LI NOMI RE LI POSTI
I Nomi dei Luoghi
Toponomastica Montellese
Massimo Gramaglia
Tipografia Dragonetti (Montella, AV), Giugno 2016
129 pagine (21 x 29,8cm), 111 foto (col.) + Stemma di Montella, 22 cartine + quadro d'unione 932 toponimi discussi, localizzati e indicizzati (c. 1000 in totale i toponimi menzionati nel testo) Prezzo: 20 euro (in edicola e ricevitoria di Piazza Bartoli, Montella, AV; o contattando l'autore)* |
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Massimo Gramaglia - Li nomi re li posti. I nomi dei luoghi - Ricerca di Toponomastica Montellese Indice ......... p. 3 Presentazione ......... p. 7 Introduzione ......... p. 9 Metodi di Ricerca ......... p. 11 La toponomastica ......... p. 12 Come ripercorrere i luoghi ......... p. 12 Indicazioni per la lettura delle tavole ......... p.13 Ordine delle Tavole in cui è stato diviso il territorio ......... p. 13 Legenda delle Tavole ......... p. 14 Raccolta toponomastica ......... p. 15 Indice dei luoghi in ordine alfabetico ......... p. 123 Bibliografia ......... p. 128 |
[La recensione del Libro è stata curata da Francesco Raffaele, 20/21 Giugno 2018]
Perché i nomi dei luoghi dovrebbero interessare, al di là del personale concetto (-senso) di "appartenenza" e "attaccamento" alla propria terra e a prescindere da un modo sano di utilizzare il tempo libero, a cui fa riferimento il prof. Virginio Gambone nella prefazione? Nelle parole dell'autore, il montellese Massimo Gramaglia (cf. introduzione, p. 9), si evince che il lavoro mira "[...] a raccogliere notizie e a localizzare i siti. L'obbiettivo della divulgazione di questo lavoro è non solo quello di riportare alla mente dei lettori il piacere che danno questi luoghi in chi li ha conosciuti e vissuti, ma anche quello di risvegliare curiosità nelle nuove generazioni, indicando loro caratteristiche del nostro territorio e aspetti ad esso legati, tramandati dal toponimo stesso. I giovani potranno, così, essere indotti a ripercorrere questi luoghi e a riscoprire l'amore e il desiderio di custodirli. Ovviamente quello di cui si parla è un mondo ormai passato, ma molto ha ancora a che fare con le consuetudini e la mentalità che il popolo montellese conserva nella sua indole; e forse, attraverso la riscoperta del passato ed il contatto con il territoritorio, potremmo migliorare anche le prospettive per il futuro della nostra terra. Da parte mia, ho sempre cercato di conoscere meglio il paese in cui vivo, in tutti i modi possibili, percorrendo centinaia di sentieri nascosti tra i monti o i ripidi pendii del Terminio, traversando con grande piacere la Celica o arrampicandomi sulle falesie delle Ripe della Falconara. Del nostro territorio non ho tralasciato neanche l'ambiente ipogeo, seguendo i percorsi sotterranei delle nostre acque nelle cavità carsiche, insieme al Gruppo Speleo [...]". Vediamo ora più da vicino come si articola lo studio oggetto della pubblicazione di Massimo Gramaglia [17]. Queste critiche del tutto marginali non devono però distogliere l'attenzione da quella che è la portata generale della ricerca svolta e pubblicata: la mancanza di lavori dello stesso tipo di quello di M. Gramaglia è già di per sé un attestato dell'enorme contributo offerto! |
NOTE: [1] S. Moscariello, Montella tra note e immagini, 1991, p. 10 (Id., 2a ediz., 2001, p. 10). [2] Cf. infra. Prossimamente pubblicherò nella mia pagina sull'Acellica (cf. link in calce) una Bibliografia -pur sempre essenziale- aggiornata sui Monti Picentini, che includerà una sezione su Montella e sugli altri comuni "picentini" dell'avellinese e del salernitano. [3] Purtroppo ancora oggi, per la maggior parte delle amministrazioni dei comuni appenninici, le località montane sono considerate unicamente per il loro possibile sfuttamento, e difficilmente si investe nella tutela del territorio se non c'è dietro una possibile fonte d'introiti. In fondo, sembra che l'eterna lotta dell'Uomo e della "Civiltà" contro la Natura non sia mai realmente terminata... Ho l'impressione che -ma questo è un mio parere del tutto personale- il "Parco Regionale dei Monti Picentini" abbia, in fin dei conti, più preso (ossia guadagnato, se pensiamo ai POR) che dato, al territorio! Devo qui aggiungere che, tra le realtà ricadenti nel Parco Regionale o nelle Comunità montane dell'area irpino-picentina, nessuna ha mai particolarmente brillato (eccetto forse la Acerno di D. Vece e la Bagnoli I. di T. Aulisa) per una fattiva promozione e tutela del proprio patrimonio naturale e della cultura montana: le amministrazioni tendono a "sovraccaricare" l'Ambiente di opere che ne attestino in maniera tangibile la "valorizzazione", quando in verità, in molti casi la vera tutela andrebbe attuata con "operazioni negative", ossia che NON lascino tracce: come i tagli deturpanti nelle faggete o certa edilizia privata e industriale (e certe cave di pietra...), stradelle montane che vanno ovunque, opere di captazione che annullano completamente la portata dei torrenti, divieti di accesso a mezzi rumorosi e inquinanti, prevenzione per incendi e bracconaggio, cartellonistica informativa e sentieristica equilibrata e curata solo da CAI o Pro Loco (non "invasiva" come ai Piani di Giffoni V.P.) etc. [4] A. Cammarano, Tracce di Medioevo nella toponomastica dei Monti Picentini, Editoriale Scientifica, 2003 (l'opera, con medesimo titolo, editore e anno di edizione, esiste in versione ridotta, 21 p., e in più ampia versione monografica (+100 pag.). [5] Tra i lavori di L. Chiappinelli mi limito qui a citare le due monografie: Lessico idronomastico della Campania (Quaderni AION, 1999), e Nomi di Luogo in Campania (Edizioni Scientifiche, 2012). [6] V. Aversano (ed.), Studi del CAR.TOPON.ST 1-2 (2005-2006); id. (ed.), Studi del CAR.TOPON.ST 3-4 (2007-2008), con vari interessanti contributi (pdf reperibili on-line). [7] Cf. F. La Greca e V. Valerio, Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aragonesi di Giovanni Pontano. Le terre del Principato Citra, (Ogliastro Cilento, SA, 2008), in partic. Tav. 2.1-2.3; G. Vitolo (ed.), La Rappresentazione dello Spazio nel Mezzogiorno Aragonese. Le Carte del Principato Citra (Battipaglia, 2016), in partic. i contributi di V. Aversano e S. Siniscalchi ("Per il fisco e per la guerra. I tasselli salernitano-irpini...", p. 161-220) e di A. Di Muro ("Le Mappe di Principato Citra. Le terre tra Salerno e il Sele", p. 221-239). [8] Sempre utili il "Dizionario di Toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani" (C. Marcato, G. Gasca Queirazza, G.B. Pellegrini, G. Sicardi e A. Rossebastiano, Utet, 1990); G.B. Pellegrini, Toponomastica italiana (Hoepli, 1990); E. Giammarco (TAM, topon. Abruzzo e Molise, 1990); G. Rohlfs (topon. Calabria, 1974). Più datato E. Finamore (topon. Campania, 1964). [9] G. Dell'Angelo, Appunti di Toponomastica di Bagnoli Irpino (Pro Loco Bagnoli Irpino - Laceno, Ed. Dema, Bagnoli Irpino, AV, 1998). [10] M. De Maio, Ubi dicitur. Storia della Toponomastica Solofrana (2005), provvidenzialmente reso reperibile anche on-line (nel sito www.solofrastorica.it vi sono anche schede e immagini di alcuni luoghi / toponimi solofrani). La ricerca effettuata dalla De Maio parte dal materiale d'archivio, codici, catasti e manoscritti (anche inediti, come V. Grassi, Genealogia e ragguagli istorici dell’antico e del moderno stato di Solofra e sua Università, 1722, Archivio della Bibl. Prov. di Solofra) per terminare con il raffronto con le più recenti (e anche più "corrotte") mappe catastali e carte IGM. E' stata svolta pure un'indagine "sul campo", ossia tanto nei luoghi quanto tra i cittadini che ancora ricordano i nomi dei posti. L'analisi, anche diacronica, dei toponimi solofrani dalle fasi osche a quelle moderne, risulta di estremo interesse ed anzi costituisce probabilmente il "modello da seguire" per le ricerche toponomastiche d'archivio! La storia urbanistica e toponomastica di Solofra è tracciata in maniera esauriente e l'approccio storico-archivistico si rivela immensamente più produttivo e utile di quello puramente linguistico (il difetto di molti linguisti è che basano il loro lavoro per lo più su fonti 'facilmente reperibili' -i toponimi riportati su cartografia e documenti recenti- che ereditano refusi e trasformazioni). Manca a coronamento della ricerca solo una mappa dettagliata che ne riporti i risultati (la scala 1:25000 delle IGM non sarebbe sufficiente a garantire chiarezza e spazio adeguato nella disposiz. dei toponimi, neanche di quelli extraurbani, cui gioverebbe invece una base cartografica 1:10.000 se non 1:5000). [11] R. Luongo, Il Territorio di Campagna in età antica ed Alto Medioevo (Edizioni 10/17, Salerno, 2011), p. 165-193. [12] F. Scandone, L'Alta Valle del Calore I. Montella antica e medio-evale e le sue Costituzioni Municipali (Napoli, 1911); Id., L'Alta Valle del Calore II. Il Feudo e il Municipio di Montella (Palermo, 1916); Id., L'Alta Valle del Calore III, Il Municipio di Montella, col suo feudo, nei tempi moderni incominciando dal dominio della Casa d'Aragona (Napoli, 1920); Id., L'Alta Valle del Calore IV, Montella Contemporanea (Napoli, 1953). [13] Per la verità, sotto l'aspetto linguistico, molte delle etimologie di toponimi proposte da Scandone lasciano parecchio a desiderare (per non dire peggio), ma è altrettanto doveroso aggiungere che il lavoro di sintesi realizzato e il reperimento di documenti d'archivio -spesso inediti e talvolta non più esistenti- inseriti a corredo dei suoi scritti, fa dei 4 volumi su Montella una delle più complete e ponderose Storie locali mai pubblicate su un comune del centro-sud Italia! Un "esempio" per ogni storia locale dell'Irpinia, ancorché (per la profondità e l'estrema "scientificità" degli approcci) opera dal carattere assai poco divulgativo, come ebbe a scrivere Gennaro Passaro nel suo Saggio di Bibliografia Montellese (1976, p. 2). [14] D. Ciociola, Montella. Saggio di Memorie critico cronografiche (Montella, 1877). [15] Su tutte, citando solo quelle generali e più importanti: F. Palatucci, Montella di ieri e di oggi (Napoli, 1969); S. Moscariello, op. cit. 1991. [16] V. Gambone, Vocabolario Montellese-Italiano (La scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2010). La sezione "Toponimi e Subtoponimi", è in Appendice, a p. 292-309. Una prima versione del "Vocabolario del dialetto montellese" era stata pubblicata alcuni anni prima dallo stesso V. Gambone, in varie parti, a partire dal primo numero (2004) del bellissimo periodico montellese "Il Monte". Diretto da Gianni Cianciulli e Carlo Ciociola, Il Monte è un'utilissima fonte di conoscenza e conservazione della storia, cultura e tradizioni di Montella. Vi sono pubblicati articoli di diverso genere e non mancano interessanti documenti sul territorio montano e sulla toponomastica (uno su tutti: Giuseppe Marano, Considerazioni sulla scheda del Giustiniani dedicata al fiume Calore, in: Il Monte, a. III, n.3, lug-sett 2006, p. 100-114), oltre che spettacolari fotografie che illustrano adeguatamente tutte le bellezze del paesaggio montellese, naturale e antropico. Nel sito web della rivista, una trentina di numeri arretrati sono stati inseriti in pdf per il download [Link -> ved. Sez. "Publicazioni"]. [17] Oltre che dalla lettura del libro, ho tratto informazioni anche da una discussione con l'autore in data 9 giugno 2018, occasione in cui l'ho conosciuto di persona e in cuo ho acquistato il libro e la carta sentieristica appena pubblicata dallo stesso (cf. infra, nota 20). [18] D. Sesso, Sintesi di Memorie Montellesi (Philadelphia, 1934), include (p. 17-22) una preziosa lista di circa 470 (!) "Località nominali montuose e pianure", fornitagli dal boscaiolo Michele Pizza, con i nomi, riportati nell'originale forma dialettale, suddivisi per zone e versanti, ed elencati quasi sempre secondo la logica di reciproca prossimità, tanto da costituire una prima base piuttosto sicura per la localizzazione dell'areale di eventuali toponimi d'incerta collocazione. Segue (p. 22-33) una lista di "Fattarelli notevoli... tragicomici e drammatici" accaduti in una ventina dei toponimi citati. (Ringrazio Giuseppe Capone per avermi procurato -dic. 2015- una fotocopia di questo prezioso opuscolo pubblicato negli anni '30 da uno dei tanti emigrati negli USA). [19] Per l'area Picentina, oltre al citato dizionario del dialetto Montellese di V. Gambone e a quello di Ferdinando Palatucci (cf. op. cit., 1969, p. 175-198), è reperibile (anche on-line) il "Dizionario del dialetto di Bagnoli Irpino" di Aniello Russo (pdf 734 pagine, s.d.). [20] Massimo Gramaglia, Rete sentieristica di Montella, Scala 1:15.000, georeferenziata (2018). Un certa diffusione ebbe la "Carta dei Sentieri" (+ stradario di Montella) ideata da Salvatore Moscariello (Valsele, 1998), oggi irreperibile e comunque meno accurata di questa che la segue a giusto 20 anni di distanza. [21] Per alcuni lavori di taglio similare dedicati a comuni (o aree) del Sud-Italia: J. Cernicchiaro e V. Perretti, "Raccolta di Toponimi antichi e moderni" in (id.): L'Antica "terra" di Maratea nel secolo XVIII (Lavello, 1992), p. 209-430. Davide Boccia, La Toponomastica del Comune di Opi (AQ) (Torino, 2016); Id., La Toponomastica dell'Alta Val di Sangro (Torino, 2017); Giulia Ferrante, Grotte e ricoveri pastorali. La microtoponomastica montana di Pennapiedimonte (CH) (Tesi di Laurea in Lettere, Univ. Torino 2015). Non legato alla toponomastica ma incentrato sulla localizzazione dei siti e la descrizione di tutte le chiese e cappelle del territorio di Bagnoli Irpino (anche quelle in rovina) è: E. Parenti e G. Dell'Angelo, Bagnoli Irpino e le sue radici cristiane (Grottaminarda, 2011). [22] Molti punti delle interpretazioni linguistiche (più che altro quelle riportate da altre fonti) sarebbero da discutere, ma le mie obiezioni si baserebbero su ipotesi (di un non linguista) o sul confronto con dati/ipotesi prodotti da altri e ritrovati in dizionari e altre opere sulla toponomastica italiana. Qui preferisco non appesantire ulteriormente la recensione e in questa nota inserisco solo qualche punto (NB: si tenga poi conto che buona parte del territorio collinare-vallivo di Montella non l'ho mai percorsa e nella lettura mi sono avvalso delle cartine del testo, senza confrontarle con le IGM). A) "Ùccolo" (rif. 4 c 3, 15 b 25, 15 c 13 etc.): penso che uno o più dei casi in cui ricorre possano essere interpretati non come zootoponimo (da "ùccolo, lùccolo" = allocco) come proposto dall'autore (può significare anche "chioccia" o ancora "musoliera per maiali", cf. V. Gambone, op. cit. p. ), ma come "vuccolo" (Occolo, occola), cioè forse una piccola bocca, intesa o come strettoia, passetiello tra due vallette, o forse come fosso, buco piccola ventara (?). Cf. "Vuccolo dell'Arena" top. di un passo sotto al Mt. Panormo, Monti Alburni. Vedi anche G. dell'Angelo, op. cit., 1998, p. 45 (Ucculu, nome di una località nel centro di Bagnoli Irpino) e A. Russo, Dizionario del dialetto di Bagnoli Irpino, s.v. ùcculu ("piccola bocca", "gola", "strozzatura di strada", "chiusino del forno"). B) Cf. 24 a 9 "Vallone della Neve"!? C) Rif. 25 a 6 "(Li) Curtuni" (p. 119): Stritto re lo passo è talvolta denominato Stritto re lo tasso (diverso dall'omologo 13 b 10) come ad es. in D. Sesso, op. cit. 1934, p. 18 (3° versante, poco a monte delle Corci di Acerno); ma è forse quest'ultimo in errore, come dimostrerebbe la menzione in F. Scandone (AVC I, 1911, p. 140) e anche la logica (poco più a Sud è l'importante Passo delle Croci di Acerno, o Passo di San Leo)? D) Pitinite, Petinite (22 c 21): *PIT(T)- è una base idronimica prelatina. Ma il suffisso (-eto) sembra tradire la presenza di un fitotoponimo, che a mio parere potrebbe essere stato originato, come in Petìna (SA), Pitino (RC), da "abetina", "macchia di abeti" (!?) o dal lat. Petilium > Petinia > *Petineto = campo di fiori autunnali simili alla rosa canina (per il dialett. 'petinia', cf. De Maio, op. cit. 2005, senza indicaz. di accento). In alternativa il top. potrebbe derivare da 'mpetenati: cf. V. Gambone, op. cit., 2010, s.v. mbetenato, smaltato, invetriato (?) anche in senso figurato, o riferirsi alla messa a coltura di vigne (?!) con pali. Si tratta di uno dei toponimi locali più ostici, ma di certo lo è meno del più opaco (M)oletracchi(o)... [23] Sensu: F. Ciciliot, Progetto Toponomastica Storica (Dispensa on-line, 2016). [24] Oltre alle grotte presenti nel "Catasto delle Grotte della Campania" (e Atlante), sono state riportate numerosissime cavità non censite. Alcune sono meri sgrottamenti, altre cavità di una certa dimensione e rilevanza o addirittura scoperte notevoli e degne di una più approfondita esplorazione speleologica, come ad esempio la "Ventara dello Scorzella" (Uendara re la Scorzella, rif. 20 b 3), inghiottitoio non noto prima ed indagato poi dal Gramaglia con il Gruppo Speleo di Avellino: ha uno sviluppo di circa 300m! |
© Francesco Raffaele 2018
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