MONTE ACERO (Faicchio, Matese sud-orientale)
e Grotta delle Fate dal Ponte Fabio Massimo o Ponte dell'Occhio
(13 ottobre 2023)

Monte Monaco di Gioia (1332 m) e sua cima - >

... Nella macchia inf. sin. è la Grotta dei Banditi

Canalone Gr. S. Michele


Resti di mura e cisterne nella località La Rocca di Monte Acero





Panorama da NNW: Q. 527 m e (oltre la sella del Campitello, 466 m), la Cima del M. Acero (736 m)


Grotta delle Fate (prima sala)


.
L'altra grotta a pochi passi dalla cima
Grotta "Covo del Vento" (?)

Cima Monte Acero (736 m)



Panorama del gruppo di Monte Monaco di Gioia (M. Erbano) con la principale toponomastica "ufficiale" (IGM)



Campitello

Aculeo d'istrice

Masseria sopra la Chiesa di S. Pietro

MONTE ACERO (736 m) è un verde monticello dalla forma conico-piramidale (pianta a triangolo isoscele con la bisettrice/asse principale in direz NNO-SSE) che s'innalza prominente (per ca. 600 m) dal fondovalle del Medio Volturno.
La sommità è bicipite, essendo presente un'anticima panoramica e raggiungibile con strada asfaltata (q. 722, 400 m a SE della vetta) con installazioni moderne, antenne e una statua del Redentore alta 10 m eretta dai cerretesi (verso cui guarda) nel 1902. E' per la quasi totalità nel territorio di Faicchio (BN; ca 6 Kmq in tutto, calcolando la superficie dall' isoipsa dei 200 m), tranne un settore a sud (1/6 dell'area totale) con vertice sulla cima sud, che appartiene a S. Salvatore Telesino.
Il vertice N(-NW) del M. Acero scende a ridosso di Faicchio e del Ponte dell'Occhio o di Fabio Massimo o del Diavolo (abbastanza discutibile il suo restauro del 2008...), sul Torrente Titerno [1].
L'importanza di questa area dal punto di vista territoriale (e quella del M. Acero quale luogo strategico ideale per il controllo della viabilità locale) non può essere qui approfondita, ma emerge sin dall'antichità pre-romana, come indicano i tratti di "fortificazioni" (mura poligonali) sannitiche (già rilevate dal Maiuri, 1929 e dalla Conta Haller, 1978) presenti tra le cime e a W delle stesse (con uno sviluppo di 2,5 Km e 2 "porte"). Si tratta probabilmente di uno dei baluardi meridionali della "tribu" (in realtà erano forse meglio inquadrabili come chiefdoms) dei Sanniti Pentri, al confine con il territorio dei "cugini" Caudini (cinte simili di VI-IV sec. A.C. sono presenti su diverse colline e alture alle falde meridionali e settentrionali del Matese e un altro tratto di mura è noto, nei paraggi, appena a valle e a monte del convento di S. Pasquale sopra Faicchio). Tali strutture di probabile uso prevalentemente militare e/o "pastorale", non paiono configurarsi come "oppida" (indediamenti stabili) e sembra siano state abbandonate nel corso o alla fine delle Guerre Sannitiche che sancirono la conquista romana. Alla luce di recenti studi è impensabile far risalire a una stessa funzione le vari(egat)e tipologie di recinti e murazioni dei Sanniti[2].
In epoca romana passava qui, presso S. Salvatore Telesino (Telesia), un tratto di raccordo della Via Latina (Venafro-Alife-Telese-Benevento) e una variante attraversava Fagifulae (Fayccla, Faicchio) correndo lungo il Titerno. Questa complessa arteria viaria che procedeva dai Monti Ernici a S di Roma e si univa all'Appia a Capua, benché ripristinata dai romani in parallelo con l'Appia, era certamente di origine pre-romana – e probabilm anche pre-osco/sannita, quindi utilizzata forse già dal Neolitico! [3]
Accessibile facilmente da strade, mulattiere e sentieri (v. IGM25) in parte ancora percorribili, il M. Acero ha ovviamente perso da tempo gran parte del suo pregio naturalistico, anche a causa del pascolo e dei pesanti e irrispettosi (anche per i resti archeologici) interventi con le ruspe, ma vale sicuramente la pena farci un giro, semmai anche come variante o "altra possibilità" nell'ambito del percorso (in quel di Faicchio) di una tappa del "Sentiero Italia" [4].
Sono presenti almeno due grotte interessanti, la "Grotta delle Fate" (q. 515 m ca, sulla spalla W) e "Cava del Vento" (?) a 730 m ca, poco a N della cima principale.[5]
Interessante, a fine escursione, anche il breve sopralluogo in loc. Selvozza S. Pietro, con i resti di una chiesetta ad unica abside e quelli vicini di una grande masseria [6]. Probabilmente la variante della Via Latina prevedeva luoghi di sosta (cambio cavalli), masserie romane (Massa di F.), osterie, "ospedali", etc presso cui vennero poi edificate chiese e grance che a loro volta funsero da polo per l'ubicazione di insediamenti secondari...

Infine qualche nota toponomastica: l'asse sommitale principale del Monte Acero si dipana (NNW-SSE) tra La Rocca (q. 435 IGM), Campitello (q. 466 m IGM, poco a S della cimetta q. 527 m), M. Acero (736 m IGM / CTR) e il Redentore (725 m IGM/ 722.6 CTR).
"Rocca" è già un top. che attesta quasi sempre la presenza in loco di resti di fortificazioni pre-proto storiche o romano-medievali. Cfr. "La Rocca" (di Monte Cigno) in territ. di Cerreto S.
"Acero" (lat. acer, acěris, da voce indoeur. N-occ, cfr. Meyer-Lüke, REW, 91) è fitotoponimo che dà spesso origine ad top. montani e oronimi/idronimi, data la presenza delle princ. specie di questa pianta anche in montagna e presso corsi d'acqua e sorgenti (LEI I, 360-366; DEI I, p. 35).
Monte Acero ("Forca d'Acero") sull'antico confine dei possedimenti di Montecassino [6A] (oggi reg. Lazio - Abruzzo, e comuni di S. Donato VC - Pescasseroli) era probabilm l'attuale M. Felcia / Panìco. Altro valico laziale-abruzzese in territ del PNALM è l'Aceretta (< Acereta), con il solito suffisso "-etum".
Esiti dal lat. e medio lat. sono anche Lacera e Lacerone (Serra d. - a Serino, M. Lacerone a Campagna) oltre a (M.) (L') Acerone di Avella di G. Fortunato (Avella-Pannarano), ossia la q. 1598 dei Monti di Avella (s.n. su IGM), vetta più alta del Gr. del Partenio (L. Ferranti, 2010, p. 112) e forse Acerno (SA), Acierno, Lacerno (Vallone Lacerno, Pescosolido), (A)Cernale (?). Àcino sulla carta/Atlante Rizzi Zannoni riflette la diffusa variante dialettale meridionale (sopratt. in Puglia, Basilicata e Calabria; v. DEI loc. cit.) anche qui con agglutinaz. dell'artic. det. (L'Acino > Làcino). [7]
Avanzo qui un'ipotesi etimologica alternativa dell'oronimo di M. Acero: invce che da acer (acero) una possibile derivazione dal lat. class. acer (/ acris = "acre, aspro, piccante, pungente"), nell'accezione di "aguzzo, appuntito" [8] potrebbe in questo caso essere riflesso di un originario topon. italico Ocris (passato anche nel lat. ocris, glossato da Festus, "montem confragosum" cit. in Forcell. loc. cit.); l'italico ocri- indica "montagna" ma nelle lingue sabelliche assume "pregnanza istituzionale" (P. Poccetti), anche più di quanto faccia il termine lat. arx (arce), significando anche centro fortificato, cittadina (v. le ocres dei Marsi in Abruzzo) ed è diffuso in Italia con diversi esiti ancora vivi o meno: Monte Ocre, Ocre, Ocricoli, Ocritum, Otricoli, Akras, Acri e le varie Nocera (Novkri, *Nowo-okria, = Nuovo O-) [9].
Il nostro oronimo quindi, originariamente riferito a un ocris/ arce sannita, persosi il valore semantico originario sarebbe stato raccostato, attraverso il latino acer, all'omofono termine per l'albero.
Tale ipotesi si accorda bene con il carattere antico del M. Acero quale ocris, o "arx sannita" e ne costituisce (forse!) una possibile derivazione oronimica; ovviamente, nella fattispecie, l'ipotesi non può essere sostenuta o avvalorata da attestazioni di fonti antiche e ne lascio ai linguisti il vaglio della plausibilità fonetica (l'aspetto più debole mi pare quello più facile da verificare, ossia la presenza di simili toponimi che ci si aspetterebbe di trovare in altri casi/siti ove "Acer(o)" continui l'italico ocr/ocris piuttosto che il fitonimo latino e faccia riferimento a siti con murazioni di matrice italica in opera poligonale).

[Francesco Raffaele, 15-17/10/2023]

NOTE:
[1] Il Torrente Titerno, affluente di sin. del Volturno, nasce dai fossi a S e a E del M. Mutria, e forma l'amena valle ove sorge Cusano Mutri, incanalandosi poi tra il M. Erbano e il M., Cigno (Forra di Lavelle/ -o e "Ponte di Annibale"), uscendone lambendo Cerreto Sannita (BN). Da qui, invece di dirigersi a S verso il Fiume Calore, piega a W contornando le prominenze sud-orientali del Matese, come se non volesse allontanarvisi, insinuandosi nella stretta valle tra M. Monaco di Gioia e M. Acero (presso il comune di Faicchio), per andare infine a confluire direttamente nel Volturno (in loc. S. Domenico / S. Martino, 3 Km a NW di Puglianello).
[2] Tra i primi strudi organici: G. Conta-Haller, Ricerche su alcuni centri fortificati in opera poligonale in area Campano-Sannitica, 1978, pp. 66-69, tav. 50-54. Per D. Marrocco (Guida del Medio Volturno, 1986, p. 58) il ponte sul Titerno avrebbe prima "messo in comunicazione il borgo sannitico coll'abitato su su Monte Acero" (ma ciò pare puramente ipotetico se non speculativo). Secondo T. Salmon (I Sanniti, 1967, 1985, 1995, p. 304) i Romani avrebbero costretto i Sanniti sconfitti a smantellare alcune delle loro fortificazioni (ma di tali distruzioni sistematiche tra Roccmanonfina, "Orto della Regina", M. S. Croce, M. Cila, etc. non mi pare resti sempre traccia evidente). Di certo non si può condividere l'opinione di G. Verrecchia (in: Samnium, 1957 e 1959; cfr. D. Loffreda, Sannio Pento-Alifano II, 2003, pp. 36-27) che identificava nel Monte Acero il sito della Tifernum di T. Livio (città sannita da cui avrebbe preso nome l'intero massiccio del Matese, "Tifernus Mons"). Monte Vairano (De Benedittis, Monte Variano, 2017) sembra essere uno dei pochi casi noti in cui le cinte murarie (ma di varia funzione) sono abbinate-associate a quello che può definirsi un "abitato" sannita.
[Nota 2, aggiornata il 29/9/2024]
: La bibliografia sugli oppida e ocres (arces) in mura poligonali (di tipologia-qualità costruttiva anche assai diversa) è ormai amplissima! Con il progredire delle indagini archeologiche si è andata evincendo una netta diversificazione tra le funzioni dei recinti di mura poligonali presenti su pendii e cime montuose d'Appennino; più che funzioni abitative e cultuali, la maggior parte dei recinti in pietra (soprattutto quelli di più rozza fattura) avevano funzioni di controllo (sia delle vie di comunicazione che più prosaicamente dei tratturi armentizi e dei relativi bracci o dei sentieri usati nella transumanza verticale/ "monticazione") o delimitavano vere e proprie "fattorie" e quindi le mura poligonali servivano da terrazzamenti o da protezione e isolamento per i capi di bestiame (o caprovini stabulativi nella bella stagione).
Si veda G. De Benedittis, I Sanniti. Una storia negata (2022, soprat. pp. 103 seg.). Tra gli innumerevoli esempi, quelli dell'area abruzzese del PNA (oggi PNALM, che ricade nel tracciato del tratturo Pescasseroli-Candela e in vari assi viari di comunicazione tra valli e monti, fondamentali anche per la transumanza verticale) vennero già in buona parte evidenziati da Giseppe Grossi (1987, nei due capitoli degli atti del Convegno di Archeologia del PNA orghanizzato nel 1987 a Villetta Barrea); Caiazza, Per un censimento dei centri fortificati in opera poligonale... (1989); un "catalogo" aggiornato della loro distribuzione fu pubblicato da S. P. Oakley (The Hill-forts of the Samnites, 1995); vari articoli sull'argomento li hanno pubblicati Bruno Sardella soprattutto per il Molise (v. anche Sardella e Fasolo 2018), Giuseppina Renda (M. Santa Croce, 2018; Carta Archeol. delle aree del Matese sud-orientale), S. Capini (Venafro, 1991; Campochiaro, Civitella, in Fana Templa Delubra, 2015, con Adriano La Regina); più recenti studi si avvalgono anche dell'analisi territoriale con l'ausilio di modelli Lidar su GIS (Fontana, Italy's hidden Hill-forts... 2022; Fontana e Bernard, A new method for the energetics analysis of polygonal masonry in Samnite hillforts (Italy), in: JAS 123, 2023).
Ma le ricerche sono ancora lungi dal dare un panorama esauriente, soprattutto a livello di estensione geografica dei siti: si pensi alle cosiddette "Mura greche" di Capri, così dette forse in analogia con quelle di Napoli... datate tra il VI-V sec. a.C. (ma anche datazioni più alte o più basse sono state proposte) andrebbero definite "Mura preromane" (cfr. A. Pelosi, in: Capri Antica 1998, pp. 133-136); non è detto che non potessero essere opera dei Sanniti, ma non mi sono noti studi che avanzano un'ipotesi simile, anche in ragione dell'impossibilità di effettuare scavi sul posto! (Potrebbero però farsi confronti tipoloigici sopratt. del corso caratterizzato da opera poligonale/isodoma...). Oltre al poeta oscofono Bleso, v. De Benedittis, I Sanniti, cit. 2022, p. 141) la lingua osco-sannita ha lasciato tracce tangibili nella toponomastica (e oronimi) isolani (E. Federico, vari articoli; D. Silvestroi, in Capri Antica, 1988), oltre che nella nota iscrizione della vicina Punta Campanella!
[3] Dal punto di vista topografico-archeologico l'area è stata oggetto di recenti indagini e sopralluoghi pubblicati in seno alla collana edita dall'Erma di Bretschneider: G. Renda e D. Piscopo in: L. Quilici e S. Quilici Gigli, Carta Archeol./Atlante Tem. Top. Ant, f. IV, 2010. Cfr. anche F. Russo, Dai Sanniti all'esercito Romano. La regione fortificata del Matese, 1991; G. Renda, Landscape Archaeology in the Ager Telesinus, LAC 2014, 2016. Sulla locale viabilità antica: D. Caiazza, La Via Latina..., in: G. De Benedittis, La Provincia Samnii e la viabilità romana, 2010, pp. 75-96. Mi limito qui a citare, oltre alle Dissertazioni alifane del Trutta, sempre affascinanti da leggere, come il testo base del Salmon (cit.) sui Sanniti, per una visione panoramica più aggiornata sui Sanniti, il lavoro di G. Tagliamonte, I Sanniti. Caudini, Irpini, Pentri, Carricini e Frentani, 1997¹ (2a ed. 2001).
[4] Cfr. G. D'Angerio e C. Pastore, Sentieri del Parco Regionale del Matese, 2003, pp. 68-69 e (id.), Dal Matese all'Europa sul Sentiero Italia, 2007; M. Renna, in: AAVV, Sentiero Italia CAI, vol. 4, 2021, pp. 261-266.
[5] Grazie all'amico G. Fappiano che (in occasione di questa mia prima escursione sul M. Acero) mi ha accompagnato sul luogo della prima grotta, ben nota ai locali; grazie anche a Gep "Pepita" Civitillo per gli ulteriori ragguagli sulle sue cavità. Poche o nulle le indicazioni per raggiuingere l'accesso della Grotta delle Fate (alcuni nastri), la cui esplorazione delle belle sale concrezionate è possibile solo con attrezzature e competenze speleologiche. Dal web risulta che ci sia un progetto di valorizzazione Sentieristica per la "Grotta delle Fate": non capisco come si possa pensare di "turisticizzare" (al di là che con le solite ruspe e abusando di finanziamenti scriteriati) un posto del genere... Sono dell'opinione che, se una grotta presenta accesso difficile, non sia "eticamente" giusto manomettere il luogo per agevolarne la visita, che è meglio rimanga solo ad appannaggioi degli speleologi o di coloro che vengono da essi accompagnati!
[6] D. Ferraiuolo, Cristianizzazione... lo scavo della Chiesa di S. Pietro a massa di Faicchio, in: Annuario dell'ASMV 2012, pp. 145-174; id., Chiese rulali e vie di pellegrinaggio in territorio di Faicchio nell'Altomedioevo, in: C. Lambert e F., Pastore (a cura di), Erat hoc sane Mirabile... 2019, pp. 283-294.
[6A] Chronicon Vulturnense e Diploma del 1017 di concessione a Montecassino (ab. Atenolfo) da parte dei principi di Capua (Pandolfo II e III) del territorio in Valle Regia (Barrea - Villetta Barrea, alta Valle del Sangro). Tale linea di confine è stata discussa dallo storico U. d'Andrea (Villetta B. 1925-1995) in varie opere (Appunti e docum. su ... Barrea, 1963, pp. 7 seg.; id., in: G. Cianchetti, Il Monastero di S. Angelo in Valle Regia, 1995, pp. 27 seg.).
[7] Cfr. G. Alessio, Lex. Etym, 1976, p. 2; G. Alessio e M. De Giovanni, Preistoria e Protostoria linguistica dell'Abruzzo, 1983, p. 132, n. 571.
Nessuna relaz. con il fitonimo latino dovrebbero avere le forme con R geminata Acerra, Acerrona (probab. derivate da antroponimi etruschi; S. Pieri, Topon. Toscana merid., 1969, p. 3; C. Marcato in: Diz. di Toponom., 2006, pp. 5-6).
Lo stesso "Acerno" (e Lacerno?), facilmente collegabili all'aggett. relativo all'acero, hanno però un formante -rn- che potrebbe tradire un'origine prelatina, e la base *Ak(w), *Aker avrebbe valore di idronimo per D. Silvestri (1986) in riferimento ad Acerra (e sarebbe certo compatibile anche con la "picentina" Acerno (SA), che sorge ai margini di una conca, anticamente lacuale, dove confluiscono vari corsi d'acqua affluenti del Tusciano (idronimo riferibile all'etnico Tusci/Etruschi).
[8] Cfr. Forcellini, Lex. Tot. Lat. I, 48-49; Meyer-Lübke 92; A. Prati, Vocab. Etimol., 1951, p. 22. V. anche Acri (Cs) probab. da ακρα, "punta, vertice, estremità, cima di monte" (G. Alessio, Saggio di Topon. Cal., 1939, p. 12-13).
[9]
G. Calzecchi-Onesti, Ocr- e Acr- nella Toponomastica dell'Italia antica (in: St. Etr. 49, 1981, pp. 165-189); A.L. Prosdocimi, Lessico istituzionale italico, in: La Cultura Italica (Atti d. Convegno della Soc. It. Glottol., 1977), 1978, pp. 29-74; G. Alessio, Panorama di Toponomastica, 1958, p. 23, 98; G. Alessio e M. De Giovanni, (op. cit.), 1983, pp. 58-59, 76; G.B. Pellegrini, Toponomastica Italiana, 1990, p. 62; P. Poccetti, La variabilità nella toponomastica dell'Italia antica... in: A. Manco (a cura di), Toponomastica e Linguistica..., 2013, pp. 145-181 (in partic. pp. 147-150).

Foto e testi di Francesco Raffaele


Monte Acero dall'alto 10 anni fa - link

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