Majella: Valle di Palombaro (Fosso la Valle o Vallone d'Ugni) - Rifugio Monte d'Ugni. Discesa pr. Colle Strozzi

FOSSO LA VALLE (PIANETTA LU VAVZO PROVEL' - ARA MEZZAVALLE - PIANETTA GROTTA DE LU CONTE - LU STRETTO) - Q.1590m circa -
RIPARO PASTORALE (MMERSA GRANDE ?) - ARCO NATURALE (CAVUTO) - PIANA DE LI FUNTANIELLI (RIFUGIO CFS UGNI I, q.1870m IGM).
RIT.: PIANO CASA (sic) -
Loc. "COLLE STROZZI" IGM - CANALE Q. 1745 IGM - VADUCCIO - RIPE ROSSE - NGOTTA NUCELLE (STRADA FORESTALE).
(19 Dicembre 2018)
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NOTA SULLA MAJELLA E SULLA TOPONOMASTICA DELLA MAJELLA ORIENTALE - (Francesco Raffaele, 9/1/2019)

Il Massiccio della Majella, secondo in Appennino solo al Gran Sasso per altezza massima, è quello che annovera -di gran lunga- le maggiori estensioni in quota (sopra i 2000m), per cui può vantare un'enorme superficie di prati, un tempo utilizzati come pascoli estivi oltre che come risorsa di erbe ed essenze officinali (i "semplici") raccolte sino a poche generazioni addietro per i più svariati usi. Vi sono censite +2100 specie floristiche, circa 1/3 di tutte quelle note in Italia (Alpi incluse) e 1/6 di tutte quelle europee, tra cui +140 endemismi (A. Manzi 2010)!
"Montagna Madre" nota per le menzioni di scrittori classici, fu anche rifugio per eremiti (dall'alto Medioevo, cf. E. Micati) e bande di Briganti (tardo periodo borbonico).
Da sempre ogni valle o colle praticabile dava accesso ai pascoli in quota secondo l'antichissima pratica della monticazione (transumanza verticale stagionale), attività favorita dalla presenza di numerosissime grotte / ripari, sistemati alla buona con muretti a secco, steccati e poche piccole "comodità" interne al fine dell'utilizzo come ricovero notturno per i pastori e gli animali (caprovini). Praticamente ogni angolo della Montagna era solcato da tracciolini e passetielli, non di rado con punti esposti, che si ramificavano dalle vie principali (parte di queste ultime ricalcate dai sentieri segnati dal Parco Nazionale della Majella) evitando o lambendo gli strapiombi rocciosi e le fitte mughete e consentendo accessi a ripari, fonti, pascoli, scorciatoie su cengie, in zone ormai ricordate solo da pochi anziani. La frequentazione pastorale è andata velocemente scemando nel XX secolo e oggi si contano pochi pastori sul territorio e pochissimi utilizzano i pascoli alti dei versanti orientali (come il noto Domenico di Falco di Fara S. Martino sul Piano la Casa).
Dai primordi dell'escursionismo e dello (sci-)alpinismo la Majella è stata interessata dall'organizzazione di gite sociali del CAI, come quelle del 1872 (in occasione del 5° Congresso Alpinistico Nazionale, organizzato dalla sezione di Napoli del CAI e svoltosi a Chieti) e degli anni successivi: nell'autunno 1889 venne costruito dal CAI di Roma un primo rifugio ("Vittorio Emanuele II") presso la cima (2793m) del Mt. Amaro (inaugurato l'estate successiva in occasione del 22° Congresso Alpinistico nazionale).
Più che la carenza di vere e proprie pareti, è stata la relativa inaccessibilità della Majella (dovuta, nella bella stagione, soprattutto alle lunghe distanze da superare) che ha un po' scoraggiato e rallentato l'esplorazione alpinistica (cf. C. Iurisci 2012 e 2018), dato che per la sua conformazione "a panella" (la forma allungata di pane), le cime più alte della Majella non sono raggiunte da pareti e creste alpestri come quelle del Gran Sasso e le eccezioni, presenti in molti dei valloni orientali, sono di lungo o difficile accesso, roccia mai ottima e forse poco "logiche" e pochissimo gratificanti tecnicamente, seppur sempre in ambiente maestoso. E' indubbiamente più una montagna da escursionismo e scialpinismo.

La maggior parte dei nomi di luogo usati correntemente da chi oggi frequenta la montagna (ormai quasi solo escursionisti, alpinisti, scialpinisti, speleologi) proviene dalle carte IGM, in particolare dalle tavolette 1:25.000, che spesso sono la base della cartografia escursionistica (ma in questi ultimi anni sono sempre meno usate, dati gli alti costi di utilizzo delle carte dell'Istituto Geografico Militare e il mancato aggiornamento di molte delle aree cartografate rispetto alle modificazioni del territorio).
Se la suddetta cartografia rappresenta ormai da decenni l'ideale per chi voglia orientarsi in montagna (e credo che le IGM 1:25000, opportunamente georeferenziate, siano molto comuni anche nei moderni apparecchi GPS) essendo oggi piuttosto precise quanto a caratteristiche orografico-idrografiche (seppur talvolta con approssimazioni nella resa delle zone più dirupate dei monti, oltre che prive di indicazioni di salti-cascate nei corsi d'acqua), tale precisione viene meno quando si analizza la (micro-) toponomastica.
Nel caso della Majella orientale, la complessità e vastità del versante, con zone (incluse molte cime) poco accessibili e persino poco visibili dal basso, ha causato una notevole laconicità e imprecisione nei micro-toponimi (ma non solo), noti per lo più solo ai pastori e perciò non tramandati sulla cartografia.
Anche i nomi delle cime sono stati spesso confusi o attribuiti quasi arbitrariamente dai cartografi tra la metà dell'800 (Carte dello Stato Maggiore) e la metà del '900. Certamente i topografi del Regno di Napoli (l'IGM di Firenze ereditò buona parte delle conoscenze, delle tecnologie e dei materiali appartenuti al Real Officio Topografico borbonico di Napoli) fecero un ottimo lavoro, considerati i tempi, e d'altra parte la fedele attribuzione e dei nomi non era il loro interesse primario.
Gli stessi "padroni" della montagna, ossia i pastori, non erano molto interessati alle cime, che assai di rado erano loro mèta, tant'è che molte di esse non hanno nomi storici o personali a sé, come ci si aspetterebbe nel caso di un'assidua frequentazione, ma erano usate solo come punto di riferimento e di orientamento, quindi quasi sempre prendono nome da caratteristiche del terreno sottostante [Cima della Stretta, Cima delle Fontanelle (o Cima Macirenelle), Cima del Forcone, Cima di Valle Chiarino ( = Mt. Acquaviva visto da S), Cima di Valle Ginepro/ o di Valle Sgreje ( = Anticima W Mt. Acquaviva), Cima di Valle Cannella ( = Mt. S. Angelo), Cima delle Murelle, Cima della Cava di Ferro etc.]; talvolta il nome di medesime cime varia a seconda del punto di osservazione (o del Comune).
Ormai gli ultimi frequentatori della montagna, custodi dell'immenso patrimonio toponomastico oltre che dei tanti tracciati secondari, delle grotte e delle fonti site nei meandri più inaccessibili della Majella, stanno via via andandosene in "più alti pascoli", dopo di ché l'unica fonte per il recupero dell'esatta denominazione di cime, valli, grotte etc., saranno le fonti di archivio, laddove presenti (ad es. documenti di lavori di sistemazione di stradelle e sentieri, captazione, rimboschimento etc. effettuati dal Corpo forestale, atti demaniali, di proprietà di pascoli, liti confinarie etc.).
Per fortuna sono stati pubblicati di recente alcuni lavori sul tema in oggetto, di vario taglio e indirizzo, tutti comunque di grande utilità al fine di preservare le denominazioni dei luoghi non presenti sulle carte ufficiali (o erroneamente riportate o mal collocate sulle stesse). A mio parere il lavoro di collezione dei toponimi non è meno importante di quello linguistico (dell'interpretazione del significato dei nomi, laddove opaco) ma va ovviamente unito a una buona conoscenza del territorio montano, affinché le informazioni che vengono fornite possano essere correttamente localizzate/bili (nell'intervistare gli anziani dei paesini come Pennapiedimonte, Palombaro, Fara S. Martino etc. non è possibile limitarsi a presentargli una cartina IGM, perché la loro mente/ricordi quasi mai possono inquadrarsi e orientarsi nella rappresentazione su carta dei luoghi).
Incentrata sui nomi di "Grotte e Ricoveri Pastorali: La Microtoponomastica montana di Pennapiedimonte (CH)" è la Tesi di Laurea in Lettere (Dipart. Studi Umanistici dell'Università di Torino, anno accad. 2014/2015, relat. il prof. M. Rivoira), sostenuta dalla Dr. Giulia Ferrante improntata sui rigorosi metodi d'indagine teorizzati (e applicati) dagli autori dell'Atlante Toponomastico del Piemonte montano. Sono catalogati e discussi 302 toponimi, legati alle varie aree di frequentazione pastorale della Majella in territorio di Pennapiedimonte. Un bel lavoro, di cui dovrebbe essere divulgato anche l'apparato cartografico (è auspicabile che l'Ente Parco Naz. Majella promuova e/o si faccia carico di sponsorizzare studi e attività culturali di questo tipo!).
Più recente è il libro di Luciano Bello, "Le Pietre Raccontano". Siti e ricoveri pastorali della Valle di Pennapiedimonte e del Feudo d'Ugni nella Maiella orientale (Pescara, 2017) (Ringrazio Massimo Zulli per avermelo inviato; e anche Rino Ferrara). Questo è un libro divulgativo, non pretende di avere i crismi dello studio scientifico, ma risulta nondimeno assai utile (anche se gli informatori sono in parte gli stessi anziani intervistati per la tesi della Ferrante), perché è scritto da una persona che ha camminato per anni sulla Majella, quindi dà indicazioni più dirette circa le vie da percorrere, le dislocazioni delle emergenze e le caratteristiche delle grotte-ricoveri descritte.
Il lavoro più "ampio" dal punto di vista dell'areale indagato è "Toponomastica della Maiella orientale" (1997) di Antonio Sciarretta, che esamina tutto il versante Est (chietino) della montagna, dal territorio (montano) di Pretoro a quello di Palena, quindi dalla Majelletta al Porrara. Anche qui, il pur interessante studio interpretativo -che pure è condotto con un certo metodo e rigore, essendo l'autore un buon conoscitore della linguistica, dal sostrato alle fasi più recenti- passa a mio giudizio in secondo piano rispetto a quello di riordino e (ri)collocazione dei (quais 800) toponimi (non disgiunto, a quanto mi sembra, da una conoscenza "de visu" almeno dei sentieri principali della Montagna). Lettura davvero interessante nella quale si apprendono i "veri nomi" di molte cime che le carte IGM hanno confuso o mal collocato, oltre a quelli di cime e valli senza nome sulle carte. Ce n'è anche una versione on-line. Un peccato che l'autore non abbia effettuato anche una simile indagine sui versanti Aquilani (W), che tra l'altro sono molto meno complessi morfologicamente!
(Non mi è stato ancora possibile reperire il libro di Edoardo Micati "Grotte e incisioni dei pastori della Majella", Carsa ed., 2001, autore ben noto per le sue ricerche su eremi, capanne a tholos, incisioni etc. Altri studi più generali sulla Toponomastica Abruzzese (G. Alessio, TSAM, 1963, E. Giammarco, TAM, 1990, id. LGA, 1960 etc.) possono essere utili ai fini della interpretazione dei microtoponimi, ma della Majella presentano solo i nomi di monti e valli principali, e quasi invariabilmente ripresi dalle carte IGM, ma solo di rado confrontati con le attestazioni documentali e con le dizioni locali).



Panorama nel Fosso la Valle (Valle di Palombaro o di Ugni)




Qui siamo poco dopo Lo Stretto, quando la Valle si apre (quasi a 1600m), ed abbiamo appena lasciato il sentiero principale (che in questo panorama continua a des., piegando in direz. WNW per salire al Rif. Martellese).
Saliamo a prendere la traccia pastorale che inizia sotto la parete a sin. (muretto a secco, forse si tratta della "Mmersa Grande" riportata da L. Bello) e prosegue poi con direz. gener. verso N passando per l'Arco Naturale
(che è molto probabilmente la loc. Cavùto riportata nei testi di Antonio Sciarretta, 1997 e di Luciano Bello, 2017) per giungere infine sul crinale del I° Rifugio Montagna d'Ugni (pr. loc. Piana de li Funtanielli, q. 1870m).
NB: Sul pendio al centro della foto, sotto la fascia rocciosa, inizia un'altra vecchia traccia "secondaria" (ormai frequentata solo da pochi escursionisti) che sale verso E fino a "Cima Macirenelle" (q.1995/ 2017 IGM):
questo pendio (destra idrografica/S della valle, le pendici N di Cima Raparo, da q. 1667m IGM in su) è la loc. Ravagliosi, toponimo che sulle IGM è erroneamente riportato sul fianco opposto, quello dove stiamo andando.











In alto a des. e in basso il bell'Arco Naturale, quasi certamente località "CAVUTO" delle fonti (cit. sopra), che s'incontra sulla traccia (Trazzera ?) che dal tratto finale del Fosso La Valle sale al primo Rifugio Montagna d'Ugni (q.1870m IGM)






Eh sì, Massimo, ogni giornata come questa è una vittoria!!
(cliccare per vedere il panorama in formato più grande)








Rifugio "Montagna d'Ugni" del Corpo Forestale dello Stato, presso. località "Piana de li Fondanielli" (Q. 1863m / q. 1870m IGM).
Dietro al rifugio a des. la gobba di q. 2093 del Monte d'Ugni, interamente coperta dal Pino Mugo, dietro la quale spuntano la Cima delle Murelle a des. e Mt. Acquaviva verso il centro.
Il crinale con mugheta che va dal centro verso sin. è quello del "Martellese" (q. 2259m IGM) e che procede verso "Cima Forcone", "Cima (C)Raparo" e Cima Macirenelle (queste ultime due visibili cliccando la foto)


Quale modo migliore per brindare al prossimo Natale...?!
L'ultima volta che ero passato da qui era la notte di Pasqua del 2016 (vd. galleria fotogr. linkata in fondo alla pagina)





Cima delle Murelle





Foto di Francesco Raffaele
[con Lumix DMC-FZ1000]

 

Links ad altre escursioni in zona Feudo di Ugni:


Majella: Valle di Palombaro - Mt. Martellese e Rif. Martellese - Mt. Acquaviva
(11 e 12/5/2015)


La Majella: Monte d'Ugni, Monte Martellese e Cima delle Murelle
(27/3/2016)


H O M E