MONTE ARGATONE E LA TERRATTA (MONTAGNA GRANDE): Terratta (2208m) e Argatone (2149m) fanno parte del gruppo noto come Montagna Grande. Questa lunga dorsale orientata NNW-SSE è racchiusa a NW dall'alta valle del Giovenco, ha l'alto Sangro a SW, il Sagittario a NE e il Tasso a SE [1]. La dorsale è quasi sempre ampia, e il versante orientale è caratterizzato da grandi circhi glaciali, conche aperte a NE a quote piuttosto inferiori rispetto alla linea di cresta (e ad una certa distanza da essa, eccetto quello sotto l'anticima S dell'Argatone).
All'estremo N della catena vi è l'importante varco di Forca Caruso (già F.ca Carosa), a S il Marsicano-Forcone precipitano sulla Valle del Sangro e il passo di Pietramara tra Opi e Villetta [2].
La parte centrale "Montagna Grande" ha la lunga Valle (e Piano) di Terraegna a W (più a N la Valle di Fonte d'Appia) e fianchi erbosi o boscosi, mentre il versante opposto è più selvaggio e solcato da varie valli e talvolta valloni piuttosto incassati [3].
Il comprensorio di monti e valli che gravitano nel territorio di Villalago e Scanno (oltre che di Bisegna e Pescasseroli, cf. nota 1) costituisce un ambiente di natura - ma anche di storia e cultura - di primaria bellezza e importanza. Approfondirne gli aspetti in questa sede porterebbe via troppo tempo ed esulerebbe dagli intenti di mera panoramica generale che voglio offrire:
per chi non si accontenta di visitare gli ambienti montani, darò qualche breve cenno, rimandando alla bibliografia (cf. escursione 17/8/2014) per ulteriori informazioni sulla storia di questa micro-regione.
La zona è abitata sin dal Paleolitico (sito sotto Toppe Vurgo, c. 400.000 anni fa) ed è nota per le stazioni Neolitiche di Monte Genzana (V Millennio). Di epoca italica e pre-romana (fine Bronzo - inizio età del Ferro, IX sec. A.C.) sono alcuni ritrovamenti attorno al lago di Scanno e nel Vallone del Carapale e tombe (loc. Acquaviva presso Scanno) affini a quelle di Alfedena e dei siti italici noti nell'alto Sangro all'interno del Parco Nazionale (Colle Ciglio a Villetta Barrea, Val Fondillo di Opi). Più tardi (IV sec. A.C.) dei bronzetti che raffigurano Ercole e bovini in terracotta, ritrovati sempre nel Carapale, certo importante vallone per le fonti d'acqua, i pascoli in quota e forse già via di comunicazione con l'alto Sangro (poi mulattiera per Pescasseroli /Campomizzo e Bisegna).
I Romani hanno lasciato alcune epigrafi e poche tracce nella toponomastica, ma di certo intuirono l'importanza di quest'area, arteria di comunicazione N-S immediatamente a occidente delle Cinque Miglia. Resti di insediamenti romani non sono documentati (manca una carta archeologica completa di questa zona, ad eccezione della Valle del Sagittario), ma alcune descrizioni antiche lasciano intuire che attorno all'antica Betifulo potessero esserci vici (villaggi poi divenuti casali o feudi, come Iovana e Collangelo), che nel corso dei secoli furono abbandonati per le più svariate ragioni (spec. con l'inasprimento fiscale aragonese, da inizio XV sec., che portò gli abitanti dei piccoli centri a confluire a Scanno, paese che vide aumentare la sua popolazione di 7 volte in meno di un secolo!). Le invasioni barbariche dalla metà del I millennio D.C. condizionarono gli insediamenti (e il carattere delle popolazioni) ma - nonostante le avversità esterne, l'asprezza del territorio e del clima, le carestie e i terremoti - la valle raggiunse una ricchezza culturale e materiale impensabile anche ai giorni nostri: nel '600-'700 partivano da Scanno per la Puglia fino a 90.000 capi ovini, appartenenti a 139 locati (proprietari che ricevevano le locazioni sul Tavoliere) scannesi, secondi solo a quelli da Castel del Monte (i locati di Foggia erano la metà di quelli di Scanno).
Dall'inizio del XIX secolo le "riforme" francesi (abolizione della "Dogana della Mena delle Pecore" che era stata istituita a metà '400 dai sovrani aragonesi) diedero inizio al declino della pastorizia transumante e quindi della produzione e colorazione dei pannilana, della produzione di formaggi (lo scorza nera) che avevano arricchito Scanno per tre secoli. Ma il paese si è saputo reindirizzare con l'avvento del Turismo, grazie alle preziose architetture del centro, alle sue tradizioni, all'intelligenza degli abitanti ed alle bellezze naturali che lo circondano: già dal XVIII e XIX sec. i primi viaggiatori del "Gran Tour" (quello 'alternativo', dal momento che l'orografia, le strade e le bande di briganti rendevano assai rischioso il passaggio in queste zone [4]) come Keppel Craven, Lear e la MacDonnell avevano fatto capolino in questa meravigliosa cornice che è il territorio di Scanno e Villalago: la splendida ed ardita via carrozzabile da Nord che conduce a Scanno attraversando le bellissime - ma un tempo temutissime- Gole del Sagittario, fu aperta solo nel 1887, dopo circa sei anni di dure ed ingegnose opere di traforo. La Valle del Sagittario (nel medioevo il suo nome era Valle di Flaturno) è un gioiello nel gioiello, che ha giustamente ricevuto un'attenzione particolare sia da parte di geologi, naturalisti e archeologi che dai pittori e fotografi.
Il Lago di Scanno, tra i nostri bacini naturali più ampi, è stato anch'esso oggetto di attenzioni e studi di vario genere: tempo fa si faceva risalire la sua origine - una frana del versante W del Monte S. Angelo, oggi Genzana, che ostruì il deflusso del fiume Tasso nella valle- all'epoca romana, ma oggi si ritiene che questo evento accadde centinaia di migliaia d'anni fa.
Meno frequentato, ma egualmente interessante, il versante occidentale della Montagna Grande nell'Alta Valle del Giovenco, territorio di Bisegna: "Qui [...] sembra sorgesse invece il castello Marso di Visinio, posto quasi nel mezzo fra Milonia e le due città di Fresilia e Plestinia, e rovinato nel 451 di Roma [302 A.C., nd F.R.] da Valerio Massimo, quando per prendere quei Marsi che si erano fortificati nelle ultime due città, affine di trasportare le macchine militari da Milonia, passando per Visinio, continuò la sua strada della quale ancora si ammirano i tagli in quelle rocce scoscese. Risorse poi riedificato sulle sue rovine col nome corrotto di Bisegna. - Bisegna è situata in luogo veramente alpestre e può essere centro di bellissime ascensioni sui monti boscosi dei dintorni, nei quali ha le sue sorgenti il Giovenco. Ma soprattutto è interessante la ascensione di Monte Argatone (2151m) che sorge gigante a S.E. e che dal lato N.E. scende ripido su Villalago. Si può salire in 5 ore d'estate da Bisegna e scendere in 3 ore a Villalago. Il monte è in parte boscoso e in parte roccioso. - Alla base del Monte Argatone sorgeva l'antico oppido di Vesuna, del quale troviamo rimembranza in un'epigrafe osca scolpita su lamina di bronzo e rinvenuta nell'agro di Atina. Esso dové essere di qualche importanza, retto com'era, secondo l'epigrafe, da un Medis o Pretore, magistrato municipale degli Osci, come dei Marsi. Ma null'altro ne sappiamo se nonché vi si adorava Giove Cacumnio, nume sabino, il quale aveva culto negli alti gioghi dei monti. Vesuna è stata sitiata qui nel villaggio di Visino o Visinio, presso Monte Argatone, ora affatto abbandonato e distrutto". [E. Abbate, Guida dell'Abruzzo, 1903, pt. II, p. 254]. [5]
Il comprensorio montano in oggetto offre innumerevoli possibilità per gite ed escursioni più o meno lontano dai centri abitati. Oltre alla Cartografia del PNALM esistono cartine dei sentieri delle Gole del Sagittario, la Carta delle escursioni a cura dei comuni di Scanno e Villalago (su base IGM 1:25.000), quella del Monte Genzana e Rotella (Il Lupo).
Tra le varie facili gite, vale la pena di salire sulla chiesetta di S. Egidio per ammirare il lago che da lì ha la forma di un cuore (possibile anche a cavallo, abbinandola al giro completo del lago) oppure sul paese di Frattura ed a Frattura Vecchia, distrutta da una frana del Monte Rava / Genzana, o ancora all'eremo di San Domenico sull'omonimo laghetto, sotto Villalago. Le carte indicheranno le più classiche escursioni montane, tra le quali segnalo la bella salita da Scanno per lo Stazzo del Carapale, Valico del Carapale e Ciminiere, da dove si piega a N per la Serra della Terratta (2163m) e la Terratta (2208m) da dove si può scendere, chiudendo un bellissimo anello, per il selvaggio Vallone della Terratta (NB: frane sul sentiero a circa metà vallone). Classica è la traversata Scanno - Pescasseroli (o Bisegna) o vice versa, su un sentiero che un tempo era una frequentata mulattiera e itinerario di monticazione delle mandrie sui pascoli estivi.
Per l'Argatone (oltre che da Pescasseroli, da S, ovvero la presente escursione, e da Bisegna, W) interessante alternativa è quella (da NE) con partenza da Villalago (sentiero 9, Carta Scanno-Villalago), passando per loc. Quartavanti e risalendo la Valle Franchitta fino allo Stazzo di Montagna Grande (1818m), attualmente Rifugio (gestito dal CAI di Villalago). Nei pressi dello stazzo una "cataratta" (antico inghiottitoio?) una delle fosse in cui si addensa la neve che un tempo veniva qui immagazzinata (neviera, dial. nevera) per essere usata durante l'estate. Vi si può scendere dentro con l'ausilio di scale metalliche. Procedendo oltre, dallo stazzo si traversa il fianco E puntando alla sella (q. 2061) a S del monte Argatone, da dove si piega a N per la cima.
Molte delle zone descritte (quasi tutte poco battute escursionisticamente) sono frequentate dalla grande fauna del Parco: oltre ai cervi e a qualche branco di lupi, ci si può imbattere in isolati esemplari di orso marsicano, in special modo sulle alte e remote dorsali o negli stazzi in quota attorno all'Argatone e al Genzana; tra i dominatori dell'aria, oltre all'avifauna comune nel PNALM è possibile scorgere i maestosi grifoni, venuti a nidificare presso il Sagittario e M. Genzana poco dopo le reintroduzioni in area Valle Roveto - Monte Velino.
Infine le note toponomastiche: "Argatone" è denominazione antica, che un tempo era usata altresì per l'intera dorsale ("Catena Argatonis") fino al Marsicano, se non addirittura (cf. Torcia, 1793) [6] l'intero gruppo comprendente anche le dorsali parallele più a Est, quella di Monte Chiarano e Serra Rocca Chiarano e il Mt. Greco fino ai rilievi di Rivisondoli, Roccaraso e Pescocostanzo. Argatone potrebbe essere una modificazione di un vocabolo italico (Marso o Peligno) per l'uscita in "one", ma il significato è accostato (dubitativamente, citando il dizionario di G. Rohlfs) al calabrese argàda, argatèlla, orgatèlla ("fertile terreno argilloso") nella Toponomastica d'Abruzzo e Molise di E. Giammarco (TAM, 1990, p. 246.11). Vale la pena notare che il monte di Villalago, l' Argoneta, presenta una simile base (che si fa risalire ad "origaneto" o "bosco di maggiorana" (TAM, 1990, p. 21). Nelle carte seicentesche il nome del monte è spesso erroneam. segnato come "Agatone". Nelle corografie abruzzesi e nelle storie dei Marsi dal Phebonio, al Corsignani, Torcia, al Romanelli il nome dell'Argatone compare invariabilmente citando la catena divisoria del territorio dei Marsi da quello dei Peligni, oltre che come la montagna alle falde della quale erano le rovine dell'antica roccaforte italica di Vesuna / Visinia (Bisegna?).
"Terraegna" (talvolta "Terraiegna" in antichità) corrisponde a "terra piana" (terraneus, terragno; cf. L. Chiappinelli, Lessico idronom., 2002) o a "terra piena" (E. Giammarco, TAM, 1990, 379).
"Terratta", "la Montagna" per gli scannesi, in passato anche "Terrata" è una contrazione dialettale di "terra alta". E' l'elevazione maggiore della Catena, ad eccezione delle cime del Marsicano.
Il "Vallone del Carapale" (e l'omonima Serra e il Valico del C.) vengono fatti risalire (TAM, 1990, p. 73-74) al relitto preindoeuropeo Carap- "rocca" (!) ma è più probabilmente una voce prelatina (Carap-, carav- significante "buco, fosso, fossato"). In un documento del 1067 concernente cessioni dell'Eremo di Valle di Prato Cardoso (oggi S. Domenico, sull'omonimo laghetto) con le sue pertinenze territoriali da parte dei conti di Valva all'abbazia di Montecassino, compare il nome di "Serra de Caminu" sulla linea di confine tra "Scannum" e il "Monte de Argatone" (probabilm. quest'ultimo oronimo ha attestazioni ancora più antiche): seguendo le indicazioni dell'antica toponomastica sulle moderne cartine, si evince che Serra de Caminu è Serra del Carapale, che separa il Vallone della Terratta a N da quello del Carapale a S, alla testata del quale le formazioni rocciose sono ancora oggi note (cf. cartografia IGM) come "le Ciminiere".
Francesco Raffaele, 14-16 Novembre 2016
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