con le radici e gli alberelli, cercando di evitare o ridurre al minimo i brevi passaggi sulle roccette che sono infide e sempre pronte a staccarsi al primo appiglio (sebbene sempre su bassi gradi di difficoltà alpinistica, II/III). La pendenza e il fondo terroso coperto di foglie rendono consigliabile una piccozzina per frenare scivolate, ma ai miei due amici -esperti rocciatori- è bastato un bastone. Dopo 45 min. di faticosa "arrampicata" (tecnicamente facile per la relativa abbondanza di appigli, ma abbastanza delicata per il tipo di terreno e il pericolo di scivolare giù per qualche centinaio di metri), la pendenza si attenua un po', giungendo nella parte terminale del 3° tratto, ossia nell'anfiteatro del Vallone della Neve. Siamo sui 1250 - 1300m di quota.
Lontano alla nostra sinistra (E) un lungo traverso ci porterebbe sotto una sella lì dove la dorsale Est (tra Vallone d. Neve e Vall. Zachela) si salda alle rocce sotto l'anticima NE. Ci passai salendo quella "mia direttissima" il 29/8/2014). Di fronte le paretine dell'anfiteatro, inscalabili senza attrezzature (ma roccette marce), quindi a des. (SW) un evidente varco con alla base piccolo colatoio (c. 8m) e più sotto, a des. del colatoio, un marcato intaglio nella fascia di rocce - segnalato anche dalla evidente traccia di cinghiali tra le foglie secche - traccia che prosegue su questo passaggio (a des. del quale l'anfiteatro precipita più ripidamente verso il canale occidentale).
"PASSO DI CARRILLO" - [Passaturo re Carriddro] E' assai probabile che in questa zona dell'alto Vallone della Neve debba essere localizzato il famigerato "Passo re Carriddro" che porta il soprannome del brigante Luigi Francesco Fusco, detto "Carrillo" (pron. carriddro in montellese; Moscariello riporta che un intero ramo dei Fusco era soprannominato "i Carriddri"; il vocabolario dialettale di V. Gambone, per la voce carriddro, riprende il dizionarietto in calce al libro di F. Palatucci (1969) che traduce "castellina di cinque noci", da un gioco, il nociddro, in uso fra i ragazzi di un tempo). Per le vicende di Carriddro vedi: [qui in basso la nota 11].
Sebbene il passo in oggetto potrebbe anche essere localizzato nel Varco del Paradiso (il brigante morì al "Varco della Celica" secondo lo storico F. Scandone), è opinione degli esperti di sentieri locali che il Passo (o Passaturo) di Carriddro fosse nell'alto Vallone della Neve (F. Bosco, G. Capone, com. pers.), quindi potrebbe essere quello da noi percorso per uscire dall'anfiteatro oppure quello (se c'è) che vi dà accesso dall'altro lato (SE), calandovisi eventualmente nei pressi dell'alta selletta sulla spalla E (l'intaglio è posto fra l' "anfiteatro" del Vallone della Neve e il ramo W del Vallone Zachela; questo punto per comodità l'ho denominato "Passo della Gatta", sia perché vi si giunge dalla dorsalina a monte della Masseria dei Gatta, sia perché è un passaggio breve ma delicato ed esposto, da farsi "a quattro zampe").
Usciti a W dell'anfiteatro si prende la parte superiore dello spallone W, sotto altissimi faggi e pendenze attenuate, continuando verso S fino alla cresta (nei pressi della Cima boscosa o Anticima occ.) e quindi dopo breve tratto sulla cresta N, alla cima panoramica (croce).
Prima di giungere in cresta, se ci si sposta a sin. (E) al margine del dirupo, si costeggia la parte alta, o "Testata alta" del Vallone della Neve: è il "IV° tratto" di questo vallone, quello più alto, posto praticamente a ridosso (immediatam. sotto) la cresta che unisce le due quote più alte della montagna: la cima boscosa a W e quella con la croce a E (vedi nota 11A).
Lo speroncino che scende a N dalla cima (croce), penetra in questa conca superiore o testata alta, dividendola di 2 parti diseguali: a W la parte più ampia, mentre a E, dopo il punto dove lo speroncino si salda con la spalla proveniente dal Porcino Gatta, pare esservi una conca o canalino che scende nel settore SE dell' "Anfiteatro" del V. d. Neve.
La testata Alta è zona assai impervia e -a mia conoscenza- l'unico modo per accedervi è seguire la crestina che si sviluppa a N della Cima escursionistica (Croce), dove termina la direttissima E (blocco squadrato di pietra simile a un cippo), lasciare quindi lo sperone per calarsi verso NNW su una ripida traccia di cinghiali che sottopassa una roccia (lo si potrebbe battezzare "Canalino dell' Arco Naturale" per via del foro in mezzo a cui si passa) e dovrebbe terminare in questa conca sommitale. Dopo l'arco, nella mia unica esplorazione (cf. supra, al 3/7/2011) risalii, giudicando la zona troppo impervia per tentarla in discesa e senza attrezzature adeguate.
Dopo una sosta in cima scendiamo per direttissima ma tenendoci poco più a W (variante della direttissima sullo Spallone a W del V.d. Neve) dove ero comunque già passato (l'avevo fatta in discesa di notte, con l'ultimo tratto in un intricato -per le piante- ma percorribile fondo di un valloncello).

Sabato, 21/1/2017: Contrariamente al precedente, l'anno nuovo ha portato un inverno coi "fiocchi". Venerdì sono a Battipaglia per rititare un libro sulla storia di Acerno: al ritorno ne approfitto per salire verso i Piani di Giffoni e dare un'occhiata alla quota d'innevamento della stradina che parte dalla fraz. Vassi. Ed è così che per il giorno successivo -in attesa che la neve svalanghi, si trasformi e renda risalibile qualche canale- si decide di rispolverare le ciaspole per una salita sull'Acellica Sud. Le auto le lasciamo ai castagneti poco sopra loc. Masseria Canale, q. 610m (il Valloncello centrale a N del Monte Telegrafo, dove più su s'insinua la stradina, è innevato e preferiamo non perdere tempo con le catene) a diversi Km dalla Caserma Forestale dei Piani (dove solitamente si parcheggia) che raggiungiamo in 1h e 30 di camminata. Passato il rifugio l'Acellica ci dà il benvenuto con una timida scarica/slavina nel Butto del Laurenziello. Lasciata la sterrata (inizio 103A) mettiamo le ciaspole e, come unica variante della giornata, risaliamo parte del valloncello che cinge a N la Vena d'a Mola, per poi innestarci sulla traccia CAI che svalica in cresta (bivacco S. Raione) al Valico di Acquafredda. Marco batte la traccia quasi per tutta la salita. Arriviamo in cresta, ora viene la parte più bella e meno faticosa... A 15-20 min dalla cima, il sole prima di sparire regala alcuni minuti di intensa luce, che si diffonde attraverso le nuvole che corrono trainate dal vento.
Mentre io mi attardo a fotografare, Marco e Polina sono impegnati a sgombrare la neve che copre il manocorrente sul "Varco del Tedesco": il passo è delicato e, quando la neve è più abbondante è forse meglio scendere nel bosco a des., perchè il lato ovest (sin.) è esposto su un erto scivolo che poi diventa colatoio verticale (Butto del Tedesco).*
*[A prop. di questo toponimo, originato dalla caduta di un aereo tedesco nella IIa G.M. (come mi raccontò lo scorso settembre Cosimo Arena, che vive da 40 anni in questa zona), un altro abitante del posto (Antonio Mele), incontrato nella presente occasione presso la fontana del Mercatello, mi ha riferito che questo nome designerebbe il Vallone/Butto che sta sul versante Acernese della Pettinessa, perché lì sarebbe caduto l'aereo. Quindi, sebbene il Varco del Tedesco resti quello poco sotto la cima Sud, il Butto da cui esso prende nome potrebbe trovarsi sul lato Est, acernese, e non su quello giffonese, della Pettinessa. Le carte forestali acernesi usate da C. Landi Vittorj per un articolo sull'Accellica del 1968 ci danno "Fosso Calancarello" come nome del vallone a E della Pettinessa, quindi per ora ritengo quella di Cosimo Arena la versione corretta, anche se pure l'informatore incontrato nella presente occasione conosceva ovviamente diversi toponimi locali). Riguardo aerei militari caduti in zona, un paio di anni fa sono stati recuperati i resti di un pilota americano precipitato anch'egli durante la IIa Guerra Mondiale (zona versante acernese del Timpone, ovv. quello che i locali chiamano Raione, che è la q. 1444 all'estremo S della cresta sud. Altre info qui, infra].

In cima alle ore 17:00 (6 ore dalle auto) la temperatura è 0/-1°C, con forte vento da SE. Il lungo ritorno è tutto al buio (alle 20 passiamo per la Cas. Forestale e alle 21:30 siamo alle auto).
In tutto 23 Km circa, 10h e 30, c. 1200m dislivello. Un grazie agli amici, compagni di ascensione (Marco del Regno, Polina Petrovicheva e Francesca "Betelgeuse Orionis"): stavolta sarebbe stata davvero dura giungere in cima prima del tramonto (spec. partendo alle 11), visto che abbiamo ciaspolato per tutto il tratto coperto dai sent. 103A e 103, anche se la neve non era morbidissima -ma ha battuto traccia quasi sempre Marco- considerando anche l'ora tarda. Al di là dello stato di forma, una delle più faticose Acelliche che ricordi!

Sabato, 21/5/2017: Grotta dello Scalandrone con Maurizio di Gennaro, Benny Scarpellino e l'AS RuNaples.

Domenica, 28/5/2017: Salita per il vers. occid. del Butto del Laurenziello con Marco del Regno e Polina Petrovicheva. Poi Cima Nord, Varco del Paradiso, Ninno, Varco Petinessa, Timpone, Vena d'a Mola, Piani di Giffoni.

Venerdì, 29/12/2017: Bel finale di 2017 sulla Celica. Invernale sulla cima Sud dai Piani di Giffoni (quasi tutta con ciaspole). Pettinessa e Cima Sud immersa tra le nuvole. A ritorno, sulla cresta sud, bellissimo effetto di diffusione della luce del sole al tramonto attraverso le nuvole che passavano. Sulla via del ritorno tra loc. Mercatello e Concia un cinghiale mi ha speronato l'auto (mi ero fermato e l'animale invece di tornarsene indietro, ha caricato l'auto, per poi uscire fuori dalla carreggiata) per fortuna danneggiando solo la targa.

Venerdì, 4 Maggio 2018, ore 19:30: Ho tenuto una conferenza al CAI di Avellino: "L'Acellica, solitaria regina dei Monti Picentini. Storia, sentieri e immagini di una montagna ... tra le più belle e selvagge dell'Appennino Meridionale" (Presentazione di 99 diapositive). Il prossimo autunno ne terrò una al CAI di Castellammare di Stabia su Terminio e Acellica.

Domenica, 20 Maggio 2018: Salita dalle Croci di Acerno alla Pettinessa da Est, per il Fosso Calancarello (numerosi sentierini/tracce e tane di cinghiali) e poi parte alta della Serra Lunga (quest'ultima già attraversata il 14/6/2015). Sosta su cima Sud e poi Varco del Paradiso e Ninno. Ritorno alla cima Sud e discesa per la Ferrata della Pettinessa, La Savina.

Domenica, 27 Maggio 2018: Traversata delle Acelliche da Casa Rocchi (Serino, AV), con il CAI di Avellino.
Arrivato alle 8:05 loc. Casa Rocchi per la sempre più dissestata stradella dell'alta Valle del Sabato (Bivio SS 574 Valle Calda - Civita di Ogliara - Casa Masucci) mi incammino alle 8:10 verso il Favale per raggiungere il gruppo di altri 12 escursionisti (tra i quali gli accompagnatori Roberto Napolitano e Michele Renna) poco sopra le prime balze della cresta W dell'Acellica, verso i 1050m. Proseguiamo sulla traccia del CAI 190 per i panoramici belvedere, come quello di Punta Vene Rosse (q. 1398m) e poi, congiunti alla traccia del sentiero CAI 104, proseguiamo tra cresta e limitare del bosco verso la cima Nord, che raggiungo alle 11:00. Dopo 15-20 min di sosta in cima, io proseguo anticipando il gruppo, al fine di fotografarli dal Ninno e poi sul Ninno dalla Pettinessa N. Alle 11:40 sono di nuovo (già ero salito la settimana precedente) sul Ninno, per la 17a volta dalla prima volta che ci salii (27 Febbraio 2010, ovviam. in condizioni di innevamento tutt'altro che invernali). Dopo 10 min sul Ninno, firmato il libro di vetta, scendo e proseguo; una sciacquata al rubinetto della tanica del Bivacco ValSaVin e riprendo per la cima Sud. Mi arresto alle 12:05 sul belvedere davanti al Ninno in attesa che il gruppo risalga sulla sua piccola cima x le foto.
Un'ora dopo il gruppo mi raggiunge (ovviam. procedevano più lentamente e cautamente, con imbrago e non tutti erano avvezzi alle vie attrezzate) e mi sposto a mangiare con Michele Renna, Luigi Garibba e un paio di altri, ammirando il Varco del Paradiso "di sguincio", anche perché c'è un gruppetto che ci segue che -sono quasi certo- salirà sul Ninno: e infatti 3 alpinisti, tra i quali Davide Cuturi, salgono su e mi danno l'opportunità di riprenderli in cima.
Dalla Cima Sud, dove gli altri hanno fatto sosta pranzo, ci muoviamo alle 14:00 in punto, quindi alle 14:40 io, Roberto e Michele siamo sul Timpone (o meglio Raione) e poi dal Bivacco S. Raione, dove il resto del gruppo ha fatto altra breve sosta, scendiamo sul sent. 103A. Un'ora dopo (15:45) siamo pronti per "immergerci" nella Grotta dello Scalandrone, nella quale restiamo in ascolto del fragore della cascata che alimenta il laghetto interno, sul bordo del quale restiamo per una ventina di minuti.
Passiamo quindi sotto alle cascatelle tra i muschi della sorgente dello Scalandrone, più giù guadiamo il torr. Picentino che proviene da Trellicine- Butto della Neve e cominciamo a salire per passare i Verchi di Catena (17:24) e la Serra Colle del Ferro / Fieno (17:30, breve sosta), per poi scendere nell'alto alveo del Fiumiciello, dissetandoci finalmente alle due sorgenti (Font. Mafrone) e quindi, dopo il Varco della Rena (18:19), passando poi al fontanile di Acqua di Capannulo e infine raggiungendo le Auto sopra Casa Rocchi verso le 18:40 (tot. 10h e 1/2).

Sabato, 9 Giugno 2018: Giornata nuvolosa in cui, assieme all'amica Francesca, ospitiamo il gruppo di 7 amici alpinisti pugliesi (e non): Nino Gagliardi, Mino d'Amico, Filippo Capurso, Megi Bakalli, Thomas Bellifemine, Peppe Rucco e il mitico Guido Gravame, che finalmente conosco di persona. Mi avvio di notte e arrivo alle 4 passate al Varo della Spina, dove do quasi tutta la mia colazione e il pane per il giorno dopo ad una cagnetta che sta lì. Poi passa Francesca e continuiamo per le Croci di Acerno, raggiungendo il gruppo "alle prese" con le tende.
Partiamo alle 8:15 e saliamo abbastanza velocemente, in 1 ora siamo sulla Savina e un'altra ora e 25min per la Cima Sud. Un paio d'orette per la traverdata del Varco del Paradiso, Ninno incluso, completamente avvolti dalle nuvole e con i cavi d'acciaio della ferrata spesso bagnati e scivolosi: davvero pericoloso farla in queste condizioni, ma gli altri sono tutti con il kit.
Siamo sulla cima Nord alle 12:30, poco più di 4h dalla partenza, e dopo una quarantina di minuti di sosta ci avviamo per la lunga discesa da N, via Colla Finestra, Saucito, Porcino Marinari fino alla strada, loc. Pitinite, dove giungiamo poco dopo le 16:00. Dopo aver recuperato le auto alle Croci, una rinfrescata al Varo della Spina e via a Montella per una birra!
A Montella devo comprare il Libro sulla Toponomastica Montellese di Massimo Gramaglia, che incontro in paese con il figlioletto, e con cui passo una lieta ora e mezza a parlare della Celica, di carte antiche e Toponimi.
Con questo libro "Li nomi re li Posti" (non ne sapevo nulla, ma è uscito 2 anni fa, mentre appena uscita è la cartina dei sentieri di Montella, che è un ideale complemento al volume) Massimo ha realizzato una vera pietra miliare per la cultura, la toponomastica e anche la "microstoria" del Territorio di Montella. Ma di questo ne riparlerò più diffusamente più avanti.
Intanto aggiungo delle sezioni dedicate all'autore [vedi sopra, PARTE IV B - C], dal momento che -altra grande sorpresa- Massimo Gramaglia e compagni hanno realizzato, negli ultimi 20 anni, numerose esplorazioni, risalite e ricerche di sentieri, grotte, luoghi particolari e altre cose, sia sulla Celica e dintorni che in tutto il resto del territorio montellese!

Sabato, 13 Ottobre 2018: Con 5 amici del CAI di CS (Domenico Riga e co.) per una "due-giorni" autunnale su Acellica e Terminio. Croci di Acerno - Savina - Ferrata Pettinessa - Cima Sud e ritorno per Cresta Sud - Acquafredda e sterrata Acqua Gunno - Croci di Acerno (sent. CAI 190-103-105).

Domenica, 11 Novembre 2018: Con un folto gruppo della RuNaples di Benny Scarpellino, dal tornante della SS574 del Terminio (km 17), Serra Lacerone - (Barrizzulo) - Colla Finestra - Varco Petrosiello - Cresta e Cima Nord (3 ore). Poi in 8 proseguiamo fino al Varco del Paradiso e sul Ninno (mia 19 ascensione al Ninno) e ritorno. Prima di lasciare la cresta, bel tramonto sul Tre Calli - Tre Pizzi (Monti Lattari)... giungiamo all'auto poco prima delle 19:00, in tempo per dirigerci verso una pizzeria-birreria presso Serino.

Martedì, 15 Gennaio 2019: invernale in solitaria al Vallone della Neve, con neve già dalla SS164 (spalata la mattina presto dallo spazzaneve). Avevo una mezza idea di salire almeno in cima, ma lo stato della neve appiccicaticcia, l'alternarsi di nevicate leggere e pioggerella e una copertura di nubi che non accennava ad aprirsi -oltre che poca voglia di faticare troppo con le ciaspole che si appesantivano- mi hanno fatto desistere dall'andare più in alto. La neve sui grossi tronchi accatastati alla Stretta del Vallone della Neve era una trappola per le caviglie anche tenendo le ciaspole ai piedi...
La galleria fotografica, pubblicata il 27/5/2019, l'ho dedicata a Giancarlo Nebbia, venuto a mancare proprio in questo giorno, a 82 anni, dopo un mese di coma farmacologico indottogli a seguito di una caduta nel Vallone dell'Incoronata (Partenio), il 26 Aprile 2019 (ha passato 2 notti in ipotermia prima di essere ritrovato dal Soccorso Speleologico e dai Vigili del Fuoco di Altavilla Irpina). Giancarlo, piemontese, era stato amatissimo socio fondatore e presidente della sezione CAI di Avellino, ambito in cui aveva realizzato numerose iniziative relative ai Monti dell'Irpinia (è stato anche tra i collaboratori di cui si è avvalso Luigi Ferranti per la stesura dei capitoli sul Partenio e sui Monti Picentini del volume della Guida dei Monti d'Italia "Appennino Meridionale", CAI-TCI, 2010). Una volta gli telefonai per chiedergli alcune informazioni su zone montane da lui esplorate nei Picentini. Più di recente (2015), grazie all'amico comune Massimo Mingarelli, ho avuto il piacere di conoscerlo di persona a casa sua. In questi casi lo si dice spesso, ma era davvero un uomo pebene. RIP Giancarlo.

Mercoledì, 12 Giugno 2019: Dopo questa finta primavera, rieccoci sull'Acellica, sfruttando le giornate lunghe per il classico "Anello del Paradiso", giretto (19-20 Km, 1450m disliv.) a cui gli amici Angelo Monti e Claudio Lucarini, in trasferta da Roma con Fabrizio Patucchi, anelavano da un po'. Appuntamento ad Avellino (OV) alle 7:15, dov'è già arrivata l'attivissima Francesca O., "Betelgeuse Orionis", che rifà volentieri questo curcuito assai vario. Via Serino ci dirigiamo nell'alta Valle del Sabato. Le buche sulla strada asfaltata per loc. Casa Rocchi ci fanno perdere un po' di tempo, ma riusciamo a incamminarci alle 8:35. L'aria è tipicamente estiva, ma per fortuna in cresta spira un venticello che rende la salita più piacevole e, nonostante le temperature alte, ci fa sudare meno. Il giro è lo stesso fatto altre volte (più recentemente il 27/5/2018, vedi links in calce alla pagina, con il CAI di Avellino). Oggi il tracciato è interamente segnato (NB: le due carte escursionistiche dei Monti Picentini 1994 e 2009 non riportano la traccia della parte occid. della Cresta N, che è però segnalata sul terreno, = sent. CAI 190, che inizia sopra al Varco della Rena/Pistone, dove si lascia il S.I. / CIA 106 dal quale poi ritorneremo qui chiudendo l'anello) e ciò lo si deve alle esplorazioni della fine anni '80 - anni '90 di alcuni alpinisti dell'allora neonata sezione del CAI di Salerno. Allo stesso CAI di SA si deve l'installazione della via attrezzata "F. Raso" che attraversa il Varco del Paradiso, sentiero nato nel 2006 e dedicato all'alpinista-speleologo Francesco Raso, promessa della sezione, che lasciò un enorme vuoto tra i suoi amici e soci allorché li lasciò affogando per una tragica fatalità sotto la Cascata Fauzofili, nella Valle dell'Argentino (Monti di Orsomarso) dieci anni prima. NB: Attualmente la "Via ferrata" è in fase di dismissione (per diversi motivi che non sto qui a discutere)!
Il nome "Anello del Paradiso" si deve sempre ai soci CAI di Salerno e trae origine dal toponimo "Varco del Paradiso" (noto su carte almeno dal '700) della parte più aerea del percorso, l'enorme forcella tra cima N e S, al centro della quale s'erge la piramidale cuspide del Ninno. Anche per chi come gli amici romani ha camminato (e scalato) su "ben altre" montagne appenniniche, il percorso sulle creste dell'Acellica, nonché nei bui meandri "tropicali" attraversati sulla via del ritorno, è definitivamente valso la trasferta da Roma, come d'altra parte c'insegnava un altro romano qui venuto varie volte in escursione: il grande Carlo Landi Vittorj (1892-1973).
Raggiungiamo la Cima N (1660m) dopo 3 ore e 1/2 e qui, dopo una sosta risotratrice, salutiamo Alessandro e l'amico, due escursionisti che avevamo incontrato alla partenza, e cominciamo la discesa verso il Varco del Paradiso. Poco prima di giungervi, troviamo un fittone saltato via, quasi certamente per la scivolata occorsa a un escursionista il 24/3/2019 (poi soccorso e recuperato, con i suoi 2 compagni, dal verricello dell'elicottero dei Vigili del Fuoco).
Ci ricompattiamo e saliamo tutti e 5 sul Ninno, poi passiamo al Varco Sud (bevuta nella freschissima acqua della sempre utile tanica che raccoglie il gocciolio dello sgrottamento noto come "Bivacco ValSaVin") e quindi alla Cima Sud, ma non prima di una deviazione verso la propaggine NE della Pettinessa per ammirare l'appena percorso "Varco del Paradiso" da una prospettiva laterale (15:00). Dopo altra sosta in cima Sud, inizia (16:00 c.) il rientro per la Cresta Sud, che ci vedrà prima al Bivacco S. Raione (16:30) e poi nella Grotta dello Scalandrone (dalle 17:50 alle 18:30) e alle vicine Cascatelle (18:40-19:00). Guadato il torrente Picentino pr. Trellicina, smarriamo per qualche minuto i segni biancorossi nel felceto nei pressi di q. 641 IGM: so bene che da qui a "Colle Fierro" c'è una traccia diretta dentro un vallone*, ma poiché non voglio far tardare troppo gli amici, vado a cercare la traccia CAI che s'inerpica sulle pendici della Montagna compiendo un giro inizialm. diretto a N, e la trovo subito *(non usaimo GPS e stavolta ho anche dimenticato la cartina; comunque la traccia diretta alla Sella di Colle del Ferro va verso la q. 839 IGM, ma c'è anche un altro vallone, poco più a N e parzialm. con eguale direzione di salita WNW, che punta a q. 853, ma che potrebbe non essere facilmente risalibile come l'altro). Pian piano la salita si fa meno erta, procediamo verso W con qualche bella "apertura" verso le pareti occid. della Pettinessa alle nostre spalle, fino al Varco della Rena / Pistone (20:24) e alle auto nel Castagneto in loc. Casa Rocchi (20:50) dopo + di 12 ore dalla partenza. Ce la siamo presa più comoda rispetto all'ultima volta con il CAI di AV (10 ore e 40 min tot.) ma anche in questo caso, una sosta finale in Pizzeria a Serino è d'obbligo!
Ancora una piacevole "immersione" nel verde dell'Acellica [è la mia 60a escursione tra le cime (o i valloni) di questa montagna in 15 anni, e la 20a volta sul Ninno], non solo per passare una bella giornata con 4 amici ma anche per sfruttare gli ultimi "giorni di vita" della via attrezzata a suo tempo intitolata a Francesco Raso (verranno lasciati solo gli spit e forse i fittoni; non so se la ferratina minore tra Pettinessa e Savina, verrà o meno anch'essa dismessa): di certo la via alpinistica che attraversa il Varco del Paradiso resterà sempre e comunque intitolata a suo nome. Dedico questa pagina al tuo ricordo, Carmen Raucci! Riposa in Pace, Carmencita, hai lasciato in tutti noi amici di "appaciquaramento" Lerka Minerka un profondo senso di vuoto, incredulità e tristezza. Il verde di questi monti in tarda primavera, e la limpidezza delle acque sorgive, mi ricordano il colore brillante dei tuoi occhi. Spero che ci sia verde e tanta luce nel Paradiso dove tu ora sei...

Sabato, 22 Giugno 2019: Un' uscita inizialmente senza preciso intento esplorativo, al di là di mostrare all'amico Elio Dattero la Grotta dello Scalandrone (e le vicine cascatelle).
Partiamo alle 13:20 dalla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni e in mezz'oretta siamo alla Grotta. Andiamo prima alle sottostanti cascate e poi (dopo che ho scambiato qualche parola con il naturalista e fotografo Daniel LV, lì incontrato) entriamo nella grotta, dove restiamo per circa 1h e 40 min. Seppur con la bridge, approfitto della potente torcia che ha portato Elio x fare altre foto all'interno. Usciti dalla grotta prendiamo il sentierino che prima verso E e poi verso N raggiunge la captazione (pr. q. 875 IGM) sotto la Grotta del Lamione, dove poi saliamo, non essendoci andato le altre 2/3 volte che avevo fatto questo sentiero/traccia. La Grotta del Lamione (situata sopra i 900m; Lamia = arco, volta) è riportata come "Grotta Trellicina di Monte Acellica" sul Catasto delle Grotte della Campania (CP794); scaverna nella parete (liscia, con macchie di capelvenere) per 8-9m e la volta s'innalza per più di 20m dalla base.
Poco a N troviamo un grottino, con larga e stretta apertura sul terreno: internamente è alto solo 2m, profondo 3 e largo 3-4m; e presenta pareti concrezionate.
Anche se avevamo varie opzioni (a W verso la Rasula, opp. a E, ma assai faticosamente, come già fatto 1 volta, su ripida falasca per +150m di disliv fino al sentiero per il Butto, CAI 106B), abbiamo deciso di risalire il Vallone in cui siamo, Vallone del Butto della Neve, che drena le acque dal Varco del Paradiso (W) , tra le pareti della Pettinessa (Acellica S) e quelle dell'Acellica N. Il tratto che percorriamo scende verso SW, quindi lo risaliamo in direz. generale NE sorpassando una prima strozzatura alta pochi metri (diff. II), poi una bella conca-catino che termina con parete inclinata (6-7m) con appigli (III) e tronco riverso, per fortuna anch'essa non bagnata. Un successivo diedro appoggiato alto 3-4 m è invece umido, quindi lo superiamo a sin. su terriccio appendendoci alle sottili radici. Poi il canalone si apre un po' e, oltre un tratto con alta parete strapiombante a des. (da dove s'invola un assiolo/civetta) si biforca: a sin. procede verso N, ma con fitta vegetazione di spine, mentre a des., presso una grottina, presenta un paio di salti sempre di alcuni metri ma più lisci e difficili. Quest'ultimo ramo sale verso E, ed è la parte bassa del "Butto della Pettinessa", colatoio che nasce sulla Pettinessa con l'omonimo canale a N, e il Butto del Tedesco a S, rami che più in basso si uniscono. Questo butto delimita a S lo "sperone" o dosso (che sale verso ENE in direz. del Ninno e del Varco del Paradiso Sud) su cui si sviluppa la breve traccia esplorativa del Tracciolino del Ninno (Landi - Perrone, 1987, EE+), a N del quale cala invece il colatoio del Butto della Neve.
Ci arrampichiamo al centro sul dosso divisorio, su terriccio e rocce, aiutandoci con qualche ramo (II) facendo attenzione a non scivolare 9-10m più in basso nella sottostante "marmitta" rocciosa da cui siamo usciti. Siamo ormai a pochi metri dal sentiero 106B, nel tratto in cui procede, in lieve discesa, diretto a N verso q. 1083 IGM. Raggiungiamo il sentiero (il fondo del Vallone in questo tratto è difficilmente praticabile in questa stagione, invaso da spine e erbacce), e poi percorriamo il breve tratto di sentiero fino alla svolta a des. (ENE) dove si entra nella parte finale: si lascia a sin. una paretona che guarda a S (con esiguo accumulo di neve alla base) e in pochi minuti, dal verde fondo del fosso, e dopo essersi lasciati a des. l'inizio del "Tracciolino del Ninno" (scritta CAI), si giunge sotto la parete levigata del colatoio del Butto della Neve (alto una cinquantina di metri). E' qui che, fino alla metà del '900, i giffonesi venivano a raccogliere la neve che era poi trasportata ai Piani di Giffoni, dov'era stivata nelle neviere, e da lì in paese a dorso di mulo. Il sentiero per il Butto, 106B, è stato risistemato dalla sezione del CAI di Salerno nel 2002, come ricorda una targa posta nella parte finale del percorso.
L'accumulo di neve è alto ancora 5/6m nella parte più alta, e passiamo sotto, nell'intercapedine che lo divide dalla parete, per poi scalarlo pur senza piccozze.
Siamo a q. 1170m circa (l'altimetro-barometro riporta 1130m, lo smartphone di Elio sui 1175m) e la parete del colatoio è esposta a WSW, come si vede anche nelle carte topografiche.
[NB: il 14/6/2015, in solitaria, mi calai dal Varco del Paradiso (N) verso W. Quando pubblicai le foto e reportage pensai di essere giunto ad un "Butto superiore" al salto principale del Butto della Neve (ero senza altimetro e la prospettiva dall'alto forse m'ingannò) ma, riesaminando le foto scattate in altre 2 occasioni dalla Rasula d. Murelle e le carte, credo sia più probabile che fossi arrivato proprio in testa al colatoio del Butto della Neve vero e proprio!].
Nota interessante: poco a monte della confulenza del ramo Canale Pettinessa nel Vallone principale, nonché a sin./W del sopracitato butto rivolto a S (q. 1083), partono altrettante tracce, verso W / NW, che puntano a "scollinare" sul crinale della Rasula delle Murelle. Perciò anche da qui su (oltre che dai pressi del Lamione) è possibile attaccare la Rasula!
[Aggiorn. 26/7/2019]: Ho aggiunto al reportage una breve nota toponomastica sul microtoponimo "Butto" in area Picentino-Irpina.

Mercoledì, 26 Giugno 2019: Acellica again (terzo giro in 15 giorni), stavolta per accompagnare uno dei più attivi e noti "Appenninisti" del Centro Italia: Claudio Cecilia da Anagni (il primo escursionista a salire tutte e 261 le cime over 2000 d'Appennino, incluse quelle alpinistiche (Dente di Lupo del Camicia, Tempio del Sirente e Punta dei Due del Corno Piccolo).
Partiamo da Casa Masucci (prima dell'Agriturismo Favale, c. 700m, per evitare le buche sulla strada nel castagneto in loc. Casa Rocchi) per Varco del Pistone / Rena e attaccando poi le prime elevazioni occidentali della cresta N (CAI 190), fino alla Cima Nord (come in occasione della salita del 12 giugno scorso).
Dopo uno spuntino in cima scendiamo verso il Varco del Paradiso. Essendo stati in questi giorni rimossi i cavi della via attrezzata (ma lasciati gli spit), piuttosto che affidarsi al sottile cordino, preferisco scendere per il boschetto. Il Ninno è ancora "attrezzato" (non so per quanto ancora). Discesi dal Ninno vado a fare rifornimento d'acqua al Bivacco pr. il Varco Sud e poi torniamo dal Varco direttamente in cima e da lì, per il sent. normale (CAI 104) che scende a Colla Finestra e quindi (S.I.) per l'alta Valle del Sabato, ritornaimo alla base.
NOTE: Giro di +1350m di dislivello e 18Km. Dati del GPS di Claudio C. al quale ho fatto anche misurare le quote di Cima N (croce) e anticima Ovest: sembrano "gemelle" e la differenza di quota, se c'è, non dovrebbe essere che di pochi dm, di certo meno di 1m, e forse la E (croce) è appena più alta...
Infine il Varco del Paradiso (N) è a c. 1490m di quota (cf. L. Ferranti, 2010) e il Ninno sui 1538 - 1539 (come da CTR 1:5000 a. 2004/5; la mia reflex mi diede attorno ai 1540m il 9/6/2018).

Venerdì, 22 Giugno 2020: E' passato un anno dalle ultime due salite sull'Acellica di Giugno 2019, e nel frattempo è trascorso l'inverno. Inverno in cui il Parco Nazionale d'Abruzzo ed il Pollino (e anche una lesione al menisco) mi hanno tenuto lontano dai Monti Picentini e poi, a inizio primavera, due mesi filati a casa per l'emergenza Covid 19. In questo periodo devo dire che uno dei "richiami" più forti mi arrivava dall'Acellica, e in particolare dal Vallone Za'Chela o Rajo della Savina, da dove mancavo dalle esplorazioni del 2012 e 2013!
In verità questo selvaggio vallone che cala dal Varco del Paradiso verso NNE aveva cominciato a "chiamarmi" già da un bel pezzo, e ci sarei tornato già nell'autunno 2019 se non avessi avuto il suddetto problemino al menisco e se non vi fosse morto, il 21/9/19, Danilo M. (v. News qui in alto; la dinamica dell'incidente mi è stata chiarita solo mesi dopo: pare sia precipitato scivolando mentre saliva sul Ninno. Comunque mi sembrava una cosa irrispettosa - se non addirittura una sbruffonata- andarci in quel periodo). Alla (parziale) riapertura post-Covid, in un giorno d'inizio maggio, mi sveglio alle 4 per andare, ma per un paio di motivi di diversa natura me ne torno a letto. Peccato perché quelle sono state giornate con una limpidezza dell'aria difficile da riscontrare non appena fabbriche e autoveicoli si sono rimesse in moto.
- Venerdì 22 non sono solo, perché l'amico Massimo Mingarelli si è detto disponibile a venire in infrasettimanale, quindi c'incontriamo a Montella e facciamo colazione al solito bar.
Partiamo dai Pitiniti (ore 9:10). Già dai "Palilli" e dal prato (Furno re lo Monaco, o Funno?) sotto i Cocuzzi, l'Acellica appare splendidamente verdeggiante, e ne approfitto per indicare a Massimo una possibile via di discesa sullo spallone a E del Vallone della Neve, fatta solo 1 volta in salita (contrariamente alla diretta sull'altro spallone, W, più facile e sicura, ripetura più volte in ambo i sensi).
A poco più di mezz'ora dalla partenza, merita la sosta un'occhiata dentro al Porcino Marinari, fagocitato dalla vegetazione. Poi, dopo una capatina su alla Captazione AAC, ci infiliamo nel fitto della macchia che a tratti pare foresta pluviale, del tratto basso del Vallone di Za Chela.

IL VALLONE ZA'CHELA (LO UADDRONE RE ZA'CHELA):
Il toponimo potrebbe essere relativamente recente (prima metà del '900 o forse fine '800) e pare strettamente locale, mai filtrato nella cartografia o documentazione ufficiale (ma una ricerca più approfondita tra le carte comunali o nell'Archivio di Stato di AV potrebbe dare maggiori certezze), né nelle meticolose monografie di F. Scandone. E' una forma ipocoristica dialettale di Zia Michela, o Rachela (o da altro nome), come indicato anche da M. Gramaglia (Li nomi re li Posti, 2016). Io l'ho generalmente collegato alla parte alta del Vallone, mentre M.G. (op. cit.) sembra più incline ad attribuirlo alla parte immediatamente a monte della Masseria Marinari, poco a valle della quale il "fiumicello" della Savina va a confluire nel ramo principale che scende da Colla Finestra. Le carte idrologiche (1941, 2008) fanno riferimento alle sorgenti di questo vallone come "Raio della Ferriera" (captaz. I-V), presente anche in F. Scandone (1911, p. 100) però lì in relazione al ramo principale del f. Calore che scende da sotto Colla Finestra (mentre Scandone chiama "Raio di Saucito" quello qui detto Raio della Savina o Vallone ZaChela). Un tempo l'area doveva essere più frequentata e, malgrado i tanti toponimi femminili (come ad es. il più generico "Valle di Femmina Morta") diffusi al centro sud, sembrerebbe in effetti poco probabile che una donna desse il nome alla parte più selvaggia e aspra del Vallone (sotto al Varco del Paradiso)... Ovviam. può darsi che l'intero vallone o suoi tratti fossero noti ai frequentatori con quei nomi e con altri ormai dimenticati.

Procediamo nel vallone, senza uscirne come io ho fatto nelle altre occasioni per evitare il fitto della vegetazione e il successivo salto/butto.
Giungiamo a un'altra captazione, edificio più grande che non avevo mai visto prima (le altre volte mi sono tenuto sul ciglio sin. o des. del Vallone, in questo tratto iniziale), con mura fatiscenti come quelle della Madonna della Neve, nel Vallone della Neve, e con un bel colatoio alto c. 15m. Usciamo a destra (W) su ripido, per poi rientrare nell'alveo.
Il vallone si apre e rimpiana, fino alla biforcazione del Giardinetto (pr. q. 1052) dove in genere ho impegnato il dosso tra i due (anzi 3) canali, mentre qui ci buttiamo in quello centrale che punta verso sud. Salti di II / III fino a uscire sotto le pareti della Pettenessa: riconosco l'intaglio dello "Spaccaturo alto" (così detto per distinguerlo dalla strettoia del V. Zachela a monte del Porcino Marinari, che forse era il vero "Spaccaturo"... ?), quindi ci spostiamo su ripidi pendii verso destra. Massimo torna nel Canale principale -c'è neve sotto le foglie!- io mi tengo a sin. e giungiamo dopo qualche esplorazione sotto il "Canalone del Ninno".
A distanza di 7 anni dall'ultima volta il luogo non solo non ha perso fascino, ma neanche "asprezza": nel senso che ci venni alcune volte 7-8 anni fa, con meno esperienza, senza piccozza e una volta ci portai il buon Camillo Fragnito.
Ritornandoci dopo anni credevo di trovarlo un po' più "tranquillo" e "addomesticabile", e invece resta un "postaccio"... di quello brutti e belli allo stesso tempo!
L'idea era salire il canalino a E del Varco del Paradiso N, ma una volta entrati nel Canale che porta al Varco S, vedo Massimo (più veloce di me) che già si dirige verso la "Catena" (ore 12:45). Impiega una dozzina di minuti (ma solo peché non si fida del fissaggio, che io gli ribadisco che è sicuro!) e sicuramente sarà per un attimo ritornato col pensiero ai canaponi del Cervino. Io impiego almeno il doppio del tempo, per far riposare adeguatamente i muscoli del braccio nell'unico punto, a metà circa, dove si può poggiare il piede su esiguo ripiano di terra (anche la prima volta, il 17/6/2012, ci misi un 25-30 minuti!).
Una volta dall'altra parte, constatiamo che il cavo che aggira il Ninno è stato rimosso: per fortuna ho cordino sempre con me (Massimo aveva dimenticato di portare corda), perché con la sola piccozza la calata a W non è sicurissima. Dopo una veloce puntata al Bivacco, scendiamo un 25m a WNW del Varco Paradiso Sud, prendiamo un'ampia cengia erbosa tra due fasce rocciose a W del Ninno e dopo pochi metri verso N entriamo nella testata del vallone che 150m più in basso forma il Butto della Neve e risaliamo in breve al Varco del Paradiso (N). Prima saliamo sul Ninno (rimosso cavo in basso, lasciato quello in alto), dove giungiamo alle 14:35 (mia 22a volta sul Ninno), e dopo aver firmato il libro di vetta, scendiamo e pranziamo al Varco del Paradiso (15:00). [Apprenderò poi che S. Giannattasio ha sfruttato lo stesso passaggio per inaugurare la variante CAI 190 bis del sentiero che traversa il Varco]
Riprendiamo (15:35) la salita dal Varco del Paradiso verso NW nel bosco (lasciando a des. il crinale dove passavano i tratti attrezzati della ferratata) e stavolta, invece di continuare a NW in direz. dei pendii erbosi sotto la cima, puntiamo subito a N tra alti faggi verso la cresta; e una volta su (presso la "Madonnina", colonnetta rocciosa alta un paio di metri), facciamo il facile tratto a E della vetta e alle 16:25 siamo sulla cima N. Dopo 10 min di sosta iniziamo la discesa: volevo scendere per la direttissima del "Passo della Gatta" che feci il 29/8/2014, ma pur giungendo sul posto, non riconosco il punto preciso (che vedevo all'andata dal basso) e Massimo è già più a sin. e più giù. Dopo un po' di esplorazione sul ciglio SE del Vallone della Neve, ci troviamo vicino l'Arco Naturale dove pure giunsi calandomi (2011). Zona pericolosa, va facendo buio, meglio tornare, risalendo quei 150m in cresta poco a W della Cima e -meglio non perseverare con l'altra direttissima (a W del V. della Neve), seppur quella l'abbia fatta varie volte in discesa e anche al buio - facciamo il sentiero normale (104) per giungere alle 21:35 alle auto.
Ancora una volta la Celeca mi lascia dentro sensazioni di "vera Montagna" e la soddisfazione di poterla ancora "andare a trovare"!

Domenica, 28 giugno 2020: Classica Acellica dai Piani di Giffoni fino alla Cima Sud e, con un gruppetto, al "belvedere" della Pettinessa, con gli amici Lerka Minerka.

Lunedì, 21 settembre 2020: Concatenamento di 2 tappe del "Sentiero Italia" CAI, per relazionarle su una Guida da pubblicare nel 2021 (in 12 volumi, edizioni Idea Montagna):
1) Acerno - Mercatello - Varco della Noce - Codugno - Piani di Giffoni - Serra Colle Ferro - Varco della Rena - Casa Rocchi + 2) C. Rocchi - Colla Finestra - Acquenere - Piano Verteglia.

Domenica, 27 giugno 2021: Salita in solitaria dai Piani di Giffoni (partenza ore 13:00) direttamente al "Timpone" per il Varco del Carpino. Poi dal Varco della Pettinessa il "Sentierino del Ninno" e la nuova Variante CAI 103B che dal Bivacco Valsavin aggira il Ninno (a W, qualche decina di metri più in basso dalla base del Ninno dove passava prima il tratto attrezzato), Varco del Paradiso (N) e Ninno (mio 23°), q. 1539m ca.
A ritorno dal Bivacco V. riprendo la traccia dell'andata ma la lascio dopo poco per scendere lungo il cd "Tracciolino del Ninno" (via esplorativa su tracce di cinghiali individuata e percorsa per la prima volta da S. Landi e E. Perrone il 5 lug. 1987). Qui i segni biancorossi sono stati rimossi, quindi resta ancor più SCONSIGLIABILE (di prima) avventurarvisi scendendo dall'alto! Io l'ho percorso varie volte ma ci mancavo da 5 anni e in un paio di punti, a metà e più in basso, ho dovuto cercare il tracciolino, non sempre ben marcato (in zona ho visto cinghiali in alcune occasioni: non fosse per loro, la traccia sarebbe già qausi del tutto sparita).
Nel Butto della Neve non c'è traccia di neve, mentre all'uscita del vallone, la parte terminale del Sentiero (106b), a 5-10 min dal Butto, è stata interessanta da una frana (tra q. 1050-1090m, proprio sotto al pendio dove passa il "Tracciolino del Ninno", ma l'aggiramento e il rientro sul sentiero è rapido e facile (la frana mi era già stata segnalata mesi fa da Daniele Bagnoli).
Al ritorno mi tengo sulla traccia che passa lungo il ciglio del precipizio (filo per bestiame; il 106B si tiene più a sud e non ha i bei scorci sul Vallone del Butto e le pareti sud della Celica).
Nell'oscurità riesco perfino a beccare un'orbettino, ma lo infastidisco poco e mi fiondo verso la sterrata e la fontana (di questi tempi e a queste quote 2 lt d'acqua sono il minimo).
[TOT: 10,9 Km, 1000m disliv., 8h]

Lunedì, 20 settembre 2021: Da tempo meditavo di andare a cercare la "Grotta dell'Eternità" in località Favale (o Cupa del Sabato), cavità menzionata in documentazione d'archivio sul noto brigante d'inizio XIX secolo Lorenzo de Feo detto "Laurenziello" (cf. Nota 15A). Ne avevo parlato anni fa con Diego de Cristofaro di Giffoni VP e qualche giorno fa Massimo Gramaglia di Montella me ne aveva chiesto informazioni, avendone sentito parlare anche a proposito della transumanza di ovini.
Sul web non ci sono informazioni (NB: una traccia per MB non aiuterà perché NON transita nella zona) e la Grotta non è presente (al 2020-21) nel Catasto delle Grotte della Campania né risulta esplorata da speleologi, benché sia nota sia ai proprietari locali che al CAI di Salerno, che vi ha effettuato escursioni (dic. 2013, dirett. S. Giannattasio) dirette al Varco del Pistone/ Rena. Sono con Elio Dattero e fermiamo l'auto a Casa Rocchi (IGM) dove due locali, che giungono sulla strada risalendo in Panda la sconnessa mulattiera laterale, ci indicano il sito della grotta proprio "lì sotto", anche se suggeriscono di non arrivarci in auto! Scendiamo prima a un edificio in un poggio a q. 720 IGM ed esploraiamo l'area sottostante, arrivando fino alla confluenza del Favale con il Sabato, sotto la strada (grottino a pochi metri in alto nel durece (?) sotto la strada, poi indugiamo in qualche ramo laterale, convincendoci che dev'essere più a monte. Ci dividiamo e mentre Elio torna sui nostri passi per esplorare la zona "lì sotto", io risalgo la sterrata verso il Favale, per poi fare dietro front quando comincia a inerpicarsi (verso la Porta di Monte Diavolo o il Varco del Pistone), poiché l'escursione del CAI SA dava "640m" come quota della Grotta. Nel tornare sento Elio che mi chiama avendo trovato al grotta.
Era proprio nella prima parte del sentiero, scendendo alla diramazione a sin. su una sterrata che cala nella cupa si un affluente di sinistra del Sabato. Per la precisione siamo poco a monte del punto in cui il ramo che proviene da Acqua delle Radiche/ Porta di Monte Diavolo si congiunge con il ramo che porta l'acqua dei vari torrenti del Favale.
Scendendo sulla sterrata che transità a des./N del corso d'acqua, l'ingresso della cavità sui apre a sinistra/ N, quindi l'apertura "guarda" quasi esattamente a Sud.
Siamo rimasti un'ora e mezza nella grotta (all'uscita pensavamo di esserci stati 45-50 min.): fosse questa l'origine del nome? Per chi sta dentro sembra che passino pochi minuti mentre all'esterno trascorrono gli anni... :) Oltre al ramo principale, lungo una cinquantina di metri (?) e che si sviluppa in lieve discesa verso N, c'è un ramo laterale (W) con 2 accessi. Alcune formazioni a mammellone e tozze stalattiti, qualche depressioine, piccole polle d'acqua ma apparentemente nessun flusso sotterraneo di acqua (come risultava a Diego), né ulteriori visibili rami laterali, attivi o meno. Ma un'esplorazione speleologica va sicuramente fatta, se non sia già stata effettuata, semmai senza pubblicazione. Si procede carponi e in un paio di punti bisogn strisciare, specialmente a una strozzatura a metà del ramo principale. A ritorno eravamo stati attratti da una curiosa "bioluminesacenza" presente nelle gocce d'acqua di una feritoia: spegnando le torce, erano visibili le goccioline di stillicidio dalle minuscole stalattiti della spaccatura, che emettevano luce che illuminava tenuamente il vicino pavimento (distante solo una trentina di cm, nella fessura). Poi ci siamo resi conto che la luce non proveniva dalle gocce d'acqua, semmai contenenti sostanze fluorescenti o addirittura radioattive, ma non era altro che il riflesso del raggio proveniente dall'uscita (o da un'uscita secondaria verso SE?): in pratica le gocce d'acqua, che fungono otticamente da "lente d'ingrandimento", si comportano come un mini-amplificatore del segnale luminoso, dando l'impressione di emettere luce. In realtà stanno solo rifrangendo e amplificando un segnale luminoso esterno che noi non vedevamo. Cf. anche qui sotto, Nota 15A.

A ritorno ci fermiamo alle Mura della Civita (Ogliara) dove ero stato un paio di volte, la prima dopo l'escursione coi Lerka da Casa Rocchi a Grotta d. Scalandrone del 17/8/2008.
Ormai i castagneti sono tutti privatizzati, i cartelli illustrativi messi nel 2006-2007 (G. Tocco, A. Verderosa e G. Colucci Pescatori, con i noti fondi POR 2000-2006) sono irraggiungibili se non si scavalca. Ne ho approfittato per percorrere un tratto a SW della "Porta Salerno" camminando sopra il largo muro (alla porta è alto quasi 9 metri), largo c. 3m (ciottoli di fiume uniti con malta che trattengono un riempimento di sassi più leggeri; stile costruttiivo simile a quello delle Mura di Alife, dei Sanniti Pentri alle falde del Matese) e poi passando anche sotto la torre a NE della detta Porta e per fotografare tutti i cartelli, sempre meno leggibili oltre che inaccessibili per la presenza di filo spinato...
Sulla "Porta Salerno", dal lato orientale, vi sono due blocchi con fregio in rilievo: un bucranio e una rosetta (fiore a 8 petali).
Il sito era un "fortilizio" longobardo di controllo del passo che mette in comunicazione il litorale (e Salerno) con l'entroterra (Benevento), su quello che fu poi il confine dei due Principati e oggi il confine Avellinese (Serino) - Salernitano (Giffoni Valle Piana). All'interno sono stati trovati resti di un'abbazia e a nord delle mura (oltre il Vallone dell'Olmo) una necropoli.
Non sussiste alcuna relazione certa con la mitica Sabathia degli Irpini (come gli eruditi umanisti asserivano) ma è certo che l'area fosse occupata già nell'età del bronzo, essendo su un importante asse di comunicazione, e in una zona ricca di acqua e di risorse (cacciagione, legname).

Giovedì, 10 marzo 2022: Come già fatto in passato (su altre montagne e sulla stessa Acellica, il 10 marzo 2009, vedi sopra) decido di festeggiare il mio (51°) compleanno con una bella "solitaria" sull'Acellica. Non ricordo qual'è stata l'ultima occasione in cui ho usato le ciaspole (che quest'inverno compiono 12 anni, avendole comprate a inizio 2010), ma per fortuna le ho con me: saranno utili nella salita al Valico di Acquafredda ma poi le abbandonerò in cresta, essendo qui la neve per buona parte spazzata dal vento.
Parto (alle 13:10) dalla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni e fatico (nonostante le ciaspole, sotto le quali la neve si appiccifa formando un pesante zoccolo che va scrollato ogni 4/5 passi) per svalicare a monte del Bivacco S. Raione. Impiego 2h e mezzo per arrivare in cresta e poi un'altra ora per la cima Sud (16:45).
Mi allungo per andare a fotografare il Varco del Paradiso lateralmente, ma sulla costola NE della Pettenessa l'accumulo di neve è notevole (come il vento) e impiego più dei soliti 5/10 min per arrivare allo spalto panoramico. Quando torno mi rendo conto che stavo per perdermi gli attimi magici in cui il sole che tramonta manda la luce migliore sulla neve appoggiata sotto la cima nord. Per fortuna colgo gli ultimi minuti di luce, prima che il sole inizi a spegnersi, avvicinandosi all'orizzonte e poi sparendo del tutto.
Inizia la via del ritorno, con il ripassaggio per il Varco (del Tedesco) sopra uno dei 2 rami del Canale della Pettinessa (cavo a vista, quindi utilizzabile per maggior sicurezza).
Un giro privo di difficoltà tecniche (non ho usato né i ramponi né la piccozza) ma che fa sempre bene all'anima (e al fisico), oltre che agli occhi e alla mente, visti i meravigliosi scenari, di certo visti e rivisti decine di volte, ma sempre con tante piccole o grandi differenze che meritano d'essere godute e fotografate. Con un pensiero a chi non può più godersi questi preziosi momenti di vita, come Paolo Petrini, che ora ci guarda dall'alto dei suoi Monti Sibillini e ai popoli che soffrono e muoiono per i capricci dei potenti.
Alle 18:00 lascio la cima Sud dell'Acellica, rifaccio la cresta sud, dove recupero le ciaspole, che stavolta "mi portano" senza appesantirsi, e alle 20:30 sono al rifugio/auto.

Mercoledì, 1 giugno 2022: l'arrivo della primavera ravviva la fiamma delle uscite esplorative in montagna. Da tempo meditavo di tornare nel Vallone Vene Rosse, che scende proprio al centro del crinale principale dell'Acellica, sul versante giffonese (sud). Pochi giorni prima i montellesi guidati dall'amcio Massimo Gramaglia, hanno risalito il vallone, passando per zone che io non ho visto. Ma, poiché non mi piace andare "guidato", non ho approfondito la cosa, decidendo di lanciarmi cercando la via da me, senza nemmeno rivedermi foto e relazione della mia discesa del 18/5/2014 (vd. sopra), quandoi salii per i pendii di Costa della Melaina e, dopo un tratto di cresta veros E, discesi sulla base della scarna ma efficace descrizione di L. Ferranti (App. Merid., 2010, it. 88d), dal Varco del Pruvusiere o del Petruzziello* sotto i Torrioni di Vene Rosse, verso SW, fino a entrare nell'alveo principale del V. vene Rosse, poco a monte della sorgente. * [è sub judice la collocazione precisa di questo Varco: a E di q. 1454 (come in L. Ferranti) o invece alla testata del V. Vene Rosse, come da scritte poste dal CAI?].
Appena uscito dalla strettoia di Vassi noto un segnale di "Lavori in corso" per il tratto di stradina che conduce alla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni. E infatti, appena scavalcato il ponticllo sul Picentino, la strada è interrotta. Mi tocca procedere dritto per Cucchiaduro - Valle Vesa, ma lì la strada si fa sterrata e lascio l'auto poco a monte della centrale idroel., a ca. 350 m di quota. M'incammino [ore 12:44] seguendo per un po' la pista sterrata, ma alla confluenza di un valloncello da des./NE (quello che costeggia a sud lo sperone meridionale dei Piani) prendo una pista sterrata a sin. e guado il Picentino, seguendone per un po' il corso (grottina formata da enormi massi caduti) per poi risalire sul ripido fino alla "passerella" del sent. dell'Acquedotto (106A), che già percorsi come avvicinamento alla mia prima risalita per la Rasula delle Murelle (12-13/8/2013). Lascio a sin. la deviazione del sent. CAI e prosegui fino alla diga-ponticello dell'Acquedotto IREN, ma evito di risalire per la via di servizio, continuando invece a sin. (NNE) del ponticello. Passo sotto una parete con piccolo grottino concrezionato (Serra Figlilito), quindi di nuovo sul sent. CAI 106A in direzione di Capo di Fiume.
Più a monte (620 m ca.), superate radure con vista verso il Varco del Paradiso e un guado, mi immetto sul sent. 106/S.I. che risale la pendice meridionale della Celica. Dopo il felceto e muretto a secco (pr. q. 641 m IGM) risalgo fino alle 2 cascatelle che si fronteggiano, parte bassa del ramo principale (centrale) del Vallone Vene Rosse.
Aggiro a des. (E) le cascate e giungo più su a una biforcazione (ossia confluenza) con un ramo laterale da NE. Qui, q. 810 m ca., c'è un sentiero che traversa E-W seguendo le pendici.
Continuo a risalire fino alla sorgente Vene Rosse (è un po' più a monte di dovìè segnata sulle IGM, appena sotto i 900 m). A monte un piccolo anfiteatro da dove scesi nel 2014 e più su alcuni butti (uno lo discesi con corda). Quando cominciano le rocce (960 m ca.), vedo che sono già le 16:45: sono stato lentuccio (al di là del caldo, onestamente sopportabile, e delle pendenze, mi rendo conto che quasi mi riposo più di quanto mi muovo!). Buttarmi verso W a quest'ora mi pare un po' imprudente: ricordo che i montellesi sono sbucati al Varco del Petruzziello ma, come detto, c'è qualche incertezza sulla sua collocazione: è però probabile che l'esatta collocazione possa essere quella alla testata di Vene Rosse, come da segnaletica che S. Giannattasio ha riportato sul posto (cfr. Varco di Petruzzo in M. Gramaglia, 2016, p. 111) e non quella il L. Ferranti 2010 (loc. cit.). C. Arena mi parlò del tratto oiccid. della cresta dell'Acellica come Cresta del Pruvusiere, e pare che il nome di questo fungo sia alternativo a Petruzziello (diminutivo di "Pietro" ?).
Salendo ancora trovo un grottino prorpio a des. di un salto roccioso: sto ora su una ramo laterale (E) e gli affacci sulla testata del Vallone principale non m'incoraggiano a traversare in un luogo tanto selvaggio a quest'ora. Nel grottino c'è spazio per un alberello (agrifoglio) e nella parete si apre una stretta "ventara".
Risalgo un valloncello verso ENE e poi comincio a seguire lateralmente (ESE) le curve di livello, traversando il costolone mediano dell'Acellica (Costa Trelliccine, in Ferranti, 2010) per poi risalire veros N in direzione dei Torrioni Vene Rosse, che sbarrano l'uscita in cresta. Rispetto alle altre volta (quando ci arrivai scendendo dal Varco a NE e quando risalii con Marco d.R. e Polina P. sulla des. idr. del Laurenziello) stavolta tiro più dritto e, appena sottopassati i torrioni (qui traccia evidente di animali diretta a NE), dopo un enorme masso (che aggiro a sin./W) e bei valloncelli quasi pensili con enormi faggi, esco dalla vegetazione su placche e ripidi pendii erbosi (ho già da un po' messo mano alla piccozza). In alcuni punti i faggi allignano sulle rocce, con le radici che paiono fitte ragnatele. Dopo un aereo spuntone (1400 m ca.) a E del quale vedo il ramo sin./W del Laurenziello, da dove scesi la prima volta, rimonto finalmente in cresta, a W della q. 1454 m IGM. Di salire in cima non se ne parla, anche perché dovrò percorrere parte del crinale W al buio.
Inizia quindi la divertente cavalcata di cresta: tra la Punta vene Rosse (1398 m) e lo sperone 1303 m il sole tramonta: ho percorso varie volte (in salita e in discesa) il tratto W dela Cresta che è segnato come CAI 190 (Sentiero del Paradiso) ma non ricordo se l'ho mai disceso al buio. In ogni caso senza segnaletica e (GPS!) forse mi sarei cercato un posto dove dormire, dal momento che al buio diventa più facile confondere la traccia (non si può parlare di sentiero) con tracce di animali che scendono nei valloni a sud e nord del crinale.
Giungo al Varco della Rena / Pistone e m'immetto sul Sentiero Italia (CAI 106) alle 22:00, più tardi faccio una grande bevuta alla Fonte Mafrone e, risalito il passo di Sella Colle Ferro, scendo a chidere l'anello. A Capo di Fiume prendo una bretella (staccionate) che poi s'innesta sulla sterrata che scende dai Piani per il Vall. Falconara. Seguendo per un altro paio di Km la sterrata giungo infine all'auto [24:04]. [TOT: 17 Km, 1300 m disliv., 11h e 20 min.].

Domenica, 5 giugno 2022: Salita per il sent. 104 alla cima Nord, con gli amici Lerkaminerka (4 h). In discesa (in soilit.) ho ripercorso la "diretta" che segue lo spallone a W del Vallone della Neve, quindi sono sceso alla Madonan della Neve (sorgente poco sopra gli edifici fatiscenti della captazione Alto Calore) e risalito appena oltre la "stretta" del Vallone. Quindi tornato alle captazioni, uscita in des. idr. e traverso per l'impruscinaturo e il Porcino Gatta, e attesa (ca. un'oretta) degli amici che sono tornati per lo stesso sentiero di salita.

Martedì, 18 ottobre 2022: Traversata alpinistica delle Acelliche, su proposta dell'amico Mimmo Ippolito, con Francesca Ortolani, Stefano Saetta e il sottoscritto.
Partenza alle 8:40 dalla Cas. Forestale dei Piani di Giffoni, arivo alle 10:10 al Varco Acquafredda (35 min di sosta al sole) e poi per cresta sud e Sentierino del Ninno, arrivo al Bivacco Valsavin (11:30), traverso sotto lo zoccolo del Ninno, Varco del Paradiso (N) e Cima del Ninno (12:20, la mia 24a ascesa al Ninno). Dopo 20 min di sosta, discesa al Varco del Paradiso e Salita alla Cima Nord, per cresta (13:30). 50 min di sosta, quindi inizio discesa (14:20) per pendio NW in direzione del Varco del Paradiso, tracciolino che sottopassa il Ninno, Bivacco Valsavin e salita in cresta alla Pettinessa, cima Acellica Sud (15:30). Dopo mezz'ora di sosta sulla cima, discesa per cresta normale (16:00) e ritorno alla base (17:50).
Grandi emozioni l'attraversamento dei passi fatti tante volte negli ultimi 12 anni, ma ora uffiicialmente privi delle "facilitazioni" del sentiero attrezzato esistito tra 2006 e 2019/20.

A tal proposito vale la pena spendere due parole riguardo la "Ferrata" dell'Acellica, ormai dismessa.
Senza entrare nei dettagli e nelle possibili motivazioni (e pressioni) che hanno portato alla decisione del CAI SA di dismettere gli ausili che consentivano di attraversare il Varco del Paradiso "per cresta" e anche in risposta a chi domanda lumi riguardo allo stato dei supporti della via attrezzata* –
1) E' ancora possibile attraversare il Varco del Paradiso (sul versante W), come già specificato in questa pagina (sottopassando il Ninno –ca. 15 m più in basso rispetto a dov'erano i cavi– grazie a corda che scende su ripido pendio erboso da sotto al Bivacco, e poi su tracciolino che sbuca pochi metri sotto il Varco d Paradiso N). Quasta traccia e il cd "Sentierino del Ninno" (da non confondere con il "Tracciolino del Ninno"!) che la raggiunge dal "Varco Pettinerssa" passando per il Bivacco Valsavin (vd. Cartine in calce), sono di difficoltà EE, il che significa che, seppur con qualche segno CAI e su traccia di facile individuazione, presentano punti esposti e pericolosi (soprattutto in certe condizioni).
2) Il Sentiero attrezzato ("Ferrata") che ersa intitolato a Francesco Raso è ufficialmente dismesso (da quasi 2 anni)!
Ci sono ancora fix/spit e alcuni cavi, ma la tenuta delle assicurazioni non è più garantita, quindi chiunque decida di affrontare la traversata di cresta delle Acelliche, lo deve fare solo portandosi assicurazioni proprie, da aggiungere a quelle esistenti (che andranno logorandosi col tempo, qualora non vengano del tutto disinstallate, diventando sempre più malsicure) o per ovviare alla completa rimozione di tratti un tempo attrezzati. In sinstesi: Alpinisti sì, Ferratisti no! (Escursionisti esperti per la menzionata traccia sul versante W).

* A proposito di "Escursionisti esperti": sui social qualche "professionista" si fa bello puntando il dito su chi darebbe il cattivo esempio mettendo foto della traversata per "raccogliere Like" e rischiando così l'emulazione : fermo restando che, semmai la cosa fosse rivolta a noi, siamo amanti della montagna a prescindere dai "Social" e dall'auto-ostentazione, d'altro canto è proprio grazie al tam-tam delle foto sui social che molti giovani (e non) hanno trovato lavoro come accompagnatori e guide di media montagna ... e non disdegnano di farsi "pubblicità" scrivendo precetti da persone giudiziose e prudenti, puntando il dito contro gli "spericolati" il cui operato, o la cui emulazione, finisce per far "piangere i morti"... Questi esperti farebbero bene a occuparsi del loro campo di competenze: in montagna, come in tutti i settori (tanto dello svago quanto del lavoro) gli incidenti possono capitare, per fatalità o per incompetenza, spericolatezza etc. Ognuno si assume le proprie responsabilità, il che significa che rischiare o andarci senza le adeguate protezioni può significare mettere in difficoltà anche chi è deputato al soccorso. Però lasciate i commenti e i saggi consigli agli addetti ai lavori, e non vi crediate tali solo perché accompagnate turisti sul Sentiero degli Dei, ignorando praticamente ogni aspetto di ciò su cui state vaticinando praticamente a vanvera (e con il solo plauso di chi ne sa ancora meno di voi).
Fare i moralisti in queste circostanze (qui sì per raccogliere LIKE e consensi!) significa credere che basterebbe abolire i Gran Premi di Formula Uno e di Motociclismo per evitare o diminuire gli incidenti "del sabato sera".

Sabato, 11 febbraio 2023: Ormai "solita" invernale, quasi sempre in solitaria, all'Acellica Sud dai Piani di Giffoni. Parto per godermi il tramonto dalla cima, quindi l'idea è di cominciare a camminare dalla Cas. Forestale dei Piani di Giffoni a ora di pranzo, scaletta che riesco a rispettare nonostante lo squartamento della ruota anteriore destra in autostrada (in corsia di sorpasso, poco prima dell'uscita di Pontecagnano) e quindi la salita della stradella da Vassi di Giffoni VP tra i fossi, massi sull'asfalto e una mezza interruzione per lavori in corso (verso l'inizio, ma percorribile). Mi metto in moto (si fa per dire) alle 13:35, zaino pesante (ciaspole, ramponi, picca etc) ma ancor di più, come constato appena inizia la salita, situazione di "forma" pietosa (che per me significa che sto in una fase di "ferro basso", come mi capita non di rado periodicamente da anni, malgrado stessi discretamente bene fino ai primi di febbraio). In tali condizioni, come dicevo a un amico il 1 Febbraio sul Matese, non te la godi più di tanto la camminata, perché anche una salita di soli 850/900 m di dislivello diventa una vera lotta con te stesso e, nei tratti ripidi, i tempi di riposo superano quelli di movimento! La neve non è male ma metto subito le ciaspole appena inizia la neve (nel bosco appena sopra la Vena d'a Mola, sui 1050-1100 m), così mi tolgo il peso dalle spalle. Ma le gambe faticano e spesso non faccio più di 5 passi prima di rifermarmi a tirare il fiato. Unico sollievo è che non è propriamente"inizio di vecchiaia" ma una condizione transitoria (che però mi capita non di rado, specie d'inverno). Meno male che non arrampico, perché le braccia vanno anche peggio, mi pare di faticare anche nel tenere sollevata la fotocamera bridge (meno di 900 g) per fare le foto. Non mi solleva più di tanto una mela (la colazione è stata scarsa e non ho pranzato).
Sulla parete sud della Vena d'a Mola campeggiano ancora grosse stalattiti di ghiaccio che sgocciolano copiosamente (chissà com'era 8-9 giorni prima, ma sarebbe stato arduo arrivare alla Forestale senza mettere le catene), il canale che si oltrepassa prima dell'ultima fase della risalita al Valico di Acquafredda (ramo alto del Vallone Falconara) ha già svalangato, come di solito capita dopo copiose nevicate (unica zona pericolosa nella salita invernale alla cima sud, assieme al passaggio delicato sul Butto del Tedesco, poco a sud della Cima Sud) e i tavolini, sedie e "brandine" lignee del Bivacco S. Raione sono sotto cuscini di neve. Una volta in cresta la salita si fa più morbida e piacevole e continuo con le ciaspole fino alla cima (incluso il delicato passaggio del summenzionato tratto con manocorrente, quasi interamente sepolto dalla neve, su esile crinalino-cornice sotto faggi, i cui rami mi danno un qualche appiglio). In cima (17:25) il termometro segna 0°C, ma la giornata nel fondovalle è stata insolitamente calda (non così la notte). Purtroppo, contrariamente a quanto letto sui siti meteo per Acerno, un paio di giorni prima non ha nevicato, il che delude un po' dal punto di vista scenografico e fotografico. In compenso arrivo in cima con la luce pre-tramonto e da lì il sole scende giusto dietro al Molare, la vetta del M. S. Angelo a Tre Pizzi, dov'ero il 28 gennaio scorso.
Il ritorno al buio e per fortuna accendo la frontale solo quando è tutto scuro: comincerà a fare le bizze spegnandosi ogni volta dopo pochi secondi (eppure l'avevo caricata poche settimane prima... sarà stato il freddo), ma non mi dà ansia visto che avrei sempre il cell (non l'LCD della bridge, che pure negli anni mi è capitato di usare come torcia di emergenza, ai tempi in cui usavo le Lumix FZ20 e FZ28: nella FZ1000 l'LCD si è rotto 2 volte, e la seconda mi sono ben guardato dal farlo riparare, visto quanto costò la prima volta: 190e per una cosa che, guardando online su Youtube, puoi fare con 30 euro! Ma prima o poi mi deciderò a prendere la FZ1000 mk II, ormai per le escursioni non credo che lascerò mai le bridge a sensore 1", nonostante siano "giocattolini" rispetto a reflex + obiettivi seri... ma al prezzo di costi e peso assai maggiori e minore flessibilità nello scatto, sae non si ha un bel set di ottiche).
Per fortuna tutto OK anche al ritorno (intendo il tratto in auto dalla Caserma Forest. al fondovalle): se avessi bucato sarei rimasto fregato!
Bel giretto di "allenamento" (o di presa di coscienza: in queste condizioni, meglio tenersi lontano da Dolcedorme e salite più serie, almeno fino a quando non ritornano le normali forze), durante il quele ho scattato relativamente poche foto (ca. 130) ma, lo ripeto pur odiando il fatto di dover esternare negatività, anche se col tempo ci si dimentica della faticaccia e restano bei ricordi e foto, in giornate come questa mi chiedo se non sia meglio restarsene a casa piuttoato che andare in solitaria a fare una vera e propria faticaccia... (4 ore di salita contro le 2e30 o 3 che di solito impiego). Se la neve fosse stata nelle pessime condizioni in cui era il 10 marzo 2022 in tutto il tratto prima della cresta (allora ci misi 3h e mezza in tutto, per salire), non credo che sarei arrivato in cima, o ci avrei messo 4 ore e mezza se non 5. Ad maiora!

Domenica, 19 novembre 2023: "Il richiamo delle Murelle": non il più noto oronimo della Majella ma il microtoponimo dell'Acellica ("rasula" indica una striscia di terreno generalmente in piano sui codici delle abbazie e altri documenti medievali (nap. ràsola, ràsula; cfr. abruzz. rasele, viottolo; dal lat. mediev. "porzione di vigna" in Du Cange, Glossarium...) che indica una costola che scende dalla cima centrale (q. 1659 / 1660) verso sud fino a Trellicina. Relazione presente nella Guida CAI-TCI di L. Ferranti, 2010 (diff. F- / II) per cui si vedano anche i miei due "racconti" relativi alla mia prima (lunga e avventurosa) salita del 12-13/8/2013 e quello della salita con D. De Cristofaro e compagni il 4/9/2016.
Bei ricordi le mie prime escursioni "esplorative", quasi sempre in solitaria sull'Accellica, a partire dal 2010/11!
Eppure uscite come questa, benché prive di vere difficoltà alpinistiche (diff. di "scalata" mai sopra il II, disliv. tot. 1000 m), vanno sempre affrontate con il dovuto "rispetto", per una montagna che non lesina luoghi che, come direbbe Carlo Lucarelli, "fanno paura"!
La sera prima lancio invito all'amico Massimo Mingarelli e decidiamo per la Celica (ero in ballo tra Boccademone/Cozzo dell'Orso in Calabria e l'Acellica che "mi chiamava"... non senza una punat di dispiacere per non aver potuto rivedere gli amici "Lerka" e i "Briganti" di Cervinara sul Partenio... ma sto preparando conf. per il CAI di Stabia e ho le uscite contate).
Partiamo dalla Cas. Forestale dei Piani di Giffoni poco dopo le 10:00 in punto (si spera di riuscire a vedere la finale dell'ATP in programma nel tardo pomeriggio), attacco sent. 106 B per il Butto della Neve, traccia più a N che rasenta la scarpata dell'Arvaniello che precipita giù verso le sorgenti del Picentino. Questa traccia, segue da presso un filo bianco che un pastore ha fissato lungo il ciglio per "avvertire" le mucche più "distratte"; trovo una diramazione che scende sotto uno sgrottamento che mi era sempre sfuggito prima (sono stato varie volte su questo ciglio con spettacolari affacci verso il Vallone del Butto della Neve, Grotta del Lamione, il ripido versante sud dell'Acellica nord e le tetre pareti a ovest della cima Sud); in corrispondenza di una parete-spigolo delimitata da un'alta volta di durece (?), la traccia piega a sin. e precipita (è il caso di dirlo data la verticalità del pendio) vertiginosamente a stretti tornanti e con esile piano di calpestio; siamo poco a E, e poco a monte, del punto in cui le varie ediz. della carta IGM al 25000 indicano la "Grotta dello Scalandrone" (ma erroneamente! E' ca 300 m più a W); 40-60 m più in basso c'è il vecchio sentierino che proviene dalla Grotta d. Scalandrone e che sottopassa le pareti in direz. E e poi N verso il Lamione.
Risalito, riprendiamo la traccia che segue l'orlo in direz. delle pareti occidentali della cresta sud; quando le raggiunge piega a N, sottopassandole, e unendosi alla vecchia mulatttiera (che sale poco lontana ma un po' più a sud) che i giffonesi usavano per andare a procurarsi la neve naturalmente "stivata" sotto all'omonimo "butto" (per questo termine e per l'esplorazione con Elio Dattero, risalita integrale del Vallone del Butto della Neve, si veda il reportage che scrissi nella pagina dell'escursione del 22/6/2019).
A un'ora e tre quarti dalla partenza siamo al Butto della Neve, prevedibilmente secco (l'imbocco nel tratto finale viene accolto da zafate di aria gelida quando il "frigorifero naturale" è pieno di neve, ma ormai è sempre più raro che l'accumulo resista al caldo estivo, date anche le scarse precipitazioni nevose degli inverni attuali, sempre più lontani dalla "Piccola era glaciale" e certo anche dalla "normalità" climatica).
In occasione della menzionata risalita del Vallone del Butto avevo notato tracce o cmq pendii risalibili anche più a monte del punto dove sono salito le altre duo volte (ossia la traccia che si diparte da sotto alla Grotta e Captazione del Lamione) e l'avevo seguita per un pò (e cartografata sulla mia "mappa" della Celica, cfr. qui in calce). E' da lì che saliamo, appena a sin./W della parete che chiude verso N l'imbocco del Butto, e traversiamo in direz. W / WSW sotto più aspre paretine e ripidissimi pendii che certamente richiederebbero ben altro impegno e attrezzature. Dopo 350 m di traverso giungiamo in cresta alla vera e propria "Rasula", a un belvedere che si affacia sul Vallone del Butto del Laurenziello (uno dei luoghi più remoti e impervi dell'Acellica; l'impressionante colatoio non è ben visibile da qui, né da più a monte, perché s'incunea proprio sotto al ciglio occid. della Rasula) da dove inizia la vera risalita a NE; salendo da poco sotto al Butto della Neve abbiamo evitato i primi e più fittamente boscosi 400 m di disliv. che si percorrono verso NNW e N quando si attacca dal Lamione.
Ci sono 3 passaggi obbligati sulla parte medio-alta della Rasula: il primo (q. 1290 m ca) è una facile (ma un po' esposta) salita su reccette (II), poi poco più sopra (1330 m ca), dopo una selletta: lì Massimo è salito a destra sotto una parete esposta verso SE. mentre io, come le altre volte. ho piegato a sin. aggirando la parete a W: si passa su una breve ma stretta cengetta che sovrasta un valloncello con alti faggi (più giù si scarica nel Butto del Laurenziello, il cui colatoio principale è però "alimentato" da un ramo che parte più a monte di qui).
Dopo questo punto si riprende il crinale, ma non più in direz. NE bensì verso NNE e a q. 1420 m ca. c'è un canalino ripido e terroso (questo forse evitabile passando più a des ?): anche qui, come per tutta la salita (e la discesa sul Tracciolino del Ninno") la piccozza è di aiuto!
Alle spalle i Piani di Giffoni, la valle del Picentino che s'incunea sotto Serra Figliorito, bei luoghi per le escursioni con vari sentieri "ufficiali" (CAI) e innumerevoli altre tracce tra campagna e bassa montagna che le carte IGM possono suggerire... A destra (est) gli scorci verso il Ninno e la Pettinessa lasciano senza fiato (più in alto il Ninno si copre).
Ormai fuori dalle pur abbordabili difficoltà, dopo qualche altra vallecola con alti faggi si intravede il crinale che si raggiunge infine in corrispondenza della cima centrale (non quotata su IGM 25v 1955, q., 1660 sulle IGM 25 anni '80), dopo poco più di 4 ore dalla partenza.
Raggiungiamo la cima princiaple (croce, 1660 m) e facciamo breve sosta (ma non mangiamo a causa del venticello); proseguiamo un po' per poi scendere verso il Varco del Paradiso (a occhio con varie possibilità, ma tenendosi su ripido prato (e/o boschetto di faggi) a SW del crinale alpinistico (ex-ferrata) che invece segue più o meno la linea della cresta SE e del confine provinciale); arrivati al Varco del Paradiso (N) saliamo sul Ninno (mia 25a ascensione dalla prima nel 2010; la nuvolaglia s'infittisce e minaccerebbe addirittura un'inattesa pioggia, se non foisse per il vento) e poi giù per il sentierino approntata dal CAI SA che ricalca una traccia di cinghiali e che oltrepassa la base (W) del Ninno, poco più a valle del tratto attrezzato (dismesso) da dove si passava prima (v. traversata dello scorso autunno con gli amicio calabresi 18/10/2022).
Per attaccare la traccia sul "dosso" che separa il Butto della Neve dal "gemello" colatoio della Pettinessa posto 190 m più a sud (e a quota leggerm. inferiore), dove corre la flebile traccia detta "Tracciolino del Ninno" (vedi qui sotto nota 15A), si potrebbe scendere (dal Varco del Paradiso) verso SW nel canale che è la testata del Vallone del Butto e poi risalire a sin (S) in un punto pco a monte del salto sotto cui precipita il Butto, a ca. 1250 m, come feci dopo l'esploraz. in solitaria il 14/6/2015 (vedi link alla relativa gallery qui sopra).
Preferiamo però andare un po' più sul sicuro e "facile" risalendo (canapone) al Bivacco Valsavin e da lì procedendo inizialm verso sud e poco più avandi verso WSW in discesa: la traccia qui è ancora ben visibile (e c'è qualche segno biancorosso del CAI) perché in comune con il sentierino che parte dal Varco della Pettinessa, a metà della cresta S; ma poco avanti si deve lasciare (q. 1425 m ca) la traccia segnata che continua verso sud (passa poco dopo nel Vallone del Butto della Pettinessa), e proseguire calandosi verso W sempre sul crinalino del "dosso". A un certo punto questo si fa impraticabile e con punti pericolosi in caso di scivolata e bisogna piegare decisamente a sinistra, in direzione del ramo N del Vallone della Pettinessa (l'altro ramo, più a S, è quello che "nasce" sotto al punto con manocorrente poco prima della Cima S, = Butto del Tedesco ?) quindi scendendo a ESE o a SE a sec. (qui è facile perdere la traccia che accede a questo breve tratto nel canale e bisogna anche fare attenzione a non immettersi su altre false tracce di chinghiali, piegando invece a des, dove la traccia riprende, verso W, passando sotto alcuni bassi butti e scendendo sempre a W per altri 170 m ca (disliv. e linearm.) dal breve tratto in canale fino al punto dove, in vista del Vallone del Butto, si piega a N calandosi facilmente, sempre su tracciolina, nel tratto di sentiero 106B all'ingresso del Butto vero e proprio, ca. 100 m a valle del colatoio (di recente questo tratto di sentierino è rimasto un po' dissestato a causa di frane). Vale la pena di ricordare che, anche per chi ha capacità e senso dell'orientamento ma non attrezzature alpinisitche, è vivamente consigliato percorrere il "Tracciolino del Ninno" in salita, essendo così più logico e meno pericoloso in caso si smarrisca la traccia (Ho percorso almeno 7 voltre il "trcciolino", di cui 4 volte in discesa, sia prima che iniziassi a usare cell come gps, 2020, che dopo, e qualche indecisione l'ho sempre avuta a scendere: quindi a maggior ragione chi non l'ha salito più volte è meglio che aviti questa rapida, ma ripida e infida, scorciatoia, oggi battuta quasi solo dai cinghiali, come del resto anche nel 1987 quasi S. Landi ed E. Perrone "trovarono" quasta via diretta al Ninno). La piccozza è quasi indispensabile: non per la salita in sé, essendoci la traccia e mancando passaggi tecnici o ripidi, ma per il fatto che si passa in punto dove una scivolata su falasco o argilla può risultare fatale.
La bella vista del tramonto dietro Vietri e il M. Falerzio ci ha allietato, ma l'incombere del buio e una -pur breve- indecisione a metà tracciolino fanno avanzare le tenebre, che ci colgono quando siamo da poco sul sentiero ufficiale per il Butto (come detto rovinato da frane nella zona presso l'accesso al Butto e anche un po' più giù). Poco dopo le 18:00 siamo all'auto e la finale di Tennis (poco esaltante comunque) la sentiremo / sentirò per radio in auto sull'autostrada per Napoli. Davvero una gran bella giornata, di quelle che la dea Acellica dà spesso!

Lunedì, 11/11/2024: Con Elio saliamo dal salernitano per fare la cresta della Savina e Pettinessa dell'Acellica dalle Croci di Acerno, ma la montagna è interamente immersa nelle nubi e così resterà fino a sera-notte: dirottiamo per il Vallone della Neve da Pitinite (per Mass. Marinari e Porcino Gatta). Troviamo un grosso cinghiale (femmina) morto per trauma da caduta dall'alto, sotto le rupi poco a valle dello stretto che dà accesso al Vallone della Neve. Il Vallone è molto intasato saliamo fino a 970-990 m ca senza raggiungere neanche la testata del canalone vero e prorpio (da dove si dirama a des. il pendio - canalino che risalii con Marco Del Regno e Polina Petrovicheva, fino alla cima nord della Celica, il 10 dicembre 2016).
Tornati all'auto andiamo a fare una visita che da tempo volevo fare, non trovando mai il momento: da poco oltre il kn 36 dcella 164, a una sbarra, per i ruderi di Masseria Bosco, saliamo da sud al cocuzzolo con i ruderi del Castello della Rotonda e quelli dell'attigua cappellina di S. Maria della Rotonda (?). Sulla cartografia più recente i ruderi sono situati poco a sud della cima, confondendoli con quelli del piccolo edificio sacro (?), mentre i più interessanti resti del millenario recinto d'uso strategico-militare sono ovviamente in cima (q. 894 m IGM).

Domenica, 24/11/2024: Ancora con l'amico Elio Dattero, per la salita alla Cima sud dalle Croci di Acerno, rimandata per fitta copertura di nuvole il giorno 11.
Da tempo volevo tornare sulla Savina, dove sono salito altre 9-10 volte in passato, di cui (se ho ben contato) 7 volte fino alla cima Sud, la prima volta il 9/11/2008 ma le ultime due volte risalivano al 2018, quindi era da un po' che non passavo da qui!
E, ancora più importante per me, mi dispiacerebbe far passare un anno intero senza almeno un'ascensione su una delle due cime (in alcuni anni ci sono salito fino a 7-8 volte!).
Partiamo alle 12:00 dalle Croci di Acerno, dopo una breve chiacchierata con un pastore del luogo (che mi dà conferma dei vari toponimi del versante acernese della Celica: unica nota di possibile rettifica, il Fosso Calancone, potrebbe essere quello più in alto sul lato E della Pettinessa, e non quello più ampio ma più a sud come in cartografia IGM e Catastale!?)
Saliremo lenti per via di un problema al piede dello stoico Elio che renderà il giro, inclusa la discesa, assai più "lungo" del normale: ma va bene anche così e anzi, in molte occasioni, la lentezza dà la possibilità di ammirare meglio il tramonto e il fascino del camminare nelle tenebre, e avvalendosi della sola flebile luce delle stelle.
Giunti allo "Spaccaturo di sopra" (sella a SW della quota 1383 m della Savina) il freddo ci regala qualche ghiacciolone in una grottina poco sotto le pareti volte a nord.
Attacchiamo il primo tratto attrezzato di cavi, l'unico in cui c'è un punto dove sarebbe bruttino salire senza protezione: la paretina termina infatti in alto tra roccette infide, con pochi appigli buoni (a des.). In caso di ghiaccio o con cavi sepolti, forse meglio salire più a des. (qualche metro a sud), sul ripido ma con alberi, come feci il 13/2/2015 coi amponi e picche.
Arrivato sopra mi allungo verso il Varco del Paradiso (sud), scendendo i tratti dove i cavi della ex-ferrata "F. Raso", sono stati di recente definitivamente rimossi (non solo il primo, quello più a sud, tolto da qualche anno, ma anche quelli più giù verso nord, almeno fin dove la ferratina piega a sinistra/W). Con un po' di prudenza in più del solito arrivo nel punto che dà sul Ninno, faccio qualche foto e torno indietro: come detto qualche cavo c'è ancora, ma preferisco non far aspettare Elio (sapendo che dovremo camminare al buio già prima della sterrata) e pensando anche che dovrei fare di fretta ad aggirare il Ninno per non perdermi il tramonto. Quindi faccio dietro front, rifaccio qualche facile passagio (ma assai esposto) dove restano solo gli spit/fix (portare corde e attrezzatura propria!).
Non conosco le esatte dinamiche e le "voci" (?) che hanno contribuito a far dismettere i tratti attrezzati "Ferrata Raso" ma non mi meraviglierei se in futuro ne venisse realizzata un'altra...
A mio parere forse meglio lasciare le cose così e far sì che certi posti siano raggiungibili solo da chi ne ha le capacità (pur ammettendo che, senza i cavi del CAI di Salerno, io stesso non sarei certo passato decine di volte nel Varco dl Paradiso, né tantomeno 25 volte sul Ninno... quest'anno credo sarà il primo, dal 2010, che non ho trovato il tempo per andare sul Ninno, l'ultima volta è stato il 19 nov 2023 con Massimo, risalendo la Rasula delle Murelle, si cui avevo nostalgia!! e scendendo per il "Tracciolino del Ninno").
Dalla cima (4-5° C sul termometro lì fissato alla bandierina celebrativa delle 300 Accelliche di S. Giannattasio) inizia lo spettacolo del tramonto che mi godo dall'anticima sud mentre mangio i due panini (Elio s'è avviato da un po'). Discesa dal Varco Acquafredda (poco prima raggiungo Elio, ed è ormai buio), alle due sorgenti lì sotto (Acqua Friddiello non è secca! la cannola in parete butta più di qualche goccia) e infine alla sterrata-pista, sotto le stelle, tra i castagneti dei Pellegrino e ripassando i tratti bassi di Calancone e Calanconiello (!).
Per la via di salita ci vogliono 2 h e 30 - 3 ore, ma stavolta ne impieghiamo 4 per il citato dolore patito da Elio e, vista la lunga e lenta discesa, arriverò all'auto alle 21:45, affrettandomi nel finale per andare a riscaldare il motore dell'auto prima dell'arrivo dello 0°C. - Note "faunistiche": dalla Savina avvistate 5 gru in volo (verso il Tirreno); sul Libro di Vetta (autunno 2024) tra le numerose firme-frasi un paio accennano a un'"invasione" di zecche (Salvina). Noi non ne abbiamo beccate, ma da un po' di notti le temperature sono scese.



NOTE:

[0]
Con l'inizio del nuovo Millennio l'escursionismo (e l'alpinismo) hanno conosciuto un vertiginoso incremento di popolarità e, seppur secondario rispetto ad altre forme d'ingerenza umana, l'impatto sull'ambiente può diventare direttamente o indirettamente rilevante (cioè sia per effetto dei frequentatori che a causa del tipo di "valorizzazione" che le amministrazioni locali decidono di mettere in atto per assecondare le esigenze turistiche e la "tutela" ambientale... politiche che spesso nascondono esigenze assai più materiali e personali, come ho spesso constatato un po' ovunque in Italia!).
Ci si deve cominciare a porre anche il problema delle modalità da usare per illustrare e propagandare l'escursionismo: il suo "successo" rischia di creare i presupposti (già ben visibili altrove) di un "sovraffollamento" e "sovrasfruttamento" che – pure se non tutti concorderanno– è l'antitesi di ciò che si dovrebbe ricercare e ritrovare in montagna.
Tematiche che esigono un discorso che qui non posso affrontare (articolo in preparaz.) ma che si possono condensare in pochi concetti: 1) non si può/deve far arrivare chiunque ovunque! 2) "Limitare" gli accessi, evitando di rendere troppo abbordabili a tutti i luoghi che, altrimenti, rischiano di perdere il loro carattere selvaggio (quindi NO all'asfaltato su vecchie sterrate o alle ruspe che trasformano vecchi sentieri e mulattiere in sterrate o che creino ippovie e piste ciclabili dove nessuno andrà). 3) Eivtare di rendere troppo facili le cose, il che significa che, oltre alle mere informazioni pratiche, bisogna limitare la segnaletica-cartellonistica in situ (a volta davvero esagerata, anche quella ufficiale, per non parlare di quelle "abusive") e anche quella "online": no alle tracce GPS e all'inserimento su Open Street Maps, Wikilock e altri portali di tracce e waypoints/ punti d'interresse che è meglio restino difficili da raggiungere e poco noti!).
Su quest'ultimo punto, purtroppo, nutro la quasi certezza che col tempo finirà tutto tracciato (e raggiungibile) grazie ai dispositivi gps e smartphones, un po' come Google-maps e i Tom-tom. Questo perché la stragrande maggioranza degli "escursionisti" predilige o pretende la sicurezza e le comodità, e alla vera avventura rinuncia volentieri, perché l'importante è la foto / selfie da ostentare sui social!
[1]
- L'etimologia del nome va fatta risalire all'etnia italica dei Piceni, che vivevano nella zona adriatica che va dal fiume Pescara (Abruzzo) fino alle Marche settentrionali. Assoggettati con molta difficoltà dai Romani, vennero da essi in parte deportati nella zona ad est di Salerno, nell'area di Pontecagnano. Qui sorse la nuova "capitale" dei Piceni (il sito di Picentia non è stato ancora identificato dagli archeologi) che venne in seguito completamente rasa al suolo dagli stessi Romani quando, al tempo delle guerre puniche, i Piceni si allearono ad Annibale. I superstiti, cui fu proibito di riunirsi in grossi agglomerati, si sparpagliarono rifugiandosi tra i monti che da essi presero nome, nelle impenetrabili foreste fra Acerno e Montella (i boschi ai piedi del Polveracchio, del Cervialto e dell'Accellica). Con la caduta dell'Impero Romano arrivarono i barbari, poi Saraceni, Longobardi e Normanni... quindi le chiese ed i monasteri francescani e benedettini nel Medioevo, poi gli Angioini, sotto il dominio dei quali si diffuse il fenomeno del banditismo; e ancora i Borboni, l'Unità d'Italia, con il corollario della "questione meridionale" e le sanguinose repressioni dei Briganti (la Banda di Gaetano Manzo), i continui flussi emigratori verso l'America e il nord Europa e infine il terremoto del 1980.
[1A] - Sottogruppo del Mt. Cervialto (Montagnone di Nusco, Calvello, Pollaro, Cervarulo, Cervialto, Raiamagra e Raie di Acerno).
[1B] - Sottogruppo del Mt. Polveracchio.
[1C] - Massiccio dell'Accellica. [Da NW: dorsale (W-E) dell'Accellica Nord, dorsale (N-S) dell'Accellica Sud-Timpone, quindi verso S Mt. Raia-Gauro/S. Salvatore e Mt. Circhio/Toppo Rotunnolo).
[1D] - Dorsale dei Mt. Mai (-Pizzo S. Michele).
[1E] - Massiccio del Mt. Terminio (-Tuoro).
[2] - Parco Naturale Regionale dei Monti Picentini: Codice: EUAP0174; Provvedimento istitutivo: L.R. 33, 01.09.93 - D.P.G.R. 5566, 02.06.95 - D.P.G.R. 8141, 23.08.95 - D.G.R. 63, 12.02.99. Vedi anche W. Brancaccio nei links in basso.
[3] - Oasi di Monte Polveracchio, ad opera del WWF Italia e del comune di Campagna. Nel 1992, con il comune di Senerchia, l'Oasi fu estesa ad est per comprendere il Vallone della Caccia di Senerchia, coprendo così un totale di 650 ettari.
[3A] - Il Raiamagra può rivelarsi escursionisticamente interessante d'inverno, con risalita dal versante ovest partendo da Colle del Leone, o dalla strada Bagnoli Irpino - Acerno (se percorribile) da loc. Canalicchia via Valle d'Acera (CAI 14C) o dalla SS368, Bagnoli - Laceno, partendo da Colle Molella (1100m), il valico che sta 300m prima del bivio all'ingresso di Piano Laceno venendo da Bagnoli, e dirigendosi a sud per il Vallone Calende / Caliendo (è il sentiero n. 7 delle escursioni con sci di fondo sulla carta SELCA, 1994).
Per quanto riguarda il Cervialto, la classica escursione è (CAI 13) quella da Colle del Leone (o da Piano Migliato, sulla strada per Calabritto), cime, e quindi ritorno oppure discesa verso N, da sopra la Valle di Giamberardino, attorno alle Coste, e giù sempre sulla strada Laceno - Colle del Leone, ma più vicino al Laceno (cioè a nord di Piano l'Acernese).
Il Polveracchio è raggiungibile da vari sentieri, dai dintorni di Acerno (CAI 7 e 7A, c. 1000m di dislivello diff. EE), dalla Caserma del Gaudo (è sulla bella strada Acerno - Calabritto, poco dopo l'incrocio per Colle del Leone / Laceno, continuando verso Calabritto s'incontra una fontana e il "rifugio" da dove inizia il sentiero CAI 8, disliv. c. 800m, diff. E+), dalla strada a N di Campagna (al Km 8 della strada per l' Oasi del Polveracchio / Varco Sinicolli, lasciare la rotabile e l'auto e proseguire sul sentiero CAI 9 verso Varco Sellara; da qui a N si prosegue per il Polveracchio, diff. EE, +1000m disliv., mentre a est, per il CAI 9A, si va alla cascata Acqua Merlo - Vallone Trogento - Eremo di San Michele - Piano di Montenero - mt. La Picciola, 1524m, diff. E, disliv. 350m, 2h 1/2).
All'Accellica è dedicata la presente pagina... Per quanto concerne il monte - o meglio - i monti Mai, vedi la nota 17.
Infine il monte Terminio: è anch'esso raggiungibile per vari sentieri: da Est / Sud Est, partendo dal Rifugio degli Uccelli o dai pianori, da nord (CAI 101) partendo dalla strada che proviene da Volturara Irpina, via Acqua delle Logge. Da ovest, risalendo lo spettacolare Vallone Matrunolo / Matruneto, partendo quindi dalla SS 574 Serino - Pianori del Terminio, al Km 5,5, si raggiunge, su per un sentiero di pellegrini, la chiesa del Salvatore (c. 1200m). Proseguendo tra Colla di Basso e le rupi sopra Costa Friddo si raggiunge la cima girando per Cerretello (non ho notizie sulla fattibilità della risalita del contiguo Vallone Carpino e su Acqua del Cerchio); è invece è percorribile, ancorchè piuttosto arduo (specialmente nei periodi di folta vegetazione), il sentiero che risale verso est tutto il Vallone Matrunolo verso la Ripe Cannella (tra Terminio e Vernacolo: CAI 132): vista dalle foto satellitari, questa immensa serie di orridi con verdi baratri che vi si precipitano dall'alto sembrano inaccessibili! E' uno spettacolo che, da solo, rende il Terminio una delle montagne più belle della Campania (maestose le panoramiche sulle cime circostanti, sui Pianori ad est, nonchè le vedute da altri punti ad es. verso la "dolomitica" Ripe della Falconara che torreggia a sud tra il mt. Vernacolo (1430m) e il mt. Forcella (1420), chiudendo il versante sud occidentale dell'altopiano di Campolaspierto con un impressionante parete verticale; una mulattiera sale dal Km 11,4 della SS574, a c. 800m, per Cerritiello, il Cerchio (IGM) e attraversando il valico tra Vernacolo e Ripe della Falconara, a 1287m, raggiunge l'altopiano di Campolaspierto.
Sono possibili varie Traversate del TERMINIO: Traversata da Piano di Verteglia - Rif. Uccelli - Cima - S. Biagio di Serino sul Sentiero Italia CAI 87a: Fotografie (escursione del 10/10/2010) e Mappa.
Infine, per i numerosi sentieri Alpinistici su roccia e ghiaccio nel Terminio (Canalone Grande, Canalone dell'Ogliara e altri canali, speroni e pareti dei contrafforti occidentali): L. Ferranti, L'Appennino Meridionale, GMI, CAI-TCI 2010, p. 255-64. (Si tenga presente che l'avvicinamento da W presenta difficoltà che possono andare ben oltre quelle escursionistiche, in un ambiente severo che -tra i monti Picentini- non ha pari se non nella forcella del Varco del Paradiso sull'Accellica).
Per le foto di escursioni sulle altre cime dei monti Picentini, vedere il mio archivio fotografico on-line 2008-2013 e 2004-2007.
[4]
- Poco più a N dell'Accellica (Mt. Serralonga), c'e' la Grotta del Caprone/Caparrone (820m slm. Link: Palatucci su Montellanet), mentre immadiatamente sotto il versante sud dell'Accellica si apre la Grotta dello Scalandrone (cf. nota 14). La Federazione Speleologica Campana (cf. l'Atlante Grotte e Speleologia della Campania + CD, 2005) ha censito 77 cavità naturali in 52 Comuni dei Picentini: le più importanti: Grotta dell'Angelo o di S. Michele e Nardantuono a Olevano sul Tusciano; l' inghiottitoio Candraloni (tra i piani di Ischia e Verteglia, a S.E. del Terminio); la Grotta del Caliendo (Bagnoli I. - Laceno) quest'ultima superando i 3700m di lunghezza, è, tra quelle della Campania, seconda solo alle Grotte di Castelcivita.
[5] - Enorme è la portata d'acqua che annualmente scende a valle dalle sorgenti dell'Accellica (Vall. Neve, Saucito, Savina, Petiniti, Cerasella, Rotonda). Il solo Calore (lungo 115Km) ha una portata media di + 30mc d'acqua, considerando i periodi di magra estivi. Se si aggiungono le sorgenti di Serino (1500-2000 litri/sec), i vari altri punti di captazione (Acqu. della Tornola e altri minori), e il lungo acquedotto che raggiunge la Puglia, si può dire che l'intero gruppo montuoso dei Picentini dà da bere a mezzo sud-Italia. (F. Scandone, L'Alta Valle del Calore, vol. I, Montella antica...,, 1911, pp. 97-120; E. Perrone, Carta idrografica d'Italia, 1914; AAVV, Le Sorganti Italiane, vol. VII. Campania, 1942; Papini, Corniello et al., Memorie illustrative della Carta idrogeologica del Parco 1:50000, 2008).
[6] - Dal lat. caelicola-ae ovvero 'abitatore del cielo, divinità', opp. *caelicum, 'celeste; luogo di coloro che abitano in cielo' (?). (Vd. FEW 2, 34-5; Stazio: "Caelica tecta subit" apud Forcellini, LTL, 1688-1786, vol.1, e in ap. Leverett, Lexicon, 1848 sv Caelicus). Forse il nostro oronimo è accostabile a Cèlico, in Calabria, G. Rohlf, Diz. Top. Cal., 1974, p. 60, per cui si dà possibile etimo sia dall'agg. lat. caelicus che dal personale Caelius. (Cf. C. Marcato, in: Diz. Top. sv). Schulze (GLE, 1933) non dà alcun nome person. romano "Caelius", ma il prenome etrusco Caeles (Vibenna) è generalm. connesso all'origine del noto colle di Roma, latinizzato in Mons Caelius (Celio). NB: l'accento tonico della "e" di Célica è acuto (= "e" chiusa, mentre in Cèlico e Cèlio è aperta!).
O forse dalla divinità sannita Keres, Kerres, Celeas (la Cerere dei romani), come talvolta ipotizzato da qualche dotto montellese.
A lievello linguistico si possono ipotizzare varie derivazioni dell'oronimo latino (e prelatino, ossia osco), ma sempre con le ovvie cautele nell'attribuzione di un valore poco più che ipotetico a quelle che sono le "basi" prelatine o i significati di termini epigraficamente poco attestati: in questo caso il lat. caelum è ritenuto semanticamente affine all'osco kaila, che però è spiegato prevalentem. come "tempio, simulacro, recinto sacro" (?) (cfr. F. Ribezzo, 1924, p. 92; per asempi di voci/basi simili: G. Alessio, 1953. p. 252-255; G. Alessio e M. De Giovanni, 1983, pp. 130-11). In questo caso la montagna in esame avrebbe avuto un valore sacro nell'antichità più remota, cosa di cui non mi risulta che restino testimonianze certe e incontrovertibili nelle tradizioni locali e/o in scritti classici.
Altre basi chiamate in causa per il riferimento alla particolarità geomorfica della montagna, con l'aguzzo Ninno che domina al centro (cfr. acucella e acuculus in REW, 1935, 118, 119 e acutiare, acutus, ivi., 134, 135) non danno esiti/trafile facilmente riconducibili a un Cel-, Kel- e andrebbero comunque vagliati da glottologi.
Non mi risultano derivazioni etimologiche dal sostantivo "uccello" (aciella -> auciell' ; ma cfr. àcciulo "grande rapace", forse "aquila", in: DEI I, p. 29 e sopratt. L. Chiappinelli, Nomi di Luogo in Campania, 2012, p. 69, ma è ovvio che questo autore, nel far riferimento al topon. IGM "Accellica" suggerendone possibile derivaz. dalla forma dialettale per "uccello", ignori l'originario oron. "Celica") eppure, come ho spesso avuto modo di notare, vista dal lato giffonese e da quello montellese la montagna rassomiglia moltissimo ad un grosso rapace con le ali spiegate (le due dorsali) ed al centro il Ninno che ne ricorda la testa. Ma è ovviamente giusto per citare una possibilità, peraltro smentita dal nome antico Celica, che elude anche una possibile derivaz. dal pers. lat. Accellius...
D. Marrocco, in un articoletto (Il Rievocatore, 1965) menziona l'oronimo "Monte della Celleca" (Accellica) come derivante dal dialett. celleca "Chierica", ma la voce (se non attraverso un ipot. "Chielleca"?) manca nei dizionari napoletani (in Rocco, 1869 e nel D'Ambra, 1873, "Cellecare, cellechiare" = stuzzicare, stimolare, pungere).
Per altre interpretazioni riferibili ad un sostantivo gr. χέλης (e lat. celes-itis) per "cavallo da corsa" (o alla schiena di cavallo), oppure ad un aggettivo "incavato, concavo" cf. F. Scandone, AVC, I, 145 (n.2).
Per altre forme del toponimo, oltre a "Celica" (dial. Celeca), cf. anche F. Scandone, AVC III, 211, nota 2: "Montagna Acelica" e "Celicone" (ibid. n. 4; p. 212, n. 4); Celica e Celicone sono due montagne -o meglio due dorsali- che indicavano il confine tra Montella e Acerno subito a occid. della Savina, in documenti relativi a liti confinarie di fine ' 700: rispettiv. Accellica S e N (Celicone); oppure Pettinessa/Ninno (Celica) e Accellica N (Celicone). Ma bisogna notare che nello stesso testo (p. 211, n.2) Acelica è la montagna ove risale, dal valico di Colle Finestra, il confine tra Montella e Giffoni che poi prosegue per il Varco del Paradiso e la Serra Gifonara. E' quindi quest'ultimo il toponimo che indicava la cresta dell'odierna "Acellica Sud" (Serra Giffonara o di Giffoni)!
La distinzione Celicone (= cima Nord) e Celica (Sud) è riportata anche su alcune carte o piante di confinazione, vecchie di due secoli (cf. fig. nel testo), ma non compare nella cartografia ufficiale.
[6A] - "Pettinessa" ('a Pettenessa) è oggi sinonimo di 'Accellica Sud': si intende cioè la gobba più settentrionale della cresta Sud, al cui culmine sorge la cima sud (q. 1606m. Raione, IGM) dell'Accellica.
La Pettinessa ha una forma di "Y" (il cui asse N-S è orientato di soli pochi gradi a E del Nord geografico) con la parte inferiore (S) ad andamento sinusoidale per c. 1 Km: dal Varco della Pettinessa (1482m, IGM) sulla cresta sud, sale verso NE per un tratto (un saltino sul sent. 103, pass. I) per poi piegare in direzione N per c. 400m fino alla cima S (1606m). Poco oltre, a N della cima (parte sup. della "Y"), inizia la dorsalina sinistra (NW) che termina con un salto di 100m sul Varco del Paradiso Sud, di fronte al Ninno; il Bivacco Valsavin, è a pochi metri dal VdP S, sull'estremita NW della Pettinessa, a q.1500m circa. A N della cima, il più massiccio troncone destro (NE) conduce (sent. 150) ad un punto panoramico da dove il Varco del Paradiso (non visibile dalla cima S) è osservabile con una discreta angolazione laterale; continuando più giù, cominciano i cavi della "ferrata" secondaria che consentono di discendere la Pettinessa fino alla selletta ('Spaccaturo alto') che la separa dalla q. 1383 IGM de La Savina (nota 16, che prosegue con altre gobbe verso NE al valico Le Croci di Acerno). E' da notare che la Pettinessa dà nome all'omonimo Varco (vedi sopra) e ad un Canale (versante NW della cresta S, cf. nota 15A) oltre che ad un Vallone (sul versante E; noto anche come Fosso Calancarello), ma questi sono tutti toponimi recenti, entrati in vigore nel 'gergo' escursionistico. Come visto (nota 6) il probabile toponimo della Cresta Sud della Celica era Serra Gif[f]onara.
Non è chiaro a quando risalga la denominazione "Pettinessa". L'etimologia è anch'essa incerta: dal lat. pectus-oris, "petto, elevazione" per la forma a gobba; opp. dalla morfologia dentellata, appunto come quella d'una pettinessa (cf. L. Ferranti, GMI 2010, p. 233).
Sulla Guida dei Monti d'Italia (loc. cit.) Pettinessa è sinonimo dell'intera Accellica Sud, dal Timpone al Raione (NB: l'estremità merid. della Cresta S, il Timpone, IGM, q.1446, è indicata con il toponimo Raione su alcune vecchie carte e così è noto a Giffoni VP e Montecorvino R.; "Raione" è quindi un'altra erronea designazione delle recenti carte IGM per la cima dell'Accellica S, q.1606 !).
Io qui spesso restringo il topon. "Pettinessa" alla sola parte settentrionale dell'Accellica Sud che, come descritto sopra, si eleva tra il Varco omonimo (q. 1482m), la cima sud e il Varco del Paradiso, fino alla selletta ("Spaccaturo alto") che la divide dall'ultima gobba a SW della Savina.
Solo approfondite ricerche bibliografiche potrebbero risolvere il problema dell'esatta localizzazione, ed in particolare comprendere se l'origine dialettale sia nell'area Montellese-Acernese (come credo) o piuttosto in quella Giffonese (L. Ferranti, loc. cit., indica che la somiglianza con i denti di un pettine andrebbe attribuita agli speroni e valloni che costellano il versante occidentale della cresta S, quindi quello che dà sui Piani di Giffoni). Le mie fonti montellesi indicano che il toponimo sarebbe stato attribuito in origine alla sola propaggine NE dell'Accellica Sud, ovvero il tratto che incombe sul Varco del Paradiso SE e sulla testata del Vallone del Ninno, compreso quindi tra la Cima S e la sella "Spaccaturo alto" che la separa dalla q. 1383m IGM della Savina.
Perciò indico talvolta la breve via ferrata, che dalla sopracitata sella risale alla cima Sud, come "Via Ferrata della Pettinessa" e quella tra le due cime "Ferrata del Varco del Paradiso" (in toto sono note come "Via Ferrata Francesco Raso" o "Sentiero del Paradiso"; quest'ultimo è invero il nome dato dal CAI di Salerno all'intera traversata di cresta delle Accelliche, non solo al tratto attrezzato).
Nella Carta del Confine Acerno-Montella, ricca di toponimi in didascalia, le tre cime sono indicate come Celicone (= Acellica N) , Nenne e Celica, ma non compare né "Pettinessa" né "Varco del Paradiso".
[7] - "Varco del Paradiso" (1490m) è il nome dato al caratteristico e alpestre forcellone al centro del monte Accellica. Da lontano appare con le due creste attigue della Celica come una sorta di rozzo tridente (ma vedi anche nota preced.) ben visibile da NE (strada Bagnoli I. - Laceno), ENE (Rajamagra) e da E (Cervialto); dall'altro versante (SW) lo si può osservare dalla zona di Giffoni Valle Piana e di Pontecagnano o, da più lontano nelle giornate terse, dalla curva dell'A3 che sta prima della galleria che precede l'uscita di Salerno -venendo da Napoli- presso la piazzola di sosta soprastante il porto di Salerno; con binocolo o teleobiettivo, è anche visibile dai Lattari orientali - zona mt. Avvocata, e persino da Napoli, zona Posillipo - Gaiola, anche se qui siamo praticamente alla stessa latitudine della cresta N dell'Accellica). [Alcune vedute nelle foto qui in basso; carta CTR 1:5000].
Nelle montagne calcaree dell'appennino, grosse guglie isolate e sottili creste affilate sono rarissime, contrariamente alle tipiche conformazioni che caratterizzano Alpi e Dolomiti. I paurosi baratri che si aprono su ambo i versanti del Varco, a ovest e ad est, sono all'origine del toponimo, localmente diffuso già da molto prima dell'inizio dell'alpinismo e dell'escursionismo: Paradiso non è riferito solo alla bellezza del posto, ma probabilmente soprattutto al fatto che un tempo percorrerlo significava garantirsi un accesso quasi sicuro per l'aldilà, data la notevole pericolosità delle sue balze (sino agli anni '90 non vi era alcun tipo di attrezzatura posta in loco per facilitarne la traversata, per la quale v. infra, nota 18).
La cartografia ufficiale IGM non ha fatto propria questa denominazione (cf. L. Ferranti, GMI 2010, 235 seg.) che è invece entrata nella letteratura alpinistico-escursionistica (nonchè botanica: vedi oltre, in questa nota). La denominazione "Varco del Paradiso" è presente in G. Fortunato e in F. Scandone, AVC I, p. 98, 100, 145; id., AVC III, p. 211, n. 2.
Quest'ultima fonte fa riferimeno ai confini (c. 1790) tra Montella e Giffoni e relative liti giudiziarie (F. Scandone, AVC, III, p. 211, n.2): dal "Colle Finestra" il confine sale al "monte Acelica" e al "Varco del Paradiso" e di qui a "Serra Gifonara", per cui il toponimo è almeno del XVIII sec. se non precedente.
La Carta del Rizzi Zannoni (Atlante del Regno..., 1808 e altre ediz.) riporta l'indicazione "Varco del Paradiso", che era quindi certamente in uso almeno dalla fine del '700.
La prima ascensione documentata al Varco del Paradiso è del 23 giugno 1895, ad opera di N. Parisio e A. Capelli della SAM (la nota pubblicata sul Bollettino della Società Alpina Meridionale di quell'anno non chiarisce per quale via sia avvenuta l'ascensione). Trent'anni dopo fu raggiunto da C. Capuis, G. de Luise e altri 3 soci del CAI di Napoli, il 27/9/1925 (Cf. L. Ferranti, loc. cit.) in discesa dalla cima Nord.
Lo scrivente ha percorso varie volte il Varco del Paradiso, sia in traversata tra una cima e l'altra che risalendo dal versante ovest o da quello est. Traversate e ascensioni invernali sono state effettuate anche d'inverno ma in condizioni di innevamento scarso o quasi assente (anche grazie alla ferrata): invece non mi risultano ascensioni-traversate alpinistiche nelle tipiche condizioni invernali di innevamento medio-abbondante (per altre info sul Varco del Paradiso, vedi nota 18), ma è possibile che l'inverno 2014-15, qualora più rigido del precedente, vedrà un tentativo alpinistico di D. Ippolito e C. Iurisci.
--- --- --- Per quanto riguarda le escursioni a fini botanici, il Varco del Paradiso fu esplorato nel luglio 1982 alla ricerca di una nuova specie di Aquilegia (Aquilegia champagnatii Moraldo, Nardi et La Valva) che era stata scoperta il 5/7/1976 sul Mt. Terminio, da B. Moraldo, V. La Valva, E. Nardi. Le rupi calcaree del Varco del Paradiso si dimostrarono ancor più abbondantemente popolate da stazioni di "Aquilegia del Beato Marchellino di Champagnat" rispetto all'orrido Vallone Balordo del Terminio, specialmente alla base della "vetta" (NdF: il Ninno?) attorno a q. 1450m:
"Nell'anno seguente alla scoperta (NdF: "pubblicazione"!) della nuova specie (1981) si pensò di procedere nella perlustrazione della catena dei Monti Picentini nei siti che presentavano caratteristiche analoghe, in cui si presumeva che potessero esserci altre stazioni di tale specie. Diverse località esaminate non diedero frutti sperati, ma in altre due le ricerche diedero risultati positivi. Sempre nel mese di luglio, periodo in cui tale aquilegia giunge alla fioritura, [Moraldo, NdF] con La Valva e Nardi ci si mise in marcia per raggiungere il lato nord della vetta del M. Accellica, partendo dal Passo Tre Croci di Acerno e calandoci nella sella rupestre del Varco del Paradiso (anche questo nome è spiegato dai locali come dato a zona pericolosa da dove, per qualche imprudenza, si poteva precipitare e giungere ... felicemente in Paradiso).
La salita si presentò lunga e dura, ma il ritrovamento dell'Aquilegia, proprio nelle rupi del Varco del Paradiso, appagò pienamente lo scopo della ricerca. Anche qui, nelle rupi calcaree che modellano la base della vetta, intorno ai 1450 metri di quota, la presenza dell'Aquilegia champagnatii era abbondante, più che al M. Terminio. Pure in questa zona entità di climi più freddi (Alchemilla alpina, Asplenium viride, Campanula rotundifolia...) confermavano l'ipotesi che l'Aquilegia champagnatii rappresentava un relitto del terziario, propria di un mesoclima più microtermico"
[...]. (Web-LINK; Moraldo, Nardi, La Valva, in: Webbia, 35/1, 1981, p.83-86).
--- --- --- "Varco del Paradiso" è anche il nome del Bollettino periodico pubblicato dalla sezione del CAI di Salerno dal 1987 (sono disponibili on-line in pdf i numeri editi dal 2006 in poi).
Per la descrizione dell'attraversamento del "Varco del Paradiso" e per informazioni sul Ninno, vedi nota 18.
[8] - Giustino Fortunato (1848 - 1932) intellettuale meridionalista, grande appassionato di escursioni (socio del CAI di Napoli), fu il primo a descrivere nei dettagli (L'Appennino della Campania, 1884) i numerosi itinerari da lui seguiti tra i monti Lattari ed i Picentini. Nell'ascesa dell'Accellica seguì il sentiero da Acerno (CAI 3). [Vedi anche: Papini et al., Il Sentiero di "Giustino Fortunato", bibl.].
[9] - Vedi le mie 2 foto del giugno 2005 di un bell'esemplare adulto di Aquila reale (Aquila chrysaetos) fotografato dalla cresta nord dell'Acellica, circa un chilometro a ovest della cima. Più a nord vari avvistamenti del maestoso rapace sono stati effettuati nella zona dei Riponi, "Nido dell'Aquila" (dal Vallone Fiumicello / Iummicieddro, tra Mt. Cercetano e Sassosano, zona presso Moletracchio).
Personalmente non ho più riscontrato la presenza del rapace nelle mie varie risalite dopo il 2005.
[9A] - Per l'Ululone dal ventre giallo, Bombina pachypus (Bonaparte, 1838) specie un tempo considerata sottospecie dell' U. Appenninico (Bombina variegata), cf. escurs. 10/5/2014 e 22/6/2014, esemplari ritrovati rispettivam. presso le pendici sudoccidentali e nordoccidentali dell'Accelica (N); è documentato anche nella zona delle sorgenti a E del Timpone (inf. pers. G. Capone, anni '90) e alle sorgenti del Sabato (estate 2011 e 2013, inf. pers. A. Izzo, 19/5/2014) zona in cui ne ho trovato un sito con vari esemplari (il 22/6/2014, con Riccardo M. Cipolla; il 24/7/2014 ho personalmente condotto sullo stesso sito il prof. Marco Mattoccia e Marco Ciambotta del Dipartimento di Biologia dell'Università di Roma "Tor Vergata", che hanno eseguito tamponi buccali su 5-6 esemplari lì trovati - nell'occasione abbiamo purtroppo notato evidenti tracce del passaggio di Quad proprio sulle pozze dove vivono gli Ululoni!). Un tempo tra gli anfibi più comuni, è negli ultimi decenni diventato uno dei più rari della penisola, anche a causa della forte rarefazione nella maggior parte degli altri areali della penisola in cui era diffusa la sp. Ululone appenninico (B. variegata) a causa di disturbo antropico ma ancor di più per l'alta mortalità dovuta al fungo Batrachochytrium dendrobatidis: oggi è l'unica specie anfibia italiana ad essere in reale pericolo di estinzione [Cf. F.M. Guarino, N. Maio, O. Picariello, in, F.M. Guarino et al., Altlante degli Anfibi e dei Rettili della Campania, Napoli, 2012, p. 125-130].
[10]
- Estinti da alcuni decenni per l'eccessiva pressione venatoria la lince e alcuni ungulati (cervo, capriolo); fino a pochi secoli fa sui Picentini vivevano anche gli orsi. Giuseppe Capone (inf. pers. 19/8/2010) mi ha parlato della possibile presenza della Lontra (!) sui tratti iniziali del Picentino (o Infrattata - Nocelleto?) rilevata grazie agli studi di alcune borre (oltre che dalle descrizioni di pastori locali), ma non vi sono altre prove scientifiche che attestino l'effettiva sopravvivenza di questo mammifero qui o altrove, nei Picentini.
- Per quanto riguarda gli animali "pericolosi", oltre alla vipera e ai lupi (entrambi rarissimi), bisogna segnalare gli assai più diffusi cinghiali (Sus scrofa): sono molto elusivi, essendo localmente cacciati da secoli, ma se ci dovesse imbattere in una madre con prole o in un maschio nel periodo degli amori, potrebbero giungere a caricare (meglio munirsi di un bastone se si cammina di notte).
[11] - Dal "Varco Colla Finestra" (1060m) nascono il Sabato (che scende verso O) e il Calore (che va ad E); da qui si sale (S) per i Ninni dell'Accellica e la dorsale, impiegando almeno altre 2h e 1/2 per raggiungere la cima (più di 2km per altri 600m di dislivello).
Colla (=varco) Finestra deve aver avuto una notevole importanza storica in passato, mettendo in comunicazione la zona di Serra Capannulo / Sgaiuola (IGM) dell'alto Sabato (o i pianori del Terminio, via Barrizzulo IGM), ovvero il versante di Serino (e del Massiccio del Terminio), con quello di Montella. Testimonianze più antiche (Civita di Ogliara, vedi nota 13b) dimostrano che il valico fu d'importanza strategica anche prima dell'Alto Medioevo, probabilmente almeno sin dall'età del Bronzo.
Per passare ad Acerno invece, c'erano almeno due sentieri: 1) quello classico, ripercorso dal Sentiero Italia, da Casa Rocchi, Varco della Rena (Varco del Pistone su IGM) oltre Serra Colle Ferro fino a Trellicina (Tre Licine) e i Piani di Giffoni, quindi per il Valico di Acquafredda o più probabilm. per il più basso Varco della Noce, a sud. 2) Un paio di sentieri più in quota: a E di Casa Rocchi, nella v. del Sabato, si dipartono infatti due mulattiere segnate su IGM che costeggiano un vallone che scende dal settore nordoccidentale della Cresta principale, in dir. WNW. Quella più a S, si tiene molto a S del vallone senza nome, ed è percorsa dal "Sentiero del Paradiso" (CAI 190: cf. L. Ferranti, 2010, p. 239-240, sent. 88b/88ba) sbucando in cresta sui 950m e toccando le Q. 1152, 1303 e la punta 1398m prima di ricongiungersi al sent. CAI 104 che viene da Colla Finestra (N) per poi proseguire a E in cresta verso la vetta N (e alla "Traversata delle Accelliche", sempre CAI 190, che oltrepassa il "Varco del Paradiso" e scende per la Savina o per la Cresta dell'Accellica Sud; cf. nota 18). Essendo aereo già dalla cresta W, è impossibile che possa essere stato usato in passato (passaggi su rocce difficili per uomini e quasi proibitive per i muli, arrivo in cresta in ambiente assai ostico specialmente d'inverno).
L'altra via, vera e propria mulattiera almeno nella parte iniziale, è forse il "sentiero dei Briganti" che si stacca dalla q. 824 (IGM) dall'alta Valle del Sabato, risalendo il sopracitato vallone senza nome in dir. ESE, attraversandolo presso q. 950 per poi piegare dritto a E, a N dei rami alti, in direzione della spalla NW dell'Accellica, presso la q. 1418, dove incontra il sentiero preced. e l'attuale CAI 104. Siamo sui "Ninni dell'Accellica" IGM (ma in realtà questo toponimo designava le gobbe della cresta N vera e propria), cioè a monte della testata SW del Vallone dei Briganti (senza nome su IGM) dove il sentiero escursionistico (104) che sale da N piega a sin. (E) percorrendo la cresta (= al CAI 190 o "Sentiero del Paradiso" in questo tratto). La mulattiera tratteggiata sulle IGM a 25.000 (questa anche sulla IGM 1:50.000) a questo punto scende verso l'Alto Calore prima zigzagando sui rami alti del Vall. dei Briganti e oltrepassandone anche un altro minore (nome ignoto; vedi sotto) ancora più a E, per poi discendere al Saucito (ramo principale, s.n. su IGM) presso la radura della "Dispensa" poco prima (W) dell'incrocio con il Vallone dei Catozzi (che è quello immed. a W del Vall. della Neve). E' assai probabile che il "Sentiero dei Briganti" si tenesse invece in quota e quindi, dalla q. 1418 (IGM) o poco sotto, proseguisse per le faggete sotto il versante N della cresta principale della Celeca (raccordandosi con il sentiero che sale da Colla Finestra). Questo tratto era un tempo noto come "Passaturo re Carriddro" [*][**]. *[Il carriddro, nell'antico gioco del nocino / nucelle, è il nome della castellina di quattro noci (nap. muntuniello opp. paratella) che va fatta cadere]. **[In questo caso Carriddro (pronuncia montellese per Carrillo) era il soprannome di un brigante che fu ucciso proprio in questa zona - inf. pers. di Giuseppe Capone; per altri toponimi dell'Accellica legati al Brigantaggio, vedi nota 15A]. Ho (9/1/2014) ritrovato le tracce del brigante Luigi Fusco, detto "Carrillo", su alcuni documenti: "Fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate nell'Archivio centrale dello Stato. Tribunali militari straordinari" a cura di Loretta De Felice (Ministero per i Beni culturali e ambientali. Ufficio centrale per i beni Archivistici, 1998); la documentazione (resa disponibile in rete) consta di copie d'archivio e originali di istruttorie a carico di briganti, o presunti tali, nella fattispecie di individui ancora latitanti negli anni 1864-1865. Luigi Fusco era montellese e legato alla banda di Francesco (Ciccio) Cianci. Per ulteriori notizie su Luigi Francesco Fusco (n. Montella, 28/4/1848 - morto al "Varco della Celica", nov. 1866) "Carrillo" (pron. Carriddro): F. Scandone, AVC vol. IV, p. 153-154 (n. 30); D. Sesso, Sintesi di memorie montellesi, 1934; S. Moscariello, Montella tra note e immagini, 1991, p. 193, id. ediz. 2001, p. 263.
Il 21 novembre 1866 il maresciallo D'Angelo, grazie a una delazione di un brigante, sorprese la banda di Francesco "Ciccio" Cianci nel covo dove sorgevano numerose pagliare, alle pendici del Mt. Calvello (a N del M. Cervialto tra i territori di Bagnoli, Caposele e Calabritto; secondo altre fonti le pagliare erano sulla cima del Cervialto o su quella del Calvello: su entrambe vi è una dolina che poteva ospitare un accampamento nella buona stagione, ma è più probabile che qui vi fosse solo un rifugio per chi era deputato all'avvistamento-guardia e che le pagliar sorgessero alle pendici del monte Calvello, presso la sorgente) dove il capobanda venne freddato dallo stesso maresciallo. Altri briganti furono uccisi, alcuni si arresero ed altri fuggirono. Tra questi ultimi c'era Carrillo che era stato ferito; secondo alcune voci, nel luogo poi denominato "Passo re Carriddro", presso il Varco re la Celica (= Varco del Paradiso ?), il Fusco inciampò e cadde in un dirupo; secondo un'altra versione (D. Sesso), Carrillo venne spinto dagli stessi compagni che -seppur a malincuore- lo fecero precipitare in un baratro al fine di evitarne la cattura dei gendarmi che li inseguivano, poiché la ferita gli rallentava la fuga...
Il Passaturo di Carriddro si manterrebbe a c. 1100-1200m, passando (forse) sotto la testata bassa del Vallone della Neve (IGM, c. 1100m) e doppiando lo spallone che separa quest'ultimo dal Vallone Zachela (il punto dove il brigante fu spinto in un burrone e trovò la morte) per poi raggiungere, sotto il Varco del Paradiso e il Ninno (cf. nota 15B), la testata del Vall. Savina (Vall. del Raio della Ferriera) e risalendo poi di c. 100m verso E traversando sotto la q. 1383 (IGM) della Savina attraverso lo "*Spaccaturo" (-Alto; cf. sez. Errata, in calce) e quindi puntando a S-SE al Bosco dei Pellegrini in direzione di Acerno e Montecorvino (solo future esplorazioni sul terreno e indagini archivistiche potranno gettare luce sull'accadimento appena menzionato e soprattutto acclarare l'effettivo tracciato di questa affascinante scorciatoia montana ormai dimenticata e probabilmente non più praticabile). Vedi anche sopra, alla descriz. dell'esplorazione del 29/8/2014.
Va infine aggiunto che la dizione "Passaturo" indica una traccia montana abitualmente seguita per vari scopi, cosa ben diversa dal "Passo". Il Moscariello riporta "Passo di Carrillo", mentre il Sesso scrive che l'episodio avvenne al "Varco della Celica". Vi sono pochi dubbi che quest'ultima designazione sia alternativa a "Varco del Paradiso", entrambi i toponimi erano già in uso almeno dalla fine del '700!
[11A] Vale la penda di far notare che le Carte Tecniche Regionali numeriche (CTR anno 2004-2005) in scala 1:5000 (visualizzabili online nel portale della regione) danno la priorità di quota alla cima panoramica (con croce e libro di vetta), quotata 1660,3 m (è = q. 1660 IGM e 1658m su carta Selca 1994), mentre la cima boscosa (senza quota ma "Monte Accellica" sulle IGM) è 1659,6m su CTR.
Si tratta di meno di un metro di differenza, che non dà sicurezza sulla reale preminenza (le diverse CTR di altre regioni mostrano discrepanze da pochi dm a pochi m tra le quote di cime, laddove esse siano cartografate in diverse "levate" CTR, come nel caso delle cime al confine Lazio - Abruzzo, o in annate diverse). Credo che i dati GPS siano favorevoli alla NE ("la Panoramica") di poco meno di un metro superiore alla "Boscosa" NW. E' utile qui precisarlo e per evitare equivoci (difficili da correggere in un documento come questo dove si addensano "appunti" di anni di camminate) in attesa di eventuali precisazioni altimetriche, aggiungerò alla quota della cima escursionistica l'aggettivo "panoramica" o il sostant. "croce", dato che dal 2010 vi è stata installata una croce metallica.
[12] - I sentieri CAI 111 (ex 11b) e S.I. (ex 11) raggiungono il Varco Colla Finestra rispett.: (111) dal tornante della SS574 del Terminio (al Km 16,5 a c. 990m slm) - Serra del Lacerone - Serra del Caprio (1h e 1/4 circa; invero su Barrizzulo il 111 prosegue a E per la cima del Mt. Serralonga); e (S.I.) dal Piano di Verteglia / Piano Acquenere (2h). Quindi dal Varco Colla Finestra si segue il segnavia CAI 104 per la cima (v. nota 11).
[13] - Si tratta di due sentieri che possono costituire ognuno una escursione a sè stante, quindi rendono il tratto finale (CAI 104) ancora più duro da percorrere. CAI 141 (ex 11d) dal Ponte Varo della Spina al Km 41 della SS164 - Vallone Scorzella - Barrizzulo (3h 1/2). E' un itinerario assai remunerativo, in particolar modo per le belle cascate e i giochi d'acqua che si possono osservare compiendo però alcune deviazioni (all' Urio di Cupido, alla giunzione tra Scorzella e Tufara, per poi risalire su a Botti della Tufara e, tornando indietro al ponticello (cf. IGM), continuare dal lato W sulla destra idrogr. (del Raio della Tufara) per sentierino talvolta malagevole e scivoloso, sino alla Cascata della Tufara ("Pelatone"). Se invece dal ponticello si prosegue in dir. W tenendosi sulla sin. idrogr. dello Scorzella (Varo dell'Orso, IGM) si giunge (ma questo solo come escursione a sè stante) ad un altro ponticello, i rivoli e il getto d'acqua del Troncone; si lascia a sin. la piccola struttura della captazione A.C. proseguendo verso destra (NW) e in pochi minuti si perviene, dopo alcune cascatelle minori, alla bella Cascata della Scorzella [Vedi le foto di questa mia escurs. del maggio 2012 e gli altri link in fondo alla photogallery].
Il secondo sentiero non è segnato (versanti N e poi W del Serralonga, fuori dalla Mappa fornita in questa scheda; vedi IGM): parte da un piccolo spiazzo della SS164 posto sulla destra (per chi viene da Montella) tra il Km 40 e il 39 (vi può sostare una sola auto nello spazio posto tra la ringhiera del ponte e prima del guardrail). Scendendo si arriva ad un ponte in legno sotto (E) Serra Castagna (aggiorn.: non più praticabile dal 2008, va aggirato portandosi più a sud), oltrepassato il quale si sale nel castagneto verso O, portandosi a monte dei pozzi di captazione dell'Acquedotto Alto Calore e raggiungendo poi la mulattiera che proviene anch'essa dalla strada (compiendo però un giro più largo a S): si tratta dell'antica mulattiera che univa la valle di Ogliara (e forse l'Antica Sabatia; cf. nota successiva) con il versante della valle tra Montella e Acerno. Ad un tratto (c. 920m) il fondo del sentiero diviene ciottolato e poco dopo piega decisamente verso S. Da questo punto si prosegue sulla mulattiera per altri 250m circa, prima di abbandonarla per scendere di quota di c. 160m verso W per raggiungere la Grotta del Caprone [NB 1: si consiglia di arrivarci dal basso, cioè dallo Scorzella (lasciando il sentiero dell'itinerario preced. dove compaiono i segnali blu o rossi per la grotta). NB 2: l'ubicaz. della Grotta del Caprone è riportata esattamente solo sulla nuova carta dei Sentieri dei Monti Picentini, 2009, ovvero a c. 250m W della q. 1058 IGM; la vecchia carta dei Picentini SELCA, 1997, le IGM 1:25000, 1:50.000 e le nuove CTR 5000 segnalano tutte erroneamente la grotta nel vallone immediatam. a N di quello ove effettivamente s'apre il suo stretto ingresso (quindi a NW della menzionata q. 1058 !)]. Proseguendo invece sulla mulattiera sul fianco W del Serralonga (per un altro Km, più o meno sempre attorno a q. 1000m), si sale infine a Barrizzulo per poi scendere a Colla Finestra. In alternativa si può lasciare la mulattiera dopo circa 300m dalla sopramenzionata svolta a S (quella cioè oltre la spalla N di Serra Castagna, portandosi tra la Q. 1058 e 1048m IGM) e continuare per la cima del Serralonga (1205m, la vera cima è 150m più ad E, 1207m) per poi andare ad innestarsi, sempre su Barrizzulo, sul sentiero CAI 111 (ex 11c) - S.I. (ex 11) scendendo a Colla Finestra (tot. c. 3h 1/2).
[13B] "Sabathia" non è da identificare con i ruderi (longobardi!) della Civita di Ogliara: le mura di quest'ultimo sito (c. 620m slm), poste a sud del Vallone dell'Olmo, sono visibili dalla strada (asfaltata) che porta verso Casa Masucci / Rocchi (venendo da Serino, al Km 7,6 della SS574 del Terminio si incontra un bivio in curva, con un crocifisso = loc. Valle Calda: lasciare qui la SS 574 e prendere a destra, proseguendo per poco più di 2 Km fino a notare sulla sin. un tratto di mura).
NB: il Castello di Ogliara (c. 690m), poco più di 2 Km in linea d'aria dall'omonima Civita, è invece raggiungibile dalla strada che dalle frazioni di Ribottoli / Porcole, a sud di Serino, porta verso Acqua della Tornola; poco prima di giungere all'acquedotto di Serino (tenere sempre la destra) in loc. Puzzillo, le mura sono a sin. (est) c. 3,5 Km da Ribottoli. Sono visibili anche dalla cima del Terminio, guardando in direzione dei monti Tre Cappielli - Mai, tra i castagneti sotto al Vallone della Tornola.
[Per la questione di *Sabatia e la Civita di Ogliara, cf. C.L. Woolley, La Civita in the Valley of Sabato, in: Papers of the British School of Rome, V, 1910, p. 201-212; F. Scandone, AVC I, 128-138 (Appendice III); F. Moscati, Storia di Serino, IIa ediz., Salerno 2005, p. 116-125, PDF on-line].
[14] - La Grotta dello Scalandrone, 750m slm (su alcune carte l'ingresso è erroneamente indicato a quota 800 o 850m e le IGM 1:25000 -così come le derivanti Carte CAI dei Picentini 1994 e 2009- ne collocano l'ingresso c.300m più ad est di dov'è situato in realtà), è profonda quasi 60m e si sviluppa per 450m in direzione SE. Oltre il suo piccolo ingresso (c. 1m, un tempo ancora più stretto) si apre subito il primo e più ampio salone ("Sala delle Bambine che Giocano"), una maestosa volta alta tra i 20 e i 25m, che è interamente esplorabile con un pò di attenzione (alcuni tratti sono scivolosi) e soprattutto con qualche torcia (la sala è larga 20-30m e profonda quasi 60m); si scende sulla destra ove si ammira una parete concrezionata (sembra una cascata pietrificata di carbonato di calcio) e, oltre alcuni enormi blocchi caduti dalla volta ed interamente concrezionati da millenni di stillicidio, poi alcune basse e tozze stalagmiti (paiono 3-4 larghi tamburi) presso una grossa "scultura" vagamente zoomorfa (guarda verso des., come ad indicare la direzione), ci si cala verso il fondo dell'antro dove c'e' un laghetto sotterraneo largo c. 20m alimentato da un getto d'acqua (...in estate: nelle altre stagioni diventa una fragorosa cascata alta 5m). Risalendo il cunicolo da cui proviene l'acqua che si getta nel laghetto (questo è possibile solo con adeguate attrezzature ed esperienza speleologica) si perviene ad un corridoio di 80m e alle altre sale della grotta (vedi descrizione, pianta e sezioni su: N. Russo et al, Atlante delle Grotte della Campania, 2005, p.391-2, CP 795 (cf. anche esplorazioni di G. Galdieri e comp. riportate ne Il Varco del Paradiso (Notiz. CAI SA) 1989/1, p.3, VdP 1990/3, p.2; L. Ferranti (in: Atti XVI C.N.S. 1990, 1993: PDF). Vd. anche Links ai miei Album (in basso); Cf: CAI Salerno + PDF.

- Descriz. della parete meridionale della massicciata Nord dell'Accellica (cf. L. Ferranti, 2010, p. 238-239):
A W, c. 800m, da sopra la una selletta ove passa il S.I. (a valle della quale è Serra Colle Ferro, IGM) sale la Costa della Melaina, che mena alla cresta NW verso la q. 1398 (IGM), detta "Punta Vene Rosse". Da qui alla q. IGM 1426, la cresta N compie un arco, che corrisponde alla testata del Vallone Vene Rosse, il cui paretone W è la suddetta Costa della Melaina, quello E è il costolone centrale della parete, detto "Trellicina" (Tre Lecci; su IGM questo toponimo è dato allo zoccolo del successivo costolone, quello a N = destra idrogr. del canalone che scende dal Butto della Neve). A E di Trellicina si apre il Vallone Butto del Laurenziello (IGM) che è delimitato a E da un massiccio costone di roccia che scende in dir. SW dai contrafforti meridionali della cima q. 1660 e anticima N, 1658: la base di questo sperone è detta Rasula delle Murelle (ma ivi compare l'indicazione "Trellicina" sulle IGM) e il successivo vallone, che la delimita a E, è detto Butto della Neve (cf. nota successiva) nella sua parte più alta (tra q. 1083 e c. 1200 dove c'è il vero e proprio imbuto roccioso e la direz. in salita è ENE, con testata sotto lo zoccolo W del Ninno) mentre più in basso, ove il canalone ha direzione N-S per un centinaio di metri (costeggiato più in alto dal sent. 106B) per poi scendere verso SW alla Rasula delle Murelle (Trellicina su IGM) lo si potrebbe indicare più propriamente come Vallone del Butto della Neve o Vallone (della Grotta) del Lamione.
[15]
(A) - Il Butto della Neve (foto con neve; foto senza neve) è un colatoio roccioso (q.1150m c., alto c. 60m) situato al di sotto del Varco del Paradiso, sul versante giffonese (SW) dell'Accellica; la sua testata alta coincide con la base del Ninno e il Varco d. Paradiso (N), mentre il tratto a valle del salto roccioso, che scende verso la base della Rasula d. Murelle (a E di Trellicina), è qui denominata Vallone del Butto della Neve. La zona attorno al colatoio/salto roccioso è soggetta a frane (2005; ciò vale anche per le pareti occidentali della cresta sud) ed è pericolosa d'inverno e a inizio primavera. Sebbene esposto a OSO, resta spesso alla sua base -anche in piena estate- un enorme cono di neve di più di 10m d'altezza, nevaio semiperenne [Link: CAI Salerno]. L'imbuto è formato da roccia compatta, di qualità superiore a quella degli strati della montagna a più alta quota, ma il potenziale alpinistico è basso (fare attenzione anche al crepaccio che si forma tra la sommità del nevaio e la parete del colatoio).
Per raggiungere il Butto vero e proprio (+ q. 1150m) bisogna risalire dalla Grotta dello Scalandrone o dai Piani di Giffoni (S.I. - 106) e imboccare il sent. 106B (tornante successivo a quello della deviaz. per la grotta, c. 820m, a sin., poco prima dell'innesto sul CAI 103A); oppure direttam. risalendo per tracce -via non segnata- la sin. idr. del Vallone del Butto (come in escurs. del 10/5/2014).
Il 14/6/2015 (vedi link escursioni) scesi in solitaria (calandomi a SW, dal Varco del Paradiso N) fino alla sommità/ciglio del colatoio: inizialmente pensai si trattasse di un butto "superiore" (e di dimensioni ridotte), ma confrontando foto e carte topografiche credo che arrivai invece proprio "in cima" al salto del colatoio del Butto della Neve: [Foto 1 - Foto 2]. BUTTO DELLA NEVE (3 foto a confronto).
Il 22/6/2019, Francesco Raffaele ed Elio Dattero hanno risalito il tratto compreso tra la Captazione/Grotta del Lamione e l'innesto con il Canale della Pettinessa (pr. q. 1000), poco a monte del quale transita il tratto finale del sentiero CAI 106B. Al link anche una nota toponomastica sul termine "Butto" (e altri microtoponimi in cui esso ricorre a Giffoni, Montella, Bagnoli I., Volturara I. Solofra, Cervinara etc).
Il sentiero che raggiunge il Butto della Neve, CAI 106B, ripristinato dal CAI di Salerno nel 2002 (come ricorda una targa apposta poco prima di giungere al Butto), è la parte finale di un'antica mulattiera che i giffonesi utilizzavano per procurarsi il ghiaccio (così come i Montellesi facevano sul versante N dell'Acellica, nel Vallone della Neve). Persone del posto ancora ricordano che i cumuli di ghiaccio raqccolti nel Butto venivano portati più a valle, ai Piani di Giffoni, dov'erano stivati in apposite "fosse della neve" o neviere (dial. Nevere) protette dalle chiome degli alberi (e da uno strato di felci). Da qui erano trasportate in paese e vendute per i vari scopi a cui serviva il ghiaccio (conservazione di alimenti e altre sostanze, scopi terapeutici, sorbetti etc) e secondo ben precise norme e criteri (cf. A. Guerriero, 2008).
Nelle calde giornate invernali o all'inizio della primavera, lo scioglimento della neve rende assai pericoloso il transito sotto le pareti, quindi l'intero sent. 106B è da evitare categoricamente (le slavine possono portare violente scariche di sassi o determinare vere e proprie frane!).
Poco prima di raggiungere il Butto, dal 106B si diparte a des. un sentiero che risale ripido fino al Varco del Paradiso: è il cosiddetto "Tracciolino del Ninno" (Vedi mia 1a escurs. al TdN; Vedi il PDF di Sandro Giannattasio -a cui si deve la denominazione- nei Links in calce, opp. la descrizione sul libro dei Sentieri della Carta del Parco Regionale dei Monti Picentini, 2009 -anch'esso on-line nel sito web del Parco, sent. CAI 106B e CAI 190; vedi anche su L. Ferranti, Appennino Meridionale, 2010, p. 236). Aereo in alcuni punti, non presenta difficoltà notevoli (spec. in salita) eccetto un pò per l'orientamento (ma vi è un minimo di segnaletica CAI) e nessun passaggio 'alpinistico'. [c. 1h dai P. di Giffoni al Butto/iniz.Tracciolino, + 1h Tracciolino - Bivacco Valsavin = Varco del Paradiso Sud (da qui in 30 min. si è alla cima Sud, in 45 min. all'Anticima N, q.1658 dell'Accellica)]. Il "Tracciolino" si sviluppa quindi prevalentemente sulla spalla boscosa tra Butto della Neve (a N) e Canale della Pettinessa (a S).
Questa via esplorativa venne individuata e percorsa per la prima volta da Sabatino Landi ed Enzo Perrone il 5 luglio 1987, che risalirono fino al Varco del Paradiso (N), Landi proseguì fin sul Ninno. La "Diretta al Varco del Paradiso e Ninno" fu documentata da una relazione dello stesso Landi apparsa sul 2° numero de "Il Varco del Paradiso", notiziario del CAI di Salerno (1987/2, p. 1 e p. 5).
Poco a valle del colatoio del Butto della Neve (pr. q. 1083 IGM) vi è un altro alto "Butto", esposto a S e con assai minore accumulo di neve alla base. A sin. della parete (così come più a valle, presso la Captazione del Lamione) si diparte una labile traccia che conduce ai prati della Rasula delle Murelle (costola situata tra il Vall. del Butto d. Neve e il Vallone del Butto del Laurenziello), da dove per facili rocce (pass. II) si sbuca in cresta N, a W dell'Anricima W dell'Acellica Nord.

Il Canale della Pettinessa si incontra sul percorso per il Butto della Neve, c. 150m prima della svolta (a des.) che dà l'accesso alla parte terminale e più inforrata del Butto. Il Canale Pettinessa scende da poco più a N della cima Sud sul versante W della Pettinessa. Nei 100m più alti è una parete rocciosa; a c. 1450m c'è la testata del canalone che, tra le q. 1450-1380m circa è esplorabile (da S dal vecchio sent. del Valico della Giumenta -oggi interrotto da frane- o da quello che un po' più in alto si distacca al Varco della Pettinessa raggiungendo l'ultimo tratto, quello più alto, del Tracciolino del Ninno). A c. 1370m c'è un salto di una quindicina di m. e più giù, dopo altri tratti in canale, questo diviene colatoio; visto da W (ad es. dalla Rasula d. Murelle) si presenta infatti come un roccioso "butto" gemello del più noto Butto della Neve: più o meno alla medesima quota e con simile altezza (c.30m) e orientamento (WSW) essi sono separati dal dosso boscoso che scende verso WSW da poco più a S del Varco del Paradiso Sud, dosso su cui passa una traccia di cinghiali e il già citato "Tracciolino del Ninno". A q.1130m c. il canale è un valloncello e qui vi confluisce un canale secondario più meridionale (direz. WNW: è la prosecuzione di quello che sulla cresta si attraversa con manocorrente in acciaio pochi metri prima di arrivare sulla cima Sud da S) mentre più giù (c. 1060m) un terzo canale-valloncello (che scende in dir. NW) entra nel Canale Pettinessa che finalmente, a q. 1000m (vedi carta da CTNR - 468013 - Raione), si congiunge con il Vallone del Butto della Neve, che in questo punto scende da N e piega immediatamente dopo a SW in direzione del ramo della Grotta del Lamione (di recente captato) e delle sorgenti presso la Grotta dello Scalandrone e Capo di Fiume.
In molti tratti del Canale Pettinessa resistono spesso lunghe lingue di neve fino a primavera inoltrata ed è possibile che ci sia almeno un nevaio simile al Butto della Neve (benchè meno costantemente ombreggiato data l'esposizione e la mancanza di pareti simili a quelle che difendono il Butto).
[Recenti esploraz. al Canale Pettinessa: S. Giannattasio - E. Apicella, 20/5/2012; S. Giannattasio, Maggio 2013; F. Raffaele 13/8/2013 e 8/9/2013].

Per altre 3 risalite (a metà tra escursionismo e facile alpinismo) del versante meridionale della parete Nord dell'Accellica, vedi L. Ferranti, op. cit. 2010, p. 240-241:
1) Dal S.I. / CAI 106, per Costa della Melaina su per il colatoio che sbuca in cresta NW sotto la q. 1398m IGM (L. Ferranti, loc. cit., itin. 88c: diff. F-, disliv. 1050m, diff. F-, Tempo medio circa 5h).
2) Dal S.I. / CAI 106, alla Preta 'e Miezojuorno, per il Vallone Vene Rosse (IGM) e quindi sulla costola di Trellicine (it. 88d, EE/F-, disliv. 1050m, TM 4h e mezzo) e il Varco del Pruvusiere / o del Petrusiello e infine sul sent. CAI 104.
3) Per il Butto del Laurenziello - in realtà per la Rasula delle Murelle [*] - (it. 88e, EE/F-, disliv. 1000m, tm 4h), vedi foto, descrizione e traccia della mia prima risalita per la Rasula (12/8/2013).
*[Forse da interpretare come Rasula di Mauriello: sono entrambi nomi di briganti di fine '700 - inizio '800: Lorenzo de Feo, detto "Laurenziello" (S. Stefano del Sole, 25/6/1774 - Avellino, 6/5/1812); Pasquale Mauriello, detto "Vuozzo" (di S. Andrea di Conza)].
"Laurenziello" fu tra i più celebri briganti dell'800. Cf. A.M. Carpentieri, "Laurenziello nella storia e nella leggenda", 1902; F. Scandone, L'Alta Valle del Calore, vol. IV, 1953, p. 38 e seg.; e soprattutto O. De Biase, "Laurenziello. Lorenzo de Feo di Santo Stefano e il brigantaggio durante il decennio napoleonico", 2008. Effettuò numerosi rapimenti, delitti e altre malefatte. Fu catturato nel Bosco della Cerreta di Moschiano, presso Nola, tra il 17-18 novembre 1811 e, dopo essere stato portato in carcere a Napoli, il processo venne istruito nella primavera dell'anno successivo. Il giorno della condanna, che avvenne in Piazza Libertà ad Avellino (allora Largo dei Tribunali) il 6 Maggio 1912, fu funestato da un tragico avvenimento: al momento dell'esecuzione di Luigi de Feo, questi - era il fratello del Laurenziello- chiese di parlare al pubblico, che quindi si avvicinò al patibolo. Uno dei gendarmi, nel far posto, fece inciampare alcune persone, e ciò scatenò un falso allarme che mise in guardia alcuni soldati della truppa, i quali cominciarono a sparare tra la folla per sedare quello che pensavano fosse un ultimo tentativo di liberare i briganti. Morirono un uomo e tre donne e restarono a terra anche 17 feriti. Eseguita l'impiccaggione dei 5 briganti, i loro corpi restarono per 12 ore a penzolare sulla forca nella piazza di Avellino, dopo di ché, come da disposizioni, la loro testa venne recisa ed impalata su alte pertiche poste in vari luoghi. Quella di Laurenziello venne posta su un alto palo della strada consolare per la Puglia al bivio di Atripalda, quella del fratello all'ingresso del loro paese natio, Santo Stefano (De Biase, op. cit., 139 seg.).
In relazione al toponimo "Butto del Laurenziello" (in alcune carte anche "Botro del ..."), va detto che non ho ancora avuto la possibilità di compiere ricerche sulla cartografia ottocentesca, in partic. del territorio di Giffoni VP, in cui ricade questa località. E' da presupporre che il nome sia entrato in uso poco prima della metà dell'800, quando la figura del Laurenziello era ancora ricordata e se ne sviluppo' un'aura quasi leggendaria. Sui tre testi citati (Carpentieri, Scandone e De Biase) non compare alcun riferimento alla frequentazione da parte della banda di Laurenziello del Monte Acellica, ma la monografia di De Biase menziona (op. cit., p. 87-90, 97, 102, 105, 109, 122, 125) la "Piana di Giffoni", la "Grotta dell'ETERNITA'" e "le montagne del FAVALE", quali luoghi frequentati dal Laurenziello. I Piani di Giffoni sono a poco più di 1 Km (in linea d'aria) dalla loc. Butto del Laurenziello, e questa zona dista poche ore dal Favale, che è a ovest dell'Acellica, in territorio di Giffoni VP, presso il confine con quello meridionale di Serino (zona di Varco del Pistone). Quindi il toponimo fa riferimento proprio al soprannome del brigante Lorenzo de Feo di Santo Stefano (cf. anche S. Moscariello, Montella tra note... ediz. 2011, p. 255). La citata Grotta dell'Eternità al 2020-2021 non risulta ancora inserita nel Catasto Speleologico della Campania, benché sia nota da alcuni proprietari locali. Sul web mancano notizie affidabili per raggiungerla ma, come indicatomi da locali, è visibile dalla sterrata che scende da Casa Rocchi in un affluente di sin. del Sabato (ramo proveniente dal Favale, poco a monte della confluenza con quello delle Radiche che scende dalla "Portella di Mondridauro" o Porta di Monte Diavolo, a est del M. Pizzautolo) per risalire al Favale. E' situata pochi metri a monte del detto corso d'acqua (così come indicato anche nelle descrizioni d'archivio sul Laurenziello riportate da De Biase), sopra la sua riva destra (quindi percorrendo il tratto di sterrata che da Casa Rocchi va in direzione del Favale, calando a nord del rivolo, la si scorge sulla sinistra, a q. 690m ca.). L'ho personalmente visitata con l'amico Elio Dattero il 20/9/2021 (vedi descriz. delle escursioni): ha un ingresso a volta (a forma di falce di luna, che guarda verso sud) alto alcuni metri e vistoso, ma dopo pochi metri si abbassa e costringe a procedere carponi o a strisciare a terra. Poco oltre c'è una stretta diramazione a sinistra che dà in una sala (occupata da chirotteri e accessibile anche da una più ampia diramazione che si diparte poco più avanti), mentre il ramo principale continua verso nord, suborizzontale, (senza scendere eccessivamente), con alcune strozzature alternate a sale più ampie ove ci si può alzare in piedi, fino a chiudersi definitivamente sul fondo a ca. 45-50m (?) dall'entrata. Non sembra ci siano ulteriori cunicoli, ma andrebbe esplorata da speleologi esperti (semmai non sia già stato fatto, il che però avrebbe automaticamente fatto inserire la cavità nel Catasto). Difficile essere sicuri sull'attribuzione di questa grotta a quella storicamente nota come "Grotta dell'Eternità", ma la descrizione e il ricordo nella tradizione locale sembra convincente a tal proposito.

- (B) Veniamo ora al fronte Nord-orientale: Sul lato N(E) del Ninno, opposto al Butto della Neve, si estende il cosiddetto "Vallone del Ninno" che è di assai difficile e pericoloso accesso nel tratto finale (la sua testata coincide con la base del Ninno), sotto la parete verticale (NE) del Varco del Paradiso. Una catena sale il tratto finale fin sul Varco del Paradiso, colletto Sud-Est (sotto al Ninno).
Per l'attraversamento del Varco del Paradiso sull'esterno, passando cioè ad Est del Ninno, cf. S. Giannattasio su L. Ferranti (2010) p. 235-237 (passaggi alpinistici di I-II grado, nel compl. F ma da percorrere con attrezzature alpinistiche; non è attrezzato, se non nel salto finale che consente di risalire i pochi metri di pendenza al colletto N). La traversata dal Varco del Paradiso fin sopra la testata del Vall. Zachela (v. oltre) e quindi all'Anticima N(E) q. 1658, non mi risulta sia (più?) percorribile, a causa di frane (un tempo il "Passaturo di Carriddro", che si tiene in quota sul versante N, doveva traversare non in questo punto ma oltre 300 metri più a valle (Q. 1100-1200m), consentendo ai briganti di passare dal versante del Sabato / Serino a quello Acernese; vedi meglio in nota 11).
Più in basso il Vallone del Ninno è noto anche come Vallone della Savina o Rajo d'e Ferrere o Raio della Ferriera (*), o ancora Vallone del Pistillo (C. Landi Vittorj, 1968); la diramazione che (q. 1040m) sale a ovest, rocciosa e scoscesa, in dir. della cima N dell'Acellica è detta Vallone Zachela (o di Za' Chela; G. Capone, inf. pers., propone anche il nome Vallone Bianucci: Vito Bianucci era un ricercatore universitario pisano che lì trovò la morte nell'estate del 1982 scivolando su un ripido pendio di falasca mentre effettuava ricerche e fotografie per i suoi studi sulle faggete appenniniche. In quell'anno uscì un suo articolo: "Ricerche sull'accrescimento dei novellati e delle spessine di faggio dell'Irpinia", in: L'Italia forestale e montana, n. 5, 1982, p. 217-242; cf. S. Puglisi, in: Hermanin, La Marca, "Scritti in onore di Mario Cantiani", 2009, p. 55).
Una ben visibile parete ("mesola") alta 100m (che guarda a NE ed E, attorno ai 1400m di quota) separa la testata alta di Zachela da quella del Vall. del Ninno-Savina. E' forse il punto, ben visibile dal fondovalle dell'alto Calore, identificato dal toponimo "Ripe re la Celeca". Il Vallone della Savina/Ninno [o delle Ferr(i)ere] confluisce nel ramo principale (Saucito) a q. 730m, poco sotto Casa Marinari (IGM).

(*) [NB: E' probabilmente eronea la denominaz. di "Rajo delle Ferrere" attribuita talvolta al troncone principale dell'Alto Calore che scende da Colla Finestra fino al Porcino Marinari e che, più a valle, alla "Jonta" (presso il Km 38 della SS164) s'incanala nel ramo secondario proveniente da S (acque dei Pitiniti, Cerasa etc.): questo tratto dell'Alto Calore, che è il "vero" ramo sorgentizio, si chiama invece Saucito (NB: nome che sulle IGM è riportato erroneamente a N della Savina e W della Savinella; vedi oltre). Il toponimo "Raio delle Ferriere" o "Raio della Ferriera" è invece da riferire al Vallone della Savina / del Ninno, in ragione di un'industria Ferriera, del tipo più antico, che ne utilizzava le acque [la ferriera esisteva già in età angioina dal 1332, cf. F. Palatucci, Montella ieri e oggi, 1969, p. 53: "Il 1332 c'era in Montella anche una ferriera, una delle tre esistenti nel principato Ulteriore. Le altre due si trovano ad Avellino e ad Atripalda. Ruderi di una ferriera di età posteriore sono ancora visibili a destra del Calore, in contrada Prebende..."; per le altre ferriere del Principato Ultra e del Sud-Italia: F. Barra, Per una storia della siderurgia meridionale... 2004, p. 44], oppure a causa del colore rosso ferruginoso delle acque che da qui provengono, come mi suggerisce G. Capone, inf. pers. 23/7/12, che ha spesso notato questo particolare. Nella relazione della Carta idrogeologica 1:50.000 (Corniello et. al, 2008 - PDF, tab. p. 76) le 5 sorgenti del "Raio della Ferriera" sono situate e riportate sulla carta (con coordinate UTM), la prima e principale, in loc. Mass. Marinari, le altre, anch'esse captate, più a monte nel Vall. Savina (loc. *Saucito, sic)]. In F. Palatucci le principali sorgenti dell'Accellica sono elencate (evidentemente da W a E e da N a S): "Dal massiccio della Celica sgorgano le sorgenti di Saucito, del Vallone della Neve, della Ferrera, delle Peteniti, della Melella, della Cerasella, della Rotonda" (op. cit. p. 5). Per le ferriere di Montella cf. anche F. Scandone, AVC, I, 105 (nota 1); per la denominaz. di "Raio di Ferrera" e "Raio di Saucito" inversa a quella qui proposta, cf. F. Scandone, op. cit., I, 100 seg.
Per quanto riguarda l'attribuzione-collocazione del toponimo "RAIO DI SAUCITO" dovrei consultare qualche testo ottocentesco, ma una prova -già definitiva- dell'inesattezza delle IGM (credo sin dalle versioni più antiche) è data da un passo di F. Scandone (L'Alta Valle del Calore, Il Municipio di Montella... vol. III, 1920, p. 209 e seg.) ove si tratta delle liti demaniali tra Montella e i comuni vicini. Si legge (op. cit., p. 210-211) che il 22/4/1791 Girolamo Mascaro, marchese di Acerno, ottenne una sentenza di scioglimento circa l'incertezza del confine dei suoi feudi con quelli di vari comuni limitrofi. In particolare, per quanto concerne il confine tra Acerno e Montella, il marchese lo "spostava" di parecchio a Nord, a danno di Montella, come si legge (p. 211, nota 2): "II. Con Montella, partendo dalle Canalecchie, o Spino dell'Asino si perviene in linea retta al Vallone delle Mezzane, e vallone vallone si esce alle Peteniti, si sale acqua acqua per il Vallone delle Ische del Milo e si giunge a Saucito, e, salendo per lo stesso vallone, si giunge a Colle Finestra, trifinio tra Montella, Acerno e Giffoni". Ciò che interessa qui non è l'esattezza del vecchio confine tra i vari municipi, bensì la collocazione toponomastica, che si segue facilmente avendo innanzi una carta IGM 1:25000: da Canalicchio (Porcile Varallo) si procede verso ovest discendendo uno dei due valloncelli a Nord del toppolo con i ruderi del Castello della Rotonda (q. 894m IGM) per il Vallone delle Mezzane (attualm. Vall. Selecone / Salecone) quindi giungendo a Pitinite da dove si risale Ische del Milo (sorg. Melella?) nell'attuale loc. Cocuzzi e perciò giungendo a Saucito e procedendo per lo stesso vallone sino a Colla Finestra, ci indica che Saucito era nell'attuale zona di Masseria Marinari (IGM) e il suo Raio quello principale che scende da Colla Finestra. La collocazione su IGM è tralaltro improbabile visto che la pianta cui il fitotoponimo fa riferimento difficilmente crescerebbe sul semi-impervio versante Nord della Savina, zona che inoltre avrebbe ben poca necessità di ricevere un identificativo toponomastico data la sua natura scoscesa e piuttosto selvaggia.


Il canalone successivo al Raio della Ferriera/Savina, in direzione ovest, è il Vallone della Neve (IGM). Foto VdN 1. [NB: Descirzione aggiornata e dettagliata del Vallone della Neve -> 10/12/2016].
Il Vallone della Neve è l'unico tra quelli sul versante nord dell'Accellica ad essere denominato sulle IGM. Non è un caso dato che, fino al secolo scorso, vi ci si recava regolarmente con i muli da Montella a raccoglierne la neve per uso domestico, gastronomico, farmaceutico, prima dell'invenzione delle tecnologie per la produzione artificiale del ghiaccio. Il tratto basso del Vallone della Neve (i.e. sopra il punto in cui lo s'incorcia percorrendo il sentiero CAI 104 per Colla Finestra, a poco più di 10 minuti dal Porcino/ Mass. Marinari) è piuttosto selvaggio, con piccole cascatelle e un paio di saltini evitabili su uno o entrambi i lati, mai chiusi (15-20 min. dal sent. 104 alla spianata della Captazione idrica, q. 900m c.); un ponticello intasato di rami e tronchi ostruisce in parte il corso del ruscello immediatamente a valle (N) dei fatiscenti, ma attivi, impianti del Consorzio Alto Calore. Al fine di preservare l'integrità ambientale di questo "ramo verde" del VdN, è preferibile non percorrere questo tratto (specie in comitive numerose; possibile pres. di salamandre su terra, fogliame e rocce). Comunque un paio di sentieri, o meglio tracce (oggi sono un po' intasati dalla vegetazione e ormai usati più che altro dai cinghiali) consentono di risalire la parte bassa della spalla a E del Vallone in oggetto per poi ridiscendere nel suo alveo più a monte: le tracce si dipartono da quello principale (= CAI 104) l'una a c. 3 min. di marcia dopo l'edifico della Captazione AC di loc. Mass. Marinari, l'altro più avanti (vedi su IGM), c. 5 min. prima del punto in cui il sentiero principale oltrepassa il Vallone della Neve (in alcuni punti lambisce il burrone orient. del Vallone e intercetta prima i pozzetti in cemento della captazione idrica, quindi un lungo sgrottamento in una parete di roccia chiara e friabile).
Salendo verso S dalla traccia più orientale delle due (cf. IGM), si raggiunge in c. 10 min. un altro antico porcino (piccola masseria) da tempo abbandonato, il porcino Gatta (indicato ma non nominato sulle IGM; inf. pers. G. Capone), poco sopra il quale (in dir. SW) si passa in una radura con un "'impruscinaturo" (pozza di fango in cui i cinghiali si rotolano per rinfrescarsi ed eliminare i parassiti) a destra del quale (W) continua il sentiero che in pochi minuti scende nel qui largo alveo del V.d.N., presso il ponte di cemento (per tubazioni idriche, q. 862m IGM) e, 20m più a monte, si porta presso i muretti del fatiscente (seppur operante) impianto dell'Alto Calore, in un ambiente selvaggio e affascinante. Da qui si risale il Vallone (SSW) raggiungendo subito una bella strettoia rocciosa ricurva tra alte pareti, enormi tronchi caduti e sfasciumi vari intasano il tratto, spec. immediatamente dopo lo stretto passaggio; poi dai 1000m l'andamento è un po' più regolare (dir. SW) ed è facile incontrarvi la neve sotto lo strato di foglie, anche d'estate, fino su alla testata bassa (c. 1100m; 1090,5m dat. su Carta Tecnico Numerica Regionale, n. 468014, "Monte Accellica").
Da qui la cima nord della montagna è raggiungibile solo con grande fatica, esperienza e attrezzature alpinistiche (mi ci sono recato per la prima volta il 22/7/12): il ramo principale sale (in direz. SW) con piccoli ma continui salti rocciosi mentre quello W (in dir. W) è più boscoso ma sempre con discrete o alte pendenze (io ho risalito la spalla tra i due per c. 150m, fino a quota 1300c.).
In attesa di altri sopralluoghi, non credo ci sia la possibilità di risalire direttamente in cima senza attrezzature; per l'eventuale percorso "escursionistico" bisogna uscire dal vallone: lo si fa sicuramente all'altezza della palazzina di captazione A.C. (a c. 900m, salendo in dir. NW per c. 100m e poi, raggiunto il culmine della spalla boscosa, si piega decisamente a SW risalendo fino alla cresta N presso la cima 1660m o poco più a W); in data 5/5/13, risalendo il vallone dall'innesto sul CAI 104 fino al ponticello-edifici e oltre la "strettoia" rocciosa (oltre la quale era fittissimo l'ingombro causato dai rami tronchi precipitati dall'alto) sono uscito dal fosso principale risalendo a des (W), entro e non oltre q. 1050m (arrampicata F su pendenze erbose fino a 60°) muovendomi poi su una traccia di cinghiali sotto una fascia di rocce verso des. = N per poi guadagnare vecchi sentieri di cacciatori sullo spallone boscoso a W del Vallone (spalla che già discesi a luglio 2011, partendo dalla cresta N in corrispondenza o poco a W della cima boscosa (Q. 1659m CTR). In discesa dalla Cima NE (1658m carta Selca, ma 1660 IGM e CTR) può risultare più difficoltoso il passaggio tra il Vallone della Neve (a E) e quello successivo a W [senza nome su IGM, detto localmente Vallone dei Catozzi (= Carbonai; inf. pers. di G. Capone)] ove s'incrociano diversi sentierini che tagliano a mezza costa da E a W (cf. nota 11).
In discesa, tenersi perciò il più poss. a destra (E), cercando di stare vicini all'orlo occidentale del grosso imbuto che forma la parte alta del VdNeve (poche decine di m a W della Croce metallica di q. 1658): qui il fitto bosco non presenta asperità, mentre appena poco più a W s'incontrano le diramazioni orientali dell'alto vall. dei Catozzi, ove è necessaria la corda per discendere (in doppia) i vari salti. Comunque si sconsiglia di percorrere questa "direttissima" alla Cresta Nord (specialm. in discesa) se non si hanno attrezzature adeguate per orientarsi e per eventuali calate sui salti rocciosi degli impluvi della parte medio-alta del versante N: pur essendovi già passato sia in salita che in discesa, il 18/5/13, tenendomi troppo a E, sono finito dentro il Vallone della Neve, dovendo bivaccare per sopraggiunta oscurità (passaggi da 45 a 75°, e brevi tratti quasi verticali, assicurandosi con corda doppia di albero in albero) e quindi finendo la discesa il mattino successivo a c. 50m a valle del culmine del vallone vero e proprio (ovv. il punto q. 1090,5 m CTR, cf. anche escurs. 22/7/12), dove esso s'impenna verso la parte più alta, ampia e precipite dell'imbuto che soggiace all'anticima NE.

Per concludere, i restanti tre valloni del versante settentrionale, tutti non nominati sulle IGM, sono: quello immediatamente a W del Vall. della Neve è il già menzionato Vallone dei Catozzi (Catuozzi = Carbonaie) che non è escursionisticamente risalibile (il 17/6/12 ho incontrato difficoltà a discenderlo provenendo dalla cima N anche con cordino: salti troppo alti nella parte alta e impossibilità di fissare la corda doppia); lo stesso dicasi per il successivo vallone (nome ignoto nelle fonti) che sbuca in loc. "Dispensa". Sempre il giorno 17/6/12 sono invece riuscito a ridiscendere il ramo centrale (?) del Vallone dei Briganti (il displuvio più occidentale, non di molto inferiore al Vall. della Neve e al Raio della Ferriera quanto ad estensione della testata alta) che sbuca nel Calore meno di 1 Km a E di Colla Finestra; ma essendo già sera e in mancanza di altre esplorazioni, è difficile dire da quale delle molte testate alte sono giunto al canalone principale).
[16] - Come accennato più sopra, La Savina è quel braccio di dorsale che si innalza a poche centinaia di metri a NO delle Croci di Acerno (in loc. Li Curtuni, ovv. sul lato W dello "Stretto del Passo" che nell'alto Medioevo era controllato dal Castello della Rotonda, i cui ruderi sono sull'altura a 894m -IGM- all'altro lato/E della stretta; cf. G. Marano, 2014) e procede verso SO in direzione della Pettinessa (estremità settentr. dell'Accellica Sud). Poco a E della cima della Savina (1303m) la cresta della stessa si unisce ad un troncone proveniente da N (la Savinella, con due cime poste più a N, a 1051m e 1053m che, dopo una groppa, s'impenna fino a congiungersi appunto alla Savina). Il bosco dei pendii N della Savina è chiamato "Saucito" sulle IGM; il torrente che sgorga provenendo dal "Varco del Paradiso" è detto Raio di Saucito (in: F. Scandone, AVC, 1911, 100) o Vallone della Savina o Vallone del Ninno (ma vedi nota 15 per la questione del toponimo Raio di Ferrera che potrebbe coincidere con questo vallone).
Secondo lo Scandone (AVC, I, p. 27 e n.4, p. 128 e n.1) il toponimo Savina conserverebbe il ricordo della presenza delle genti sannite (Safinim -> Samnium) su queste terre o essere un 'baluardo' naturale sul confine (sudorientale) del territorio sannita.
Di seguito descrivo due possibili itinerari escursionistici (entrambi non segnati).
--- E' possibile raggiungere il versante sud della Savina partendo dalle Croci di Acerno (carta d. escursione 2/9/12 alla Savina).
Dopo un tratto su sterrata (= inizio del sentiero CAI n. 105, purtroppo con sgradevole vista di ampie zone selvaggiamente disboscate) si perviene alla sorgente Pietra con l'Acqua (992m, spesso secca) dove si devia decisamente verso N per guadagnare la cresta poco sotto i 1300m dopo una relativamente breve ma dura camminata tra fitta vegetazione in forte pendenza. La dorsale è piuttosto ostica e scoscesa già dai 1400m in su (fondo assai instabile in molti punti), ed è sconsigliata ai non esperti e pericolosa da percorrere senza attrezzature negli ultimi 200 metri di dislivello, cioè sul tratto finale che conduce alla cima Sud dell'Accellica.
A questo punto, se non si può/vuole salire per la via ferrata, si può tornare sui propri passi e proseguire verso E-NE alla cima della Savina (1303m) poco oltre la quale parte, in corrispondenza di due faggi dai tronchi contorti, un sentiero che scende verso N (N-NO) lungo il versante settentrionale della Savina. Il sentiero, inizialmente difficile da seguire a causa della foltissima vegetazione nella zona di *Saucito (IGM, ma erroneamente: cf. not 15), porta verso il fondo del grande vallone che scende dal Varco del Paradiso (Rajo r'e Ferrere - Vallone del Ninno). Qui finalmente s'incontrano dei pozzi, sorgenti e una mulattiera che procede lungo il fianco orografico destro del vallone fino a raggiungere Masseria Marinari, dove ci si immette sul sentiero CAI 4 che segue il ramo principale dell'Alta Valle del fiume Calore (a sin.=O per V.co Colla Finestra, a des.=E per la SS164, Km 38).
L'itinerario descritto ha un dislivello in salita di c. 550m, difficoltà E+, si sviluppa per circa 7Km ed è percorribile in 4 ore.
Conviene ovviamente lasciare un'auto al KM 38 della SS164, per evitare di dover tornare alle Croci di Acerno a piedi (3,5Km).
[Questo sentiero è descritto in: A. Perciato - P. Del Prete, Monti Picentini... 2007, p. 148-151 (itineriario n° 26)].
A c. 15 min. dalla partenza su sterrata (sbarra alle Croci di Acerno), quindi prima della sorgente sopra menzionata, si incontra una curva sopra la quale si notano i segni del sentiero CAI 190 ("Sentiero del Paradiso") che sale ripido direttamente alla cima della Savina (in c. 1h e 1/2). Il 9 Nov 2008 ho percorso questo sentiero, tutta la cresta della Savina, e la ferrata a S del Vallone del Ninno, fino alla Cima Sud dell'Accellica in 3h e 1/2 (includendo una mezz'oretta di sosta sulla cima della Savina). Il sentiero è ben segnato e si può percorrere anche senza imbragature, ma in almeno 3 punti l'ausilio del cavo d'acciaio è fondamentale: senza di esso sarebbe molto più pericoloso e faticoso raggiungere la vetta (comunque è di diff. alpinistica I e i burroni che si superano non sono così paurosi come quelli della ferrata che collega la cima Sud e il Ninno).
Una breve appendice della "Via Ferrata" (o meglio 'itinerario attrezzato'; cf. nota 18 per la parte principale della ferrata) F. Raso, conduce alla Cima Sud attraverso il versante NE della Pettenessa, con attacco nei pressi della selletta/varco sotto la q.1383m della Savina, lo "*Spaccaturo" (o Varco Pettinessa-Savina, s.n. su IGM; ma per questo toponimo vedi la sez. ERRATA, dopo le Note). Ci si giunge in c. 2h dalle Croci di Acerno per il sentiero CAI 190 (che in questo tratto non passa per la cresta ma si tiene un pò più giù, lato sud) si lascia a sinistra un caratteristico arco di roccia e dopo un'indicazione (bolli rossi) su faggio e la citata selletta dello 'Spaccaturo Alto' una breve salita porta alle roccette a destra delle quali parte il primo cavo [in presenza di ghiaccio fino ad inizio 2011 poteva risultare indispensabile l'attrezzatura alpinistica per superare i pochi metri che portano al primo cavo d'acciaio, ma dai mesi successivi il CAI di Salerno predispose un ulteriore cavo più in basso presso il grosso faggio a destra, coprendo quasi per intero la prima paretina di roccette e erba, alta c. 9-10m ed esposta su uno scivolo in forte pendenza che precipita nel Vallone del Ninno. NB: D'inverno questo sent. attrezzato è percorribile, con ramponi, piccozze e attrezzatura da ferrata, solo nel caso in cui ghiaccio e/o neve alta non ne rendano impossibile l'uso dei cavi. Altrimenti diviene molto più difficile e pericoloso e in ogni caso si trasforma in una via alpinistica su cresta e canalini (F+/PD-, passi di II-/II+ esposti, ma la valutazione può dipendere molto dalla quantità e qualità di neve e ghiaccio che si trova; per ulteriori info leggi il mio reportage dell'escursione 10/3/11 e della risalita del 13/2/2015)].
Dall' intaglio (Spaccaturo Alto) si può anche scendere giù per tracce di cinghiali, immediatamente fin sotto alla testata del Vallone del Ninno per poi risalire al colletto S del Varco del Paradiso con facili passaggi alpinistici (II-) su roccia e poi per un colatoio alla base del Ninno, superando il muretto finale con l'ausilio del cavo-corda-catena che porta alla selletta sotto lo spigolo S del Ninno, ovv. sulla parte principale della Ferrata F. Raso (CAI 190: vedi L. Ferranti, 2010 loc. cit. e le note 15 e 18).
--- Un' alternativa alle risalite della Savina appena descritte è quella che parte dalla SS164 (presso il KM 37, a sud di Pitinite IGM), e penetra il fitto bosco in direzione SO per il Tesoro (sorgente Cerasa e pozzi di captazione idrica dell'EAC), indi su per il fiumiciattolo, tra cascatelle e arbusti, e sempre verso SO, raggiunge la Savinella. Poco oltre la cima (a 1053m) vi è una groppa oltre la quale la dorsale della Savinella piega decisamente a S e riprende a salire fino ad incontrare la cresta della Savina che prosegue con varie gobbe fino allo Spaccaturo, colletto che è situato poco oltre (W) la Grotta della Savina ed il vicino arco naturale di roccia; come descritto sopra, si prosegue in direz. SO ('A Pettenessa) seguendo i bollini biancorossi che a destra indicano l'inizio della ferrata F. Raso che aiuta la risalita alla cima sud. Più sopra, oltre un punto panoramicissimo con bella vista sul Varco del Paradiso, si perviene a pochi metri (a N) della cima Sud (Raione IGM).
Links a mie foto della Savina:
Foto S.1 - La cresta della Savina (al centro) che sale verso l'Accellica e il Varco del Paradiso (dal Mt. Raiamagra).
Foto S.2 - La cima della Savina (in basso a sinistra nella foto) e il "Ninno" tra le nubi.
Foto S.3 - La dorsale della Savina, versante nord (al centro nella foto, vista dal Varco del Paradiso).
[17] - Anche il sentiero CAI 16 (Varco della Colla - Varco Sua Eccellenza - Tre Cappelle - Mt. Mai - Serre del Torrione - Pizzo S. Michele) presenta grosse difficoltà e dura c. 8-9h, ma non necessita di attrezzature e capacità alpinistiche come nel caso della discesa attorno al Ninno dell'Accellica, nel Varco del Paradiso. Sul Mai è anche possibile fare due distinte escursioni di andata e ritorno (ciascuna già di diff. EE), da Casone de Fazio (1120m, sulla strada asfaltata che sale da Capo Calvanico, da dove giunge anche il sent. CAI 15) - Pizzo S. Michele (1567m), quindi sui 5 ardui saliscendi della Serra del Torrione, e su al Toppo dell'Uovo (1525m) e alle cime dei Mai (1607m; NB: al Toppo dell'Uovo giunge anche il CAI 16A, che parte da Capo Calvanico, 800m, per il Vallone del Faggeto, la Scarfatella, Varco della Teglia, 1460m, da qui a sin. si va alle Serre del Torrione e Pizzo San Michele, a destra alla cima del Mt. Mai). L'altra metà del CAI 16, quella orientale, parte dal Valico/Varco della Colla (1062m, sulla strada Serino - Giffoni), in dir. ovest per Serra del Pruno - Varco di Sua Eccellenza (1221m) - Monti Tre Cappelle - Varco dell'Orso - Mt. Mai. La cima del Mai è più o meno equidistante da Pizzo S. Michele e dal Varco della Colla, ma il sentiero che proviene da quest'ultimo è un pò più facile di quello da Casone de Fazio - Pizzo S. Michele. Al Pizzo S. Michele una sala al fianco della chiesetta sommitale, provvista di caminetto, resta sempre aperta: quindi, in primavera, il sentiero CAI 16 è fattibile (EE+) in andata e ritorno dal Varco della Colla con bivacco notturno sul Pizzo San Michele.
[18] - (Link: 24 Giu 2006, in particolare questa foto. Mia prima Traversata delle Accelliche, a/r: 27/2/2010). TRACCIA della via Ferrata "F. Raso" nel Varco del Paradiso (S) e sul Ninno (da W).
Venendo dall'anticima NE, la Via Ferrata[*] "Francesco Raso", installata e manutenuta dal CAI-SA nel 2006 (Agg. NB: dismessa nel 2019-20, lasciando solo fix e fittoni), si raggiunge scendendo a destra nel bosco (bolli biancorossi del CAI su rocce) e passando un caratteristico pinnacolo roccioso isolato e quindi deviando a S su pratini, con le rocce a sinistra, per vari tratti di cavi d'acciaio (poco più sopra c'è un bell'affaccio su crestina che guarda direttam. al Ninno da N) quindi sempre sul versante W (ferrata) si guadagna il colletto N del Varco del Paradiso, da dove si può proseguire dritti (S) con l'ausilio dei cavi d'acciaio che conducono in breve in cima al Ninno [1538/1539m; 1538,4m su CTR 1:5000, 2004/05; pendenza tra 45-70°, in 10-15min. dal Varco del Paradiso (N); NB: La calata dall'altro lato, quello sud praticamente verticale, è sconsigliata per la qualità tenera e sgretolabile della roccia, quindi il Ninno va ridisceso per la stessa via attrezzata percorsa in salita = da N], oppure continuare senza salire sul Ninno aggirandolo a des. (W) passando proprio sotto la sua base (NW) per una caratteristica cengetta (II+ senza l'ausilio del cavo). Siamo poco sopra la testata del Butto della Neve (il cui orlo si intravede tra gli alberi c.200m più giù) e raggiungiamo il colletto S del Varco (catena+corda che scende a E nel Vall. del Ninno o della Savina, cf. n. 15) subito dopo il quale, a des., si intravede il Bivacco ValSaVin, sotto un riparo (estremità NW della Pettinessa), con acqua fresca di stillicidio in un bidone e con qualche attrezzo per eventuale pernotto. Da qui in altri 20-30 min. si sale, con una scaletta, cavi d'acciaio e una robusta corda di canapa tra i faggi più alti, verso le roccette sotto il lato NW della Pettinessa (Acellica Sud) e quindi si giunge sul filo di cresta all'estremità N della Pettinessa (di fronte al Ninno), con un'esiguo spazio dov'è possibile sostare in attesa del "passaggio chiave" della ferrata (sulla verticale dei cavi più in basso: bisogna superare un grosso blocco, fessurato alla base, attorno al quale è fissato il cavo, un passaggio aereo ed esposto su entrambi i lati) per poi risalire più facilmente altri 3 cavi, un po' meno esposti ma assai più facili fino alla cima Sud.
La via è stata realizzata nel 2006-07 da V. Apicella, S. Giannattasio e V. Bozza e intitolata alla memoria del giovane speleologo salernitano Francesco Raso, che morì tragicamente a 27 anni il 12/8/1996 nei monti di Orsomarso cadendo dalla Cascata di Fauzofili (o dell'Argentino), nelle gole dell'Argentino (Giancarlo Nebbia, inf. pers.; Domenico Ippolito, inf. pers.; Il Varco del Paradiso, 1996/2, p. 2-3).
- [*] VIE FERRATE e SENTIERI ATTREZZATI: E' consigliabile/obbligatorio avere attrezzatura da ferrata: casco, guanti e soprattutto imbragatura; avventurarsi nei punti più critici della ferrata tenendo i cavi "a mano libera" può risultare fatale (ad esperti e non, specialmente con tratti innevati/ghiacciati). Sul web ci sono numerose pagine dedicate alle tecniche e ai materiali da utilizzare sulle vie ferrate, nonchè siti e pagine dove è possibile apprendere la storia di questo tipo di attività, a metà tra alpinismo ed escursionismo, nata alla fine dell'800 e sviluppatasi poi con il ripristino di sentieri montani della Prima Guerra Mondiale su Dolomiti e Alpi e infine con il boom turistico del secondo dopoguerra. Nel centro e sud Italia le ferrate sono meno diffuse (Gran Sasso: ferrate Danesi, Sentiero del Centenario etc.) e al Sud (Accellica, Ferrata "F. Raso" sul Sentiero del Paradiso; Cerchiara di Calabria, Ferrata delle Gole del Caldanello, Pollino) e in ogni caso, soprattutto per la ferrata (o i due settori della stessa) in oggetto, si dovrebbe parlare di sentiero- o meglio "itinerario-attrezzato" (cf. alcuni passaggi del 'Libro dei Sentieri' della carta CAI dei Picentini, 2009). Non è qui il luogo per disquisire su etica ed estetica delle vie ferrate (dal punto di vista dell'utilità, dell'impatto su ambiente e natura etc.) ma certamente l'operato del CAI di Salerno che nel 2006-2007 ha curato con professionalità l'installazione delle attrezzature, non è criticabile. Si è resa accessibile agli escursionisti esperti una zona di montagna assai spettacolare, altrimenti raggiungibile solo alpinisticamente, ma con un alpinismo di traversata non propriamente di risalita (si collegano le due cime, tre se si considera il Ninno), e quindi anche in quest'ottica risulta una realizzazione in linea con la filosofia di simili vie. Contrariamente a molte vere vie Ferrate, assai invasive come impatto visivo, i due tratti attrezzati del "Sentiero del Paradiso" dell'Accellica risultano discreti ed essenziali, non intersecano più importanti vie alpinistiche e soprattutto, al prezzo di un inevitabile minimo impatto (qualsiasi moderna traccia antropica toglie ai luoghi una parte del loro aspetto selvaggio), regalano emozioni alpestri, in relativa sicurezza (ma ciò dipende da chi le pratica).
La relativa brevità (meno di 1 Km di sviluppo totale delle vie), la frequente ispezione, la medio-bassa frequentazione e la quota non altissima, rendono questo itinerario attrezzato poco soggetto a usura -è comunque ben manutenuto come detto- e non di rado richiama gruppi di escursionisti anche da altre regioni (Puglia,Calabria,Basilicata e Lazio) grazie alle foto e i video che si trovano in rete.

Il sentiero che attraversa tutta la montagna ("le Accelliche") passando dalla cresta N a quella S è detto "Sentiero del Paradiso" (CAI 190) (EEA, c. 9h). Il nome è ovviamente riferito al toponimo locale del Varco del Paradiso, l'infida forcella che si deve attraversare per passare da una cima all'altra, tra i luoghi più impervi e spettacolari di tutto l'Appennino meridionale (vedi anche Nota 7).
Si parte dal bivio oltre Casa Rocchi (q. 785m, dove c'e l'incrocio con l'inizio del Sentiero Italia, CAI 3C / 106) per raggiungere, dopo un altro varco e una fontana, il Varco della Rena, immediatamente oltre il quale parte (salendo sulla sin., marchi CAI) il sentiero che s'inerpica direttamente verso la cresta (cf. anche le mulattiere in nota 19, che però sono più a N del filo di cresta) per portarsi prima (con qualche facile arrampicata ma parecchie gobbe - cioè I Ninni - e passando per numerosi punti panoramici sulle testate dei canaloni-valloni che scendono verso sud) fino al punto ove la parte ovest della dorsale Nord intercetta il sentiero 104 che sale da Colla Finestra (c. 3h da Casa Rocchi); si continua sulla cresta N in direz. E per ulteriori 1,5Km, si passa presso la boscosa cima Nord (che generalmente non viene toccata) e infine si giunge alla panoramica anticima NE q. 1658 (almeno 4h / c. 5,5Km / +1000m di dislivello da C. Rocchi; libro di vetta presso la croce metallica). Da qui ci si cala al Varco del Paradiso (bivio al colletto N per la breve risalita al Ninno oppure continualre a des. W per aggirare il Ninno passare al colletto S del Varco e per il "Bivacco Valsavin", vedi sopra), per via ferrata Francesco Raso (-2h per la cima Sud dalla N). Dalla Cima Sud (1606m) si scende per la Savina (il tratto alto è anch'esso attrezzato con ' ferrata') fino allo *Spaccaturo (sotto la q. 1383m, principale e più occidentale elevazione della Savina, sotto la quale c'è la Grotta della Savina e, poco oltre e più in basso, sul sentiero, un arco naturale roccioso) quindi per le gobbe della Savina, la q. 1303 (IGM) e giù sino alla sterrata Croci di Acerno-Bosco dei Pellegrini, che s'intercetta poco a S della loc. Colla dei Carbonari da dove in pochi minuti si arriva alla sbarra e quindi alla spianata (parcheggio) delle Croci di Acerno (+2h).
In totale di circa 9 ore (solo andata) se includiamo una buona sosta pranzo (c. 1200m di dislivello in salita e 950 in discesa)*.
Vedi anche Libro dei Sentieri della "Carta dei Sentieri del Parco Regionale dei Monti Picentini", 2009, p. 83-86 (190)**; L. Ferranti, Appennino Meridionale, 2010, p. 231-242 (spec. p.241-2 e fig.9).

*NB 1: La cartellonistica CAI (cart. all'attacco sotto la Savina, lato Croci di Acerno e cart. presso Casa Rocchi) riporta 10 ore in tutto: da C.Rocchi: 4h per la Cima Nord; 5h 30 per il Varco del Paradiso [N]; 7h per la Cima Sud; 10h per Croci di Acerno. In realtà le 3 ore per la Ferrata tra cima N e S sono un valore molto alto, perchè io (che non sono un alpinista) ho percorso in data 27/2/2010 (invernale ma praticamente senza neve) la traversata tra le due cime in 3 ore Andata e Ritorno; il 12/8/2012 ho impiegato 1 ora e 40 min per la traversata (sola andata) dall'Anticima Nordest alla Cima Sud.
La Traversata invernale del Varco del Paradiso in condizioni invernali (i.e. con innevamento medio-alto) non mi risulta sia mai stata effettuata, né con l'ausilio della ferrata, né alpinisticamente. Valutata come PD nelle altre stagioni (cf. L. Ferranti, GMI 2010, 241), l'alpestre discesa e arrampicata tra le due cime si trasforma in un inverno normalmente nevoso in un'AD-/AD (con buon ghiaccio); è ipotizzabile che possa raggiungere il grado generale AD (/AD+?) in presenza delle 'peggiori' condizioni di neve (D. Ippolito, inf. pers.).

**NB 2: Il concepimento del "Sentiero del Paradiso" da parte di alcuni membri del CAI di Salerno, risale al 2009-2010: il libro dei sentieri della nuova Carta dei Picentini (Genn. 2009) presenta infatti il sent. CAI 190 come "Traversata delle Accelliche" (innesto su CAI 105 dalle Croci di Acerno - Savina - Ferrata - Accellica Sud - Varco del Paradiso - Accellica Nord; vedi Libro dei Sentieri, 2009, p. 83-86; anche file pdf sul sito del CAI-SA sullo Stato dei Sentieri al 12/1/2009). Già sul menzionato libricino era comunque citata (p. 24, S.I. = CAI 106) la possibile risalita alla cresta N da ovest, partendo dalla fontana a N del Varco della Rena (allora il sent. non era segnato, adesso -dal 1/7/2012- ci sono i marchi biancorossi -immediatam. a S del Varco della Rena- che indicano la salita a sin.(E) verso le propaggini occid. della montagna). A fine 2010 (-inizio 2011) veniva aggiunta la dicitura "Sentiero del Paradiso" sul cartello all'attacco del CAI 105 per la Savina - Accelliche e Casa Rocchi, e alcuni mesi dopo erano posti i cartelli (stampati).
[19A] - L'Escursione dovrebbe richiedere circa 9 ore di buon cammino (soste escluse) e credo sia più faticosa se compiuta nel senso opposto -antiorario- (il totale dei saliscendi dà un dislivello di 1300m, contro i 1100 del circuito orario !).
Il tratto immediatamente a N del Varco del Pistone in direzione Sgaiuola (alta Valle Sabato / Varco Colla Finestra), percorso evitando di scendere fino al sentiero proveniente da Casa Rocchi, è per me un'incognita (si dovrebbe aggirare la spalla occidentale dell'Accellica e attraversare, in direzione N, due "mulattiere" che provengono da ovest - una é anche il primo tratto del "Sentiero del Paradiso"- e vanno dritte ad est verso la parte alta del bosco dei "Ninni dell'Accellica" dove s'incontrano a quota 1418 IGM, prima di ridiscendere verso l'Alto Calore... tralaltro è sconsigliabile seguirle perchè, a dispetto di un buon risparmio di strada, c'è una dura salita di 500m di dislivello contro i circa 200 del giro largo per le sorgenti del Sabato - Colla Finestra). Eventualmente quindi, dal Varco del Pistone si può fare il giro più largo (e sicuro) su pista segnata scendendo fino al bivio con i cartelli che indicano "Sentiero del Paradiso" (vedi nota 18), S.I. (Gr. Scalandrone, da cui si proviene), e prendendo quindi, poco più sopra dei suddetti cartelli, il sentiero che mena a destra (est) e che porta in poco più di un'ora a svalicare sul "Varco Colla Finestra". Qui ci si innesta sul CAI 104 che discende l'alto corso del Calore fino alla strada Montella - Acerno, Km 38 (in meno di 2h).
Tempi di percorrenza del Circuito dell'Accellica (in senso orario):
Croci di Acerno - Bosco dei Pellegrini - Valico Acquafredda (ex CAI 3bis):
2h 1/2 [dislivello: + 600m]
Discesa dal Valico IGM 1411m slm, CAI 103A, innesto sul 3C/106 (a Ov della Gr. Scalandrone):
c. 2h [dislivello: - 700m]
Sentiero CAI 106 (ex 3C) che viene dalla Grotta dello Scalandrone - Varco della Rena - incrocio con sent. fiume Sabato:
2h 1/2 [dislivello: + 300m circa, e - 150m circa, a causa dei saliscendi]
Risalita Alta Valle del Sabato (dalla strada a E di Casa Rocchi) - Colla Finestra:
2h [dislivello: + 250m]
V.co Colla Finestra - CAI 104 - Mass. Marinari - SS164 Montella/Acerno:
1h 1/2 [dislivello: - 450m]
- Totale: c. 11h (soste escluse) [disliv. + 1100m e - 1300m in discesa] x circa 16 - 17 Km .
[19B]: Per ricavare il dato per l' "ANELLO DEL PARADISO" (Nord) con partenza da Casa Rocchi, ho sottratto 10Km e 2h 20, tra andata e ritorno, dai c. 25Km / 16h 20 totali (!!) che ho impiegato nella mia escursione in solitaria (12/8/2012) partendo e arrivando molto più lontano, ovvero da/a Fontana dell'Olmo (vedi CARTA; cf. anche la sez. "Le Mie Risalite" alla data 12/8/12).
NOTE sul Circuito/Anello Nord del Sentiero del Paradiso:
1) Ho percorso l'intero anello, il 12 Agosto 2012, in solitaria, quindi è da considerare che i tempi possano dilatarsi laddove siano coinvolte più persone (ad es. nei vari tratti ferrati).
2) Un volta giunti in loc. *Spaccaturo (la selletta boscosa che si attraversa subito dopo la fine della via ferrata d. Pettinessa) bisogna portarsi giù nel varco (abbassandosi sotto il fianco W della q. 1383, IGM): poco oltre il faggio con segnale CAI (da qui fino a Mass. Marinari non si incontreranno più segnali), si notano un paio di tracce di cinghiali e bisogna seguire quella che scende a destra (N-E), fino ad un ripido canalone dove ci si tiene invece sulla sinistra, sotto alle roccette [NB: in questo primo tratto è necessario assicurare il cordino doppio agli alberi in almeno un paio di circostanze] in fondo alle quali la pendenza si attenua e si può riporre la corda. Più in basso si incontrano numerose altre tracce di cinghiali (una delle quali, dopo c. 100m di discesa, porta a sin./W fin sotto la base del Ninno) che si tengono a mezza costa sul fianco N delle gobbe della Savina (in dir. NE), mentre noi dobbiamo scendere in direz. N, fino ad arrivare in vista del fondo chiaro e sassoso del Vallone Raio della Ferriera, nel punto in cui l'impluvio si biforca (il ramo che proviene da SW è il Vallone del Ninno, quello da W è il Vall. Zachele). Da qui si punta in dir. NE e poi prevalentemente a NNE, costeggiando la destra idrogr. del Raio a c. 30m sopra il letto del torrente (a meno che non s'intenda fare rifornimento d'acqua nei punti di risorgiva; - NB: qui l'acqua è ottima e gelata, ma bisogna assicurarsi che si sia vicini alla sorgente perchè a monte potrebbero esserci deiezioni o carcasse di animali selvatici). Quindi si procede fino ad un punto ove ci si allontana ancora di più dal fondo del torrente (c. 90m più su) per imboccare un canale che sbuca in una boscosa radura che è nota localmente come "Giardinetto" (ampia sella tra il Sierro Marinari e la Savinella) pochi minuti dopo la quale, a sin. si intravede tra il verde la palazzina della Captazione del Raio Medio (sulla riva idr. sin.); la si lascia a sin. per giungere in 15min. al Porcino Marinari, e alla struttura di Captazione AC sul sentiero CAI 104 che va preso salendo a sin. (W) fino a Colla Finestra.
*NB: la discesa per il Raio delle Ferrere fino a Mass. Marinari / CAI 104 dura c. 2h 30 e il sentiero NON è segnalato; in alternativa alla discesa dallo Spaccaturo si può proseguire sul CAI 190 per le gobbe della Savina e, dalla cima q. 1303, si lascia il sentiero CAI (quindi anche da questo punto non si incontreranno più i segni!) e ci si porta sul versante N, tenendo a destra la Savinella e pervenendo alla sella tra La Savina e la Savinella dove si piega a NW in direz. del Giardinetto e quindi del Raio della Ferriera, all'altezza del più alto dei 2 edifici dell'Acquedotto Alto Calore.
3) TEMPI MEDI:
> Casa Rocchi -> Accellica, Cima N(E) (q. 1658): almeno 4h.
>Traversata delle Cime per il Varco del Paradiso (incl. salita/discesa Ninno da N.): c. 2h (da 1h 30 a 2h 30 a sec. delle capacità di procedere su ferrata: parecchi punti esposti e un paio di pass. II (cavo); roccia rotta e instabile; ferrata in ottimo stato all'8/2012).
> Accellica Sud -> Ferrata d. Pettinessa: 40min
> *Spaccaturo (selletta Pettinessa/Savina sotto/SW la q. 1383 IGM) -> discesa al Raio d. Ferriera -> Porc. Marinari: 2h 20 .
> Mass. Marinari -> V.co Colla Finestra: 1h 30
> Colla Finestra - Casa Rocchi (probabilmente verrà percorso in notturna, come in occasione del mio primo circuito): 1h 30.
Totale: 12h (escluse le soste principali) su c. 25Km, c. 1500m di dislivello (vedi anche sez. "Le Mie Risalite", al 12/8/12).
Per rientrare con i tempi, considerando che oltre alle soste brevi (calcolate nel computo del tempo medio) ne vanno fatte almeno due lunghe 1h / 1h 30 ciascuna, si rende necessario partire in Primavera/Estate alle 6:00 del mattino, con arrivo alle 20:00-21:00.
4) ACQUA:Essendo questo anello completabile in 1 solo giorno, nel periodo in cui le giornate si allungano, il caldo renderà necessaria una grande riserva idrica. Si consiglia quindi di non portare pesi inutili nello zaino e partire il più possibile leggeri. A me che bevo solitamente anche pochissimo, 2 litri d'acqua non sono bastati. L'unica fontana sul sentiero è quella poco a N del Varco della Rena. Nel Bivacco ValSaVin (pochi metri a S del colletto S del Varco d. Paradiso) c'è una tanica che raccoglie fresca acqua di stillicidio. Sulla via del ritorno, le sorgenti che si attraversano - Raio Medio (d'a Ferrera), del f. Calore (Saucito) e del f. Sabato (Sgaiuola) sono potabilissime, a patto che si individui la sorgiva: bere troppo più a valle può essere pericoloso perchè a monte potrebbero esserci deiezioni o carcasse di animali selvatici o (negli ultimi due luoghi citati) domestici.
[19C]: E' sicuramente più "abbordabile" un "Anello del Paradiso (Sud)": in senso antiorario, partendo sempre da Casa Rocchi (ma è possibile compierlo anche in senso orario, così come è possibile partire dalla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni): Casa Rocchi - Varco della Rena - I Ninni dell'Accellica - Cima Nord - Varco del Paradiso - Ninno - Cima Sud - Cresta Sud - V. Giumenta - Valico Acquafredda - Vena d'a Mola - (Grotta d. Scalandrone) - Trellicina - Sella di Serra Colleferro - Varco della Rena - Casa Rocchi; questo circuito è più agevole di quello che prevede il ritorno per il versante a N dell'Accellica, ma è leggermente più lungo. Inoltre non percorre per intero il "Sentiero del Paradiso" (CAI 190) poichè evita tutto il tratto Pettinessa - Savina - Croci di Acerno (mentre l'Anello Nord percorre il tratto di via ferrata Cima Sud - Pettenessa - Spaccaturo d. Savina, e solo qui lascia il CAI 190).
In data 18/9/2011 Gianfranco Viani, Raffaele Ferretti e un gruppo di escursionisti tarantini hanno percorso una variante (leggermente più lunga perchè evitava la discesa per cresta ovest, allora non ancora segnata) di questo anello: Cas. Forestale Piani di Giffoni - Valico Acquafredda - Cresta Sud - Cima Sud - Varco del Paradiso - Cima Nord - Cresta Nord - Colla Finestra - Sorg. del Sabato - Casa Rocchi - >Sella di Serra Colle Ferro - Cas. Forestale Piani di Giffoni. Tempo impiegato 12h, su 20Km totali (inf. pers. Gianfranco Viani): Vedi la sezione VIDEO per il documentario.
Il 25/5/2014 Marco del Regno e Alana 'Polina' Petrovicheva, hanno percorso una variante dell'Anello Sud: da Casa Rocchi per l'alta Valle d. Sabato, Colla Finestra - Cima N - Varco d. Paradiso, portandosi poi al Varco della Pettinessa senza salire alla la cima S, e scendendo quindi dal Valico di Acquafredda ai Piani di Giffoni e da qui, con il S.I., di nuovo a Casa Rocchi (18Km, in 8/9 ore).
Una variante di grande soddisfazione dell'Anello Sud, è la TRAVERSATA INTEGRALE DI CRESTA DELLE ACCELLICHE. Partendo da Casa Rocchi o dalla Caserma Forestale dei Piani di Giffoni, si percorre in c. 12 ore la cresta Nord, il Varco del Paradiso, e la Cresta Sud (o vice versa) con possibilità di chiuderla ad anello (Vedi sezione "Addenda" - 'Circuiti e Alte Vie dell'Accellica' e nota 19D).
[19D]: Traverstata integrale delle creste e cime dell'Accellica, ad anello: 1a assoluta (?) Francesco Raffaele, Massimo Mingarelli, Marco del Regno, Maurizio di Gennaro, Alana Petrovicheva, Daniela Santoli, Maurizio Lombardi, 1 giugno 2014, per Ferrata del Varco del Paradiso). TOT: 20,5 km, +1740m disliv. in 13 ore.
Devo innanzitutto precisare che, pur essendo relativamente informato sulle recenti attività intraprese su questa montagna, non ho quella che si potrebbe definire una sufficiente conoscenza della storia alpinistica passata sull'Accellica e i Monti Picentini in generale (i.e. relazioni, pubblicazioni sulle riviste del CAI e sui primi numeri -dal 1987 in poi- de "Il Varco del Paradiso", a cura dei soci del CAI di Salerno). E' fuor di dubbio che quest'alta via non si sarebbe potuta realizzare, certo non in una sola giornata, senza l'opera di segnatura dei sentieri effettuata negli ultimi decenni dai soci del CAI di Salerno, e ancor di più senza la realizzazione e manutenzione, ad opera degli stessi (ed in particolar modo da parte di V. Apicella e S. Giannattasio), della Ferrata "F. Raso" che consente di attraversare il Varco del Paradiso in circa 2 ore, da cima a cima, includendo la risalita sul Ninno [v. anche nota 7].
Le precedenti traversate effettuate dal Cai (Sentiero del Paradiso, CAI 190) in anni recenti coprono l'intera cresta Nord (salendo da Casa Rocchi, V.co della Rena), cima Nord, Varco del Paradiso, Ninno, e quindi cima sud e cresta della Savina, fino alle Croci di Acerno. Resta perciò tagliata fuori quasi tutta la cresta sud dell'Accellica.
Il 18/9/2011 un gruppo di escursionisti pugliesi ha realizzato un lungo anello (20Km, in 12 ore) dai Piani di Giffoni, salendo al Valico di Acquafredda, quindi percorrendo la cresta S, cima S, Varco del Paradiso, Cima Nord e la cresta Nord, scendendo poi a Colla Finestra, quindi per l'Alta Valle del Sabato fino al Sentiero Italia, chiudendo così l'anello tornando al Rifugio dei Piani (v. nota 19C e sez. Video).
Nell'estate del 1983 gli Scouts del gruppo AGESCI del Salerno 1° effettuarono una vera impresa attraversando le Acelliche in un lungo trekking di 4 giorni con 3 pernotti in tende e con un'intera giornata necessaria per il solo superamento del Varco del Paradiso tra cima e cima (com. pers. Raffaele Picariello e Andrea Perciato). Non sono disponibili dati più accurati su questa "conquista" ma è quasi certo che sia stata realizzata guadagnando (o discendendo) la Cresta sud per il Valico di Acquafredda, e, dopo il superamento delle due cime principali e del Varco tra le stesse, scendendo (o salendo, a sec. della direzione di marcia) per Colla Finestra, l'Alta Valle del Sabato e quindi rientrando in quella del Picentino oltre Serra Colle Ferro per Capo di Fiume, fino ai Piani, perciò in analogia con il percorso effettuato dai pugliesi Viani - Ferretti et al. nel 2011, che è quello più logico, specie da quando è stata installata la via Ferrata "F. Raso" nel Varco del Paradiso (nel 2006).
Dal 2006 è perciò possibile che anche altri escursionisti abbiano effettuato simili "Anelli" (ma non ne resta menzione nei libri di Vetta installati già dal 2004-05).
Sarò lieto di inserire comunicazioni di eventuali attraversamenti "integrali" o "parziali", passati e futuri, qualora me ne vengano forniti dati.
Intanto ora non resta che pensare ad una via a doppio anello (a "∞") che consenta di toccare, oltre alle suddette cime (e creste?), anche il breve tratto di ferrata della Pettinessa-Savina, per poi riguadagnare il Varcodel Paradiso (sud) dallo "Spaccaturo alto" per tracce di cinghiali fino al muretto con catena immediatamente a Sud del Ninno. Tutte trances ormai da me già percorse: resta solo da concatenarle!
[20] In alcune gallerie fotografiche ho aggiunto ulteriori descrizioni e indicazioni utili per orientarsi sull'Accellica e sull'alta via ferrata di questa splendida montagna. Vedi qui sotto nella sezione delle mie GALLERIE FOTOGRAFICHE (spec. i links alle escursioni effettuate dal 2010 in poi).


PRECISAZIONI TOPONOMASTICHE, ERRATA CORRIGE e AGGIUNTE IN CALCE

La toponomastica è una disciplina delicatissima, specie qundo i toponimi sono tramandati quasi unicamente per via orale.
In questa trattazione ho cercato di essere preciso, distinguere e spiegare le origini (o la fonte) dei nomi di località che non sono riportati su carta. La mia fonte principale (spec. per il versante avellinese dell'Accellica) è, come già detto, Giuseppe Capone, di Montella; "Peppe", sin da ragazzo (fine anni '70 - inizio anni '80), ha esplorato i Monti Picentini in quasi tutti gli angoli più remoti. Successivamente ha realizzato, assieme al suo amico Bruno Marinari, anch'egli montellese, una lunga e minuziosa esplorazione e documentazione dei monti Picentini (il materiale video-fotografico, cartografico, appunti e note di toponomastica sono di proprietà / archivio di Bruno Marinari; questi è purtroppo prematuramente deceduto il 6/7/2008 per un malore occorsogli durante un'escursione sul monte La Picciola, nel gruppo del Polveracchio).
Può capitare che nomi e notizie possano subire alterazioni, come ben documentato anche per i Picentini (cf. Francescopaolo Ferara, in: L. Ferranti, Appennino Meridionale, GMI, 2010, p. 212-214; id. art. nelle "Cronache Picentine", sito web CAI Salerno).
Talvolta i nomi sono mal posizionati su cartografia militare (es. la "Grotta del Caprone", il Varo dell'Orso, Polpunusi), più spesso sono frutto di erronee interpretazioni dei dialetti locali (cf. 'a Celeca -> Acellica -> Accellica; o i nomi delle vicine alture del Mt. Quercetano e Mt. Sassetano/Saxetano -> rispettiv. diventati Cercetano e Sassosano sulle cartine) o hanno subito intenzionali modifiche (ad es.: ai nomi terminanti per consonante veniva aggiunta, in periodo fascista, una vocale finale per "italianizzarli").

Per quanto concerne l'Accellica, ci sono varie indecisioni, ad es. sul Raio della Ferriera o Rajo di Ferrera o R. delle Ferrere: da alcuni è attribuito al corso principale dell'Alto Calore (cf. F. Scandone, AVC I, 100 seg.) che scende da Colla Finestra (ma cf. in apparente contraddizione, lo stesso autore a p. 144!), però più recentemente viene fatto coincidere con il corso d'acqua (captato dall'AAC) che occupa il fondo del Vall. Savina o del Ninno, zona Saucìto sulle IGM (cf. infra).
Saucito è, sulle IGM, riportato sul versante N della crest della Savina (cf. anche F. Scandone, loc. cit., Raio di Saucito), mentre è possibile che il fitotoponimo sia sia stato in origine conferito al 'boschetto' della zona a E di Colla Finestra, assai più a W di dov'è riportato sulle carte, ovvero tra le 'primarie' sorgenti del Calore e Masseria Marinari (cf. F. Scandone, AVC III, 211, nota 2: in relaz. a liti confinarie di fine 1700 tra Acerno e Montella, il confine tra queste due università dalle Canalecchie o Spino dell'Asino perveniva in linea retta al Vallone delle Mezzane e usciva, vallone vallone, fin su a Peteniti, da dove sale, acqua acqua, per il Vallone delle Ische del Milo, "giunge a Saucito, e, salendo per lo stesso vallone, si giunge a Colle Finestra..."). Il Rajo di Saucito potrebbe coincidere con il Vallone Isca del Milo, ma il problema è che secondo alcune fonti (ad es. cf. G. Fortunato) il ramo sorgivo principale del Calore era ritenuto quello che cala dal Varco del Paradiso (Raio di Ferriera o Vallone d. Savina), mentre è in realtà un affluente, che scende poco più a E di quello del Vall. della Neve, confluendo nel corso principale, che è quello che sorge a Colla Finestra.
Scandone (op. cit. p. 140) descrive i tratturi locali: "Dalla valle dell'alto Sabato, ove mettono capo le vie delle valli di Montoro, di Solofra, e di Giffoni, un importante tratturo, passando per Colle Finestra e Saucito, valica lo stretto dei Palilli, e di là della Melella e delle Petenìti, si unisce al sentiero precedente,[ovvero quello del tratturo "più importante" che che lo stesso autore descrive nella sua origine a Salerno donde sale a Montecorvino e Acerno e, giunto al valico delle Cruci di Acerno, scende ai Cortoni, Stretto del Passo, Porcino della Rotonda per poi, alle Mezzane, risalire il Vallone Cupo, Lago dei Rosielli, discendere il torr. Lacinolo per Trocine, sorpassando quindi il Ponte della Lavandara alle porte di Montella] con cui ha comune il tratto, che attraversa le Mezzane fino al Lago dei Rosielli; di qui per le Candelecchie e Fontanarosa giunge a Bagnoli...". Questo brano indica che Saucito è un tratto dell'Alta Valle del Calore a valle di Colla Finestra -ma in questo caso non immediatamente sotto il valico, bensì più giù verso loc. Masseria Marinari- forse proprio dove, nel ramo principale che da Colla Finestra scorre diretto a E, confluisce il ramo diretto a NNE proveniente dal Varco del Paradiso (ed ecco l'ambiguità della descignaz. di Raio di Saucito e della Ferrera).
Recenti designazioni come ad es. quelle delle sorgenti/captazioni dell'Alto Calore, identificano il Raio della Ferriera con il ramo proveniente dal Varco del Paradiso (Vallone del Ninno - Vall. Savina): cf. A. Corniello et al., Memorie illustrative della carta idrogeologica del Parco, 2008 (tavole) ove le 5 sorgenti del Raio della Ferriera sono posizionate, la prima alla Captaz. presso Mass. Marinari, le altre quattro sul corso del torrente che proviene dal Varco del Paradiso, presso la zona che (sulle IGM) è (erroneamente) denominata Saucito. Quindi il Raio di Ferrera è l'affluente successivo al Vallone della Neve. A ulteriore conferma, la carta dell'AS AV nomina una "Isca di Sabocito o sia Savocito" poco sotto (a Est di) Colla Finestra! La questione quindi è così definitivamente risolta, considerando che altre mappe di confinazione (inizio '800) indicano il tratto di Colla Finestra come "origine del Fiume di Montella" (il Calore). Anche G. Capone e F. Bosco mi hanno sempre indicato Saucito, come la zona sotto le sorgenti del Calore di Colla Finestra!
Sulle cartine che ho implementato per questa pagina, conservo la denominaz. Raio della Ferriera per il tratto basso del vallone che mena a NNE dal Varco del Paradiso, ritenendolo il nome del corso d'acqua che occupa il Vallone della Savina (a valle della parte più alta, ossia Vallone Zachela o Vallone del Ninno).Certamente è errata la posizione del fitotoponimo Saucito nella zona impervia a N della Savina ove compare sulle attuali IGM, dovendosi esso collocare monte dell'attuale Mass. Marinari. Ulteriori future ricerche bibliografiche e cartografiche (presso biblioteche provinciali e comunali, i comuni, archivi di stato etc.) oltre che con interviste a pastori e proprietari locali, chiariranno la toponomastica montana dell'Acellica.

I Ninni dell'Accellica
sono posti troppo a N(E) sulle carte: in realtà denoterebbe il tormentato tratto occidentale della dorsale nord, irto di pinnacoli e torrioni di roccia sul versante a mezzogiorno (quindi non oltre la zona boscosa dove il costolone e il relat. sentiero proveniente da Colla Finestra si saldano alla cresta Nord).
Anche i nomi Timpone e il Raione (rispettivam. la propaggine meridionale della Cresta Sud dell'Accellica e la cima dell'Acellica Sud / o Pettinessa) sono spesso invertiti (vedi sopra, nota 6A; cf. L. Ferranti, GMI, cit., 2010, p. 233).

Sono personalmente testimone (e in parte artefice) di un errore di collocazione toponomastica che veicolo su questa pagina e su quelle delle mie "photogalleries": (L)O Spaccaturo, che nel 2009 mi era stato indicato quale nome della selletta posta tra la Pettenessa (gobba sommitale dell'Accellica S) e q. 1383 IGM della Savina (sua culminaz. SW), è in realtà una stretta rocciosa posto assai più a valle, tra i due impianti di Captazione del Raio di Ferriera, attorno a q. 800m, sotto il versante W dell'altura nota come Sierro Marinari e a valle della loc. Giardinetto (anche questi ultimi due toponimi sono noti solo localmente) come da recente rettifica fatta alla mia fonte principale per i toponimi, G. Capone, dal suo amico il sig. F. Bosco. [Vedi MAPPA]
Il toponimo andrebbe emendato sia su questa pagina che su quella delle varie escursioni in cui l'ho citato come tappa o nelle didascalie delle foto etc.). La suddetta selletta/varco è ben visibile sia da nord che da sud, e forse era un passaggio usato per svalicare direttamente sulla mulattiera che metteva in comunicazione la valle del Sabato - Colla Finestra con l'alta valle di Acerno ('Passaturo di Carriddo' ?), anche se in realtà oggi è parecchio impervia la sua risalita dal sottostante Raio/Vallone del Ninno. Semmai si potrebbe parlare di *Varco Pettinessa-Savina.
Tralaltro recentemente (primavera 2013) il toponimo "Spaccaturo" è entrato anche nella cartellonistica del sent. CAI 190, installata dal CAI di Salerno. [La salita e discesa per lo "Spaccaturo Alto", tra il Vallone Savina e la cresta della Savina, è comunque poco escursionistica (EEA, passaggi su forte pendio ove è utile un cordino, su tracce di cinghiali)].

Per quanto concerne il versante Acernese, la fonte toponomastica migliore resta la carta schematica di C. Landi Vittorj pubblicata in un numero de "L'Appennino" (1969, cf. supra) a corredo del citato articolo sull'Accellica. Il grande appenninista romano si servì di una carta della Forestale 1.10.000 per i toponimi acernesi dell'Acellica: mi riservo di fare ricerche simili ad Acerno (e a Salerno) per tentare di reperire e fotografare simili cartine o comunque materiale con designazioni locali più minuziose di quelle riportate sulla cartografia IGM a scala 1:50.000 e 1:25.000.

Infine, per quanto concerne il versante salernitano (giffonese in particolare) della Celeca, i toponimi non presenti sulle IGM che ho riportato in questa trattazione (e sulle carte in calce) sono stati reperiti su pubblicazioni, guide, note e didascalie fotografiche dei sentieri e delle escursioni effettutate dai soci del CAI di Salerno, in particolare da S. Giannattasio (Pontecagnano) e da F.P. Ferrara (SA).
Un grande progresso l'ho effettuato intervistando, grazie all'amico Diego de Cristofaro, il sig. Cosimo Arena, allevatore locale dei Piani di Giffoni, gran conoscitore della (micro-) toponomastica alto-giffonese.
Lo scrivente resta ovviamente l'unico responsabile di eventuali fraintendimenti o indicazioni/collocazioni toponomastiche sbagliate, ma si declina qualsiasi responsabilità di eventuali disavventure o incidenti che dovessero capitare a chi decide di utilizzare questi dati e le carte che sono qui in calce allegate: sia beninteso che ognuno lo fa a proprio rischio e pericolo!




Testo e Foto di Francesco Raffaele
http://www.francescoraffaele.com
[Versione base 9 luglio 2007 / 2023]

Ultimi Aggiornamenti importanti: 3/12/2023: L'Archivio Fotografico Ambrogio Robecchi, con 1 foto collage (v. Sez. IV C) /// 30/10/2023: Aggiunto il primo capoverso della Premessa e la Nota 0 /// 22/10/2023: aggiunte etimol. in Nota 6 /// 29/5/2022: Aggiornata l'Introduzione sui Monti Picentini /// 25/5/2022: Aggiunta una nuova "Bibliografia (Essenziale) sui Monti Picentini" suddivisa per Comuni (AV e SA) /// 15/5/2022: La scomparsa prematura, a Montella, dell'amico Giuseppe Capone, primo grande ispiratore delle mie ricerche sull'Acellica e i Monti Picentini. Il giorno successivo, ai funerali, ho pensato di dedicare alla sua memoria questa pagina della Celica. Non riesco a immaginare il dolore dei genitori, di Gianni, Maryam, Nadia. E di Catia che dovrà crescere i piccoli Ersilia e Gerardo senza il loro papà. Ciao Pe', riposa in pace. /// 22/9/2021: Aggiunte informazioni sulla "Grotta dell'Eternità" (cf. Nota 15A) /// 11/5/2020: Aggiunto il paragr. IA (Cartografia) con le due immagini "Sintesi Cartografica dell'Acellica". Altre aggiunte e ritocchi vari /// 9/8/2019: aggiornati i links alle vecchie gallerie (2004-2007) caricate ex-novo sul mio sito /// Fine giu/inizio lug 2019: Varie Aggiunte alle Cartine e alla Nota 15A (Butto della Neve) /// 14/11/2018: Aggiunto un paragrafo (III B) sulla Storia Escursionistico-Alpinistica /// 21/6/2018: Aggiunto Link alla mia recensione del bel libro di Massimo Gramaglia "Li nomi re li posti" sulla Toponomastica Montellese (sez. IV B) /// 13/6/2018: Aggiunto il PDF dell'Articolo di C. Landi Vittorj, "Monte Accellica", da "L'Appennino" n. 6, 1969 (vedi sez. IV B) e le NEWS di due interessanti itinerari percorsi da Michele Gramaglia e comp. (vedi Sez. IVC), una delle quali l'ho inserita anche nella mia carta /// 24/5/2018: correzioni, aggiunte e aggiustamenti al paragrafo finale (Note Toponomastiche) /// 22/12/2016: Aggiunta Carta dell'Alto Vallone della Neve, aggiornata la descrizione della salita per il Vallone della Neve del 10/12/2016 e aggiunta la Nota 11A (quote cime Nord) /// 9/9/2016: Importanti aggiunte e precisazioni al versante giffonese della Carta dell'Acellica, grazie al confronto con il sig. Cosimo Arena di Giffoni VP /// 2/4/2016: Corpose aggiunte montellesi alla Carta dell'Acellica (vedi anche nota dell'incontro del 17/3/2016 nella sez. "Mie Risalite") /// 3/1/2016: A Dicembre 2015 ho effettuato alcune ricerche tra biblioteche provinciali e archivi di AV e SA, raccogliendo bibliografia, articoli, mappe e altri dati che verranno qui inseriti nel corso dell'inverno 2016. Aggiunte toponomastiche alla cartina: in particol. tratte da 1) monografie su vari paesi picentini, 2) Mappa confinazione Montella-Acerno e 3) Carte del P.A.F. di Giffoni VP, 2007-2016 /// 2-3/10/2015: Aggiunti vari toponimi alla mia cartina (e in testo/note), tratti dall'importante articolo di C. Landi Vittorj, in: "L'Appennino", 1968 /// Maggio-Giugno 2015: rotto e rimosso il primo cavo della ferrata a N della cima Sud (ma con cautela si passa lo stesso) /// 20/11/2014: Massiccia revisione del Cap. II (Paragr. su Geologia-Orografia), aggiunta dell'Appendice C ("News") con la notizia del ritrovamento dei resti dell'aereo statunitense e varie aggiunte in note, specialm. nella n.18 ("Ferrate") /// 3/9/2014: Descriz. delle direttissime del 29/8/14; Aggiornam. e modifiche alle mie Carte (1:25000 e 1:5000) /// 19/6/2014: Agg. descrizione escursione 18/5/14. Modifiche alla mia Carta dell'Accellica (lievi aggiustamenti alle tracce dei sentieri CAI 190, 106 e posizione Grotta dello Scalandrone, grazie a dati GPS rilevati da M.M. il 1/6/14) /// 4/6/2014: Aggiunta Descrizione della Traversata Integrale ad anello delle creste e cime dell'Accellica" (1/6/2014) e nota 19D /// 3/5/2014: Aggiunta breve descriz. della 'Via integrale di Cresta delle Accelliche' nella sez. "Addenda" e altre note floristiche nella sez. "Flora" /// 25/1/2014: Aggiunti alcuni dati in nota 11 (il brigante montellese Luigi Fusco detto "Carrillo") e una figura + il link al testo in PDF "Il Partenio e il Terminio" di G. Fortunato (1880) /// 9 e 15 Settembre 2013: Aggiunta descriz. dell'ultima traversata delle Accelliche e la nota 6A (Pettinessa) /// 22 Agosto 2013: Aggiunta di info sul Canale Pettinessa nella nota 15A; descriz. dell'ultima mia Risalita (del 12-13/8/2013) /// 26 luglio 2013: Aggiunti vari titoli e links-pdf nella Bibliografia /// 12 luglio 2013: primi aggiustamenti ai links e al layout della nuova versione della pagina dell'Acellica su www.francescoraffaele.com. /// 9 luglio 2013: Questa pagina dell'ACCELLICA si trasfersce sul mio sito all'URL: http://www.francescoraffaele.com/escursioni/Accellica.htm. NB: la vecchia versione resterà sempre presente, sul sito lerkaminerka.com, ma NON verrà più aggiornata! /// Giugno 2013: Ampliata la nota 7 (Varco del Paradiso; Aquilegia champagnatii) /// 24 Maggio: Aggiunta la CTR 1:5000 del Varco del Paradiso e Cime Nord e Sud /// 7-9 Maggio 2013: Vallone della Neve (Escurs. del 5/5/13 e Nota 15) + nuova sezione "Precisazioni Toponomastiche, Errata..." + "Altre Foto"; 13/19 Agosto 2012: "Anello del Paradiso" (12/8/12); note 19B,C; aggiunte/correz. su Mappe; Indice /// Giugno/Luglio 2012: Vari aggiornamenti e modifiche a testo, note, bibliografia e mappe + descriz. delle ultime risalite (estate 2012) /// 6, 9, 13 Luglio 2011: vari aggiornamenti (al testo e in note 11, 14, 15, 18) e le 2 Nuove CARTE) /// 25 Marzo 2011 (vari) /// 24-25 Agosto 2010: aggiunti links dell'ultima escursione. Revisione generale di Testo, note, mappa d. Savina e Carta dei Sentieri [ringrazio l'amico Giuseppe Capone per le numerose informazioni e per i toponimi del versante Montellese del massiccio dell'Accellica che mi ha fornito; Giuseppe ha esplorato in lungo e in largo i sentieri dei Monti Picentini sin dal 1980 ed ha anche condotto indagini toponomastiche, interrogando i cacciatori e gli anziani proprietari di porcini e castagneti della zona, tra i quali il montellese Cesare Bosco]. Aggiornata la numerazione dei Sentieri CAI, in base alla nuova Carta dei Picentini, pubblicata nel 2009./// 19 Febbraio 2010 (aggiunti i links al reportage dell'escursione del 10 marzo 2009 e il foto-collage dell'Accellica vista dal Laceno-Cervialto) /// 19 Novembre 2009 (nuova carta, links al nuovo sito del Parco dei Picentini e ai PDF del sito del CAI-SA, + tre mie foto con neve su Flickr) /// 5 Novembre 2008 (Savina, n. 16) /// 19 Agosto 2008 (vari) /// 9 Nov 2007 (Circuito dell'Accellica).




Parte del Ninno dell'AccellicaVedute dell'AccellicaNinno, cresta e cima principale dell'Accellica visti dal Varco del Paradiso.
Panorama a 360° dalla cresta  dell'Accellica (20 foto) [Link esterno]
Il Varco del Paradiso. Al centro il Ninno, a destra la Cima Nord dell'Accellica
L'Accellica d'Inverno dal Raione

Altre immagini dell'Acellica vista dal Laceno - Mt. Cervialto

Altre Foto:
Accellica N, Versante Nord (con toponimi) - Pettinessa e Accellica Nord, da NE (con toponimi) -
Accellica N, Cima NE (1658m) e Testate alte di Vall. Zachela e Vall. della Neve - Testata alta Vall. della Neve -
Pettinessa da est - Ninno e Varco del Paradiso da est - Panorama a 360° dal Ninno - Panorama dalla cresta sud
- Ninno e Varco del Paradiso (S) visti da Ovest, con traccia del tratto di via Ferrata -


[La Celica svetta in una litografia (di Zambelli) su "Il Partenio e il Terminio" di Giustino Fortunato (Avellino, 1880) fig. tra le pag. 34 e 35]






INFORMAZIONI VARIE:

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
SUI MONTI PICENTINI E L'ALTA VALLE DEL SELE
(inserita il 25 maggio 2022)
Sono per lo più opere in mio possesso in formato cartaceo o digitale; escluse per ora le relazioni tecniche, P.A.F. e articoli "alpinistici"; [NC] = opera non consultata)

Monti Picentini (in generale):
- O.G. Costa, Memorie da servire alla formazione della Carta Geologica delle Province Napolitane (Napoli, 1864) e altre note (v. "Articoli, pubblicazioni...")
- Giustino Fortunato, Il Partenio e il Terminio (Avellino, 1880)
- Giustino Fortunato, L'Appennino della Campania (Napoli, 1884)
- A. Michele Jannacchini, Topografia storica dell'Irpinia. 4 Vol. (Vol. 1: Napoli, 1889; Vol. 2: Avellino, 1889; Vol. 3: Avellino, 1891; Vol. 4: Avellino, 1894)
- Eugenio Perrone, Carta Idrografica d'Italia. Sele, Tusciano, Picentino e Irno e torrenti della Penisola Sorrentina (Roma, 1914) [Grazie a Elio Dattero]
- Antonio D'Amato, La Verde Irpinia (1915; 3a ediz. 1924)
- Ministero dei Lavori pubblici - Servizio Idrografico, Le sorgenti italiane. Vol. VII Campania (Roma, 1942)
- Francesco Scandone, Documenti per la storia dei comuni dell’Irpinia, vol. I e II (Napoli, 1956 e 1964)
- M. Fondi, La regione dei Monti Picentini. Monografia geografica (Napoli, 1962; 1964²)
- Salvatore Pescatori, L'Irpinia nel ricordo di Giustino Fortunato (Avellino, 1967)
- Carlo Traversi, L'ambiente naturale e umano nel comprensorio turistico del gruppo del Terminio (in: L'Universo, IGM Firenze, anno LIII n.5, 1973)
- Stella Casiello De Martino, Alta Irpinia. Ambienti e Monumenti (Napoli, 1974)
- Amato Grisi, L'Alta Valle del Sele. Dalle origini al XV secolo (Salerno, 1980)
- Donato Vece, Alta Via dei Monti Picentini (Acerno, 1986)
- Giorgio Barone e Giuseppe Visone, I Comuni e gli usi civici Vol. 1 e 2 (Montella, 1986)
- Comunità Montana Terminio Cervialto, Beni artistici, storici e architettonici nel territorio della comunità. Vol. 1. Edifici di culto (S. Angelo dei Lombardi, 1990)
- Nicola Filippone, L'Alta Valle del Sele tra tardo Antico ed alto Medioevo (Napoli, 1993)
- Vincenzo D'Alessio, Il Culto di San Michele arcangelo Santuari tra Avellino e Salerno (Solofra, 1993; 2a ediz.: Montoro Inferiore, 2006)
- AAVV (a cura di), Storia illustrata di Avellino e dell’Irpinia (9 vol.) (Avellino, 1996)
- Bando, L'Alto e Medio Sele. Guida al territorio (2000)
- A. Sica (a cura di), Itinerari salernitani. I Sentieri dello Spirito (Napoli, 2000)
- Carmine Palatucci, Sulle orme del Lupo. Itinerari irpini (Lioni, 2001)
- Andrea Cammarano, Tracce di Medioevo nella toponomastica dei monti Picentini (Napoli, 2003) (opuscolo di 21 pp.)
- Andrea Cammarano, Tracce di Medioevo nella toponomastica dei monti Picentini (Napoli, 2003) (libro 119 pp. con stesso titolo del preced.) [Grazie a Massimo Gramaglia]
- Michele Cioffi, L'Agro Picentino e la sua gente nel ricordo dei classici (Napoli, 2004)
- Carmine Vitale, L’evoluzione morfotettonica plio-quaternaria del sistema Golfo di Salerno-Piana del Sele-Monti Picentini (Appennino Meridionale) (Tesi di Dottorato Napoli, 2005).
- Papini, Frandi, Russomando, Toccaceli, Pacino / GAL "Colline Salernitane", Il Sentiero di Giustino Fortunato (2007)
- Andrea Perciato e Pino del Prete, Monti Picentini. "Paradiso" verde dell'Appennino Campano (Postiglione, 2007)
- Alessandro Di Muro, Territorio e Società nel Mezzogiorno longobardo. La media valle del Volturno e la Valle del Tusciano nell'altomedioevo... (2007)
- Ferdinando La Greca e Vladimiro Valerio, Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aragonesi di Giovanni Pontano. Le terre del Principato Citra (Acciaroli, 2008)
- AAVV, Il Libro del Parco Regionale dei Monti Picentini. Guida Generale (Avellino, 2008)
- AAVV, Piano di Interpretazione Naturalistica ed Ambientale del Territorio del Parco Regionale dei Monti Picentini (Pt. I-II-III) (s.l., 2008)
- AAVV, Parco Regionale dei Monti Picentini - Libro dei Sentieri (allegato alle 4 carte escursionistiche del PRMP edite nel 2009)
- Luigi Ferranti, Appennino Meridionale. Campania - Basilicata - Calabria (CAI - TCI, 2010). Massiccio Accellica: p.231-242 (itinerari 84-88g e fig. 9).
- AAVV / Archivio di Stato di Avellino, I Nomi dei Luoghi. Il Principato Ulteriore attraverso i suoi toponimi (Avellino, 2013)
- Giovanni Vitolo (a cura di), La rappresentazione dello spazio nel Mezzogiorno aragonese. Le carte del Principato Citra (Battipaglia / Manocalzati, 2016)
- Antonio Nazzaro, Irpinia ombelico d’Italia. Geografia geologica, territori, itinerari (Napoli, 2017)
- Francesco Raffaele, in: AAVV, Sentiero Italia CAI, Vol. 4 Da Senerchia a Isernia (Idea Montagna, 2022) [Nella collana di 12 Guide del S.I. lo scrivente ha curato l'Introduzione (Campania), 19 tappe (tra cui le 4 da Senerchia a Serino) e 25 approfondimenti tra cui quelli sui Monti Picentini, il Polveracchio, il Terminio e l'Acelllica (tot. 229 pagine sulle 511 del volume e 138 foto)].

Acerno (SA):
- A. Paolillo, Appunti di Storia Acernese (Acerno, 1942) [MS pubblicato in: A. Paolillo, 2008, pp. 11-78]
- M. De Martini, Acerno forestale e turistica (Napoli, 1963)
- Maria Luisa Capograssi Barbini, Fonti per la Storia di Acerno in provincia di Salerno (Salerno, 1965)
- Antonio Caiazza, Il capobrigante Manzo e i sequestri di persona (in: Rass. Stor. Sal. n.s. VII/2, 1990, pp. 229-247)
- Antonio Sansone, Acerno: usi civici e demanio tra rivoluzione e delitto forestale (in: Rass. Stor. Sal. n.s. XIII/1, 1996, pp. 175-204)
- Antonio Sansone, Territorio economia e società in Acerno dalla crisi feudale al primo '900 (in : Rass. Stor. Sal. n.s. XV/1, 1998, pp. 109-147)
- Donato Viscido, La Storia di "Acerno" dalle origini ai giorni nostri (Acerno, 2000, opuscolo di 8 pp.)
- Donato D'Urso, Il brigantaggio ad Acerno: protagonisti e vicende (2001) [NC]
- Andrea Cerrone, Acerno nel '700 (e dintorni) attraverso il Catasto onciario (Montella, 2003)
- Raffaele Cerrone, Acerno e San Donato nella storia della cattedrale (Fisciano, 2005) [NC]
- Mario Casella, La Diocesi di Salerno-Acerno nel primo Novecento. La visita apostolica del 1909 (in: Rass. Stor. Sal. n.s. XXIII/2, 2006, pp. 261-301)
- Mario Petrosino et al., La riscoperta miniera di lignite di Acerno (Monti Picentini, Salerno) (in: Opera Ipogea 1/2, 2008, pp. 267-272)
- Antonino Paolillo, Nei suoi scritti. La storia di Acerno e altro (Napoli, 2008)
- Andrea Cerrone, Acerno nell'Ottocento e dintorni (Montella, 2009)
- Donato Vece, Acerno 1979. Acerno trent'anni dopo. Una comunità in transizione (Lagonegro, 2011)
- Raffaele Cerrone et al., Acerno ... ricca di Santi (Montecorvino Rovella, 2015) [Ringrazio Gaspare Adinolfi]
- Alfonso Corniello et al., An integrated approach... the case study of the Conca di Acerno... (in: IJEGE Special issue, 2017, pp. 17-28)
- Andrea Cerrone, Acerno un Paese del Sud. Percorso storico e giornalistico (Salerno, 2017)
- Andrea Cerrone, Il declino di Acerno (Acerno, 2022) [NC]

Bagnoli Irpino (AV):
- Alfonso Sanduzzi, Memorie storiche di Bagnoli Irpino. Dall'Origine fino alla metà del Secolo XIX (Melfi, 1924)
- Belisario Bucci, Bagnoli Irpino e le sue opere d'arte (Firenze, 1947)
- Francesco Scandone, L'Alta Valle del Calore, Vol. 5. Il Feudo ed il Municipio di Bagnoli Irpino (dalle origini sino al nostro tempo) (Napoli, 1954)
- Mario De Martini, Bellezze e risorse di Bagnoli Irpino (Bagnoli Irpino, 1961)
- Alfonso Gambardella, La Chiesa ed il convento di S. Domenico in Bagnoli Irpino (Napoli, 1969)
- Tommaso Aulisa, Bagnoli Irpino dopo il terremoto del 23 dicembre 1980 (Lioni, 1982)
- Tommaso Aulisa, Bagnoli Irpino antico e moderno attraverso le immagini (Materdomini, 1984)
- Tommaso Aulisa, Appennino Picentino. Chiese opere d'arte e centri storici di 4 comuni irpini. Bagnoli, Montella, Nusco, Cassano (Nusco, 1989)
- Tommaso Aulisa, Irpinia: Laceno. Guida storico-turistica di Bagnoli Irpino... (Materdomini, 1991)
- Tommaso Aulisa, Bibliografia storica di Bagnoli Irpino (Materdomini, 1994)
- Giuseppe Dell'Angelo, Appunti di Toponomastica di Bagnoli Irpino. Ieri ed oggi (Bagnoli Irpino, 1998)
- Ermenegildo Parenti e Giuseppe Dell'Angelo, Bagnoli Irpino e le sue radici cristiane. Vestigia e luoghi di culto (Grottaminarda, 2011)
- Domenico Cambria, Il Castello normanno di Bagnoli I. (Ariano Irpino, 2008, rist. 2014) 22 p.
- Paolo Speranza (a cura di), Laceno. Una specie di paradiso terrestre (2014) [NC]
- Aniello Russo, Dizionario del Dialetto di Bagnoli Irpino (s.l., 2011) [LINK]
- Domenico Cambria, Bagnoli I. I "Nigro" nella Storia (Ariano Irpino, 2014) 24 p.

Calabritto (AV):
- Ambrogina del Guercio, La cultura attraverso la tradizione orale: Calabritto, tra i Monti dell'alta Irpinia (Tesi di laurea, Univ. Salerno, 1971)
- Amato Grisi, L'Alta Valle del Sele. Dalle origini al XV secolo (Salerno, 1980)
- Nicola Filippone, Calabritto. Appunti di Storia (Calabritto, 1988; 2a ediz. 2000)
- Antonio Mazzone, Calabritto. Leggenda, Storia, Cronaca (Calabritto, 1998) [NC]
- Calabritto. La gemma dell'Irpinia. Guida pratica (Calabritto, sd)
- Gabriele Tardio Motolese, Da Calabritto al Gargano la cavalcata di San Michele (2a ediz. Foggia, 2011)

Calvanico (SA):
- Michele Sessa, Calvanico. Fascino del Passato, Oasi del Futuro (Lancusi, 1994 ca.)
- Raffaela Bergamo e Vincenzo D'Alessio, Calvanico (alla ricerca delle origini) (Solofra, 1995)
- Raffaela Bergamo e Vincenzo D'Alessio, Il culto di San Michele Arcangelo. La chiesa sul Pizzo di San Michele (Solofra, 2004)
- Angela Laghezza (a cura di), Il Santuario di San Michele di Cima e il culto micaelico a Calvanico (Bari, 2014)
- Laura Carnevale, Santuari, pellegrainaggi e territorio... la visita pastorale alla cappella in vertice montis a Calvanico (in A. Laghezza, ed., Il Santuario di San ..., 2014, pp. 15-30)
- Giacomo Disantarosa, Il santuario di San Michele di Cima e l’archeologia di montagna (in: A. Laghezza, ed., Il Santuario di San Michele di Cima ... 2014, pp. 91-171)

Campagna (SA):
- Nicolò de Nigris, Campagna Antica e Nuova, Sagra e Profana (1691, rist. anast. 1997)
- G.D. Guerriero, Antichità, origine et edificazione con le più degne cose da notarsi tanto dentro come nel tenimento della Città di Campagna... (Ms BNN, sez. MS, XV/E20) [NC]
- D. Tajani, Monografia del circondario di Campagna (Salerno, 1879) [NC]
- Antonino V. Rivelli, Memorie Storiche della Città di Campagna (vol. I e II) (1894, 1895)
- M. Santoro, La città di Campagna (Campagna, 1936) [NC]
- A. Cestaro, Università, vescovi e feudatari nella Diocesi di Campagna e Satriano nei secoli XVII e XVIII (in: Riv. Studi Salern., 2, 1968, pp. 91-129)
- G. Cupertino, Campagna nel '700 (in: Rivista di Studi Salernitani, 2, 1968, pp. 131-158)
- Elisabeth Videtta, Profilo Storico - Urbanistico della città di Campagna (Campagna, 1973)
- Raffaele, Gaetano e Alessandro D'Ambrosio, Campagna nell'800 (Cava dei Tirreni, 1975)
- L. Cutino, Storia di Campagna e dei suoi vescovi (Campagna, 1981) [NC]
- Maria Raffaela Pessolano, Immagine e storia di Campagna (Napoli, 1985)
- Gelsomino D'Ambrosio, Campagna, (Salerno, 1985; ediz. ampliata, con testi di C. Granito, P. Natella e B. Stabile: Salerno, 1996)
- P. Duccilli e A. Giannotti, Itinerario Sacro. Campagna e le sue Chiese (Salerno, 2003)
- R. Luongo, Toponomastica storica del Territorio di Campagna (in: Rass. Stor. Salern. XX/1, 2003, pp. 27-70)
- R. Luongo, Campagna in provincia di Salerno. Toponomastica e identità del territorio (in: V. Aversano, ed., Studi del CarToponSt 1-2, 2006, pp. 119-131)
- Lucio Ganelli, Campagna medievale (tra XI e XIII secolo) (Napoli, 2005)
- R. Luongo, Il Territorio del medio-sele in alto Medioevo. Dai "Loca" di Ariano e Furano alla nascita del "Castello" di Campagna (in: Rass. Stor. Sal. XXIV-1, 2007, pp. 121-163)
- Carmine Vivone, Altare del SS Nome di Dio e Crocifisso nella Chiesa di San Bartolomeo (Eboli, 2009)
- Rubino Luongo, Il Territorio di Campagna in età antica ed Alto Medioevo (Salerno, 2011)
- Rubino Luongo (a cura di), Storia di Campagna 1. Dalla nascita dell'Insediamento urbano (sec. XI) alla istituzione della Diocesi (1525) (Campagna, 2013)
- Guido D'Agostino, Vito D'Agostino e Adriana Maggio (a cura di), Storia di Campagna 4. Campagna nel Novecento... (Campagna, 2014)
- Guido D'Agostino, Adriana Maggio e Maurizio Ulino (a cura di), Storia di Campagna 2. Campagna in Età moderna: Chiesa, Feudo... (Campagna, 2015)
- Vito D'Agostino, Rubino Luongo e Adriana Maggio (a cura di), Storia di Campagna 3. Tra l'Età moderna e contemporanea... (Campagna, 2015)
- Emanuele Catone, Bruno D'Agostino e Liberato luongo (a cura di), Storia di Campagna 5. Identità campagnese... Fonti e Documenti (Campagna, 2017)
- E. Catone, I feudatari di Campagna tra XIII e XVI secolo (in: Annali Storici di Principato Citra, XV-2, 2017, pp. 294-320)
- E. Catone e M. Mirra, Archivi, biblioteche e fonti storiche per Campagna... (in: E. Catone et al., eds., Identità Campagnese, 2017, pp. 279-298)
- Emanuele Catone, Bibliografia campagnese (in: E. Catone et al., eds., Identità Campagnese, Storia di Campagna vol. 5, 2017, pp. 299-331)

Caposele (AV):
- Vincenzo Malanga, Caposele. Dissertazione storico-critica fino al 1800 (Materdomini, 1974)
- Giuseppe Chiusano, Documenti inediti per la storia di Caposele (1978)
- Amato Grisi, L'Alta Valle del Sele. Dalle origini al XV secolo (Salerno, 1980)
- Gerardo Monteverde, Terra di Caposele (Caposele, 2012)
- Carmela Monteverde, "Le Grotte" a Caposele: tra memoria e riqualificazione del percorso fluviale (Tesi di dottorato, 2013)

Cassano Irpino (AV):
- Tommaso Aulisa, Appennino Picentino. Chiese opere d'arte e centri storici di 4 comuni irpini. Bagnoli, Montella, Nusco, Cassano (Nusco, 1989)
- Marco Pizza, Cassano Irpino (AV) dal 1980 al 2019 (Tesi 2019)

Castiglione del Genovesi (SA):
- P.E. Bilotti, Di un antico tempio in Castiglione (in: Arch Stor. Prov. Salerno, VI. f. I, 1927, pp. 23-33)
- Michele Cioffi, L’Abbazia benedettina di Santa Maria a Tobenna in Comune di Castiglione del Genovesi (in: Rass. Stor. Salern. XXII/1-4, 1961, pp. 105-141)
- Gerardo Palmieri, Tubenna dei Picentini (2004)

Giffoni Valle Piana e Giffoni Sei Casali (SA):
- Vincenzo Di Caro, Commentari sull'antico e moderno Stato di Giffoni (MSS, Napoli, 1787) [v. V. Alfano e L. Basso, 2000]
- Luigi Staibano, Raccolta di Memorie per servire alla Storia di Giffoni Valle Piana e Sei Casali (MS, Salerno, 1870) [v. R. Di Martino, 1973] [NC]
- Tommaso Garzia, Giffoni Valle Piana e Sei Casali nella tradizione, nella storia e nella natura (Salerno, 1923) [NC]
- Alfonso Silvestri, Le vicende del vescovato di Giffoni nel secolo XVI (in: Rass. Stor. Sal. a. XII/1-4, 1951, pp. 57-64)
- Agatangelo da Roccagloriosa, Santa Maria a Vico, castellana dell'Agro Picentino (lineamenti storici) (Salerno, 1967)
- Riccardo Di Martino (a cura di), Ricordi Giffonesi, vol., I e II (s.l., 1973 e 1977) [NC]
- Giuseppe Blasi, Giffoni Valle Piana. Radiografia di una città (Giffoni, 1978) [NC]
- Pro Loco, Guida del turista alle località storiche e artistiche di Giffoni Valle Piana (Pro Loco Giffoni VP, 1982)
- Riccardo Di Martino e Salvatore Cingolo (a cura di): La Città di Giffoni (Montecorvino Rovella, 1997)
- Salvatore Mancino ed Elena Sica (a cura di), Giffoni. Storia, arte e tradizioni (Giffoni Valle Piana, 1998)
- Valerio Alfano e Luca Basso (a cura di), Commentarj sull'antico e moderno Stato di Giffoni del Dr. Vincenzo De Caro (Prepezzano, 2000)
- Elia Sciumanò et al., Le miniere di ittiolo come patrimonio geologico per la valorizzazione di un territorio... (in: Opera Ipogea 1/2, 2008, pp. 295-306)
- Giuseppe Tesauro Falivene, Giovan Camillo Glorioso (Giffoni VP/Baronissi, 2022) [NC]

Lioni (AV):
- Gaetano Sansone e Leonida Sansone, Cenni storici sugli Irpini dell'alto Ofanto. La Città di Lioni e dintorni (Lioni, 1959)
- Nino Iorlano e Vania Palmieri, Lioni nei Ricordi (Lioni, 1997)
- Roccopietro Colantuono, Storia di Lioni (Lioni, 1997)

Montecorvino Rovella (SA):
- Francesco Serfilippo, Ricerche sulla origine di Monte-Corvino nel Principato Citeriore (Napoli, 1856)
- Nunzio Di Rienzo, Ricerche storiche su Montecorvino Rovella : dai tempi remoti sino al 1820 (1980) [NC]
- Amelio Carbone, Un paese dei Monti Picentini tra il '600 e '700: Montecorvino Rovella (Salerno, 1991)
- Maria Antonietta Del Grosso, Gli arcivescovi salernitani: un esempio di feudalità ecclesiastica nel sec. XVI (in: Boll. Stor. Sal. e Princ. Citra, aa. XIV-XVI, 1998, pp. 79-176)
- Antonio Sansone, Organizzazione produttiva, paesaggio agrario e regime fondiario a Montecorvino Rovella... (1800-1930) (in: Rass. Stor. Sal. n.s. XVI/2, 1999, pp. 65-100)
- Nunzio Di Rienzo, Montecorvino Rovella. Una perla picentina tra storia arte e tradizioni (Battipaglia, 2017) [NC]

Montella (AV):
- Domenico Ciociola, Montella. Saggio di Memorie critico cronografiche (Montella, 1877)
- Francesco Scandone, L'Alta Valle del Calore (Vol. I-IV; qui abbrev. "Scandone AVC"): [I Volumi I-III sono scaricabili in pdf da: http://gallica.bnf.fr/]
- Francesco Scandone. L'Alta Valle del Calore Vol. I - Montella antica e medio-evale e le sue Costituzioni Municipali (Napoli 1911; riedito da Dragonetti, Montella, 1996)
- Francesco Scandone. L'Alta Valle del Calore Vol. II - Il Feudo e il Municipio di Montella (Palermo, 1916; " " 1996)
- Francesco Scandone. L'Alta Valle del Calore Vol. III - Il Municipio di Montella col suo feudo, nei tempi moderni incominciando dal dominio della casa d'Aragona (Napoli, 1920, 1996)
- Olga Marano Festa, Il dialetto irpino di Montella (in: L'Italia Dialettale, fascicoli anni 1928-1933)
- Donato Sesso, Sintesi di Memorie Montellesi (Philadelphia, 1934) [Grazie a Giuseppe Capone]
- Francesco Scandone. L'Alta Valle del Calore Vol. IV - Montella contemporanea, dalla fine del feudalesimo ai nostri giorni (Napoli, 1955; ried. Dragonetti, Montella, 1996)
- Ferdinando Palatucci, Montella di ieri e di oggi (Napoli, 1969)
- Gennaro Passaro, Saggio di Bibliografia Montellese (Montella, 1976)
- Gennaro Passaro, Montella. Appunti per una Guida turistica (Montella, 1983)
- Salvatore Bosco, Piano di Assestamento forestale dei beni silvo-pastorali di proprietà del Comune di Montella (AV) per il decennio 1973-1982 (Salerno, 1984)
- Tommaso Aulisa, Appennino Picentino. Chiese opere d'arte e centri storici di 4 comuni irpini. Bagnoli, Montella, Nusco, Cassano (Nusco, 1989)
- Carlo Ciociola, Luigino Volpe, Salvatore Bonavitacola, Montella il Fascino del Passato (Montella, 1991)
- Salvatore Moscariello, Montella nei secc. XV e XVI. I Cavaniglia (Montella, 1993)
- Salvatore Moscariello, Montella Storia e folclore del '700 (Materdomini, 1997)
- Salvatore Moscariello, Montella tra note e immagini (Montella, 1991; 2a ediz. 2001) [Grazie al Comune e alla Biblioteca comun. di Montella per la copia della 2a ediz. donatami]
- Salvatore Moscariello, Montella Guida turistica (Montella, 2002)
- Salvatore Moscariello, Una comunità Irpina: Montella. Note di Antropologia storica (Montella, 2004)
- Salvatore Bonavitacola e Luigi Volpe, Montella - Guida della Città (Montella, 2004)
- Palmina Pratillo, Il Territorio di Montella (AV) tra Tarda Antichità e Medioevo (Napoli, 2007) (opuscolo 22 pp.)
- Carlo Ciociola (a cura di), I Cavaniglia e le Università della Contea di Montella (Montella, 2008)
- Virginio Gambone, Vocabolario Montellese-Italiano (Montella, 2010)
- Antonio De Marco, Ti racconto Montella. Saggio di storia locale (Montella, 2012)
- Alessandro Barbone e Gianni Capone, Guida Turistica di Montella (Montella, 2014)
- Massimo Gramaglia, Li nomi re li posti - I nomi dei luoghi, Ricerca di Toponomastica montellese (Montella, 2016). [Link ad una mia recensione]
- Mario Garofalo, Storia sociale di Montella. Il Seicento (Avellino / Baronissi, 2018)
- Articoli sulla storia, i personaggi illustri, i monumenti, cultura, arte, tradizioni, lingua, istruzione, attualità e territorio montellese sono pubblicati nell'interessante rivista: IL MONTE. Periodico dell' Arciconfraternita del SS Sacramento di Montella (Dir. resp.: G.Cianciulli; Dir. redaz. C.Ciociola; Stampa A.Dragonetti, Montella)

Montoro (AV):
- Domenico Scoppa, Pagine sacre e note montoresi (s.l., 1731) [NC]
- Antonio Colombo, Memorie di Montoro in Principato Ultra (Napoli, 1883)
- Antonio Flodiola, Notizie di Montoro (Matera, 1906) [NC]
- Aurelio Galiani, Montoro nella Storia e nel folklore (Montoro, 1947) [NC]
- Vincenzo D'Alessio, Montoro: Ricerche storiche ed archeologiche (Solofra, 1978)
- Gerardo Guariniello, Piano di Montoro nella Storia (Avellino, 1998) [NC]
- Pietro Ottavio Fiore, Montoro. Ipotesi di lavoro sulla protostoria e sull'etimologia di Montoro e dei suoi Casali (Montoro sup., 2001)
- Vincenzo D'Alessio, Il Culto di San Michele arcangelo Santuari tra Avellino e Salerno (Solofra, 1993; 2a ediz.: Montoro Inferiore, 2006)
- Pierfrancesco Fiore, La valorizzazione dei centri minori. Strategie per una conservazione integrata dell’antico borgo di Aterrana (Fisciano, 2007) [PDF online]

Nusco (AV):
- Nunzio Maria della Vecchia, Ricerche sulla vera posizione de' Campi Taurasini ... e Memorie della Città di Nusco (1823)
- Francesco Scandone, L'Alta Valle del Calore. Vol. VII. La città di Nusco. Dalle origini alla fine del Medio Evo (Napoli, 1970)
- Giuseppe Passaro, Nusco città dell’Irpinia. Profilo storico (Napoli, 1974) [NC]
- Tommaso Aulisa, Appennino Picentino. Chiese opere d'arte e centri storici di 4 comuni irpini. Bagnoli, Montella, Nusco, Cassano (Nusco, 1989)
- P. Russo, Dizionario Enciclopedico di Nuscano (2005) [PDF]

Olevano sul Tusciano (SA):
- Carlo Carucci, Un feudo ecclesiastico nell'Italia Meridionale. Olevano sul Tusciano (Subiaco, 1938)
- Gino Kalby, La cripta di S. Michele Arcangelo in Olevano sul Tusciano (in: Rass. Stor. Salernit. XXIV-XXV, 1963-64, p. 81-102)
- Alfonso Piciocchi, La civiltà appenninica nella Grotta di Nardantuono a Olevano sul Tusciano (Salerno) (in: Bollett. Soc. natural. Napoli, 82, 1973, p. 1-26)
- Rosalba Zuccaro, Gli affreschi nella Grotta di San Michele ad Olevano sul Tusciano (Roma, 1977)
- Pasquale Natella, Studi Olevanesi (in: Euresis, VI, 1990, pp. 68-88)
- Maria Antonietta Del Grosso, Gli arcivescovi salernitani: un esempio di feudalità ecclesiastica nel sec. XVI (in: Boll. Stor. Sal. e Princ. Citra, aa. XIV-XVI, 1998, pp. 79-176)
- H., Klinkhammer, Berg der Heiligtümer: die Grotta di San Michele in Olevano sul Tusciano, in: Werk, Bauen + Wohnen, 91, 2004, p. 42-49
- T. Mitrano, Grotta di S. Michele e Nardantuono (CP 20) (in: L'Appennino Meridionale, CAI NA, Fasc. V, n.2, 2008, p. 238-243)
- Alessandro Di Muro (a cura di), La Grotta di San Michele ad Olevano sul Tusciano (Olevano sul Tusciano, 2011)
- Michele Cicatelli, Olevano. Scoperta, conoscenza e valorizzazione delle sua storia (attraverso i documenti) (S. Maria di Castellabate, 2014)
- Crescenzo Cicatelli e Michele Cicatelli, Olevano sul Tusciano. Storia - Fede - Tradizioni - Leggende (2015) [NC]
- Michele Cicatelli, Olevano sacra. Ricerche storiche sui luoghi di culto di Olevano sul Tusciano (2019) [NC]

San Cipriano Picentino (SA):
- Michele Cioffi, Note storiche su San Cipriano Picentino nelle sue vicende storiche-economiche-sociali dalle origini al secolo ventesimo (Portici, 1954) [NC]
- Gennaro Saviello, Picentini. Storie di uomini e di cose (s.d.)

San Mango Piemonte (SA):
- Antonio Roma, Appunti e spunti di storia sanmanghese (1998) [NC]
- Antonio Roma, L'Eremo di San Magno (1999) [NC]
- Antonio Roma, San Magno vescovo e martire patrono di San Mango Piemonte: tra fede e tradizione (S. Mango, 2007)

Senerchia (AV):
- Amato Grisi, L'Alta Valle del Sele. Dalle origini al XV secolo (Salerno, 1980)
- Antonio Mazzone, Senerchia: storia tradizioni ricordi (Salerno, 1982) [NC]
- Antonio Mazzone, La mia terra e la mia gente: fatti, figure e linguaggio di Senerchia (Napoli, 1989) [NC]
- Antonio Mazzone, Il brigantaggio a Senerchia (Senerchia, 1996) [NC]
- Paola Mele, L'Oasi della "Valle della Caccia" del marchese di Senerchia (in: AAVV, Storia illustrata di Avellino e dell'Irpinia, vol. 8, 1996, pp. 257-288)
- Michele Di Muro, È Accaduto. 2001-2011 Cronaca di un risveglio annunciato (Senerchia, 2014)

Serino (AV):
- Alfonso Masucci, Serino (ricerche storiche), vol. 1-2 (Napoli, 1923 e 1927)
- Filippo Masucci, Serino nell'età antica (Ricerche storiche) (Avellino, 1959)
- Gennaro Romei, Serino e la sua storia (Avellino, 1979)
- Ottaviano De Biase e Chiara De Simone, Serino nella seconda metà dell'800 (Serino, 1991) [NC]
- Ottaviano De Biase, Avellino e l'Alta Valle del Sabato (Avellino, 1997)
- Ottaviano De Biase, Serino antica e medioevale (Avellino, 1999)
- Filomeno Moscati, Storia di Serino (IIa ediz., Salerno, 2005) [PDF]
- Filomeno Moscati, Santa Lucia di Serino. Antica origine, antico nome, antica fede (2008)
- Filomeno Moscati, Ricordo. Di un paese che non c'è più (Avellino, 2010)
- Filomeno Moscati, Culto di San Michele e vie della devozione micaelica (Avellino, 2011)
- Filomeno Moscati, Sala e Dogana Vecchia di Serino nella preistoria e nella storia (Avellino, 2012)
- Filomeno Moscati, Serino. Civiltà contadina e cultura popolare (2018) [PDF online]

Solofra (AV):
- Antonio Grassi, Genealogia e Raguagli Istorici del Antico e moderno stato di Solofra e sua Università (MS inedito, Bibl. di Solofra, 1722) [NC]
- Giuseppe Didonato, Solofra nella tradizione e nella storia (Montoro / Pagani, 1914) [NC]
- Francesco Guacci, Solofra nell'arte (Napoli, 1974) [NC]
- Francesco Guacci, Solofra nella Storia (Avellino, 1975) [NC]
- Francesco Guacci, Solofra. Ricerche di Storia antica. Vol. 1 (Avellino, 1976)
- Francesco Guacci, Preistoria e Storia nella Valle Solofrana. Vol. I-II (Salerno, 1978, 1979) [NC]
- Flavia Luise, Solofra tra il 1640 e il 1676 nei Capitoli matrimoniali e nei Testamenti (in: Mel. Ecole fran. Rome, 95/1, 1983, pp. 299-338)
- Gerardo Antonio Russo, Solofra. Guida alla città (Atripalda, 1987)
- Mimma De Maio, Alle radici di Solofra. Dal tratturo transurantico all’autonomia territoriale (Avellino, 1997)
- Mimma De Maio, Solofra nel Mezziogiorno angioino-aragonese (s.l., 2000)
- Mimma De Maio, Solofra nel medioevo. Un centro artigianale nel Principato Salernitano (in: Medioevo Italiano. Rassegna storica online, 2, 2000)
- Mimma De Maio, Solofra alla metà del XVIII secolo. Aspetti socio-ambientali ed economici dal Catasto onciario (Solofra, 2007; 2a ediz. 2010)
- Mimma De Maio, Ubi dicitur. Storia della Toponomastica solofrana (2005) [PDF]
- s.n. (ma M. De Maio ?), Toponomastica Solofrana. Studio Storico Critico [LINK]
- Mimma De Maio, Sotto l'ala di Clio (Solofra, 2009) (riediz. ampliata di id., Alle Radici di Solofra)

Volturara Irpina (AV):
- Nunzio Pasquale, Storia di Volturara Irpina (1916; riedizioni curate da Edmondo Marra: 2000; 2017) [v. anche online]
- Rizieri Roberto Di Meo, Storia di Volturara Irpina. Dalla origine ai giorni nostri (Avellino, 1987)
- Nicolina Catarinella, Volturara Irpina (Avellino, 1998) [Grazie a Nicola Raimo]
- Edmondo Marra, Benvenuti nella Terra della Voltorara. Vol. 1: Benvenuti a Volturata (Montella, 2005)
- Edmondo Marra, Benvenuti nella Terra della Voltorara. Vol. 2: Cento volturaresi ed un brigante (Montella, 2005)
- Edmondo Marra, Benvenuti nella Terra della Voltorara. Vol. 3: Storia e storielle (Montella, 2005)
- Edmondo Marra, Benvenuti nella Terra della Voltorara. Vol. 4: Viva a chi comanda (Montella, 2005)

Altri testi monografici su centri "Picentini" e comuni limitrofi:
- Francesco Scandone, L’Alta Valle del Calore, vol. VI. Cassano Irpino (Napoli 1956) [NC]
- Pasquale Pellegrino, Picentia e il Feudo di Faiano (Pontecagnano, 1972) [NC]
- Donato Cosimato, Un comune del mezzogiorno Baronissi profilo economico-sociale (Acerra, 1973)
- G. Bailo Modesti, B. D'Agostino, P. Gastaldi, E. Greco et al., Museo Nazionale dell'Agro Picentino. Breve profilo storico di Pontecagnano nell'antichità (Salerno, 1978)
- M. Sessa, Lancusi. Dalla Baronia del XVI secolo ai giorni nostri (Fisciano, 1987) [NC]
- M. Sessa, Fisciano in sintesi: storia di un comune del Mezzogiorno d'Italia (Fisciano, 1983) [NC]
- M. Del Regno e G. Noia, Penta: immagini di un paese del Salernitano (Fisciano, 1987) [NC]
- G. Amelio, Fisciano e dintorni (Cava de' Tirreni, 1994) [NC]
- Aurelio Musi, Paolo Peduto e Luigi Rossi (e curs di), Mercato S. Severino e la sua storia. Dall'antica Rota alle trasformazioni moderne (Salerno, 2003)
- Edmondo Marra, Montemarano in Principato Ultra (s.l., 2012; Napoli, 2014)


Articoli, pubblicazioni ed estratti vari (selezione da completare; NB: sono esclusi per ora gli articoli da bollettini e riviste alpinistiche/escursionistiche):
- M. Tondi, Relazione sul Carbon fossile di Gifuni (in: Atti R. Acc. d. Scienze, Napoli, 1825, pp. 25-31)
- M. Tenore, Relazione di una escursione al Terminio (in: Rendic. R. Accad. Scienze di Napoli, 5, 1842)
- G. Volpicella, Sul progetto di regolamento amministrativo d'irrigazione con le acque del Fiume Tusciano... (Napoli, 1844)
- P. De Cuppis, Intorno ad un Atlante Geogonico dell'Italia eseguito dal Prof. Cav. P. De Cuppis. Lettera del medesimo a... (in: Enciclopedia Contemporanea V/3, 1859, pp. 39 seg.)
- O.G. Costa, Note geologiche e paleontologiche sui Monti Picentini nel Principato Citeriore (in: Atti R. Istit. d'Incoragg. alle Scienze... Napoli, 1864, pp. 97-112 e 207-254)
- C. Firrao, Realzione per le Acque di Serino (Napoli, 1867)
- E. Cortese, Le acque sorgive nelle alte vallate dei fiumi Sele, Calore e Sabato (in: Boll. R. Comit. Geol. d'Ita., XXI, 1890, pp. 299-308)
- F. Bassani, Sui fossili e sull'età degli scisti bituminosi di Monte Pettine presso Giffoni Valle Piana in provincia di Salerno (in: Mem. Soc. Ital. Scienze, IX/3, 1893)
- E. Böse, G. de Lorenzo e Jon Böhm, Zur Geologie der Monti Picentini bei Neapel (in: Zeitschrift Deut. geol. Ges., XLVIII, 1896, pp. 202-215)
- Foglia, L'uomo neolitico nell'Agro Picentino (in: Atti R. Accad. Archeol..... Napoli, 1905, pp. 377-393)
- C. Lacaita, Aggiunte alla flora del Principato Citra (in: Bullettino dell’Orto botanico della R. Università di Napoli, III, 1913, pp. 251-307) [NC - segnalatomi da Gaspare Adinolfi]
- A. Trotter, Della particolare costituzione di alcuni boschi nell'Appennino Avellinese... (in: Nuovo Giorn. bot. ital. XX, 1913, pp. 265-274)
- M. Cassetti, Cenni geologici su alcuni monti della Campania e della Basilicata (Campagna geologica 1914-1915) (in: Boll. R. Comit. Geol. d'Ita., 1918, pp. 79-89)
- M. Napoli, Pontecagnano, Problemi topografici e storici (in: St. Etr., 33, 1965, pp. 661-670 = pp. 79-88)
- Carlo Landi Vittorj, Monte Accellica (in: L'Appennino, Rivista Sez. CAI di Roma, Anno 17, 1969/n.6, p. 137-145)
- L. Brancaccio, Osservazioni geomorfologiche sull’alta valle del Sabato presso Serino (prov. Avellino) (in: Memorie della Soc. Nat. Nap., suppl. vol. LXXX, 1971, pp. 489-498)
- B. Moraldo, V. La Valva et al., La Flora dei Monti Picentini (artic. vari in: Delpinoa, n.s., a. 1981-82, pp. 203-291; a. 1985-86, pp. 59-148)
- P. Celico e D. Russo, Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) (in: Boll. Soc. Nat. Nap., XC, 1981, pp. 37-50)
- L. Chiappinelli, Note sui Nomi di Luogo dell'Avellinese (in: Samnium, anno LXI n. 1-4, 1988) numerosi altri articoli in RSS (1994-2005)
- V. Caputo et al., L'erpetofauna dei Monti Picentini (in: Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXI, 1993, pp. 387-391)
- S. Ardito, A Piedi in Campania. Vol. 2 (Guide Iter, 1996), pp. 80-83
- A. Perciato, Monti Picentini: un paradiso verde (I) (in: La Rivista del Trekking, 2000)
- B. Visentin, Il panorama artistico tra Salerno e il Tusciano in età longobarda: quattro esempi di pittura altomedioevale (in: Schola Salern. Annali 2000-2001, 2002, pp. 157-195)
- S. Mandato, Nel regno del faggio. Il massiccio dei monti Picentini (in: Campania Felix 12, NS, Maggio 2003, p. 31-33)
- C. Solito, Il Monte Accellica. La vetta più alpina dei monti Picentini (in: AAVV, Meraviglie Sconosciute della Campania, Ed. CARSA, 2007, n. 8, p. 58-65)
- F. Papini et al., Memorie illustrative della Carta Idrogeologica del Parco Regionale dei Monti Picentini (Campania) in scala 1:50.000 (s.l., 2008)
- A. Ceres, Dal Parco Regionale al Parco Nazionale dei Monti Picentini. I benefici per il territorio (pdf di 24 pag., 2016)
. S. Siniscalchi, Mutazioni geografiche del solco Irno-Solofrana attraverso il confronto tra carte storiche e contemporanee (in: Boll. Ass. Ital. Cartogr. 156, 2016, pp. 21-32)
- F. Raffaele, Le Creste del Monte Accellica, in: A. Alesi et al. (eds.), Creste d'Appennino (SER, 2016), pp. 153-158
- G. De Fabrizio, Il sogno del Parco Nazionale dei Monti Picentini... (online su: Orticalab, 2021)
- R. Luise e R. Mezzacasa (a cura di), Cesare Capuis. L'alpinista del nord che arrampicava a Napoli (Castellammare di Stabia, 2024).

-> Interessanti articoli sulla storia, i personaggi illustri, i monumenti, la cultura, arte, tradizioni, lingua, istruzione, attualità e territorio montellese sono pubblicati nella rivista:
IL MONTE. Periodico dell' Arciconfraternita del SS Sacramento di Montella (Dir. resp.: G.Cianciulli; Dir. redaz. C.Ciociola; Stampa A.Dragonetti, Montella)
-> Alcuni articoli sull'Archeologia Salernitana nel periodico del G.A.S., SALTERNUM (on-line i numeri recenti)

CARTOGRAFIA E SENTIERISTICA
- Monti Picentini. Carta dei Sentieri (CAI Salerno - Pro Loco Acerno, SELCA 1994)
- Parco Regionale dei Monti Picentini. Carta dei Sentieri 1:25.000 (x 4 Cartine). Libro dei Sentieri (CAI AV-SA, SELCA 2009)
[Per i PDF del Libro di Sentieri e la cartografia on-line vedi i LINKS].
- IGM 1:50.000 -> 467 (Salerno) ed.1987/1992. -> 468 (Eboli) ed.1988/1991.
- IGM 1:25.000 -> 186 III-NO (Bagnoli Irpino) Anno: 1955. -> 186 III-SO (Montecorvino Rovella) Anno: 1955.
  -> Serie 468 IV (Acerno, 1985/1995). -> 467 I (Giffoni VP, 1984/1996).
- CTR 5000 Edizione 2004-2005 della Regione Campania (1:5000):
  
LINKS - Montella / Giffoni VP (NB: clicca sul quadro d'unione per i PDF delle carte). [Province della Campania].
  -> Carta Tecnico Numerica Regionale, n. 468014, "Monte Accellica" (Montella)
  -> Carta Tecnico Numerica Regionale, n. 468013, "Raione" (Giffoni VP - Acerno)
  -> Carta Tecnico Numerica Regionale, n. 467041, "Varco del Pistone" (Serino - Montella - Giffoni VP)
  -> Carta Tecnico Numerica Regionale, n. 467042, "Grotta dello Scalandrone" (Giffoni Valle Piana).
- F. Papini, A. Corniello, D. Ducci, A. Aquino: "Carta Idrogeologica del Parco" e "Memorie illustrative della carta idrogeologica del Parco", in: Relazione Carta Idrogeologica (2008).

INTERNET LINKS (Vedi anche i Links in Bibliografia)
- Parco Naturale Regionale dei Monti Picentini (Il Nuovo Sito Ufficiale) [cartografia, libro dei sentieri, statuto e altro]
- Parco Naturale Regionale dei Monti Picentini (Promemorianews, W.B.)
- ENEA / BIOITALY / NATURA 2000 (Accellica = IT8040009)
- Escursione: Piani di Giffoni - Butto della Neve - Tracciolino del Ninno - Accellica Nord - Ninno - Raione - Piani G.
(PDF, di Sandro Giannattasio, sito-web CAI SA)
- Escursione Masseria Giannattasio - Timpone (PDF, di Sandro Giannattasio, sito-web CAI Salerno)
- Cronache Picentine. "Ancora Accellica" (CAI Salerno)
- Libri di Vetta CAI - SA (Accellica e altre)
- "Monte Celeca" (da C. Palatucci, 2001, su Montellanet)
- "La Savina" (da C. Palatucci, 2001, su Montellanet)
- Grotta Scalandrone: Link 1 (Pianta e Sezione, rilievi dei Gruppi Speleo del CAI di NA e SA) - Link 2 (Descrizione di Escursione del CAI SA)
- CAM sul Forum Saxetum (vedi: Escursionismo - Club Appenninistico Montellese); descrizioni/foto di vari sentieri
- Oasi WWF Monte Accellica
- Comune di Montella
- Portale turistico del Comune di Montella
- Montella.EU
- Comune di Serino
- Comune di Giffoni VP
- Picentini. I monti del gusto (Sito con notizie, cultura, itinerari e altro, su 10 comuni picentini)
- Comune di Acerno
- Acerno ti accoglie
- Girogustando Campania (Forum, Diario, Reportages)
- Sito di Carmine Palatucci
- Flora e Fauna dei Picentini // Il Fiume Calore (Pagine del sito-web del Circolo Didattico di Montella)
- Acquedotto Alto Calore, video della posa della prima pietra (Presso Mass. Marinari ?)
- Foto e video dell'Accellica sono reperibili cercando sui siti web Google, Youtube, Flickr etc. Vedi anche le sezioni Foto e Video qui in basso.

SENTIERI CAI
La numerazione dei Sentieri CAI: concordemente con la rinumerazione dei sentieri CAI in Campania (2007-2009) si è provveduto ad aggiornare i numeri identificativi sia sulle nuove carte che sul terreno: nei Monti Picentini i nuovi numeri possibili sono da 100 a 199 e si è cercato di mantenere uniforme (ma non sempre) la vecchia numeraz. con l'aggiunta del cento (ad es. l'ex sentiero n. 4 è ora il 104 etc...).
La sentieristica completa con la nuova numerazione dei sentieri Picentini del CAI (100-190 e S.I.) è disponibile sul sito Ufficiale del Parco Regionale dei Monti Picentini (vedi link qui in alto). Ho aggiornato la numerazione dei sentieri in questa pagina.

COME RAGGIUNGERE
[da nord]: SS7 "Ofantina", uscita Montella, proseguire sulla SS164 in dir. Acerno e sostare tra il Km 41 (Ponte Varo della Spina) e il Km 34 (Le Croci di Acerno).
[da sud]: A3 uscita Battipaglia, proseguire per Montecorvino Rovella - Acerno (SS164 vedi sopra).
[altri percorsi partono da vari tratti della SS574 Serino - Piani d. Terminio - Montella]

N.B.
- Periodo consigliato: da primavera ad autunno. Durante l'inverno la montagna diventa più impraticabile e richiede attrezzature e preparazioni particolari, ma è spesso in questa stagione che si hanno le più grandi soddisfazioni per la bellezza dei panorami, la nitidezza del cielo unite a temperature quasi sempre non proibitive.

Numeri Utili:
Oasi Accellica: tel. 089 865030 (Giffoni)
Comunità Montana Monti Picentini: tel. 089 86610 (Giffoni)
Soccorso Alpino e Speleologico Campano (SASC / CNSAS): http://www.cnsascampania.it/
Vigili del fuoco: tel. 115; Corpo Forestale: tel. 1515 (incendi, bracconaggio, inquinamento, abusivismo, taglio illegale di legna etc.).

DIFFICOLTA'
Cime/Creste: E+ / EE / EEA
(secondo i percorsi).

Escursioni di media difficoltà (E) sono quelle che hanno come mèta il Varco Colla Finestra, provenendo dai Pianori del Terminio, dall'Alta Valle del Sabato o da quella del Calore. Così come i sentieri (S.I.) che portano a Capo di Fiume e alla Grotta dello Scalandrone passando per il Varco del Pistone oppure dai Piani di Giffoni.
DURATA - LUNGHEZZA - DISLIVELLO
(solo andata)

CAI 104: 4h 1/2 - 5h - c. 6Km - disl. 1060m
CAI 103 -105: da Acerno: 4h 1/2 - disl. +1100m; dalle Croci di Acerno: 3h 1/2 - disl. 750m.
CAI 103A-103: Sorgenti Picentino (Giffoni) - Accellica Sud: 3h 1/2 - disl. 700m
(CAI 11b, 11 e 11d = 111, SI, 141, : per V.co Colle Finestra, vedi Mappa e Note 12, 13)
EQUIPAGGIAMENTO

- Scarpe da trekking, K-way, ricambi, torcia.
- Acqua, d'estate almeno 1,5lt cad. (sopra i 1100m, non si incontrano fonti, e c'e' solo un contenitore atto a raccogliere l'acqua di stillicidio in una piccola grotta sotto al Ninno, il Bivacco ValSaVin, ma e' raggiungibile solo x la via Ferrata. Vedi escurs. del 27-28/2/2010 e 19/8/2010).
- Cordino (x discese fuori sentiero)

NB: LA "VIA FERRATA" dell'Accellica è stata dismessa!
TUTTE LE MIE GALLERIE FOTOGRAFICHE DELLE ESCURSIONI SULL'ACCELLICA
di
Francesco Raffaele

24/11/24 (Croci di Acerno, Savina, Pettinessa, cima Acellica sud; discesa per Acqua Friddiello e Acqua Fredda)
11/11/2024 (Vallone della Neve e Ruderi del Castello della Rotonda)
19/11/2023 (Piani di Giffoni, Butto della Neve, Rasula delle Murelle, M. Acellica cima Nord, Varco del Paradiso, Ninno e discesa per il "Tracciolino del Ninno")
11/2/2023 (Piani di Giffoni, Acellica Sud, solitaria invernale)
18/10/2022 (Traversata alpinistica delle Acelliche: Piani di Giffoni, Varco Acquafredda, Sentiero del Ninno, Varco del Paradiso, il Ninno, Acellica Nord, Acellica Sud)
5/6/2022 (Acellica Nord, sent. 104 con i Lerkaminerka; discesa in solit. per spalla a W del Vallone della Neve e Porcino Gatta)
1/6/2022 (Valle Vesa, Capo di Fiume, Vallone Vene Rosse sin. idr., Torrioni Vene Rosse, Laurenziello des. idr. e rit. per Cresta CAI 190, Varco d. Rena, Pistone, Capo di Fiume)
10/3/2022
(Piani di Giffoni, Acellica Sud)
20/9/2021 (Casa Rocchi, Congiunzione Sabato- Radiche- Favale, Grotta dell'Eternità. Bosco e Mura della Civita di Ogliara)
27/6/2021 (Piani, Varco del Carpino, Ninno. Discesa per Tracciolino del Ninno e Butto della Neve)
21/9/2020 (Sentiero Italia CAI, S.I. tappe S10 + S11: Acerno - Piani di Giffoni - Casa Rocchi e Casa Rocchi - Colla Finestra Verteglia)
28/6/2020 (Piani di Giffoni - Acellica Sud - belvedere della Pettinessa, con i Lerka Minerka)
22/5/2020 (Pitiniti, Porcino Marinari, Vallone Zachela, Varco del Paradiso S, Ninno, Cima Nord)
26/6/2019 (Casa Masucci, Cresta dei Ninni, Cima N, Varco del Paradiso, Ninno, Varco Sud, rit. Varco Nord, Cima N, Colla Finestra, Valle del Sabato)
22/6/2019 (Grotta dello Scalandrone - Captazione e Grotta del Lamione - risalita del Vallone Butto della Neve - Butto della Neve)
12/6/2019 (Traversata delle Acelliche + [il mio 20°] Ninno, da Casa Rocchi, con Francesca O. e i romani Angelo Monti, Claudio Lucarini, Fabrizio Patucchi)
15/1/2019 (Vallone della Neve, invernale)
11/11/2018 (SS574, Barrizzulo, Colla Finestra, Cima Nord, Ninno e rit., con i 'RuNaples' di Benny e Maurizio)
13/10/2018 (Savina, Pettinessa, Acellica Sud e rit. per Cresta Sud-Acquafredda, con CAI di CS)
9/6/2018 (Savina, Pettinessa, Acellica Sud, Ninno, Varco Paradiso, Acellica Nord, Colla Finestra, Pitinite)
27/5/2018 (Traversata Acelliche + Ninno da Casa Rocchi con il CAI di AV)
20/5/2018 (Croci di Acerno, Fosso Calancarello, Serra Lunga, Acellica Sud, Ninno, Acellica Sud, Pettinessa NE, La Savina, Croci di Acerno).
29/12/2017 (Piani di Giffoni, Acellica Sud, invernale in solitaria)
28/5/2017 (Butto del Laurenziello occid., Cima Nord, Varco del Paradiso, Ninno, Varco della Pettinessa, Timpone, Vena d'a Mola, Piani di Giffoni)
21/5/2017
(Grotta dello Scalandrone)
21/1/2017 (Mass. Canale, V. Cerretelle, Piani di Giffoni, Cas. Forestale, Arvaniello, Valico Acquafredda, Varco Pettinessa, Acellica Sud)
10/12/2016 (Pitinite, Porcino Marinari, Porcino Gatta, Vallone della Neve, Testata alta Vallone della Neve, Passo di Carriddro, Acellica Nord)
4/9/2016 (Piani di Giffoni, Scalandrone, Lamione, Rasula delle Murelle, Cima Nord, Ninno, Tracciolino, Butto della Neve, Grotta dello Scalandrone, Piani)
28/6/2016 (Grotta dello Scalandrone, Trellicina, inizio esplorazione del Butto del Laurenziello, basse quote zona E)
4/6/2016
(Piani di Giffoni, Butto della Neve, Tracciolino del Ninno, Varco del Paradiso, Ninno, Accellica Sud, Timpone, Vena d'a Mola, Piani di Giffoni)
25/3/2016 (Accellica Sud dai Piani di Giffoni, variaz. per Grotta del Timpone e discesa per Serra Cerretelle - Fili della Cerzolla)
26/12/2015 (Accellica Nord dal tornante della SS574, Serra del Lacerone, variante a mezzacosta o "passaturiello della Sgaiuola" per Colla Finestra)
14/6/2015 (Diretta alla Pettinessa da Est, Cima Sud, Ninno, esplorazione della parte più alta del Vallone del Butto della Neve, Tracciolino alto)
7/6/2015 (Colla Finestra da Piano Acquenere per Barrizzulo; Cima Monte Serralonga)
21/2/2015 (Invernale alla Cima N per la cresta W; rit. per Colla Finestra - Alta Valle del Sabato)
13/2/2015 (Invernale in solitaria Croci di Acerno - Savina - Pettinessa - Cima Sud - Cresta Sud - Valico Acquafredda - Sorg. Acquafredda - Croci Acerno)
19/10/14 (Croci di Acerno - Savina - Cima Sud - Varco Paradiso - Cima Nord - rit. Ninno - Cima Sud - Valico e Sorgente Acquafredda - Croci di Acerno)
29/8/14 (Direttissima Pitiniti - Porcino Gatta - spalla tra Vallone d. Neve e Vallone d. Savina/Za'Chela - Cima NE; discesa dirett. x spalla a W del V.d. Neve)
22/6/14 (Casa Rocchi - Colla Finestra, uscita per macro-fotografie di anfibi nella valle del Sabato)
1/6/14 (Traversata integrale di creste e cime delle Accelliche, Ninno: anello dai Piani di Giffoni)
18/5/14 (S.I./CAI 106 poi risalita per Costa d. Melaina in cresta presso q.1398, discesa da Varco Pruvusiere per Costa Trellicine e Vallone Vene Rosse)
10/5/14 (S.I./CAI 106 - 106B: Casa Rocchi - Sella Serra Colle Ferro - Trellicina - Gr. Scalandrone - Butto della Neve)
21/4/2014 (Direttissima da N alla cima Nord, Varco del Paradiso N, il Ninno e ritorno per la stessa via)
8/9/2013 (Traversata in 8 persone: Croci di Acerno - Savina - Cima Sud - Ninno - Cima Nord - Varco d. Pettinessa - Valico- e Sorg. Acquafredda - Croci)
12-13/8/2013
(Solitaria da Cucchiaduro - Serra Figliolito - Capo di Fiume - Grotta dello Scalandrone - Rasula delle Murelle - Accellica, cima Nord - Varco del Paradiso, in notturna - Tracciolino del Ninno con bivacco notturno - Butto della Neve - Piani di Giffoni - Vallone Falconara - Valle Vesa - Cucchiaduro)
14/7/2013 (Casa Rocchi - Cresta NW = CAI 190 fino all'intersez. con il CAI 104; discesa per Alta Valle del Sabato, S.I.)
19/6/13 (Butto della Neve dai Piani)
18-19/5/13 (Raio d. Ferriera - Varco del Paradiso E e W - Spaccaturo - Cime S e N - Vallone della Neve)
5/5/13 (Direttissima dal Vallone della Neve - Accellica Nord - Ninno e ritorno)
16/3/13 (Piani di Giffoni - Cima Sud, invernale)
30/1/13 (Piani di Giffoni - Cima Sud, invernale)
2/9/12 (La Savina, da Nord)
12/8/12 ("Anello del Paradiso": Sentiero del Paradiso CAI 190 / Ninno + ritorno per Alta Valle di Calore e Sabato e oltre)
22/7/12 (Porcino Marinari, Porcino Gatta, Vallone della Neve)
8/7/12 (Salita classica per il sentiero CAI 104 in gruppo)
17/6/12 (Raio delle Ferrere - Ninno - Cima Nord - Vall. dei Briganti)
25/2/12 (Piani di Giffoni - Cima Sud, invernale)
8/1/12 (Croci di Acerno - La Savina - Accellica Sud)
18/9/11 (Piani di Giffoni - Accellica Sud)
3/7/11 (Valle del Calore - Accellica Nord - Ninno...)
7/5/11
(Butto, Tracciolino del Ninno, Ninno, Scalandrone)
10/3/2011
(La Savina)
19/8/2010 (Timpone, Accellica Sud, Ninno)
18/3/2010
(Butto della Neve, CAI 106B)
27e28/2/2010 (Traversata delle Accelliche, Ninno; il giorno dopo Piani di Giffoni - Accellica Sud)
7/6/2009 (Piani di Giffoni - Accellica Sud)
10/3/2009 (Piani di Giffoni - Accellica Sud, in solitaria sulla neve)
9/11/2008
(Croci di Acerno - Cresta della Savina - Accellica Sud)
17/8/2008 (Grotta dello Scalandrone; Mura della Civita di Ogliara)
8/7/2007
(Accellica Nord)
24/9/2006 (Alta Valle del Sabato - Colla Finestra)
24/6/2006 (Accellica Sud)
12/6/2005 (Accellica Nord)
4/7/2004 (Varco Colla Finestra)

VIDEO e Altri Reportages dell'Acellica e Monti Picentini sul web...

> Traversata del Varco del Paradiso, in 4 parti, video su Youtube di Francesco Pugliese (CAI Castrovillari, in presenza del sottoscritto, il 19/10/14).
> Traversata dell'Accellica da cima N a cima S (Raffaele Spina e Daniele Carpenito): Video di Raffaele Spina (30/6/2013); [Agg.: Anello / Ninno, 21/6/2015].
> Piani di Giffoni - Accellica Sud - Varco del Paradiso - Accellica Nord - Colla Finestra - S.I. Sorgenti del Sabato - Varco della Rena - P. di Giffoni (18/9/2011; 20Km in 12h): Documentario su Vimeo di Gianfranco Viani (15').
> Croci di Acerno - La Savina - Ferrata - Accellica Sud - Cresta Sud (3/10/2010): Video su Vimeo di Gianfranco Viani.
> Reportage, foto e Video [YT] di G.d.L. sul Blog POLLINOFANTASTICO (G. De Luca e D. Ippolito, 10/11/2012)
> S. Giannattasio, Croci di Acerno - Ferratina F. Raso - Cima Sud (31/12/2012).
...Per altri video sull'Accellica, cerca su: Youtube

-  Altri video sui Monti Picentini:
> Mt. Terminio, Canalone dell'Ogliara, invernale marzo 2013 (di Massimo Mingarelli)


La Celeca
MASSICCIO DELL'ACCELLICA: CARTE IGM / SAT + TOPONOMASTICA / SENTIERI CAI

  

Carte dei Sentieri del Monte Accellica, di Francesco Raffaele.
IGM 1:25000 su stitching di Foto Satellitari e CTR 1:5000.
NOTA: Chi decide di utilizzare i dati qui acclusi, sia che lo faccia seguendo
i sentieri riportati in rosso (segnati sul terreno dal CAI), che attraverso i vari
"fuorisentiero" (frutto delle mie personali esperienze e non ottenuti con GPS)
lo fa unicamente a proprio rischio e pericolo !

Il Varco del Paradiso non è il Sentiero degli Dei...


Alto Vallone della Neve (SAT + CTR 5000)

Varco del Paradiso, Accellica Nord e Sud. CTR 1:5000 (468014 - 468013)

 

Apri mappa dell'ACCELLICA   

Vedere il sito del Parco Regionale dei Monti Picentini x il Libro dei Sentieri (PDF) della Nuova Carta dei Picentini.
Vedi il Portale CARTO-WEB dello stesso sito, per la IGM 1:25.000 con le indicazione dei nuovi sentieri CAI
(NB: purtroppo entrambi questi links sono spesso irraggiungibili).


H O M E  P A G E
www.francescoraffaele.com